Marc Lépine, un criminale con una missione: eliminare le femministe

Quando il nazista Horst Wessel venne ucciso da due ebrei, la propaganda nazista lo trasformò in un martire usandolo per disseminare odio razziale contro tutti gli ebrei; l’anniversario della sua morte divenne una celebrazione, un suo componimento divenne inno del partito.

Una operazione simile è stata tentata con le vittime del pluriomicida e suicida Marc Lépine, che il 6 dicembre 1989 si suicidò dopo aver ucciso 14 donne al Politecnico di Montreal. In conseguenza del suo gesto criminale, Marc Lépine venne dipinto come il simbolo del maschilista pazzo e violento. La cronaca dei giornali racconta che questi anniversari sono stati strumentalizzati per dare libero sfogo alla propaganda femminista e diffondere odio di genere, dipingendo tutti gli uomini come violenti e tutte le donne come vittime.

Questo rituale dell’odio con il tempo ha disgustato la gente normale, tanto che il professor Charles Rackoff lo paragona a quelli del Ku Klux Klan “lo scopo è usare quelle morti per promuovere l’agenda del femminismo estremo di sinistra”.

Ma soprattutto è emersa una verità diversa: il pluriomicida Marc Lépine non odiava le donne, ma le femministe. Vediamo cosa accadde.

A 7 anni la madre di Marc decise di divorziare da un padre dipinto come violento e dal quale il piccolo Marc, in forza di quelle accuse, fu costretto a perdere i contatti come capita a tanti bambini in epoca di femminismo.  Subito dopo il divorzio la madre portò i figli da uno psichiatra, che concluse che Marc era normale consigliando, invece, una terapia per la sorellina.

A 14 anni Marc odiava così tanto il “padre assente” che scelse di prendere il cognome della madre, considerata una femminista.  È possibile che il piccolo Marc abbia subito quella devastante forma di violenza contro i bambini chiamata alienazione genitoriale che può sfociare in devianze psicopatiche in età adulta.

A 18 anni la “famiglia” si trasferì vicino al lavoro della madre, e lui perse, dopo aver perduto il padre, anche i contatti con i compagni di scuola.

A 25 anni venne rifiutato dal Politecnico, sebbene avesse ottenuto 100% nell’ultimo esame sostenuto, lamentandosi che al suo posto fossero state prese donne (in Nord-America esistono leggi che impongono quote di donne prescindendo dal merito individuale).

Poi, la follia omicida. Marc preparò per mesi l’attentato e, pochi giorni prima di dare sfogo al suo intento criminale, portò un regalo alla mamma in anticipo rispetto al suo compleanno.

Testimoni riferiscono che, dopo aver fatto uscire una cinquantina di persone senza far loro del male (secondo alcune fonti tutti uomini), chiese alle restanti nove (tutte donne) se capivano il perché e spiegò loro “sto combattendo il femminismo” prima di ucciderle.    Nathalie Provost, sopravvissuta, racconta di avergli urlato “non siamo femministe”.  La polizia tentò di tenere segreto questo particolare, ma la verità alla fine è venuta a galla, e la lettera nella quale Marc Lepine spiegava le ragioni del suo suicidio è oggi disponibile su internet:

Scusate gli errori, ho solo 15 minuti. Vedete l’allegato.

Notate che oggi mi suicidio non per motivi economici ma politici.  Perché ho deciso di mandare le femministe, che hanno sempre rovinato la mia vita, al Creatore.  Per 7 anni la vita non mi ha portato gioia e, essendo stato totalmente blasé, ho deciso di mettere una fine a quelle virago.  […]

Anche se l’epiteto del Killer Matto mi verrà attribuito dai media, mi considero un erudito razionale che solo l’arrivo del Grim Reaper ha costretto ad atti estremi.  […] le femministe mi hanno sempre infuriato. […]. Le femministe non stanno lottando per rimuovere le barriere. […]  Cercano sempre di mistificare ogni volta che possono.

L’allegato conteneva una lista di 19 femministe con il commento “Quasi morte oggi. La mancanza di tempo (ho iniziato troppo tardi) ha permesso a queste femministe radicali di sopravvivere. Il dado è tratto”.  Una vignetta (in inglese) sintetizza la situazione in termini tali che non si capisce chi sia il matto criminale: le femministe che dicono pubblicamente di voler sterminare gli uomini, o lui che risponde “ok, signore. Se questa è la vostra idea sembra che io non abbia scelta: azione preventiva. Mi dispiace”.

Oggi tante persone considerano il femminismo una malvagia ideologia dell’odio e c’è chi vorrebbe riabilitare la figura di Lépine:

«Marc Lépine n’était pas sexiste, mais il se battait contre le sexisme féministe» (M.L. non era maschilista, ma si batteva contro il sessismo femminista).

«Marc Lépine, héros et martyr?» (M.L., eroe e martire?)

«Marc Lépine a assassiné 14 innocentes (bien que favorisé par la discrimination sexiste anti-mâle). Dans quelle mesure cela est-il un crime si vaste à une époque où les féministes tuent autour de 1 million de fœtus totalement innocents à toutes les années en Amérique du Nord». (M.L. ha ucciso 14 innocenti, seppur favorite dalla discriminazione sessista anti-maschio. In che misura questo è un crimine così vasto, in un’epoca in cui le femministe uccidono ogni anno un milione di feti completamente innocenti nel solo nord America).

Addirittura, alcuni arrivano a celebrare il 6 dicembre come S. Marco, con un nuovo significato apertamente provocatorio, inventando una vergognosa campagna del “fiocco rosso” che fa il verso alle altrettanto vergognose campagne in cui le femministe usano fiocchi di colori diversi per additare gli uomini come violenti:

«Ce jour a été établi pour le souvenir de la première contre-attaque contre les féminazies dans la guerre contre les hommes» (anniversario del primo contro-attacco contro le nazi-femministe nella loro guerra contro gli uomini).

«Marc Lepine tells women and feminists YOU DON’T HAVE TO BE MONTERS ANYMORE. He tells these thousands of women and feminists who have stolen their partner’s house, their car, their money, he tells those who have stolen their ex-husband’s children, their jobs and drove them to suicide: STOP TO BE MONSTERS» (M.L. dice alle donne ed alle femministe DOVETE SMETTERE DI ESSERE MOSTRI. Dice a quelle migliaia di donne e femministe che hanno rubato la casa del partner, la loro macchina, i loro risparmi, dice a quelle che hanno fatto false accuse e rapito i figli agli ex-mariti, i loro lavori, e li hanno portati al suicidio: SMETTETE DI ESSERE MOSTRI».

(Precisiamo che in realtà Marc Lepine non ha mai detto niente di tutto ciò: l’aspetto sociologicamente significativo è che gli venga attribuito).

Quale è il senso di tutto ciò?

Riportiamo quanto sostenuto da un sito dedicato all’analisi del fenomeno (il cui autore, a differenza delle femministe che scrivono di voler sterminare gli uomini, ha subito in merito un processo che ha alla fine riconosciuto il diritto alla libertà di espressione):

Nel 1989 Marc Lépine era considerato semplicemente un criminale.  La strumentalizzazione femminista ha impedito che cadesse nell’oblio, ed oggi la sua immagine sta diventando un’icona, gli vengono dedicati film, documentari e blog.  Ha acquisito una maggiore e diversa notorietà rispetto al 1989.  La figura dell’assassino con una missione affascina l’opinione pubblica e se la missione è positiva (come uccidere i pedofili) questo può mettere in secondo piano il crimine.   Dopo tante false accuse e tanti bambini allontanati dai padri, tante persone oggi considerano il femminismo qualcosa di malvagio e pedo-criminale, tanto che il prof. Hazlett coniò il termine “feminazismo”.  Le immagini (tratte da tale sito in inglese) che attribuiscono a Marc Lépine tale missione potranno avere l’effetto di un pugno nello stomaco, ma fanno riflettere:

 


Nota bene: Considerando la pretestuosa tendenza ad equivocare più volte riscontrata tra soggetti caldeggianti l’ideologia femminista, si precisa che:
1) questo post non intende in alcun modo riabilitare il responsabile materiale di un pluriomicidio il quale, oltretutto, è  morto in seguito a suicidio;
2) il fatto che il pluriomicidio – seguito dal suicidio – costituisca un gesto tuttora non chiaro nel movente, impone (o propone) riflessioni mirate a spiegarne le ragioni (alias movente);
3) si ritiene che individuare le vere ragioni che possono aver condotto Marc Lépine a compiere una strage di esseri umani, possa rappresentare un obiettivo volto a eliminare le cause che potrebbero (in altri luoghi e in altri tempi) condurre soggetti diversi a compiere simili crimini;
4) i documenti in nostro possesso indicano che l’alienazione genitoriale è spessissimo causa di vissuti psicologici drammatici e che in percentuale altissima questi traumi possono condurre soggetti “normali” a comportamenti devianti e socialmente pericolosi;
5) mentre si ritiene giusta la condanna verso chiunque compia atti lesivi delle persone, allo stesso tempo ci piace ricordare come l’alienazione genitoriale rappresenti un vero e proprio abuso dell’infanzia e che chi la compie (o ne sostiene l’inconsistenza banalizzandone la gravità) debba essere pesantemente censurato così come avviene per gli autori di altri comportamenti abusanti dei minori.

 

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