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La Vita è Bella
20 luglio 2012“La vita è bella” racconta la storia di un papà che, prigioniero in un campo di concentramento nazista con il piccolo figlio, riesce a fargli credere che è solo un gioco, in cui alla fine si vince un carro armato.
Ogni anno 30,000 bambini italiani vengono privati dei loro papà e resi prigionieri di un alienante mondo di odio femminista, dove i loro papà sono falsamente descritti come cattivi e “la vita è brutta”.
Educarne cento
16 luglio 2012Origine del termine
21 maggio 2012“Feminazi” è un portmanteau dei termini femminismo e nazismo, reso popolare dal giornalista Rush Limbaugh [1,2] e coniato da Tom Hazlett, professore di economia alla Università di California a Davis. Il dizionario inglese [3] e spagnolo [4] oggi definisce “feminazi” come:
feminazi: una femminista militante o radicale, percepita come intollerante verso le idee altrui.
Nel dizionario italiano già esiste il termine biofemminismo [5], definito come:
biofemminismo: concezione che sostiene la superiorità biologica della donna sull’uomo.
Ma è più chiaro utilizzare anche in italiano il termine nazi-femminismo, così come è preferibile chiamare Hitler nazista piuttosto che bio-germanista.
Il nazi-femminismo tratta le questioni di genere allo stesso modo in cui il nazismo trattava le questioni razziali: per loro non esistono persone buone o malvagie ma solo donne e uomini: le prime da aiutare anche quando criminali, ed i secondi da colpire.
Il nazismo proclamava i tedeschi vittime degli ebrei in modo da poterli odiare e colpire. Allo stesso modo il nazi-femminismo proclama le donne vittime degli uomini, inventando termini quali “femminicidio” per definire quel 20% degli omicidi nei quali la vittima è un essere umano di sesso femminile, e falsificando le statistiche arrivando a sostenere falsità assurde quali “la violenza maschile è la prima causa di morte per le donne”.
Molte feminazi sono lesbiche separatiste; secondo la loro ideologia la famiglia deve essere distrutta: aborto, divorzio, false accuse, bambini chiusi in centri femministi, bambini alienati, bambini esposti a materiale sessuale in modo da costruire calunnie pedofile.
Il nazismo ha tentato di coprire i propri crimini con il negazionismo dei lager; il nazi-femminismo tenta di coprire gli abusi pedo-criminali compiuti sui bambini con il negazionismo dell’alienazione genitoriale: la spietatezza con la quale rapiscono bambini coinvolgendoli in calunnie contro i propri papà plagiandoli fino a far loro odiare il genitore assente basta da sola a giustificare il “nazi”.
Le stesse parole di molte ideologhe femministe, inneggiando alla superiorità femminile ed allo sterminio maschile, ricordano l’ideologia nazista:
«La proporzione di uomini deve essere ridotta e mantenuta al 10% circa della razza umana». Sally Miller Gearhart.
«Dobbiamo solamente tenere un gruppetto di donatori in una fattoria per lo sperma». Rosie DiManno
«Il maschio è un aborto che cammina, abortito allo stadio genetico. Essere maschio è essere deficiente, emozionalmente limitato: la mascolinità è una malattia di deficienza e i maschi sono storpi emotivi». Valerie Solanas, ideologa femminista ed assassina, in “Società per l’eliminazione degli uomini” (SCUM)
«la terra deve essere decontaminata. L’evoluzione porterà ad una drastica riduzione del numero di maschi». Mary Daly
«voglio vedere un uomo picchiato a sangue e con un tacco a spillo conficcato nella sua bocca, come una mela nella bocca di un porco». Andrea Dworkin
«Non voglio mettermi nella condizione di spiegare a un bambino maschio di 9 anni il perchè io sono convinta che sia OK per le bambine di indossare magliette che rivelino la loro superiorità nei confronti dei bambini maschi». Treena Shapiro
«Noi siamo, come genere, infinitamente superiori agli uomini». Elizabeth Cady Stanton
«I maschi sono il prodotto di un gene danneggiato». Germain Greer
«Uno degli impliciti, seppur non ammessi, pilastri del femminismo è stato un fondamentale disprezzo per i maschi». Wendy Dennis
[1] Rush H. Limbaugh, The Way Things Ought to Be, Pocket Books, 1992.
[2] http://en.wikipedia.org/wiki/Feminazi.
[3] http://en.wiktionary.org/wiki/feminazi.
[4] http://es.wiktionary.org/wiki/feminazi.
[5] Dizionario della Lingua Italiana, Hoepli editore.
Documentario sul nazifemminismo
10 dicembre 2011“Il divorzio rende liberi” così come avrebbe fatto il lavoro nei campi di concentramento. Non esistono reali elementi storico politici che possano collegare la follia nazista a quella, degli ultimi 50 anni, del nazifemminismo. Esiste solo la tendenza spregevole e pericolosissima di legare ad elementi di natura biologica quali il sesso, la razza, l’altezza ecc. ecc. il “valore” delle persone. Da questo punto di vista, purtroppo, il nazifemminismo ci riguarda. E molto da vicino.
E’ ovviamente una cultura da respingere uniti. Uomini e Donne.
Marc Lépine, un criminale con una missione: eliminare le femministe
18 giugno 2011Quando il nazista Horst Wessel venne ucciso da due ebrei, la propaganda nazista lo trasformò in un martire usandolo per disseminare odio razziale contro tutti gli ebrei; l’anniversario della sua morte divenne una celebrazione, un suo componimento divenne inno del partito.
Una operazione simile è stata tentata con le vittime del pluriomicida e suicida Marc Lépine, che il 6 dicembre 1989 si suicidò dopo aver ucciso 14 donne al Politecnico di Montreal. In conseguenza del suo gesto criminale, Marc Lépine venne dipinto come il simbolo del maschilista pazzo e violento. La cronaca dei giornali racconta che questi anniversari sono stati strumentalizzati per dare libero sfogo alla propaganda femminista e diffondere odio di genere, dipingendo tutti gli uomini come violenti e tutte le donne come vittime.
Questo rituale dell’odio con il tempo ha disgustato la gente normale, tanto che il professor Charles Rackoff lo paragona a quelli del Ku Klux Klan “lo scopo è usare quelle morti per promuovere l’agenda del femminismo estremo di sinistra”.
Ma soprattutto è emersa una verità diversa: il pluriomicida Marc Lépine non odiava le donne, ma le femministe. Vediamo cosa accadde.
A 7 anni la madre di Marc decise di divorziare da un padre dipinto come violento e dal quale il piccolo Marc, in forza di quelle accuse, fu costretto a perdere i contatti come capita a tanti bambini in epoca di femminismo. Subito dopo il divorzio la madre portò i figli da uno psichiatra, che concluse che Marc era normale consigliando, invece, una terapia per la sorellina.
A 14 anni Marc odiava così tanto il “padre assente” che scelse di prendere il cognome della madre, considerata una femminista. È possibile che il piccolo Marc abbia subito quella devastante forma di violenza contro i bambini chiamata alienazione genitoriale che può sfociare in devianze psicopatiche in età adulta.
A 18 anni la “famiglia” si trasferì vicino al lavoro della madre, e lui perse, dopo aver perduto il padre, anche i contatti con i compagni di scuola.
A 25 anni venne rifiutato dal Politecnico, sebbene avesse ottenuto 100% nell’ultimo esame sostenuto, lamentandosi che al suo posto fossero state prese donne (in Nord-America esistono leggi che impongono quote di donne prescindendo dal merito individuale).
Poi, la follia omicida. Marc preparò per mesi l’attentato e, pochi giorni prima di dare sfogo al suo intento criminale, portò un regalo alla mamma in anticipo rispetto al suo compleanno.
Testimoni riferiscono che, dopo aver fatto uscire una cinquantina di persone senza far loro del male (secondo alcune fonti tutti uomini), chiese alle restanti nove (tutte donne) se capivano il perché e spiegò loro “sto combattendo il femminismo” prima di ucciderle. Nathalie Provost, sopravvissuta, racconta di avergli urlato “non siamo femministe”. La polizia tentò di tenere segreto questo particolare, ma la verità alla fine è venuta a galla, e la lettera nella quale Marc Lepine spiegava le ragioni del suo suicidio è oggi disponibile su internet:
Scusate gli errori, ho solo 15 minuti. Vedete l’allegato.
Notate che oggi mi suicidio non per motivi economici ma politici. Perché ho deciso di mandare le femministe, che hanno sempre rovinato la mia vita, al Creatore. Per 7 anni la vita non mi ha portato gioia e, essendo stato totalmente blasé, ho deciso di mettere una fine a quelle virago. […]
Anche se l’epiteto del Killer Matto mi verrà attribuito dai media, mi considero un erudito razionale che solo l’arrivo del Grim Reaper ha costretto ad atti estremi. […] le femministe mi hanno sempre infuriato. […]. Le femministe non stanno lottando per rimuovere le barriere. […] Cercano sempre di mistificare ogni volta che possono.
L’allegato conteneva una lista di 19 femministe con il commento “Quasi morte oggi. La mancanza di tempo (ho iniziato troppo tardi) ha permesso a queste femministe radicali di sopravvivere. Il dado è tratto”. Una vignetta (in inglese) sintetizza la situazione in termini tali che non si capisce chi sia il matto criminale: le femministe che dicono pubblicamente di voler sterminare gli uomini, o lui che risponde “ok, signore. Se questa è la vostra idea sembra che io non abbia scelta: azione preventiva. Mi dispiace”.
Oggi tante persone considerano il femminismo una malvagia ideologia dell’odio e c’è chi vorrebbe riabilitare la figura di Lépine:
«Marc Lépine n’était pas sexiste, mais il se battait contre le sexisme féministe» (M.L. non era maschilista, ma si batteva contro il sessismo femminista).
«Marc Lépine, héros et martyr?» (M.L., eroe e martire?)
«Marc Lépine a assassiné 14 innocentes (bien que favorisé par la discrimination sexiste anti-mâle). Dans quelle mesure cela est-il un crime si vaste à une époque où les féministes tuent autour de 1 million de fœtus totalement innocents à toutes les années en Amérique du Nord». (M.L. ha ucciso 14 innocenti, seppur favorite dalla discriminazione sessista anti-maschio. In che misura questo è un crimine così vasto, in un’epoca in cui le femministe uccidono ogni anno un milione di feti completamente innocenti nel solo nord America).
Addirittura, alcuni arrivano a celebrare il 6 dicembre come S. Marco, con un nuovo significato apertamente provocatorio, inventando una vergognosa campagna del “fiocco rosso” che fa il verso alle altrettanto vergognose campagne in cui le femministe usano fiocchi di colori diversi per additare gli uomini come violenti:
«Ce jour a été établi pour le souvenir de la première contre-attaque contre les féminazies dans la guerre contre les hommes» (anniversario del primo contro-attacco contro le nazi-femministe nella loro guerra contro gli uomini).
«Marc Lepine tells women and feminists YOU DON’T HAVE TO BE MONTERS ANYMORE. He tells these thousands of women and feminists who have stolen their partner’s house, their car, their money, he tells those who have stolen their ex-husband’s children, their jobs and drove them to suicide: STOP TO BE MONSTERS» (M.L. dice alle donne ed alle femministe DOVETE SMETTERE DI ESSERE MOSTRI. Dice a quelle migliaia di donne e femministe che hanno rubato la casa del partner, la loro macchina, i loro risparmi, dice a quelle che hanno fatto false accuse e rapito i figli agli ex-mariti, i loro lavori, e li hanno portati al suicidio: SMETTETE DI ESSERE MOSTRI».
(Precisiamo che in realtà Marc Lepine non ha mai detto niente di tutto ciò: l’aspetto sociologicamente significativo è che gli venga attribuito).
Quale è il senso di tutto ciò?
Riportiamo quanto sostenuto da un sito dedicato all’analisi del fenomeno (il cui autore, a differenza delle femministe che scrivono di voler sterminare gli uomini, ha subito in merito un processo che ha alla fine riconosciuto il diritto alla libertà di espressione):
Nel 1989 Marc Lépine era considerato semplicemente un criminale. La strumentalizzazione femminista ha impedito che cadesse nell’oblio, ed oggi la sua immagine sta diventando un’icona, gli vengono dedicati film, documentari e blog. Ha acquisito una maggiore e diversa notorietà rispetto al 1989. La figura dell’assassino con una missione affascina l’opinione pubblica e se la missione è positiva (come uccidere i pedofili) questo può mettere in secondo piano il crimine. Dopo tante false accuse e tanti bambini allontanati dai padri, tante persone oggi considerano il femminismo qualcosa di malvagio e pedo-criminale, tanto che il prof. Hazlett coniò il termine “feminazismo”. Le immagini (tratte da tale sito in inglese) che attribuiscono a Marc Lépine tale missione potranno avere l’effetto di un pugno nello stomaco, ma fanno riflettere:
Nota bene: Considerando la pretestuosa tendenza ad equivocare più volte riscontrata tra soggetti caldeggianti l’ideologia femminista, si precisa che:
1) questo post non intende in alcun modo riabilitare il responsabile materiale di un pluriomicidio il quale, oltretutto, è morto in seguito a suicidio;
2) il fatto che il pluriomicidio – seguito dal suicidio – costituisca un gesto tuttora non chiaro nel movente, impone (o propone) riflessioni mirate a spiegarne le ragioni (alias movente);
3) si ritiene che individuare le vere ragioni che possono aver condotto Marc Lépine a compiere una strage di esseri umani, possa rappresentare un obiettivo volto a eliminare le cause che potrebbero (in altri luoghi e in altri tempi) condurre soggetti diversi a compiere simili crimini;
4) i documenti in nostro possesso indicano che l’alienazione genitoriale è spessissimo causa di vissuti psicologici drammatici e che in percentuale altissima questi traumi possono condurre soggetti “normali” a comportamenti devianti e socialmente pericolosi;
5) mentre si ritiene giusta la condanna verso chiunque compia atti lesivi delle persone, allo stesso tempo ci piace ricordare come l’alienazione genitoriale rappresenti un vero e proprio abuso dell’infanzia e che chi la compie (o ne sostiene l’inconsistenza banalizzandone la gravità) debba essere pesantemente censurato così come avviene per gli autori di altri comportamenti abusanti dei minori.
Record mondiale della calunnia feminazista
26 gennaio 2011Nella guerra feminazista contro gli uomini la parola d’ordine è una sola. Catergorica e impegnativa per tutte. DENUNCIARE. E una donna di 34 anni è arrivata a 21 false accuse: stupri, rapimenti, sequestri di persona, violenza. Fra le sue vittime solo uomini, fra cui suo marito. Invece di riconoscere l’aggravante dell’odio di genere, i Giudici le hanno evitato la galera: gli esperti non sono riusciti a determinare se fosse capace di intendere e di volere. Verrà incarcerata solo se farà perdere altro tempo alla polizia e si avvicinerà agli uomini sue vittime. [fonte]
Diario segreto di una nazi-femminista
13 novembre 2010Un uomo è stato riconosciuto innocente e risarcito per 5 anni di carcere quando il diaro segreto della misandrica che lo aveva fatto incarcerare per stupro con la sua sola parola è finito su internet ed all’attenzione dei giudici [Fonte]:
«Mi sento un po’in colpa per averlo fatto incarcerare, ma la sua mancanza di rispetto per le donne è terribile. Ricordo quanto poco ci rispettava… pensa che le donne siano oggetti sessuali. È un tale imbroglione. Voleva Holly e me mentre era fidanzato. L’ho accusato perchè era la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E perchè ho sempre voluto qualcosa di forte nella mia vita. Altrimenti mi annoio. Bisogna cambiare, sono stanca di uomini che si approfittano di me… e di me che gliela do. Non sono una ninfomane come tutti pensano. Non sono abbastanza forte da dire di no. Sono stanca di essere una puttana. Basta.
Ieri sono andata da due avvocate per denunciarlo civilmente. So che è sbagliato, ma che altro posso fare? Normalmente non sono una persona cattiva, ma mi ha fatto arrabbiare. Se sono vendicativa, peggio per lui. Probabilmente mi sentirò in colpa, un giorno.
Parlando di soldi, lo denuncio. Ho bisogno disperato di soldi. La mia coscienza mi ha impedito di farlo, ma devo pagare un debito e farò quello che serve.»
Cinque anni di galera.
Una persona è stata umiliata e sequestrata in carcere, ha perso il lavoro, gli studi, una carriera nello sport. La nazi-femminista non ha ricevuto nessuna punizione. La società, preparata ad affrontare la violenza incarcerando un uomo sulla sola base della parola di una puttana, sta solo ora sviluppando gli anti-corpi per i reati nazi-femministi.
La violenza di genere è la calunnia femminista.
Le piccole vittime
22 settembre 2010Art. 4 Atti diretti a commettere genocidio mediante limitazione di nascite. Chiunque impone o attua misure tendenti ad impedire o a limitare le nascite in seno ad un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, allo scopo di disruggere in tutto o in parte il gruppo stesso, e’ punito con la reclusione da dodici a ventuno anni.
Art. 5 Atti diretti a commettere genocidio mediante sottrazione di minori. Chiunque, al fine indicato nell’articolo precedente, sottrae minori degli anni quattordici appartenenti ad un gruppo nazionale, etnico o religioso, per trasferirli ad un gruppo diverso, è punito con la reclusione da dodici a ventuno anni.
Propaganda
16 settembre 2010Secondo l’ideologia feminazista tutti e soli gli uomini sono violenti, tutte le donne sono solo vittime. Nella realtà la violenza domestica è causata da una persona su venti circa, indipendentemente dal sesso [1]. Numerosi ricercatori ed esperti che sono pervenuti a questa conclusione hanno ricevuto minacce di morte. Mostriamo solo due esempi di propaganda volta ad imporre la falsa dottrina feminazista, restringendoci all’Italia, ed a quei casi in cui la propaganda non si è fermata neanche davanti al criminalizzare bambini maschi:
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[1] Le centinaia di studi scientifici che già più di un decennio fa avevano concluso in tal senso sono elencate da Fiebert, Martin S. References Examining Assaults by Women on Their Spouses or Male Partners: An Annotated Bibliography, Sexuality and Culture, 1997, 1, 273-286;
La calunnia di genere
30 agosto 2010Goebbles, il ministro della propaganda nazista, sosteneva che ripetere una menzogna cento, mille, un milione di volte la fa diventare una verità.
Si tratta di un’affermazione che ha fatto scuola, in molti ambiti. Uno di questi, è quello del femminismo.
Diffondere dati del tutto ingiustificati, strampalati e spesso ben al di là della sfacciataggine (il 33% delle donne italiane ha subito uno stupro almeno una volta nella vita, una donna guadagna in media il 34% in meno di un uomo a parità di qualifica nonostante abbia il 78% di preparazione in più etc.) ormai è diventata una moda e un’abitudine.