Le statistiche dell’ISTAT sono femministe?

 

La direttrice del dipartimento Statistiche sociali dell’ISTAT, ha rilasciato una brutta dichiarazione di stampo femminista:

c’è l’urgenza di istituire e attuare meccanismi di limitazione della presenza maschile al potere, specie quando avviene attraverso meccanismi di cooptazione, soprattutto nella politica e nell’economia, come in tutte le istituzioni visti i risultati

Licenziare i maschi o impedire che vengano assunti è contrario all’art. 3 della Costituzione che vieta discriminazioni sulla base del sesso.

Se un dirigente ISTAT avesse detto che bisogna limitare la presenza delle donne sarebbe stato immediatamente licenziato.  Verrà licenziata la Sabbadini per queste dichiarazioni?

Quali competenze ha per meritare uno stipendio di 175mila€ lordi annui?  Nel curriculum della Sabbadini leggiamo che sa parlare l’Inglese, sa usare i programmi Office, ha una laurea di cui non specifica il voto, e che è stata premiata per aver fatto “statistiche di genere”.

Ad esempio, secondo una statistica ISTAT, più di 10 milioni di lavoratrici sarebbero state molestate sul luogo di lavoro.  Eppure le lavoratrici in totale sono 9.2 milioni…

Peggio ancora è stata la statistica ISTAT sulla violenza.  Gli studi scientifici internazionali trovano che uomini e donne sono violenti in egual misura, ma l’ISTAT a spese di tutti noi ha indagato solo sulla violenza sulle donne, ottenendo dati palesemente fuori dalla realtà (5 milioni di donne violentate!!!) e definiti “allarmistici e fasulli, infamia contro l’Italia” dall’on. Sgarbi:

I giornali sparano “5 milioni di donne violentate” senza andare a vedere cosa è stato fatto veramente.   L’ISTAT ha telefonato a qualche decina di migliaia di italiane chiedendo indirettamente se, a loro dire, hanno subito violenza domestica.  Nessun controllo è stato fatto sulla veridicità delle risposte, ed i risultati appaiono così assurdi che l’ISTAT stessa avverte che vanno “analizzati con cautela”.  Ad esempio, le regioni più violente sarebbero l’Emilia Romagna (ove il 38% delle donne sarebbero vittime!) mentre la Calabria sarebbe la meno violenta.  Allo stesso modo nelle città la percentuale di donne vittime (42%) sarebbe maggiore che in campagna.  È evidente che l’indagine ha in realtà misurato non la violenza ma la sua percezione, che è stata influenzata dalla propaganda “siamo tutte vittime”, più forte fra le femministe urbane nelle regioni ‘rosse’ che nelle campagne del meridione.

Ed infatti secondo l’ISTAT avrebbe subito violenza il 17,6 delle donne che hanno solo la licenza elementare, il 28,9 per cento di quelle con licenza media ed  il 46,2 per cento delle laureate.  Numeri contrari al buon senso che confermano che è stata misurata non la violenza ma l’impatto della propaganda femminista, più forte nelle università che nelle fabbriche.

Per giungere a numeri il più alti possibile l’ISTAT ha dilatato fino al ridicolo il concetto di violenza domestica, fino a contare come violenza:

  • criticare il modo di vestirsi;
  • criticare il modo di cucinare;
  • controllare quanto spende…

Una donna risponde di sì ad una di queste domande e viene a sua insaputa classificata come vittima!

Tale metodologia è stata criticata da Fabio Nestola, sulla linea di quanto intellettuali francesi (Marcela Iacub, Hervé Le Bras e Élisabeth Badinter) avevano già segnalato in merito alla analoga inchiesta telefonica francese effettuata dall’ENVFF:

«Lo sconcerto aumenta quando si scopre che queste pressioni psicologiche — che ricevono la più alta percentuale di risposte positive — rientrano nel coefficiente totale della violenza coniugale, assieme agli «insulti e minacce verbali», al «ricatto affettivo» e, sullo stesso piano delle «aggressioni fisiche» e dello «stupro e altre prestazioni sessuali forzate»!» Élisabeth Badinter, “Fausse route”, edizioni Odile Jacob.

Fornero, Ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità (o meglio: “la Fornero, ministra della Disoccupazione e del Femminismo”) ha ora chiesto all’ISTAT una nuova indagine sulla violenza sulle donne.   Occorre invece una indagine su tutta la violenza, affidandola a persone neutre e quindi evitando che femministe possano manipolare i dati per odiare gli uomini.

Perché se per le femministe una statistica allarmistica e fasulla significa più fondi ai centri anti-violenza, per gli uomini significare poter venire condannati ed allontanati dai figli sulla base di calunnie femministe, senza prove.

Soprattuto, per i bambini significa venire privati dei loro papà e sottoposti all’abuso sull’infanzia che le più infami e schifose femministe cercano di negare: l’Alienazione Genitoriale o PAS: cioè il venire plagiati fino ad odiare in genitore e spesso utilizzati come strumento delle più infami calunnie.

 

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