Ogni 3 giorni in Italia un caso di suicidio e/o omicidio viene etichettato come “uomo non vuole accettare la separazione”. Il ripetersi di casi simili indica una causa comune: è in atto uno scontro fra due culture.
Da un lato, la cultura della famiglia.
Dall’altro lato, il nazi-femminismo, ovvero la distruzione della famiglia, il privare i bambini dei loro papà, renderli bancomat al servizio della donna separata, mantenuta da sussidi statali.
La famiglia tradizionale è preferita dalla grande maggioranza della gente comune.
La cultura nazi-femminista è sostenuta da estremiste odiatrici di uomini: l’unico modo di imporla è quindi per via giudiziaria, tentando le donne al divorzio con privilegi garantiti da sentenze sessiste. Quando un uomo rifiuta di accettare il femminismo, viene tacciato di essere un retrograde maschilista, e colpito con accuse di stalking o peggio. Quando esplode, viene usato per alimentare il falso mito dell’uomo violento e chiedere leggi ancora più anti-uomo, in modo da alimentare la guerra di genere accesa dal femminismo.
Gli episodi di sangue causati da questo scontro oggi sono circa 100 all’anno in Italia, a fronte di circa 150 donne e circa 500 uomini vittime di omicidio in totale. Le vittime più numerose — centinaia di migliaia — sono i bambini, costretti a perdere i contatti con i loro papà, o addirittura colpiti dall’abuso dell’alienazione genitoriale.
Questa follia ideologica che non si ferma neanche davanti ai bambini ricorda quanto avvenuto nei paesi comunisti: milioni di morti per levare la terra ai contadini retrogradi e trasformarli in operai agricoli in ossequio all’ideologia.