Nel paese dei falsi invalidi e del falso affido condiviso alle madri, un problema sono le madri malevole che fanno certificare false malattie dei figli in occasione di ogni “diritto di visita” (!) dei padri. Che fare? Problema di difficile soluzione, visto che il falso certificato che consente il possesso del bambino rende impossibile una verifica indipendente del suo reale stato di salute, che nessun tribunale decreterà una visita indipendente in tempi utili.
- Qualora il dottore non sia colluso, provare a parlarci esponendo la situazione. Il dottore capirà di essere stato ingannato, e la seconda volta starà più attento. Ma un dottore nel dubbio preferirà certificare malato un bambino sano piuttosto che il viceversa. Ma una madre malevola cambierà continuamente dottore fino a trovarne uno colluso.
- Qualora il dottore appaia colluso, è possibile incaricare un investigatore privato di verificare se il bambino malato esce di casa come se fosse sano, ed eventualmente tentare la difficile strada delle denunce opportune (falso in atto pubblico, mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice…). Un esposto all’Ordine dei Medici darà comunque grattacapi, ma difficilmente otterrà alcun risultato (c’è chi dice che gli Ordini tutelino i propri iscritti più che la loro correttezza deontologica…).
Semplice soluzione di buon senso sarebbe che i giudici decretassero che le visite saltate per via di malattie vengono recuperate.
Chi abbia altre soluzioni legali (cioè diverse dallo sfasciare il finestrino della macchina del dottore per fargli intendere che sta abusando di un bambino) è pregato di suggerirle nei commenti.
Una recente sentenza ha stabilito che i motivi di salute dovranno essere certificati — per evitare furbate — non dal pediatra scelto dalla madre, ma scelto di comune accordo tra i due genitori.
Concludiamo con un articolo in merito tratto da Adiantum:
Proprio in merito alla questione della discriminazione, riporto quanto mi è successo recentemente, sperando di poter essere il più possibile obiettivo e, insieme, di poter sdrammatizzare una vicenda che ha dell´inconsueto, oltre che del bizzarro.
Sono seriemnte preoccupato per il proliferare di una nuova sindrome, la sindrome del PP, che sembra aleggiare anche in pediatria.
Il dott. Sinistro (lo chiamerò così, senza rivelare il suo vero nome, per rispetto alla sua professione e per tutela di mio figlio) sottoponeva mio figlio Andrea a una visita pediatrica, diagnosticando una faringite e prescrivendo una cura di antibiotici;
quattro giorni dopo, senza visitare mio figlio e di fatto confidando in modo esclusivo sui racconti telefonici della madre (e si ribadisce solo telefonici) prescriveva ancora al paziente “alcuni giorni” di riposo, sebbene egli fosse completamente sfebbrato. Con me, telefonicamente argomentava di aver preso tali decisioni “a distanza” basandosi sul credito ai racconti della madre, la quale avrebbe riferito al pediatra che il piccolo “era fiacco e molle, senza voglia di andare a scuola”;
pur prescindendo dal fatto evidente e palese che la “non volontà” dei bambini di andare a scuola non è condizione necessaria e sufficiente per dedurne situazioni di malessere dal punto di vista medico e clinico, e pur concedendo che la condotta del pediatra a riguardo delle prescrizioni “a distanza” possa essere stata motivata da una discutibile prassi operativa, ciò che più è stato spiacevole è quanto segue;
il dott.Sinistro, dopo avermi confermato che la prognosi era stata fatta “a distanza”, aggiungeva anche che la sua decisione sarebbe stata rafforzata (sono parole sue, sic!) dal “problema” che il bambino sarebbe rimasto col padre nel fine settimana, letteralmente: “poi c’è il problema che sabato il minore deve stare con il papà, con lei”.
Il dott. Sinistro pertanto ha trovato motivo di rafforzare la sua già discutibile prassi medica telefonica, facendo curiosamente riferimento non a elementi clinici, medici, misurabili, rilevabili, scientifici, bensì al management dei genitori riguardo le visite, genitori che si alternano nei fine settimana, management che nulla ha a che fare con gli aspetti medici, bensì giuridici.
Per contrasto, se si fosse trattato di un fine settimana in cui mio figlio avrebbe trascorso due giorni con la madre, viene da sospettare che il dott.Sinistro nulla avrebbe obiettato circa lo stato di salute del paziente!
Osservo: si tratta forse di una nuova sindrome, che colpisce i “numi tutelari” dei minori, quella del “padre-problema”? Sembra davvero di sì, perché ciò che è davvero stucchevole e inspiegabile è che la motivazione per cui, per il pediatra, la frequentazione con mio figlio sarebbe stata “problematica” è che il padre (sono parole del pediatra al telefono) avrebbe fatto fare al figlio una vita “normale” durante il fine settimana! Ribadisco, senza paura di essere smentito: “normale”, non “anormale”.
Non è dato a sapere che cosa volesse dire il Sinistro con questo riferimento alla “normalità” della vita, ma se con le sue parole egli voleva intendere implicitamente che il padre non sarebbe stato in grado di prendere le naturali precauzioni che si devono ordinariamente prendere per un bambino convalescente, allora è da chiedersi quali siano le ragioni cliniche, scientifiche, empiriche, conoscitive per cui nella mente del pediatra si sia formata l’immagine di un “cotal” padre, che doveva apparire nell’immaginario ascientifico del medico come uno scavezzacollo o uno scapestrato, non in grado di provvedere per sé o per gli altri, né di prevedere che, dopo una faringite, benché non vi sia più febbre, si prendano generalmente le normali precauzioni per evitare una ricaduta;
non si vuol qui minimamente supporre che il dott. Sinistro fosse in cattiva fede o si fosse fatto influenzare da possibili immagini distorte fornite dalla madre del paziente; sta di fatto che sembra obiettivamente incomprensibile la ragione per cui, nella mente di un medico, si sia creata questa immagine di un padre che sarebbe un “problema” per il figlio; forse la sindrome del PP, quella del “padre-problema?”
Inutile dire che tale immagine di “padre-problema” non trova, per il sottoscritto, alcuna corrispondenza né in sede giudiziale, né tantomeno nella realtà della vita.
Cosa si puo’ aggiungere ,molte persone vivono questo dramma tra cui io stesso ma la soluzione non si trova ,spero che il tempo dia una condizione di normale a tutto questo.grazie
In applicazione delle modalità variabili previste per legge, il diritto di visita del minore può e deve essere recuperato. Inviare una lettera Raccomandata A.R. alla madre chiedendo quando intende effettuare il recupero delle ore perse del diritto di visita del figlio ed attendere la risposta. Sicuramente farà sapere la sua disponibilità. In caso non rispondesse, copia della lettera e della ricevuta delle poste potranno essere depositate in cancelleria nel fascicolo che riguarda la separazione se è ancora in corso, o depositate in allegato ad una denuncia/querela da presentarsi ai sensi dell’art. 388 c.p. II° comma( elusini delle disposizioni dell’autorità giudiziari) Credo che di certificati falsi in seguito la sig.ra non ne farà più.
grazie, interessante.