Strangola un neonato ed è libera

Una ragazza canadese di 19 anni ha strangolato con la sua biancheria intima il maschietto che aveva appena partorito nel bagno della casa dei suoi genitori e dopo alcune ore ha scaraventato il corpicino nel giardino di un vicino.

La giudice Joanne Veit ha pronunciato un verdetto che sembra confermare i peggiori timori dei movimenti per la vita, ovvero che la legalizzazione dell’aborto e l’assuefazione alla pratica portino all’accettazione dell’infanticidio. La giudice ha condannato l’infanticida a tre anni con la sospensione della pena (ovvero non andrà in prigione; dovrà solo seguire una consulenza psicologica, scontare 100 ore di lavoro socialmente utili e informare le autorità giudiziarie se rimarrà nuovamente incinta).  È ancora in corso un processo per lo smaltimento illecito di resti umani.

A preoccupare i difensori della vita è l’argomentazione della giudice, la quale ha ritenuto che l’assenza di una legge sull’aborto in Canada indicherebbe che la popolazione “simpatizzasse” con la madre:

”i canadesi sono addolorati per la morte di un neonato, specialmente se avviene per mano della madre del neonato, ma i canadesi piangono anche per la madre […]. Mentre molti canadesi indubbiamente considerano l’aborto come una soluzione certo non ideale al sesso non protetto e alla gravidanza indesiderata, in generale comprendono, accettano e simpatizzano con le gravose fatiche che una gravidanza e un parto esigono dalle madri, soprattutto dalle madri prive di sostegno»

ha scritto la Veit nella sentenza (CBC News, 9 settembre; fonte).  Wesley J. Smith nel suo blog, constata amareggiato: «Così l’aborto genera simpatia per l’infanticidio in Canada. Eppure, se la donna avesse strangolato un cucciolo, sappiamo benissimo che non avrebbe suscitato alcuna simpatia».

Secondo una organizzazione femminista abortista, la sentenza pronunciata dalla giudice Veit è soddisfacente: “ci sono ragioni inoppugnabili per ritenere l’infanticidio un crimine inferiore all’omicidio“.  A segnalare tale commento è l’attivista pro vita Jonathon Van Maren sul sito del Canadian Centre for Bio-Ethical Reform, UnmaskingChoice.ca (12 settembre). Per Van Maren, il caso dimostra che per alcuni l’infanticidio non è altro che “un aborto molto, molto tardivo. “La depressione post-partum (…) serve come scusa per strangolare il neonato. Se riesci a dimostrare che eri depressa, uccidere tuo figlio è qualcosa di comprensibile e se ascolti questa giudice, accettabile“.

Secondo un sondaggio del 2009, realizzato dalla società demoscopica Angus Reid Strategies, meno della metà della popolazione canadese – il 46% – ritiene che l’aborto dovrebbe essere autorizzato in tutte le situazioni o casi. Inoltre, ben il 92% dei canadesi non sa che nel suo Paese l’aborto è permesso per tutta la durata della gravidanza.

Già nel passato in Canada si erano già verificati gravi fatti legati al femminismo: