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Ciudad Juarez: come si muore fra i cartelli della droga e quelli del femminismo

Ciudad Juarez è la città nota nei film western come “El Paso” (confine fra USA e Messico). È diventata la città più violenta del mondo da quando, sgominati i cartelli della droga Colombiani, le rotte del narco-traffico si sono spostate su Ciudad Juarez.

Le guerre fra i cartelli della droga hanno fatto 9000 morti. Ogni anno, una persona su 10,000 viene uccisa.

Poliziotti, giornalisti, narcos: queste le principali vittime degli omicidi a Ciudad Juarez.

La signora Yaretzi racconta:

“noi donne lo facciamo per il denaro. Mi misi ad uccidere diventando sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e con unghie grandi e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi »

Uccise anche 500 donne (soprattutto prostitute, corrieri della droga, assassine…), usate per un fenomeno schifoso quanto la droga: il femminismo le usa per straparlare di femminicidio, tenta di decuplicare il loro numero.

Le odiatrici di uomini tentano di accendere anche una guerra di genere che rovinerebbe quel poco di coesione sociale rimasto a Ciudad Juarez.

Compassione umana che ha permesso di salvare la vita di Karla Flores, in una storia incredibile e commovente. Il 6 agosto del 2011 Karla venne colpita accidentalmente da un razzo che le ha sfondato la mandibola, le ha strappato metà dentatura ma, invece di uscire ed esplodere uccidendola, si è fermato in bocca. La donna, 32 anni, è caduta a terra, semi incosciente con quell’ogiva che poteva esplodere da un momento all’altro, ma che comunque la stava soffocando.

Mentre le femministe gridavano al maschio violento ed al femminicidio, un automobilista («un angelo» dice oggi Karla) l’ha portata in ospedale. Quando dalle radiografie è stato evidente che quell’oggetto incastrato tra le ossa del suo viso era una bomba ancora in grado di esplodere e uccidere chiunque nel raggio di 10 metri, il dottor Gustavo Meza le è rimasto accanto. Ha preso in mano il telefono, ha chiamato dottori e infermieri. Molti colleghi si sono tirati indietro, fino a che si sono presentati i volontari necessari: due anestesisti, un infermiere specializzato per la sala operatoria e un medico di supporto. L’esercito messicano ha offerto due artificieri per spiegare come trattare l’ordigno. I due militari sono arrivati all’Hospital General di Culiacán con gli scafandri protettivi, ma poi, per solidarietà umana con i medici che non avrebbero comunque potuto operare dietro agli scudi, si sono infilati dei semplici camici verdi. L’intervento chirurgico è riuscito: l’ogiva è stata sfilata dal viso di Karla senza che esplodesse o cadesse.

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