La doppia faccia del femminismo

Faccia 1. Il femminismo ha attaccato il lavoro della casalinga e della madre come “adatto alle donne di mente debole”, lo ha disprezzato come “oppressione “patriarcale”, ha attaccato “il matrimonio è una oscena istituzione borghese”, ha sostenuto che “i padri devono avere eguali responsabilità nella cura dei figli”, proponendo contratti in base ai quali “martedì, giovedì e domenica i bambini sono accuditi dal padre. Lunedì, mercoledì e sabato dalla madre. Venerdì è diviso a seconda di chi ha lavorato di più”. Gli allocchi che credono a parole come “eguaglianza” hanno un risveglio brusco.

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Faccia 2. Il 75% dei divorzi sono chiesti da donne, e le femministe improvvisamente sostengono il contrario di quanto dicevano prima: le mamme sono le uniche capaci di prendersi cura dei figli, mentre i padri dovrebbero lavorare e inviare assegni di mantenimento.

Per capire il perché di questo voltafaccia, basta seguire il danaro. Ottenere il potere sui figli permette di intascare i mantenimenti a loro nome. Quando i papà chiedono ai giudici di essere presenti nella vita dei loro figli, si trovano davanti ad un muro di psicologhe, avvocate, assistenti sociali, esperte in false accuse di violenza domestica, per arrivare alla “pallottola d’argento”, che nel gergo femminista indica la falsa accusa di pedofilia, violando i diritti umani dei bambini e dei loro papà.

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