Il primo sito web in Italia sul femminismo e le sue degenerazioni

Pari Opportunità

Feminist empowerment: il Senato boccia emendamento incostituzionale

Di fronte alla bocciatura dell’emendamento di cui era prima firmataria, la politica IDV Giuliana Carlino sul suo blog attacca la maggioranza di “maschilismo becero”.

In realtà l’emendamento tendeva a limitare il diritto dei cittadini di eleggere i propri rappresentanti imponendo per legge un 50% di quote rosa.  Come già accaduto ad una simile legge femminista annullata dalla Corte Costituzionale (sentenza 1995/422), l’emendamento è stato valutato come contrario alla Costituzione ed in particolare all’articolo 51:

“tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza”.

La vera eguaglianza è quella delle opportunità, da 50 anni garantita dalla Costituzione, e non quella degli esiti, pretesa dalle femministe.

Uomini e donne hanno eguale diritto di voto ed eguale diritto di farsi eleggere: se preferiscono eleggere un uomo piuttosto che una donna, o viceversa, è una libera scelta che né femministe né maschilisti devono impedire.

Imporre per legge che i campionati di scacchi debbano essere vinti al 50% da donne è contrario alla meritocrazia e serve solo ad aiutare femministe incapaci a danno anche delle donne capaci.  In Svezia il Partito Femminista ha partecipato alle elezioni, ricevendo solo lo 0.5% dei voti femminili: imporre che una ideologia rifiutata da quasi tutti nel paese diventi magicamente maggioranza in politica sarebbe un colpo di stato.
D’altronde dentro lo stesso partito IDV opera una  sezione IDVdonne che tenta di attuare una politica femminista.  E così IDV è stato accusato di ingerenze contro i papà separati ed i loro bambini, del tentativo di affossare la riforma dell’affido condiviso, del tentativo di garantire l’automatismo falsa accusa = possesso dei figli, e purtroppo addirittura al tentativo di negare che l’alienazione genitoriale (ovvero il plagiare i bambini, spesso mediante calunnie) è un gravissimo abuso sull’infanzia.

Al momento il loro unico effetto è di far perdere decine di migliaia di voti ad IDV, ma cosa accadrebbe se usando quote rosa questa componente potesse imporre alla maggioranza del partito ed al paese intero politiche femministe, di impedire che i bambini vittime di alienazione genitoriale vengano protetti da questo abuso?

La Carlino è autrice di una interrogazione parlamentare in cui attacca operatori socio-sanitari e chiede ispezioni contro il Tribunale dei Minorenni di Firenze accusati di voler proteggere una bambina da questo abuso che le femministe vogliono negare: dalla sua stessa interrogazione è palese che una bambina deve essere protetta da una madre autrice di gravi false accuse.

Un appello alla ragione arriva dalla dott. Yasmin Abo Loha, che dal 1990 è impegnata sin dal 1990 a difendere i bambini  dallo sfruttamento sessuale:

Sorelle, una riflessione: forse nello stroncare a prescindere si cade nell’errore.

La PAS purtroppo esiste, non è l’invenzione di un povero pazzo come voi vorreste insinuare.  In tutto il mondo gli studi di Gardner hanno trovato riscontro a livello universitario, in Italia sono stati approfonditi da una moltitudine di accademici ambosessi, da Guglielmo Gullotta (TO) ad Isabella Buzzi (MI), da Vittorio Vezzetti (VA) a Loretta Ubaldi (RM)….

Indurre all’odio verso un genitore è un abuso nei confronti dei figli, vogliamo riconoscerlo?

Non voglio pensare che “femminismo”, termine e concetto in cui credo, si riduca a sinonimo di cieco odio antimaschile.

 

 

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Quote rosa nei posti di potere ma non nei lavori duri

Mentre le femministe lamentano che le donne guadagnerebbero il 4% in meno degli uomini e pretendono quote rosa come dirigenti di aziende,  il 97% dei morti sul lavoro continuano ad essere uomini e nessuna femminista chiede quote rosa nei cimiteri.

E allora, per sostenere che anche le donne fanno lavori duri e pericolosi ma li fanno con maggiore accuratezza degli stupidi uomini che muoiono, le femministe esibiscono questa foto:

Abbiamo scoperto che è un fotomontaggio e trovato la foto originale vera, nella quale a fare il lavoro pericoloso erano uomini:

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Germania: la ministra della famiglia dice no al femminismo

Kristina Schröder, la apprezzata e felicemente sposata ministra per la famiglia della Germania,  ha detto che non vorrà mai essere femminista, che considera immorale il femminismo che deliberatamente trascura i bambini maschi, di non aver mai sofferto per la “società patriarcale”, neanche quando un uomo le offre la cena.

La ministra ha criticato il femminismo che ha sminuito la felicità che deriva da una serena famiglia con bambini e sostenuto che ogni atto sessuale con un uomo sarebbe sottomissione della donna, cadendo quindi nel lesbismo come unica soluzione.

La ministra si è anche opposta alle false Pari Opportunità, che vorrebbero che una segretaria venga pagata quanto un ingegnere.

Per questo la giovane ministra è stata gravemente attaccata da Alice Schwarzer, anziana femminista che la ha accusata come “incompetente”.  La ministra infatti, invece di favorire le donne con quote rosa, ha avviato programmi per aiutare i bambini ad ottenere migliori risultati scolastici, proponendo nelle scuole  argomenti più vicini agli interessi maschili e figure maschili positive per i bambini figli di donne divorziate e privati dei loro papà.

http://www.spiegel.de/international/germany/0,1518,728175,00.html

http://www.time.com/time/world/article/0,8599,2030968,00.html

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Le femministe e il dono dell’ubiquità. Se non si trovano vittime in Italia, c’è il mondo intero a cui attingere.

Una delle necesità pressanti del femminismo nostrano (ma non solo!) è quella di poter disporre di vittime femminili “maschio-aggredite”. Ne servono sempre tante e pare che ultimamente, stante il fatto che la luce dei riflettori mediatici italiani si è accesa su numerosi casi di uomini vittime di violenza di genere, il fabbisogno di questo tipo di vittime sia in crescita esponenziale.

Eh già… diversamente come si potrebbe pensare di poter conservare i tanto faticosamente “acquisiti” diritti femminili, il famigerato diritto sessuato al femminile ?

Attualmente la politica della “grande sorella” italiana è travolta dalla denuncia delle disumane condizioni in cui si trovano a vivere spesso gli uomini che nel corso della loro vita abbiano dovuto fare i conti con una separazione coniugale.

I padri separati per il femminismo italiano sono asfissianti (oltre che asfittici loro stessi ndr) e allora come poter fare per cercare di limitare la loro richiesta di vera parità e di messa al bando del nazifemminismo (leggasi pure “politiche attente ad un solo genere”) ?

La soluzione adottata sembra essere quella di cercare le vittime (rigorosamente femmine aggredite da maschio!!!) dove queste ci sono o dove ancora nessuno si è permesso di metterne in dubbio l’autenticità.

Va di gran moda il Messico con Ciudad Juarez dove muoiono solo le donne, anche se nessuno più ci crede.

Ma il repertorio vittimistico delle sorelle spazia per necessità tutti gli angoli del globo terrestre. Afghanistan, Russia, New York dove pulsa il cuore del comitato Cedaw e via per l’Australia e poi di nuovo giù verso le località più inesplorate dell’Africa equatoriale dove nel Congo si scopre esistere anche lo stupro telepatico.

Ma che fatica è diventato oggi essere femminista!

Non sarebbe forse meglio chiudere in fretta questa ideologia ormai totalmente sganciata dalla realtà ?

 

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Quel centro antiviolenza è “cosa nostra”. Lo affermano gruppi femministi.

Ma la Provincia di Viterbo non ci sta e replica: “da mesi a Erinna sanno che da dicembre avremmo provveduto attraverso gara pubblica e sapevano che i soldi li avrebbero presi tutti.

Nella giornata di oggi, dopo la sommossa partita dal web alla notizia che il centro antiviolenza di Viterbo (fino ad ora gestito da un’associazione femminista che si occupa di violenza sulle donne) chiuderebbe, la Provincia di Virerbo ha convocato una conferenza stampa per spiegare la situazione.

Sappho e Erinna

Il problema, ancora una volta, sembra essere quello della mistificazione delle informazioni da parte di gruppi femministi che, col probabile intento di mantenere nell’ambito esclusivo del “proprio” associazionismo la gestione di questa risorsa pubblica, raccontano una verità completamente diversa da quella riferita dalle fonti ufficiali.

In sostanza il centro antiviolenza di Viterbo non chiuderà ma, secondo una normativa che prevede il bando pubblico per l’appalto della gestione dello stesso, semplicemente non vedra’ rinnovata automaticamente e in modo esclusivo, la convenzione triennale.

La “verità” raccontata dai gruppi femministi, invece, era quella secondo la quale la Provincia di Viterbo vorrebbe chiudere un centro. In realtà l’amministrazione ha solo deciso che d’ora in poi i fondi pubblici verranno assegnati dopo un regolare bando pubblico come previsto dalla normativa recente.

Con l’auspicio che prevalga la linea del sociologo prof. Amendt http://www.centriantiviolenza.it/the_truth_archives/focolai-di-misandria/, riportiamo le dichiarazioni rese in conferenza stampa dalla Provincia di Viterbo e, piu’ sotto, il testo di uno scritto femminista fatto “girare” da una pagina fb di nome “Fab(b)rica delle Donne”.

Palazzo Gentili – Meroi: “Scaduta la convenzione si va a un bando pubblico”

La Provincia non chiude Erinna

di Giuseppe Ferlicca

– La Provincia non vuole chiudere Erinna, semmai tenta di dare un taglio alle polemiche.

Marcello Meroi

Quindicimila euro palazzo Gentili li ha già erogati, e l’altra metà sono stati stanziati con delibera dello scorso otto giugno. Arriveranno a giorni. Per il futuro, si va a bando pubblico, come prevede la legge. E non più “alla buona”.

Dopo la sommossa partita dal web alla notizia che l’associazione che si occupa di violenza sulle donne chiude, stamani, convocazione lampo di una conferenza stampa in Provincia per spiegare la situazione. “Erinna – dice Meroi – svolge un ottimo lavoro e con l’ente ha una convenzione triennale, usufruendo di fondi propri della Provincia, visto che non può accedere ai 40mila euro regionali, riservati ad associazioni che possono anche ospitare le donne”.

Mancando il requisito di residenzialità, nel 2006 la Provincia ha deliberato uno stanziamento proprio. “Non contesto il metodo – osserva Meroi – noi abbiamo già versato 15mila euro e altrettanti arriveranno a giorni, la delibera è dell’8 giugno e mediamente occorre un mese prima dell’accreditamento. Non è una cosa decisa oggi o ieri”.

Totale trentamila euro. Gli ultimi, perché scaduta la convenzione, d’ora in poi si cambia. Per Erinna e per tutti gli altri contratti. “C’è una delibera dello scorso dicembre – precisa Meroi – in cui abbiamo deciso come ogni richiesta di contributo debba andare tramite bando pubblico. E’ la legge a stabilire che non è più possibile rinnovare contratti in scadenza automaticamente. Tutto questo scandalo per il fatto che un ente pubblico che gestisce soldi pubblici, voglia affidarli con criteri pubblici, mi sembra molto strana.

Noi non vogliamo chiudere Erinna. Abbiamo detto esattamente il contrario. L’associazione può partecipare e non so se ci saranno altri soggetti che vorranno concorrere. E’ un percorso trasparente.

Il rinnovo automatico non è possibile. Tra l’altro, i responsabili di Erinna sono al corrente da mesi di questa situazione”.

Il bando tenterà d’assegnare i 40mila euro regionali per associazioni che avessero eventualmente la possibilità di ospitare donne in difficoltà, mentre rimangono i 30mila euro della Provincia per le altre che non hanno il requisito della residenzialità.

“Noi potremmo scegliere chi ci piace – dice ancora Meroi – invece ci penserà una commissione a decidere. Se sarà Erinna, tanto meglio. Non potevamo rinnovare l’intesa, avremmo rischiato d’incorrere nei ricorsi da parte di altre associazioni”.

Da domani un percorso trasparente e fino a oggi: “Quei fondi – sottolinea l’assessore Paolo Bianchini – sono stati dati alla buona dall’amministrazione Mazzoli.

La nostra amministrazione indice una gara pubblica e subito arrivano decine di comunicati, una levata di scudi. Finora i soldi sono stati erogati senza vedere se sul nostro territorio esistono altre realtà che possono averne comunque diritto.

Alla Provincia interessa che il servizio sia svolto, non chi lo svolge.

Da mesi a Erinna sanno che da dicembre avremmo provveduto attraverso gara pubblica e sapevano che i soldi. Li avrebbero presi tutti.

A chi si è sollevato contro questa decisione, Linda Natalini, Daniela Bizzarri giusto per dirne due, mi chiedo se avrebbero fatto la stessa battaglia per un’associazione di diversa connotazione. Non credo che ci sarebbe stata questa levata di scudi.

Ripeto. A noi interessa più il beneficiario del gestore. Di questo ci preoccupiamo”.

La polemica è piaciuta poco anche al presidente Meroi che delle decine d’interventi critici verso la Provincia, salva soltanto quello di Alessandro Mazzoli, ex presidente.

“Ho apprezzato la sua correttezza istituzionale – spiega Meroi – ha dimostrato come si possano dire certe cose in modo limpido e rispettoso. Conosce i problemi e parla con cognizione di causa”.

Sul resto, rimangono i dubbi. “Una polemica così concentrata – sostiene Meroi – mi fa nascere qualche dubbio sulla sua spontaneità. Sembrava coordinata. Sarà una malignità”.

[Fonte http://www.tusciaweb.eu/2011/07/la-provincia-non-chiude-erinna/]

 

Il centro "Erinna"

 

Di seguito la nota dal titolo: “il Centro Antiviolenza ERINNA è costretto a chiudere”

Il Centro Antiviolenza Erinna è costretto a chiudere: la Provincia di Viterbo ha revocato la convenzione, lasciando un territorio come Viterbo e provincia privo di qualsiasi tipo di struttura in grado di dare aiuto, sostegno e accoglienza alle donne vittime di maltrattamenti, stalking e violenza.

Dietro la fredezza della notizia e delle parole c’è un mondo fatto di volontarie che si sono spese con grande sacrificio per ridare dignità e speranza a donne che a loro si sono rivolte per uscire dalla disperazione e dall’annientamento della violenza e con loro i minori, figlie e figli di queste donne, ai quali con altrettanta violenza viene condizionata la crescita e il futuro.

E tutto questo sembra ancora più assurdo perchè il Centro Erinna, oltre ad essere “l’unico” è anche “unico” nella capacità di inclusione, sostegno, accoglienza ed ha ottenuto risultati eccellenti.

Ci domandiamo perchè non sia stata mantenuta la convenzione almeno fino allla sua naturale scadenza e perchè nel frattempo non si siano attivate le procedure per il rinnovo, come se il problema della violenza non riguardasse, se non in maniera marginale, il nostro territorio.

In questo c’è sicuramente un atteggiamento trasversale della politica che considera sempre quello che riguarda la condizione femminile un problema marginale e che è purtroppo frutto di una non cultura tutta italiana nei confronti delle donne, di cui la violenza, in tutte le sue forme, ne è l’espressione estrema.

La violenza sulle donne ha una sua precisa collocazione: è violenza di genere, è sopraffazione, è distruzione fisica e morale, è volontà di annientamento ed è per questo che occorrono per affrontarla persone preparate culturalmente e psicologicamente come lo sono le volontarie del Centro Erinna.

Inoltre l’Associazione Erinna è un centro di cultura di genere e formazione molto importante: promuove corsi di formazione e di informazione per adulti e nelle scuole, ha scritto e pubblicato il libro “Al centro le donne”, ricerca e studio dello stato della violenza sulle donne nella Provincia di Viterbo, che abbiamo presentato a Fabrica di Roma lo scorso anno per la Giornata Internazionale contro la violenza alle donne e i cui proventi sono stati devoluti interamente al Centro.

Senza il centro ci sentiamo tutte più scoperte, più sole e faremo tutto il possibile perchè la Provincia riveda questa sua incredibile decisione che offende, per la sua mancanza di valutazione dei bisogni e delle esigenze del territorio, la cittadinanza tutta e la dignità delle donne.

L’Associazione Fab(b)rica delle donne aderisce al gruppo FB “ERINNA NON DEVE CHIUDERE: difendiamo il centro antiviolenza della Provincia” di cui condivide metodi e finalità e chiede a tutte le sue simpatizzanti ed associate di iscriversi per sostenere le iniziative che verranno intraprese al fine di bloccare la chiusura definitiva del centro.

[Fonte http://www.facebook.com/notes/fabbrica-delle-donne/il-centro-antiviolenza-erinna-%C3%A8-costretto-a-chiudere/10150254773477768]

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L’empowerment femminista

Una donna è arrivata al vertice del Fondo Monetario Internazionale. Ne saremmo felici se non ci fosse arrivata nel modo più schifoso e femminista possibile: il suo predecessore è stato fatto fuori con una falsa accusa di stupro. Strauss-Kahn, cercava di rendere il FMI indipendente dagli USA, quando una cameriera lo ha accusato falsamente di averla costretta ad un rapporto orale. La cameriera è alta 1.80 e dotata di denti. L’uomo è un signore anziano. Nonostante la palese assurdità, Strauss-Kahn è stato arrestato, esibito in manette davanti ai giornalisti di tutto il mondo, liberato su cauzione da un milione di dollari aveva difficoltà a trovare una casa in affitto e rischiava 70 anni di carcere, mentre femministe urlanti chiedevano la sua castrazione e che per riparazione una donna venisse messa ai vertici del FMI.

Un uomo comune sarebbe stato distrutto. Strauss-Kahn ha potuto assumere investigatori che hanno scoperto le bugie della donna ed i suoi contatti con la malavita, che aveva ottenuto l’ingresso negli USA raccontando falsamente di essere stata stuprata nel suo paese natale. Per sua fortuna l’accusatrice si è fatta intercettare mentre chiedeva ad un delinquente nel giro della droga quanto poteva guadagnare accusando Strauss-Kahn.

Strauss-Kahn è stato liberato due giorni dopo la salita della donna ai vertici del FMI.

La donna, nonostante i commenti misandrici, ovviamente non ha niente a che fare con questa calunnia femminista.

Come si chiama questa donna? Chi se ne frega… quello che interessa alle femministe è che sia una donna. Non che sia una persona competente e per bene.

 

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Stati Generali Giustizia Familiare: la parola alle donne

Sorelle di padri separati, nuove compagne di padri separati, madri di padri separati: le iniquità femministe del sistema delle separazioni ormai si ripercuotono sulle donne, che iniziano a parlare. Anche a nome dei bambini, prime silenziose vittime del sistema.

Nel video Adriana Tisselli parla a nome del Movimento Femminile per la Parità Genitoriale. Un intervento coraggioso, che potrebbe esporla agli attacchi a base di diffamazioni e false accuse solitamente riservati ai “maschietti”.

 

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Perché gli scienziati migliori continuano ad essere uomini?

I risultati di una ricerca scientifica, pubblicata con titolo “Understanding current causes of women’s underrepresentation in science” sui Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), smentiscono il mantra femminista secondo cui le donne sarebbero discriminate, ed evidenziano che tali falsità sono finalizzate ad attuare politiche sessiste con la scusa di “rimediare” ad una discriminazione in realtà inesistente.

Vengono individuati i veri motivi della sotto-rappresentazione delle donne:

  1. La preferenza delle donne verso altri tipi di lavori;
  2. La difficoltà delle donne di competere con uomini in settori dove è difficile affermarsi prima di 40 anni di età, cioè quando è tardi per una donna formare una famiglia;
  3. Il fatto che l’eccellenza è maschile: i test sugli studenti americani da anni trovano che ragazzi e ragazze hanno eguale media; ma prendendo solo l’1% migliore la proporzione di ragazze scende a 1:2, e prendendo lo 0.01% migliore a 1:4.
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Sono una donna eppure, questo 8 marzo, non mi sento di festeggiarlo

Non mi riconosco, oggi, da donna che ha studiato, lavorato e avuto sempre rispetto di tutti – in primis delle istituzioni di questo paese – nell’ideologia femminista che l’8 marzo intende celebrare.

Il femminismo, per me, è fallito così come sono falliti miseramente tutti gli altri “ismi” del Novecento. Degenerando in femminismo misandrico ha dimostrato di avere doppiamente tradito la sua missione originaria: non solo non ha corretto gli gli squilibri tra uomo e donna ma addirittura è riuscito a creare un nuovo spaventoso divario tra donne di “serie A” e donne di “serie B”.

Volete sapere chi sono le donne di serie B?

Sono donne che lavorano per mantenere se stesse e i loro figli di serie B.

Sono donne che subiscono ogni giorno violenze psicologiche inaudite compiute da altre donne: soprusi, prepotenze, ricatti, false accuse, sevizie e ingiurie. Tutto solo per avere “osato” mettersi assieme ad un uomo legalmente separato o divorziato. Donne che, nella maggioranza dei casi, non hanno avuto alcuna responsabilità nel naufragio del precedente legame matrimoniale del compagno.

Donne trattate sempre come delle “estranee”… salvo quando si tratta di pretendere da loro dei soldi.

Sono donne che, quando si rivolgono ai centri antiviolenza, vengono trattate con un atteggiamento che sfiora quasi l'”incredulità”.

E ancora: sono nonne e zie che hanno cresciuto nipoti che non vedranno più.

Sono madri, compagne, seconde mogli, sorelle e in qualche caso persino figlie di uomini piegati da leggi assurde, volute e difese da coloro che, spacciandosi per paladini dei “diritti delle donne”, non si sono invece fatti alcuno scrupolo di ridurne una buona parte in schiavitù, costringendo queste ultime, di fatto, a vivere “sotto il tacco a spillo” di poche altre signore “privilegiate” che hanno trasformato un diritto (ormai obsoleto, in quanto pensato per tutelare le casalinghe degli anni ’50 e ’60) in una rendita di posizione biecamente strumentale e parassitaria.

Morale: siamo giunti ad un tragico Eva contro Eva.

Peggio di così non poteva andare.

Da parte di queste donne “di serie B” va un sentito grazie, oggi, 8 marzo, alla mentalità retrograda e fintamente buonista di “certe istituzioni” della nostra società.

Sento spesso le nostre politiche esprimersi, in televisione, all’incirca con questi termini: “…Perchè la gente vuole questo… Perchè le donne hanno bisogno di quest’altro…”.

Salvo poi non sapere niente nè dei guai che la gente patisce nè tantomeno di cosa abbiano davvero bisogno le donne. Allora dico a queste signore: avere una F (che sta per “femmina”) nella casella “sesso” della carta di identità intanto non vi delega a parlare a nome di “TUTTE” le donne.

Io per prima non mi sento rappresentata da VOI o da chiunque difenda le donne “a prescindere” perchè le donne innanzitutto sono PERSONE e, come tali, possono essere persone buone o cattive, oneste o disoneste, razionali o psicolabili, pacifiche o violente, sincere o bugiarde, coraggiose o vili, coerenti o manipolatrici, educate o bifolche, generose o arraffone… e così via.

Sono anche contraria alle “QUOTE ROSA”.

Le trovo offensive perchè preferirei parlare di “QUOTE DI INTELLIGENZA”. Mi piacerebbe, un giorno, dare il mio voto a delle “PORTATRICI SANE DI CERVELLO”, in modo da privilegiare l’”organo giusto”, se proprio deve essere conditio sine qua non identificare la parte con il tutto.

Se una donna non ha i requisiti necessari, semplicemente, non deve occupare una data posizione “solo perchè donna”. Lo stesso dovrebbe valere per qualsiasi “incapace raccomandato” uomo.

Come donna io mi sento rappresentata SOLO e SOLTANTO da chi è in grado di svolgere con competenza e sensibilità il proprio lavoro. Poi, che si tratti di un uomo, di una donna, di un gay… o di un alieno sbarcato da Sirio… poco me ne importa.

Soprattutto oggi, 8 marzo, non mi sento rappresentata da quel manipolo di nerborute femministe che, da vari pulpiti, non fanno altro che predicare la violenza, la vendetta, l’offesa, la prepotenza… in nome di una squallida difesa di genere spacciata per “democratica” – DEMOCRATICA? Ma se a nessuno è consentito esprimere un parere diverso! – la quale poi, sotto sotto, serve solo da paravento a ben più prosaici e miserabili obiettivi che fanno capo ad un unico concetto: “l’annientamento sistematico del genere maschile”.

Oggi, 8 marzo, guardo indietro nel tempo, con una certa malinconia.

E penso alle donne della mia famiglia, a quelle donne che mi hanno preceduta, di generazione in generazione, donne dalle quali ho appreso i principi che hanno fatto di me la persona che sono.

Se ci rifletto, nessuna di loro ha avuto un matrimonio felice: chi per un motivo, chi per un altro.

Eppure in esse, nonostante le varie vicissitudini della vita (separazioni, abbandoni, divorzi, dissesti finanziari, etc.) non ho mai ravvisato nemmeno un briciolo dell’avidità, del sadismo, della miserabile e spietata volontà di fare del male ai loro “imperfetti” compagni, questi vituperati maschi così pieni di difetti, cosa che invece vedo spesso nelle boriose donne d’oggi.

Anzi, non ho mai visto, prima d’ora, nelle mie “simili” così tanta, efferata e spregiudicata CATTIVERIA.

Tante, troppe donne pensano che il matrimonio sia solo “una bella festa” (e non un rito – religioso o civile che sia – di cui avere profondo rispetto); altre pensano che sia una sorta di patentino per fare le “false invalide” a vita, diciamo così… In pratica, un lasciapassare per diventare delle “baby pensionate” di lusso, visto che, l’essere state sposate per soli 5 giorni o 5 mesi, per i nostri esimi Soloni, dà gli stessi diritti che esserlo state per 50 anni.

Ma dico: le ex mogli “per bene”, che davvero hanno sacrificato decenni di vita ai loro matrimoni, dovrebbero essere le prime a ribellarsi a questa vergogna!!! Eppure, non ho mai visto queste signore scendere in piazza per rivendicare la loro DIGNITA’.

Oggi, 8 marzo, vedo intorno a me tradimenti, comportamenti disinvolti, capricci, isterismi, immaturità di stampo adolescenziale, egocentrismi malati, pretese assurde… vedo avanzare un piccolo ma spaventoso esercito di “torturatrici con il bollino blu” rese ancora più aggressive e spavalde dall’evidente “lassismo” di uno stato di diritto che è conciato peggio di una palude!

Ed è risaputo, nella palude gli unici a nuotare con agilità sono gli alligatori…

Oggi, 8 marzo, vedo i diritti “fintamente tutelati” dei minori utilizzati come squallido alibi per dare corpo ad una strisciante guerra di genere. Tanti, troppi figli vengono messi al mondo con leggerezza e usati come una “pistola puntata alla tempia” dei loro padri. Tanti, troppi figli vengono distrutti psicologicamente con la tecnica del “lavaggio del cervello” e nessuno sembra comprendere che i bambini manipolati di oggi saranno gli adulti psicotici, spostati e depressi di domani.

Oggi, 8 marzo, mi chiedo dove stiano volgendo lo sguardo le nostre politiche donne, le nostre giudici donne, le nostre avvocatesse, le nostre poliziotte e le nostre carabiniere; dove le assistenti sociali e le psicologhe.

Oggi, 8 marzo, mi domando su quali riforme stia meditando il Ministro delle Pari Opportunità On. Carfagna e quali pensieri agitino la mente della Sottosegretaria alla Giustizia On. Casellati.

Ma soprattutto oggi, 8 marzo, mi domando come facciano a guardarsi ancora nello specchio certe donne con la coscienza nera come la pece.

Adriana Tisselli

[ Movimento femminile per la parità genitoriale ]

(http://www.facebook.com/home.php?sk=group_189931427704480)

AREA DISCUSSIONI DEL GRUPPO “MOVIMENTO FEMMINILE PARITA’ GENITORIALE”

http://www.facebook.com/topic.php?uid=237224187181&topic=15460

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Ma le donne desiderano la parità solo a parole ? – di Alessandra C.

Nei casi di contesa sull’affido tra genitori separati si assiste ad un fenomeno curioso. Quando è il padre che ha la peggio, il sentire comune porta a dare consigli del tipo “faccia un passo indietro per il bene dei bambini”. Cioè il padre dovrebbe abbandonare la sua irrealistica pretesa di fare il genitore dei suoi figli e rassegnarsi ad essere escluso per evitare ai bambini un trauma peggiore.

Quando invece è la madre che ha la peggio e (magari per problemi di capacità di contatto con la realtà) agisce in modo sconsiderato, lo stesso consiglio di “fare un passo indietro” raramente viene fornito. Anzi, la madre combattente che viola le leggi provocando danni ai figli con atteggiamenti irragionevoli viene giustificata e incoraggiata. “Madre coraggio lotta per i figli!” “Non si tolgono i figli alle madri!” sono tutti slogan già sentiti in moltissimi casi. Raramente si sente dire dai commentatori “la signora dovrebbe cercare di essere ragionevole per il bene dei figli e fare un passo indietro”.

Questa curiosa assimmetria è la paradossale eredità del passato patriarcale e contadino del nostro paese. Non ha nulla a che fare con il femminismo, perchè è dovuta alla tenace convinzione che la donna sia un essere irrazionale, infantile e guidata da passioni irrefrenabili per cui non la si può neppure considerare responsabile delle sue azioni. In sostanza, per la parte più anziana della nostra classe dirigente, magistrati compresi, le donne non possono essere considerate responsabili delle loro azioni, vanno capite e aiutate, ma non si può pretendere da loro lo stesso tipo di ragionevolezza che si pretende dagli uomini.

Ma è veramente questo tipo di considerazione che desiderano le donne moderne dalla società di cui a parole desiderano di fare parte su un piano di parità?

di Alessandra C., da Adiantum.

Commento: perché le femministe, note rompiballe su ogni minuzia, tacciono sul sessismo giudiziario? Perché il loro fine non è la parità, bensì ottenere quanti più privilegi possibili. Come i parassiti che non si curano della salute dell’organismo parassitato.

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Il tennis femminista

Nei tornei dello Slam i montepremi sono stati parificati fra uomini e donne, seguendo le rivendicazioni di una ex-tennista nominata addirittura ambasciatrice per le “pari opportunità” dall’UNESCO.

Tuttavia il tennis femminile, a livello puramente sportivo, ha scarso interesse rispetto a quello maschile, da cui viene di fatto sovvenzionato. Come dice Flavia Pennetta: “Con un top-ten non vedo palla, col numero 600-700 perdo, forse me la gioco con un under 18 forte, ma non è detto. Ogni volta che in Spagna gioco contro Nadal è un’esperienza pazzesca, sembra una tempesta contro un ombrello, dopo due scambi sono già appiccicata ai teloni di fondo, la palla rimbalza a due metri di altezza e il peso mi sembra quello di un macigno. No, tra uomo e donna nel nostro sport tra fisico e potenza c’è troppa differenza”.

Se invece della parità femminista (eguali soldi ma tornei separati con regole diverse) venisse applicata la parità vera, probabilmente il tennis femminile non esisterebbe.

In generale, se un muratore porta due mattoni per ogni mattone portato da una muratoressa è giusto che vengano pagati uguale? O è giusto che il muratore venga pagato il doppio? O è meglio abbandonare l’ideologia comunista-femminista dell’eguaglianza forzata e lasciare ognuno libero di cercare di realizzare i propri desideri nel libero mercato secondo le proprie predisposizioni?

[http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=2509]

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La storia si ripete sempre due volte

La prima volta come tragedia; la seconda come farsa. (Karl Marx)

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Professione divorzio. Alè.

20 milioni di sterline dal primo divorzio, dieci dal secondo, sette al terzo, tre dal quarto. Al quinto divorzio aveva chiesto sette milioni di sterline, ma un giudice ha fermato la divorziatrice seriale Susan Dean Nicholson Lilley Sangster Crossley.

[Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/professione_divorzio/22-12-2007/articolo-id=229373-page=0-comments=1]

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Il parcheggio femminista

Sarebbe giusto permettere alle donne in gravidanza di parcheggiare negli spazi dedicati agli handicappati, ma il cartello parla di donne in generale.

E questo parcheggio rosa è per andare in vacanza alle Maldive?

Per chi invece arriva in Italia, il Comune di Bologna fornisce una casa in comodato d’uso (cioè gratis). Purchè abbia lo stato stato di rifugiato e sia donna: come sporcare una iniziativa apprezzabile con il sessismo.

Il messaggio che trasmettono è: non votate per noi donne femministe, perchè se facciamo queste porcate sessiste anche sulle piccolezze visibili, di nascosto ci inventiamo porcate peggiori del “parcheggio rosa” come centri “anti-violenza” per sole donne: non siamo ancora pronte ad occuparci del bene comune. Ed è un peccato per le donne normali.



 

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Il Diritto Sessuato al Femminile

1. La filosofa. «La proposta femminista di un diritto sessuato nasce dalla critica all’idea di uguaglianza nello stato liberal-borghese: il titolare del diritto in apparenza di genere neutro in realtà rispecchia un modello maschile. L’idea che il diritto debba procedere da valori e interessi femminili deriva dal pensare che esista una essenza femminile distinta da una maschile bla bla bla»

2. La giurista. «…attraverso strumenti legislativi, giudiziari e culturali di disuguaglianza, abbiamo rivendicato un diritto sessuato al femminile, da applicare innanzitutto agli aspetti economici della separazione e del divorzio. Le conclusioni cui siamo giunte in quel seminario identificavano la richiesta di denaro come un diritto e non come tutela.»

3. La blogger. «in linea di principio si accorda il mantenimento quando il reddito di uno dei due è quattro volte superiore a quello dell’altro e sempre, invece, nel caso in cui quest’ultimo ne sia privo. Quindi se lui guadagna 1700 euro e lei 1500 niente assegno coniugale ma solo il mantenimento dei pupi perché non volete solo l’affidamento condiviso forzato, vero? Vorrete pure pagare quello che vi spetta, spero?»

4. La pratica. «Sciopero della Fame contro questo vergognoso modo di fare giustizia nei confronti dei papà separati. ADESSO BASTA!! Il mio sciopero è diventato integrale: solo acqua. Con la sua vergognosa e assurda sentenza del 5 febbraio il giudice mi ha letteralmente condannato a morte. Secondo lui, in tale situazione, non solo mia moglie (dentista, circa 10.000 euro al mese) non deve darmi nessun contributo, ma addirittura io dovrei dare alla dentista 250 euro al mese. Io dovrei vivere con 150 euro al mese»

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