False accuse: una sporca vicenda di conflitto di interesse

Un minore (tre anni e mezzo) è “preso in carico” dalla ASL su richiesta della mamma del minore, la quale esponeva i suoi sospetti circa presunti maltrattamenti subiti dal figlio ad opera del coniuge.

Le accuse della mamma si riveleranno false (dopo un procedimento penale, due anni dopo), come succede in oltre il 95% dei casi. Nessun abuso, nessun maltrattamento.

L’operatrice che avrebbe effettuato la consulenza non farebbe parte del personale strutturato, ma sarebbe solo “convenzionata”, militando presso un centro antiabuso di Torino (non si sa con quale qualifica) finanziato dai soldi pubblici della Regione Piemonte. E soprattutto, la consulente incaricata di seguire il minore pare sia la moglie di un avvocato penalista di Torino. L’operatrice – la circostanza si desumerebbe sia dai suoi appunti manoscritti, sia dalla scheda paziente – prende in carico il minore:

1. senza il consenso del padre, che peraltro non sarebbe stato informato con esattezza circa le ragioni della presa in carico; l’operatrice parla infatti di “disturbi alimentari” della minore;

2. in “conflitto di interesse” con il suo mandato, in quanto il marito diventa l’avvocato penalista della mamma; tale circostanza è espressamente viatata dal D.M. 28-11-2000 “Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni” Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 aprile 2001, n. 84.DM 2011. Ciò nonostante, il tribunale di Torino non interviene.

3. “in solitaria”, senza rispettare quanto indicato dalle Linee guida regionali, che impongono agli operatori di avvalersi di una intera equipe multidisciplinare” (DGR del 2 maggio 2000, n.42-29997);

4. nonostante il tribunale civile prima, e la procura poi, determinano la sospensione degli incontri presso l’ASL tra la psicologa e il minore (3 anni e mezzo), specie in concomitanza delle CTU e delle perizie a cui il minore è sottoposto; sia il tribunale di Torino che la Procura lasciano correre.

5. dichiarando al minore che suo padre è colpevole – lo si evincerebbe dagli appunti manoscritti dalla dottoressa e consegnati al padre, dopo un regolare richiesta di accesso agli atti – in ciò commettendo un atto vietato dalle linee guida approvate dalla regione Piemonte (DGR del 2 maggio 2000, n.42-29997). L’operatrice invia le sue relazioni, con tanti “se” e verbi al condizionale, che si rivelano tragiche per i genitori; una vera pallottola d’argento che raggiunge il segno: il minore è affidato alle “affettuose cure” dell’ASL, dell’operatrice del centro anti-abuso di Torino, ed è allontanato dal padre.

Dagli appunti manoscritti, inoltre, sembra che la relazione inviata sia del tutto parziale: ablativa verso la mamma, e accusatoria verso il padre, e che ometta alcuni elementi di importanza fondamentale per capire come siano andate le cose. Il padre, dopo il “solito” calvario tra avvocati e procure, invia all’ASL di Torino un esposto, in cui rileva l’ inosservanza delle regole amministrative da parte dell’operatrice convenzionata. A seguito dell’esposto, l’ASL inizia una procedura disciplinare contro la dottoressa, al termine della quale pubblica on-line una deliberazione, (rigidamente anonima) omettendo il nome dell’operatrice. Ciò rende di fatto impossibile sapere quali siano state le ragioni della determinazione.

Il padre presenta una richiesta di accesso agli atti relativi al procedimento disciplinare, ma la richiesta viene respinta. La circostanza pone seri interrogativi:

– presso una ASL  il genitore (maschio o femmina, non importa) come può confidare che siano rispettate le norme che regolano il buon andamento della pubblica amministrazione ?

– quali garanzie hanno i minori quando su di essi, a porte chiuse, viene svolto un “supporto psicologico” che altri non è che una forma di “pressione”  volta a confermare tesi precostituite?

– quali garanzie hanno i minori affinché gli operatori, esorbitando dal loro mandato, non influenzino le loro ancora malleabili menti con posizioni che nulla hanno di psicologico, insinuando loro sospetti e malizie verso i genitori, e indulgendo invece a interessi personalistici ed economici?

– quali garanzie vi sono affinchè le “prese in carico” non si tramutino in indebite pressioni da parte degli operatori, senza videoregistrazioni né garanzie di un contraddittorio, magari con palesi conflitti di interessi degli operatori?

Tutte domande senza risposta. Ormai, nell’Italietta delle SMART personali acquistate con i soldi pubblici, dei finanziamenti legalizzati utilizzati per scopi non sempre nobili e utili per la collettività, degli incarichi “ad personam” ad amanti e amici, di nulla ci si può stupire, neanche dell’infrazione delle regole. L’ASL piemontese, a quanto pare, rimane arroccata sulle proprie posizione – “tutto regolare, madama la marchesa” – con il tipico atteggiamento di chi sa di avere potere da vendere.

Fonte: http://www.adiantum.it/public/3132-in-piemonte-una-sporca-vicenda-di-conflitto-di-interesse.-le-asl-operano-correttamente–.asp

 

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