False accuse di violenza, femminismo, alienazione genitoriale: due bambini perdono il loro papà

Un papà ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente le associazioni che hanno aiutato una criminale a rovinare la vita ai suoi bambini.

La tragedia inizia quando una apparentemente normale madre di famiglia dice di avere un cancro in fase terminale e chiede al marito centinaia di migliaia di €.

La storia sembra credibile perché la donna si sottopone alla chemioterapia, perdendo i capelli ed accusando strani gonfiori.

Nel dicembre 2001 si scopre che i gonfiori erano un bambino: la donna che aveva mentito al papà finisce sui giornali come “madre miracolo”.  Il ginecologo rivela che non c’era nessun cancro, che aveva tentato di avviare la donna alla riabilitazione psichiatrica — sottoporre un feto alle radiazioni necessarie per la chemioterapia è pura follia.

Inizia la follia femminista, come narra il papà: “le dico che avrei chiamato la polizia per denunciare la sua frode, ma chiama prima lei e con ripetute false accuse mi ha rubato non solo i soldi, ma anche i figli, la libertà.  Sono fortunato ad essere sopravvissuto.  Ecco come ha fatto”.

L’uomo racconta di essere stato arrestato 5 volte e sempre riconosciuto innocente.  Solo nel 2008 il papà ottiene l’affido dei poveri bambini, e la donna è inseguita creditori e padroni di casa che vogliono i propri soldi.

Ma un centro anti-violenza finanzia un’avvocata per la donna, che sabota ogni contatto con il papà praticando l’abuso dell’Alienazione Genitoriale, in forma grave.

Il regali del papà spariscono, la sua immagine viene tagliata via dalle foto.  L’avvocata femminista della donna cerca di negare che l’Alienazione Genitoriale è abuso sull’infanzia, e giudici decidono che i bambini alienati non possono stare con il padre — quando l’allontanamento dal genitore alienante è invece l’unico modo legale di salvare i bambini.

Alla fine i bambini hanno perso il loro papà — il femminismo ha vinto — ma il papà dice che grazie al suo caso il sistema sta lentamente cambiando.

Un sistema che lasciava a questo papà l’omicidio come unico modo per salvare i figli da una calunniatrice alienante deve essere assolutamente cambiato.

 

 

DAN MAJOR’S STORY

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Le donne evitano i centri anti-violenza come la peste

Come si è arrivati a questa situazione? […] Molti centri sono caduti nell’ideologia femminista radicale. […] Solo uno su 4 dice di perseguire lo scopo di “aiutare le donne vittime di violenza”. […] Questo significa che è più probabile trovarvi propaganda neo-Marxista su quanto è cattiva la famiglia patriarcale piuttosto che qualcosa che possa assomigliare ad un aiuto pratico ai vostri problemi reali.

Una volta diffusasi la voce che i centri anti-violenza sono una tale fogna ideologica, chi ne avrebbe davvero bisogno ha smesso di andarci.

Ma un centro vuoto è un incubo per chi raccoglie i fondi. Quindi sono stati riempiti di drogate, di senza casa, o di donne in fuga dopo aver commesso reati. Per questo motivo le persone davvero abusate che davvero avrebbero bisogno di aiuto evitano i centri anti-violenza come la peste.

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Fonte: estratto e tradotto da un articolo dell’opinionista ed analista Carey Roberts, http://www.renewamerica.com/columns/roberts/080909

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Avvocata di centro anti-violenza ammette accuse strumentali per piegare le resistenze

Una persona recatasi ad un incontro pubblico organizzato da femministe vicine a centri anti-violenza ha udito costoro che parlavano male dell’affido condiviso, del mantenimento diretto dei figli… e di questo sito. Ci ha quindi fatto sapere che le parole pronunciate da una di queste avvocate confermano quanto qui sostenuto:

“Passo per essere una molto litigiosa, i tempi [di una accusa penale] sono molto lunghi, all’inizio uno le fa perché è convinto, ora uno le usa in maniera strumentale perché so che nel 70% dei casi non ci arrivano al processo, però a volte mi servono come dire per piegare le resistenze”

L’avvocata riferiva inoltre che il Tribunale dei Minorenni ha disposto l’allontanamento dei figli da una sua cliente colpevole di averli sottoposti all’abuso psicologico noto come Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS). L’incontro era finalizzato a tentare di negare che la PAS è un maltrattamento sull’infanzia.

Un’altra avvocata di un’altro centro che difende un’altra donna accusata di PAS ha detto di portare sistematicamente le accuse nel penale perché — a suo dire — nel civile i Tribunali e gli psicologi preferiscono stemperare i conflitti.

La PAS è un abuso sull’infanzia, e — qualora si ravvisi il dolo, come nei casi di false accuse — la denuncia ex art. 572 codice penale, può essere accompagnata da una denuncia per concorso di colpa nei confronti degli avvocati che hanno sostenuto false accuse, nonché da una richiesta di risarcimento per il conseguente danno biologico estesa anche ai centri che forniscono tali avvocate ed ai Comuni e gli enti pubblici che li finanziano.

Solo così si potranno proteggere i bambini dalle avvocate ostili contro gli uomini e che non capiscono quanto devastante e criminale sia coinvolgere i bambini nelle proprie fissazioni che le portano a vedere inesistenti padri violenti e/o abusanti, a non considerare immorale negare la PAS ed far condannare spietatamente i bambini ad incontri protetti con i loro papà mediante denunce strumentali. Che possono sfuggire di mano e degenerare in una PAS.

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Centri anti-violenza, ne parla la fondatrice: le femministe li usano per odiare gli uomini, plagiare le donne, allontanare i bambini dai papà

«Il movimento femminista ovunque ha distorto il problema della violenza domestica per i propri fini politici e per riempirsi i portafogli. […] Osservai le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e far loro credere che i mariti fossero nemici da sradicare. ».

«Sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi».

Lo scrive Erin Pizzey, la donna che ha sollevato il problema della violenza domestica, fondato il primo centro anti-violenza e scritto il primo libro sulla violenza domestica. In questo articolo, estratto e tradotto dal Daily Mail, ci racconta il blitz con il quale le lesbo-femministe radicali si impadronirono dei centri, originariamente pensati per aiutare le persone con problemi di violenza.


Come le femministe hanno provato a distruggere la famiglia

“Nel 1970 ero una giovane casalinga con un marito, due bambini, due cani ed un gatto. Vedevo poco mio marito che lavorava tanto, mi sentivo sola ed isolata e cercai qualcosa di diverso dal solito cucinare e pulire.

In quegli anni, sui giornali si iniziava a parlare del movimento femminista, che chiedeva eguaglianza e diritti. Fra i loro slogan, leggevo le parole “solidarietà” e “sostegno”. Credevo con tutto il cuore che le donne non dovessero essere isolate le une dalle altre, e che assieme potessimo migliorare la società.

In pochi giorni, contattai la sede locale, e stavo per unirmi al movimento femminista. Mi fecero pagare 3 sterline e 10 scellini, e mi dissero che dovevamo chiamarci “sorelle” e che i nostri incontri si sarebbero chiamati “collettivi”.

Il mio amore per questo movimento durò solo pochi mesi. Ai “collettivi”, sentivo donne che strillavano il loro odio contro la famiglia. Dicevano che non era un posto sicuro per crescere i bambini. Ero disgustata dalla loro virulenza e dalle loro violenza. Provai a parlare con le cape dell’organizzazione.

Mi buttarono fuori. Il mio crimine fu che avvisai alcune delle “sorelle” che avrei chiamato la polizia se avessero portato a termine il progetto di far esplodere una bomba in Biba, un negozio di vestiti. Le femministe fecero esplodere la bomba convinte che il negozio fosse un’impresa capitalistica che sessualizzava i corpi delle donne. Decisi che perdevo il mio tempo a cercare di convincere quello che, secondo me, era un movimento Marxista/femminista che voleva soldi da donne come me.

* * *

Un gruppo di donne la pensavano come me, uscimmo dal movimento femminista, ed organizzammo una piccola casa, che chiamammo Aiuto Donna. Presto tante donne vennero a chiederci aiuto. Potevamo incontrarci, portando i bambini. I miei giorni solitari erano finiti.

Accadde qualcosa che mi fece capire che potevamo fare qualcosa di più. Un giorno, una donna venne da noi, ed era ferita. Suo marito le aveva fatto del male con una seggiola, e mi guardava dicendomi “nessuno mi aiuta”. Per un momento, mi rividi quando avevo sei anni, avevo delle ferite e dicevo “mia mamma mi ha picchiato” alla maestra. Mi rispose “giusto così, sei una bambina turbolenta”. Nessuno mi aiutava, nessuno credeva che mia mamma, bella e ricca e sposata con un console, potesse essere violenta.

Scoprii che nessuno aiutava le donne ed i bambini picchiati in casa. Se accadeva per strada, era un crimine. Ma dentro casa era una questione familiare, e la polizia non poteva intervenire. Nessuno parlava di questo problema. Cercai di capire, ma non c’era niente da leggere, trovai solo alcuni casi di bambini picchiati su riviste di medicina.

Quindi, nel 1974, decisi di scrivere “Piangi Piano o i Vicini ti Sentiranno”, il primo libro al mondo sulla violenza domestica. Nel nostro rifugio arrivarono tante donne e bambini vittime di violenza, ne ospitammo fino a 56 in sole 4 stanze. Tutte raccontavano storie terribili, ma capii subito che non tutte le donne erano innocenti. Alcune erano violente come i loro uomini, e violente con i loro figli.

Le assistenti sociali mi dissero che perdevo tempo, perché quelle donne sarebbero finite per tornate dai loro partners. Ero determinata ad interrompere questa violenza. Quando i giornali iniziarono a parlare della nostra casa, la minaccia venne da una direzione inattesa.

Le femministe stavano perdendo il favore del pubblico, perché donne di buon senso avevano smontato la loro agenda anti-uomo e anti-famiglia. Avevano bisogno di una causa e di soldi.

* * *

Le donne del nostro rifugio organizzarono un incontro per aprire nuovi rifugi. Rimanemmo stupefatte quando a questo incontro arrivarono le lesbiche e le femministe radicali. Iniziarono a votare per loro stesse in questo nuovo movimento. Dopo un dibattito acceso, io e le donne abusate ce ne andammo. Quello che avevo più temuto accadde.

In pochi mesi, le femministe distorsero il tema della violenza domestica, non solo in Inghilterra, ma internazionalmente.

Presero i soldi che ricevevamo dallo Stato, ed ebbero una scusa legittima per odiare tutti gli uomini. Inventarono slogan fasulli “tutte le donne sono vittime innocenti della violenza maschile”. Aprirono tanti rifugi, ed impedirono agli uomini di lavorarci, cacciandoli anche dagli organi di controllo governativi.

Il nostro piccolo gruppo fece il possibile, nel 1972 avevamo assunto un uomo buono e gentile (nella foto), perché pensavamo che i bambini avessero bisogno di una figura maschile. Avevamo sviluppato un trattamento per aiutare le donne violente a riconoscere il loro problema.

Invece i centri femministi seguivano l’ideologia che solo gli uomini erano violenti. Lentamente, fecero il lavaggio del cervello alla polizia, nascondendo gli studi che mostravano che anche gli uomini erano vittime. Nonostante gli attacchi di giornaliste femministe e minacce anonime, continuai a dire che la violenza è un comportamento che tutti, uomini e donne, possono assorbire da piccoli.

Quando pubblicai il libro “Inclini alla Violenza” sul mio lavoro con le donne inclini alla violenza ed i loro bambini, entrai nel mirino di centinaia di femministe, che manifestavano urlando “Tutti gli uomini sono bastardi“, “Tutti gli uomini sono stupratori“. Per via delle loro minacce violente, la polizia dovette proteggermi con una scorta.

La situazione sociale peggiorava. Alcune femministe scrissero che “la presenza dei padri nelle famiglie non è necessariamente fonte di coesione ed armonia”. Insinuarono che gli uomini andavano allontanati dai bambini. Provai a mostrare i dati alla ministra delle Pari Opportunità, ma insistette che gli uomini picchiati erano un fenomeno marginale e continuò a chiamare gli uomini “aggressori”. Per circa 40 anni, questa ideologia malvagia ha permeato la nostra società, tanto che oggi gli insegnanti hanno paura di toccare i bambini. Gli uomini possono essere accusati di violenza ed abusi sessuali senza prove. I giudici discriminano i padri e li allontanano dai figli sulla base della sola parola di una madre viziosa.

Naturalmente, ci sono anche uomini cattivi. Ma attaccando tutti gli uomini abbiamo allontanato quelli che vorrebbero lavorare con le donne per il bene comune.

Credo che l’ideologia femminista abbia seguito una Utopia che doveva passare attraverso la distruzione della famiglia. Secondo il loro credo, la famiglia deve comprendere solo donne e bambini. Si possono buttare via i padri. E per ottenere questo, hanno imbrogliato sulla violenza domestica.

Che, per mia esperienza, non ha genere. Gli adulti violenti sono quelle che da piccoli hanno subito violenza, bambine o bambini.

Erin Pizzey

Guardo indietro con tristezza alla mia visione, di rifugi dove le persone, uomini donne e bambini, possano trovare aiuto se hanno subito violenza. E se sono violenti loro stessi, li si possa aiutare ad avere una seconda opportunità di vivere in pace. Questa visione è stata distorta da donne vendicative, che hanno trasformato i rifugi in ghetti femministi, e li hanno usati per perseguitare gli uomini.

È venuto il momento di chiudere con questa ideologia dell’odio, e permettere agli uomini di collaborare a veri centri anti-violenza. Abbiamo bisogno di un movimento di tutti, che offra aiuto a chiunque ne abbia bisogno. Per quanto mi riguarda, continuerò sempre a lavorare con chiunque voglia il mio aiuto o possa aiutare gli altri. Inclusi gli uomini.”

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Torna a casa Leo, bambino privato del suo papà con false accuse

La tragedia che ha devastato la vita del piccolo Leo inizia quando la mamma, americana, si rivolge ad un centro anti-violenza italiano per sole donne.  Le operatrici, forse operando in base al femminismo, “riconoscono” che la donna sarebbe vittima di violenza e le “consigliano di lasciare il marito al più presto perché la situazione non sarebbe migliorata, ma peggiorata”.

E così due giorni dopo, il 16 Febbraio 2010, il povero Leo viene messo su un aereo per la California e così vergognosamente privato per anni del suo papà.

Passano gli anni, e cadono le solite false accuse contro il papà.  «Un Tribunale americano che dà ragione ad un papà italiano è un caso storico.  Maltrattamenti?  Falsità, la signora ha calunniato il mio cliente» dice l’avvocato del povero papà.

Oggi 2 Giugno 2012 una sentenza finalmente obbliga la donna a riportare il povero piccolo Leo dal suo papà.  Dalla lettera del papà al Presidente Napolitano emerge il timore che il figlio abbia subito l’alienazione genitoriale (PAS): l’abuso sull’infanzia che le nazi-femministe cercano disperatamente di negare per evitare di finire in galera.

L’appello del papà al Presidente Napolitano:

“Egregio Presidente Napolitano,

il mio nome è Maurizio Rigamonti.

Le scrivo come cittadino italiano ma soprattutto come padre,ormai disperato ed esausto …per le ingiustizie e i soprusi subiti fino ad ora negli USA in una vicenda che sembra non avere fine e che coinvolge vari organi governativi Italiani,come il Ministero della Giustizia,il Ministero degli Affari Esteri e il Consolato Italiano di Los Angeles.
Mi auguro che questa lettera serva non solo a far conoscere anche a lei queste realtà ma che con la sua attenzione aiuti e tuteli tutte quelle persone che come me si ritrovano a vivere situazioni di questo tipo e che distruggono la vita di tanti bambini indifesi,utilizzati come armi per distruzione di famiglie….

Quello che sto per raccontare con tanta frustrazione,amarezza e che alla fine risulterà anche grottesco è pura realtà vissuta innanzitutto da MIO FIGLIO,da ME PADRE e dalla MIA FAMIGLIA!
Cercherò inoltre si essere sintetico e tralasciare la miriade di disgustosi dettagli che fanno diventare ancora più raccapricciante questa vicenda.

Questa terribile storia inizia il 16 Febbraio 2010,con il rapimento di mio figlio Leonardo di anni 4 e 5 mesi,CITTADINO ITALIANO,NATO E CRESCIUTO E RESIDENTE IN ITALIA DALLA NASCITA e precisamente a PARMA;l’artefice di questo ignobile,codardo,meschino e incivile gesto è la madre alcolista americana,che per paura di perdere la custodia del figlio in Italia causa il suo problema e la sua frequentazione all’Anonima Alcolisti,decide con la complicità e la premeditazione della famiglia,di scappare a mia insaputa a Los Angeles,invece di portare mio figlio all’asilo…

La stessa mattina mi scrive una mail dall’aeroporto di Heathrow,durante l’attesa del volo per Los Angeles,dove dichiara di essere partita senza dirmi nulla per non avere discussioni e mi rassicura dicendo di fare ritorno il 3 marzo,vado dai Carabinieri per denunciarla per sottrazione di minore e mi suggeriscono di aspettare,primo per non traumatizzare il bambino al suo arrivo negli USA,secondo per non attivare dei procedimenti prima del suo previsto ritorno.

Durante i 15 giorni della sua permanenza negli USA ci sentiamo telefonicamente e mi scrive delle email scusandosi per quello che ha fatto e affermando continuamente la sua intenzione di tornare a Parma il 3 marzo.

Il 2 marzo mi chiama dicendomi di avere l’influenza e di dover rimandare la sua partenza di qualche giorno,le rispondo di prendersi cura della sua salute e di farmi sapere la data del suo ritorno sperando che non sia l’ennesima bugia…ma proprio il 3 marzo ricevo una chiamata da un avvocato di Los Angeles che mi dice che sono sono stato denunciato per violenze domestiche e devo presentarmi presso la Corte Superiore di Los Angeles il giorno successivo per un’udienza riguardante le violenze,la separazione e la custodia del bambino….

Rimango sconvolto da queste parole tanto che rispondo…cosa?Ho sentito mio moglie 2 giorni fa e mi ha detto che avrebbe spostato la data del suo ritorno per problemi di salute..non faccio in tempo a finire queste parole che la comunicazione viene interrotta bruscamente…

Chiamo immediatamente il Consolato Italiano di Los Angeles e prendendo a cuore la mia situazione mi consigliano di fare immediatamente la denuncia attraverso i miei legali in Italia (Claudio Defilippi e Debora Bosi) per rapimento di minore e mi affidano ad un avvocato di fiducia a Los Angeles(Cinzia Catalino).
Chiamo la Catalino e mi manda via fax la delega da firmare per potersi presentare in aula visto che io sono impossibilitato a farlo fisicamente per problemi di tempistiche e di ore di volo.

Durante questa udienza non essendo io in aula a difendermi con il mio avvocato,viene emesso un ordine di restrizione temporanea nei miei confronti senza una prova e basata solo sulle parole della sua falsa testimonianza,dopo l’udienza mi ritrovo ad essere imputato di qualcosa che non ho mai commesso (nessuna denuncia in Italia o referti ospedalieri) e ad essermi negato qualsiasi contatto o comunicazione con mio figlio fisica,telefonica…
L’udienza successiva sarà il 25 marzo.

Nei giorni successivi con i miei legali Italiani facciamo richiesta tramite il Ministero della Giustizia del ritorno del minore appellandoci alla Convenzione dell’Aja e partiamo con le varie denunce presso il Tribunale di Parma e quello dei Minori di Bologna.

Nello stesso tempo anche i miei legali a Los Angeles inoltrano la documentazione per la Convenzione dell’Aja e viene fissata un’udienza per il 9 Aprile negli USA.
Parto per Los Angeles nei giorni successivi e all’udienza del 25 marzo viene deciso che questa sarà spostata a data da destinarsi e che si dovrà procedere con quella della Convenzione dell’Aja per la tutela della bambino.

Durante questo periodo,non soddisfatti del materiale a disposizione per ottenere la custodia totale di mio figlio,Leonardo viene portato da una psicoterapeuta pagata e spuntano altre accuse,abusi sessuali su mio figlio perpetrati da me e dai miei anziani genitori di 70 anni….a questo punto tutto si rivela una sorta di macchinazione ingiuriosa e senza un briciolo di etica morale!

Solo all’udienza del 9 Aprile mi viene concesso di vedere mio figlio,fuori dalla Corte,per un’ora dopo quasi 2 mesi….e mi viene data la possibilità di vederlo 2 volte alla settimana,per 3 ore e solo con il monitoraggio di supervisori da me pagati 200 dollari a visita e con il DIVIETO ASSOLUTO DI PARLARE ITALIANO ANCHE SE LEONARDO è UN CITTADINO ITALIANO E PARLA SOPRATTUTTO ITALIANO!!!!!
Decido di rimanere a Los Angeles per passare più tempo possibile con Leonardo anche se con costi enormi per me da sostenere e aspettare la data dell’udienza successiva.

Alla prima visita monitorata dopo più di una settimana,Leonardo si comporta in modo strano e riluttante,rimango sconvolto dal suo atteggiamento così ostile e diverso dall’ora passata insieme dopo l’udienza,ricca di baci,abbracci e di giochi….povero bambino stava recitando una parte a lui imposta e che reggeva a fatica….in 10 giorni era stato condizionato e manipolato a tal punto contro di me che gli era stato imposto di dare la mano al supervisore e non a suo padre,di non ricevere nulla da suo padre,niente baci,niente abbracci,ne acqua ne cibo….ma dopo 30 minuti l’innocenza e la spontaneità di un bambino prevale e ritorna ad essere più affettuoso e disponibile nei miei confronti anche se non del tutto,e mi dice che mi devo accontentare perchè non vuole forse disobbedire alle promesse fatte….

Chiaramente la visita successiva non esiste perchè viene trovata subito la scusa che Leo sta male per cui lo rivedo dopo 15 giorni per altre 2 volte e dove durante anche queste visite dopo i primi minuti di ostilità si lascia andare e mi abbraccia e mi bacia affettuosamente e mi dice quanto mi vuole bene e che sono il papà migliore del mondo!

Comportamenti di felicità e di amore nei confronti del proprio padre che chiaramente non giovano gli interessi legali della controparte,che decidono non curanti della vita e della psicologia di un bambino,di portare Leonardo in un centro psichiatrico dichiarando che il bambino dopo le visite avute con il padre manifesta atteggiamenti suicidi e autolesionistici!

Anche il mio legale Danh Luu rimane sconvolto da questa decisione e mi conferma di non aver mai visto persone e rispettivi legali arrivare a questo livello di crudeltà!

Ormai sono passati due mesi dal mio arrivo a Los Angeles e sono riuscito a vedere Leonardo solo 5 volte…e dopo la conferma della data del processo fissata per il 27 luglio decido con il cuore a pezzi di ritornare in Italia per problemi economici,per seguire il mio lavoro e per raccogliere tutte le testimonianze in Italia per il processo…..

L’ultima visita con Leonardo sarà la più bella e memorabile….ma anche la più straziante…..per 2 mesi non lo rivedrò ma dovrò convivere a Parma nella sua vera casa,con tutti i suoi giochi,i suoi vestiti e i suoi ricordi indelebili nella mia memoria….

Nel frattempo i NONNI ITALIANI non vedono e non sentono Leonardo da ormai quasi 5 mesi!!!

Arriva anche Luglio e io riparto per Los Angeles fiducioso con le testimonianze delle maestre,vicini di casa,persino le amiche della madre di Leonardo,che conoscendo la verità,decidono di schierarsi dalla mia parte.

Al mio arrivo sono felice perchè so che finalmente dopo 2 mesi rivedrò Leonardo,ma non è così,i legali della madre,diventati ormai 4 decidono che se voglio vedere mio figlio devo versare un bond da 10.000 dollari come cauzione….faccio presente che non ho questa possibilità visto che dovrò pagare la Psicoterapeuta delegata dalla Corte,tutte le relative spese legali e la mia permanenza a Los Angeles per un altro mese…

Per cui niente BOND niente visite!!!

Al primo appuntamento con il mio avvocato di Los Angeles spunta addirittura una email scritta dal loro legale in Italia (Emanuela Strina del foro di Milano) al loro legale negli USA (Peter Lauzan)che mi accusa di aver saputo tramite un testimone che VUOLE RIMANERE ANONIMO (e che non testimonierà il fatto in nessun luogo ed accasione)di avere INGAGGIATO UN KILLER IN ITALIA e a LOS ANGELES per un attentato alla vita di mia moglie e per poter fare del male anche a mio figlio!!
Questa lettera verrà usata per potermi incastrare attraverso l’FBI e messa agli atti durante il processo!

Con i miei legali in Italia decidiamo di sporgere denuncia querela per calunnie e diffamazione e di scrivere all’Ordine degli Avvocati del foro di Milano e chiedere l’espulsione di Emanuela Strina per violazione del Codice Deontologico per le gravi accuse di tentato omicidio.

Dopo aver avuto 2 colloqui con Terry Asanovich,la psicoterapeuta delegata dalla corte per la perizia sugli abusi sessuali su Leonardo,vengo chiamato per un incontro combinato di un’ora con lui e chiaramente dopo quasi 3 mesi senza vedermi e un’altro lavaggio del cervello,come da copione mi rifiuta e mi dice che io pretendo di essere buono e gentile…evitandomi e rifugiandosi dalla terapeuta….io scoppio a piangere e mi chiedo come può una madre fare una cosa simile al proprio figlio,utilizzando la sua innocenza in questo modo crudele e inumano….

Arriva il 27 Luglio e dopo 10 giorni di processo (il più lungo nella storia dei casi di Sottrazione Internazionale di Minore),dopo aver speso 40.000 dollari,dopo aver avuto 28 testimonianze scritte a mio favore,4 telefoniche dall’Italia a mio favore,1 da Los Angeles a mio favore,l’investigazione sugli abusi sessuali e le violenze domestiche effettuate dai Servizi Sociali Americani risultata INFONDATA E INCONCLUDENTE,nessuna prova concreta delle accuse fatte nei miei confronti,l’abuso di alcolici della madre confermato anche in Corte,il Giudice Marjorie Steimberg emette la sentenza e dice che sulle basi della perizia fatta da Terry Asanovich IL BAMBINO NON DEVE ESSERE RIMPATRIATO IN ITALIA CON IL PADRE perchè potrebbe subire un danno emotivo e perchè ha dimostrato di avere un comportamento ostile nei confronti del padre!!

Ma che potrà tornare in Italia solo con la madre,e solo se il padre toglierà la denuncia fatta per sottrazione di minore,solo se i tribunali Italiani emetteranno una diffida (senza nessuna denuncia)nei confronti del padre che tuteli la madre,solo se il padre pagherà tutte le spese per la madre e il figlio casa compresa…..e solo se queste ordinanze soddisferanno la Corte di Los Angeles il bambino potrà tornare in Italia….

INTANTO I NONNI ITALIANI NON SENTONO LEONARDO DA 8 MESI…..COME SE ANCHE LORO NON NE ABBIANO IL DIRITTO!

MI CHIEDO CHE TIPO DI GIUSTIZIA SIA QUESTA IN UNO STATO CHE SI RITIENE CIVILE E DEMOCRATICO!
Possibile che una persona possa scappare con un bambino in un altro stato e inventarsi tutte le porcherie del mondo senza una prova concreta!!!!
E chi sta dall’altra parte deve subire e pagare ingiustamente tutte le conseguenze per fatti ed episodi mai esisti.
SE LE PERSONE COINVOLTE IN UNA VICENDA COME QUESTA SONO RESIDENTI IN ITALIA I PROCESSI DEVONO ESSERE SVOLTI NELLO STESSO STATO E NON IN UNO STATO CHE NON HA NESSUNA GIURISDIZIONE PER L’ACCUSATO E CHE CERCA DI PROTEGGERE E TUTELARE SOLO CHI VUOLE!

Tutti i fatti elencati in questa lettera sono dimostrabili con documenti e sono a conoscenza del Ministero della Giustizia,il Ministero degli Affari Esteri,il Consolato Italiano di Los Angeles,il Tribunale di Parma e il Tribunale dei Minori di Bologna.

Distinti Saluti

Maurizio Rigamonti”

 

Si veda:

http://www.lucaconti.name/riflessioni/diritto-di-essere-padre/

http://www.alienazione.genitoriale.com/wp-content/uploads/2012/06/Italy_USA_case.pdf

 

Letto :1460
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Centinaia di bambini esposti a materiale sessuale e coinvolti in false accuse di pedofilia

Quando Louise Malefant fondò l’associazione “Genitori che aiutano genitori” e parlò alla radio per presentarla accadde una cosa sorprendente: le linee telefoniche vennero sommerse di richieste di aiuto di papà che dicevano di essere stati falsamente accusati di abusi sui loro figli nel corso di separazioni.

Louise, laureata in sociologia, indagò la situazione: più dell’85% delle accuse erano prive di fondamento, mentre invece c’era un abnorme numero di bambini allontanati dai loro genitori. Louise scoprì che molti dei bambini coinvolti in false accuse erano passati per centri chiamati “anti-violenza” dalle femministe che li gestivano.

Louise Malenfant, che chiama questi centri “supermarket di divorzi per donne”, dice che oltre ad aiutare donne a fare false accuse di violenza domestica, i centri hanno aiutato a fabbricare accuse di abusi su bambini. Testimoniò che i bambini venivano portati in stanze in cui le madri non potevano entrare, dove venivano sottoposti ad un programma di sensibilizzazione agli abusi sessuali, ed interrogati in modo non appropriato dal personale dei rifugi: “Se esponi un bambino a materiale sessuale e lo interroghi ripetutamente per una settimana o due, il bambino può letteralmente ripetere quello che gli è stato detto”.

Louise aggiunge che anche le madri che non avrebbero altrimenti accusato i propri mariti di abusi, finivano per fare queste accuse che nascevano in questi centri.

Louise Malenfant ha resistito al “tentativo di far tacere e criminalizzare chiunque abbia il coraggio di non piegarsi alla dominazione femminista”, e la sua associazione ha aiutato a salvare dalle false accuse 64 adulti e circa 200 bambini, aiutandoli a tornare nelle loro famiglie. Dopo un’inchiesta delle autorità competenti, il problema sembra essere sparito, localmente. Ma richieste di aiuto sono arrivate da altre zone.

Fonti:

  • http://www.php.com
  • National Post, 6/12/98
  • http://97.74.65.51/readArticle.aspx?ARTID=11897
  • http://fathersforlife.org/php/history.htm.
Letto :1833
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UK: politico chiede inchiesta e denuncia centri anti-violenza: “aiutano ad abusare dei bambini”

Abusi sull’infanzia finanziati con soldi pubblici”.   Non usa mezze parole Neil McEvoy nel denunciare pubblicamente che centri anti-violenza per sole donne avrebbero “aiutato ed attivamente incoraggiato” madri separate a violare dispositivi dei tribunali che tutelano il diritto dei bambini a venire accuditi da entrambi i genitori.

Dura reazione dei centri sotto accusa e di gruppi femministi, ma di fronte alla scelta se ritrattare o venire sospeso dal partito, Neil McEvoy non ha dubbi: “io parlo in nome dei bambini che non possono parlare”.

In una lettera aperta al Commissario per l’Infanzia McEvoy scrive:

Vi invito ad attivare una commissione o comitato per indagare su come alcune associazioni operano nel campo delle separazioni, che coinvolge i bambini.

La rispettata carità “Le Famiglie Hanno Bisogno dei Papà.  Entrambi i Genitori sono Importanti” ha confermato che i suoi assistiti dicono che alcuni gruppi supportano le madri che violano le sentenze dei giudici.  Tali gruppi ricevono fondi pubblici.

Inoltre questi gruppi offrono quello che è chiamato “supporto senza giudizio”, che essenzialmente consiste nel credere ed agire sulla base di qualunque accusa.  Le denunce vengono inviate alle agenzie senza alcun controllo.  Di fatto vengono scritte false accuse.  Questa pratica distorce in modo grave il diritto dei bambini ad avere una serena relazione con entrambi i genitori, diritto riconosciuto dalla convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Bambini.

A mio parere, sembra che abbiamo sviluppato una industria dello sfascio delle famiglie quando organizzazioni ricevono milioni di € di fondi pubblici e sembrano occuparsi di temi che non dovrebbero riguardarli.  I contatti fra i bambini ed i loro genitori devono essere decisi dai Tribunali quando vi sono gravi dissidi fra i genitori.   Organizzazioni che intervengono usualmente per aiutare le madri secondo me agiscono ultra virus e vanno oltre.

Il diritto dei figli ad avere contatto con i papà viene sentenziato solo dopo che un Tribunale ha stabilito che è nel migliore interesse dei figli.  Mi hanno riferito di numerosi casi in cui buoni padri denunciano che tali sentenze sono state ignorate impedendo i contatti con i figli, mentre la madre era supportata da queste organizzazioni.

Vi ho denunciato 3 organizzazioni che operano in questa maniera.

Vi chiedo ora di condurre una investigazione completa su queste organizzazioni.

Per chiarezza, le accuse su cui vi sto chiedendo di investigare riguardano una cultura di aiutare chi viola le sentenze dei Tribunali e sul presentare accuse prive di basi.  Tale comportamento ha effetti dannosi a lungo termine sui bambini.

Neil McEvoy ha raccolto anche la solidarietà di Erin Pizzey, la donna che sollevò il problema della violenza domestica e fondò il primo centro anti-violenza:

“Separare un bambino da un genitore amato sulla base di accuse senza alcuna seria evidenza è come un abuso sul bambino.   Ho sempre criticato la politica di questi centri per sole donne che impediscono agli uomini di collaborare e che rifiutano i bambini maschi con più di 12 anni.

Viviamo in una società democratica e McEvoy ha diritto alle sue opinioni e ad esprimere i suoi dubbi.

Sono d’accordo con l’affermazione di McEvoy e scrivo per dire che sono spaventata nel pensare che esistano membri dell’assemblea che vogliono ridurlo al silenzio senza giusta causa”.

Fonti:

  • http://www.realfathersforjustice.org/news/index.php?itemid=621
  • http://www.bbc.co.uk/news/uk-wales-politics-15970557
  • http://news.realfathersforjustice.org/index.php?itemid=617
  • http://www.walesonline.co.uk/cardiffonline/cardiff-news/2012/01/14/cardiff-council-deputy-leader-mcevoy-writes-open-letter-calling-for-investigation-into-charities-over-fathers-rights-of-access-91466-30119957/#ixzz1jOztMN64
Letto :2839
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Alla donna che denuncia il marito è vietato ricostituire la famiglia

Giudici spagnoli hanno portato alla Corte di giustizia Europea i casi di due donne che avevano accusato i propri mariti di maltrattamento (ottenendone la condanna in base alle contestate leggi imposte dal femminismo alla Spagna) salvo poi decidere di tornare a vivere con i propri mariti ricostituendo la famiglia.

Con delibera C-483/09 e C-1/10 la Corte ha negato alle donne tale diritto confermando l’allontanamento dei mariti contro le volontà delle mogli.

Tale ingerenza contro il diritto a decidere della propria vita familiare è novità in Europa, ma il femminismo aveva già imposto simili leggi in alcuni stati americani.

I risultati di tale esperienza sono sotto gli occhi di tutti: madri pentite delle false accuse che scrivono al procuratore per denunciare il sistema:

sembra che criminalizzare e processare i padri, fregandosene del danno fatto ai bambini, sia lo scopo del sistema”;

padri che, allontanati dai figli, arrivano a darsi fuoco davanti al tribunale proponendo di combattere il sistema:

I tuoi bambini e tua moglie sono i danni collaterali in questa guerra contro gli uomini e la famiglia. Da 25 anni le femministe hanno voluto sacrificare donne e bambini per colpire gli uomini”.

Nell’ordinamento giuridico italiano, la denuncia per maltrattamento in famiglia non può essere ritirata (tecnicamente, ha procedibilità d’ufficio).

Letto :1876
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Centro femminista aiuta madre violenta ad abusare della figlia

La vicenda narra come il primo rifugio aperto da Erin Pizzey aiutava le persone con problemi di violenza in maniera non sessista, e come gli attuali problemi nacquero con i centri femministi.

«Una donna minuta, L., arrivò al rifugio con una bellissima piccola bambina. Rimasi colpita dall’aggressività della madre. Urlando denunciava che suo marito R. la aveva picchiata […] Fu difficile accogliere L. nella nostra comunità. Era irritabile con la piccola, ed una delle mamme espresse il suo timore che avrebbe potuto picchiarla.

 

Mi telefonò suo marito R. Aveva sentito del rifugio dai media e mi chiedeva se sua moglie e sua figlia fossero lì. Quando arrivò – un uomo piccolo quasi quanto la moglie — la sua versione della storia era molto diversa. […] Lavorava come custode del palazzo dove vivevano, quindi stava molto a casa, ed era lui che principalmente accudiva la piccola. La bambina aveva problemi allo stomaco e non cresceva. All’epoca, nessuno dei dottori sospettò che la madre fosse violenta e che la figlia soffrisse di stress emotivo.

R. mi pregò di vedere sua figlia, e la madre con riluttanza fu d’accordo, così assistetti all’incontro. Era in lacrime quando poté coccolare la figlia, che gli gettò le braccia al collo, e così constatai che la piccola aveva un legame emotivo più forte con lui che con L. Dopo mi disse che L. cercava un avvocato per divorziare e che voleva impedirgli di avere contatti con la figlia. Lo mandai a casa dicendogli che avrei fatto il possibile per farla ragionare. Era d’accordo nel dare qualunque mantenimento L. avesse voluto pur di avere contatti regolari con la figlia.

L. rifiutò. Le dissi che non potevamo assecondare la sua affermazione di essere vittima del marito. Vedendo il suo comportamento e la sua relazione con la figlia, non avevo dubbi che la piccola sarebbe stata molto meglio con suo papà.

Poco dopo L. portò la figlia e le sue cose in un altro rifugio. [n.d.t.: all’epoca, oltre al rifugio di Erin Pizzey, le femministe stavano aprendo propri centri anti-violenza]. Telefonai e chiesi di qualcuno con cui discutere il caso. In tono gelido mi dissero che non c’era nessun caso da discutere: la donna era vittima della violenza dell’uomo e questo era tutto.

Un rifugio è meglio di nessun rifugio, ma mi preoccupava che la gente che lo gestiva potesse sostenere l’idea che le donne fossero vittime innocenti della violenza degli uomini. Delle prime 100 donne che vennero da noi, 62 erano tanto violente quanto gli uomini che avevano lasciato. Dovevo affrontare il fatto che gli uomini venivano sempre incolpati e, come il povero R., essere vittime di false accuse mentre le donne venivano sempre credute».


Vicenda estratta dal capitolo “il ciclo della violenza” delle memorie di Erin Pizzey (fondatrice dei centri anti-violenza), che spiega che i bambini e le bambine cresciute in famiglie violente tendono a diventare uomini e donne violente. Le femministe hanno cercato di censurare questa realtà, dando lo stesso nome “il ciclo della violenza” ad una loro teoria sessista secondo cui solo gli uomini sarebbero violenti. La vicenda di questa povera bambina mostra come i centri femministi possono contribuire ad aiutare le donne violente ad abusare dei figli, e vanno pertanto chiusi tornando a strutture non sessiste finalizzate ad aiutare le persone con problemi di violenza, come faceva il primo centro aperto da Erin Pizzey.

Letto :3023
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The Guardian: il femminismo ha nascosto la violenza domestica sugli uomini

«Non è chiaro se l’aumento del numero di donne condannate per violenza — un incremento del 150% in 5 anni — è dovuto ad un aumento del numero di violenze femminili.

La violenza domestica è stata tradizionalmente descritta come un crimine maschile contro donne indifese.  Tuttavia la ricerca negli ultimi 40 anni ha invece consistentemente trovato che uomini e donne commettono violenza in quantità simile.  Il prof. John Archer ha condotto un review meta-analitico di questi studi, e trovato che le donne sono violente quanto gli uomini […]

Se la ricerca empirica è corretta nell suggerire che circa il 25-50% delle vittime di violenza domestica sono uomini, perché la violenza femminile contro gli uomini è rimasta nascosta così a lungo, e cosa è cambiato negli ultimi 5 anni?

Una causa può essere il femminismo.  Il femminismo si impadronì della causa delle donne vittime di violenza, dopo che Erin Pizzey aprì il primo centro anti-violenza nel 1971.   Il femminismo descrisse la violenza domestica come la naturale estensione dell’atteggiamento “patriarchico”, che avrebbe portato gli uomini a vedere le donne come una proprietà, usando la violenza se necessario.  Le campagne femministe portarono la questione nell’arena pubblica, ottenendo fondi pubblici per stabilire servizi.  Questo attivismo ed avvocatura ha portato il governo ed il pubblico a ritenere che “violenza domestica” fosse sinonimo di “violenza sulle donne”.

Paradossalmente, il femminismo può anche aver portato al recente aumento delle donne violente arrestate.  Infatti la differenza fra i loro studi ed i dati delle procure ha portato le femministe USA ad ottenere leggi di arresto obbligatorio per ogni accusa di violenza domestica.  E così è triplicato il numero di donne arrestate.   […]  Tale aumento suggerisce che quando la polizia aveva discrezione, la esercitava a favore delle donne violente. […]

Negli anni recenti la violenza femminile è arrivata agli occhi del pubblico: anche le donne hanno iniziato a bere venendo arrestato per crimini violenti fuori casi.   Inoltre, la diffusione delle videocamere ha prodotto evidenza per la polizia per ricredersi sugli stereotipi della donna come non-violenta.  […]

Gli uomini vittime di violenza domestica di solito non si considerano vittime e quindi non cercano aiuto.

Tantissimi soldi sono stati spesi per incoraggiare le donne a denunciare.  Fino a quando non ci saranno simili campagne per gli uomini, è improbabile che sarà noto il vero numero di uomini vittime di violenza. […]»

Articolo scritto dalla prof. Nicola Graham-Kevan e pubblicato il 6/7/2011 su TheGuardian, uno dei giornali più vicini al femminismo.

Fonte: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/jun/07/feminism-domestic-violence-men

 

Nicola Graham-Kevan is a senior lecturer at the University of Central Lancashire, a chartered psychologist and a chartered scientist. She is the president of The International Family Aggression Society, a fellow of the International Society for Research on Aggression, and an associate fellow of the British Psychological Society. She has researched domestic violence for 14 years and has authored over thirty articles published in peer-reviewed journals, as well as book chapters and reports

Testo originale completo:

 

The invisible domestic violence – against men

That women accounted for 7% of all convictions for domestic violence last year will come as a surprise to many. But what is not clear is whether the growing numbers of women convicted – a 150% increase in five years – represents a rise in actual cases of female-perpetrated domestic violence.

Domestic violence has traditionally been understood as a crime perpetrated by domineering men against defenceless women. Research spanning over 40 years has, however, consistently found that men and women self-report perpetrating domestic violence at similar rates. Professor John Archer from the University of Central Lancashire has conducted a number of meta-analytic reviews of these studies and found that women are as likely to use domestic violence as men, but women are twice as likely as men to be injured or killed during a domestic assault. Men still represent a substantial proportion of people who are assaulted, injured or killed by an intimate partner (50%, 30% and 25% respectively).

If the empirical research is correct in suggesting that between a quarter and half of all domestic violence victims are men, a question follows: why has women’s domestic violence towards men been unreported for so long, and what has changed in the last five years to make it more visible?

One reason may be the feminist movement. Feminism took up the cause of domestic abuse of women in the 1970s, with the world’s first women’s refuge being opened by Erin Pizzey in 1971. Feminism understood domestic violence as the natural extension of men’s patriarchal attitudes towards women, leading men to feel they had the right to control their partners, using violence if necessary. Feminists campaigned successfully to bring the issue into the public arena, thereby securing resources to establish services to help victims. This activism and advocacy led to governmental and public acceptance that “domestic violence” was synonymous with violence against women.

Paradoxically, feminist concerns for female victims may also have led to the recent increase in arrests of female perpetrators. The disparity between prevalence study statistics and criminal conviction data of male domestic violence perpetration led US feminists to successfully campaign for mandatory arrest policies for domestic violence call-outs. Mandatory arrest policies coincided with a three-fold increase in the number of women arrested. In the UK, a pro-arrest policy was also introduced, requiring police forces to always consider an arrest in domestic violence cases. Although not eliminating police discretion, the policy undoubtedly diminished individual police officers’ discretionary powers. The increase in female arrests for domestic violence suggests that when police officers were freer to exercise discretion, it was exercised more frequently in favour of female perpetrators.

Support for a feminist conceptualisation of domestic violence has been afforded by men’s generally more visible violent behaviour. Men make up the majority of perpetrators of violence in public places, such as football matches and nightclubs. As men appear to be more ready, willing and able to use violence outside the home, the logical extension is that men are more violent than women per se. This argument has frequently been cited by researchers such as Professors Russell and Emerson Dobash as evidence against the veracity of figures showing large numbers of male victims of domestic violence, while ignoring the fact that men’s aggression in public places is almost always directed towards other men.

In recent years, female violence has become a more public affair, with changes in drinking patterns being a likely contributing factor to more women being arrested for violent offences outside of the home. In addition, the widespread use of CCTV may have provided sufficient evidence for the police and CPS to override stereotypes of women as nonviolent. The erosion of the passive female stereotype is likely to result in more women being charged and convicted of offences generally, which might also result in increases in the conviction rates for women’s domestic violence.

The dual stereotypes of the violent man and passive woman have undoubtedly obscured the existence of male victims of domestic violence in the past. Men were also unlikely to view their own victimisation as either domestic violence or a criminal assault, and so were unlikely to seek help.

Large sums of money have been spent on educational campaigns to encourage female victims to seek help. Until there are similar campaigns for men, it is unlikely that the true number of male victims needing help will be known. If the current trends continue however, women may find themselves increasingly likely to be charged with domestic assault, and men more likely to be offered help and protection.

Letto :1533
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L’Express: bambini devastati da avvocata femminista specializzata in calunnie pedofile

15 madri separate accecate dall’odio.
15 papà separati falsamente accusati di pedofilia. 15 e più bambini devastati.
1 avvocata femminista, con sempre la stessa tecnica: false accuse con la formula che ne impedisce l’archiviazione.

Chi chiede che venga legalizzata la giustizia fai-da-te per proteggere i bambini da pedofili e nazi-femministe ha qui un forte argomento: se il primo papà avesse ghigliottinato l’avvocata, tanti bambini innocenti non avrebbero subito un abuso grave quanto la pedofilia.   Come persone moderate e civili, noi chiediamo che vengano approvate le leggi proposte per contrastare il nazi-femminismo, in base alle quali l’avvocata che ha devastato decine di bambini verrebbe radiata e condannata a circa 40 anni di galera.

Traduciamo l’articolo in merito pubblicato da L’Express:


L’arma della falsa accusa di pedofilia

Un inquietante fenomeno prende piede nei Tribunali francesi: centinaia di papà  si vedono falsamente accusati, di montagne di crimini.  Alcuni perdono il loro lavoro, la loro onorabilità e l’amore dei loro bambini.

Il tribunale penale di Pontoise ha appena preso una decisione insolita. Ha condannato una madre che aveva presentato una denuncia contro il marito per molestie sulla loro figlia di 2 anni. Motivo: calunnia «La sig.ra K., al fine di separare definitivamente il padre dai figli, ha fatto gravi accuse essendo a conoscenza della loro falsità».  Il papà, ingegnere, è triste: «Sono stato allontanato dai miei bambini per mesi, niente potrà veramente porre rimedio a questo».

La vicenda era iniziata con una separazione conflittuale.  Bambini affidati alla madre, il papà lamenta diritti di visita non rispettati.  Lei risponde con un’altra accusa: un bel mattino il papà si vede convocato dalla polizia, sua figlia sostiene che papà le avrebbe messo un dito nella vagina.   Dopo interrogatori ed esami medici, l’accusa viene archiviata.  La donna reitera la denuncia, questa volta con la formula che ne impedisce l’archiviazione.  La macchina giudiziaria si mette automaticamente in moto, il papà vede sospesi i suoi diritti di visita.  Non può più vedere i suoi bambini che in incontri protetti.  Dopo un anno, viene ancora riconosciuto innocente.  La donna fa appello, ed alla fine l’innocenza viene confermata.

Questo allucinante regolamento di conti è ben lungi dall’essere un caso isolato.  Apparso negli USA qualche anno fa, un allarmante fenomeno ha preso piede nei tribunali, una sorta di follia che porta le coppie in guerra per l’affido dei figli a usare la più terribile accusa, quella di incesto.  Centinaia di papà — molto più raramente le madri — si dichiarano oggi calunniati dall’ex: «È l’arma atomica delle separazioni conflittuali». […]

Da 3 o 4 anni sono aumentate in maniera allarmante queste accuse, basate spesso sulla sola parola del bambino o della madre, conferma Yvon Talle, sostituto procuratore a Parigi. […] «Ancora 3 anni fa, questo genere di accuse erano rarissime» ricorda Pascaline Saint-Attoman, avvocatessa che collabora con SOS Papà «ora sono due o tre a settimana».

Così Bouchaib Raye, un lavoratore ospedaliero la cui moglie ha rapito i due figli prima di effettuare una accusa contro di lui per aver toccato la figlia di 4 anni.  Un anno più tardi è stato anche accusato — falsamente, secondo la giustizia — di aver abusato della nuova partner della ex, nel frattempo diventata lesbica.

Come per Jean-Pierre Atlas, anche lui falsamente accusato, che sta cercando di ripristinare un rapporto normale con il suo bambino di 8 anni che lo definisce un “bastardo” ogni volta che lo incontra: «Ho iniziato la terapia con lui da uno psicologo, ma due ore alla settimana non è affatto sufficiente quando il resto del tempo, la madre continua a lavaggio del cervello».

Secondo gli esperti, le calunnie hanno quasi tutte le stesse caratteristiche: vengono usati bambini piccoli, da 2 a 5 anni, che non presentano alcun segno di violenza, coinvolti in separazioni conflittuali in cui i nonni spesso assumono un ruolo decisivo. […]

I casi di false accuse sembrano curiosamente molto più numerosi nella piccola città di Pontoise, vicino a Parigi, dove il fenomeno ha assunto l’aspetto di una epidemia.   15 papà accusati nello stesso tribunale per storie simili, alla fine si sono uniti per proclamare la propria innocenza.  Nessuno è mai stato condannato e 9 già assolti.  In 10 di questi casi le madri accusatrici erano rappresentate dalla stessa avvocata.  Che in tutti i casi ha presentato la denuncia secondo la formula che impedisce di archiviare il caso obbligando ad aprire un procedimento penale. «La sig.ra M. è una attivista femminista che fa da avvocata per la locale Casa della Donna» [n.d.t. le femministe usano il termine “Donna” per indicare i loro centri] dice Dominique Marion, uno dei padri falsamente accusati «si è specializzata in tali accuse, che usa per mettere i papà fuori gioco e allontanarli dai figli».  La relazione di uno psicologo esperto nominato dal Tribunale parla apertamente di «ruolo nefasto» giocato dall’avvocata femminista, qualificata come «fanatica» e «settaria»: «I suoi eccessi, la sua abitudine alla menzogna, a volte diffamatoria, dimostrano la sua incapacità a mantenere una distanza sana ed oggettiva in queste faccende».

L’avvocata sotto accusa replica seccamente «Mi hanno rotto gli attacchi delle associazioni dei padri separati […]».

La situazione è diventata così grave che il Procuratore ha ricevuto 10 di questi papà.  Oltre agli eccessi dell’avvocata femminista, hanno lamentato la lentezza della giustizia ed il ruolo negativo di alcuni «esperti» abusologi che rilasciano certificati di convenienza alle madri calunniatrici.

Una pedopsichiatra, la dr. B, coinvolta nei fattacci di Pontoise è stata interdetta per 3 anni dall’Ordine dei Medici per aver ripetutamente denunciato «la responsabilità di un papà in abusi sessuali privi di fondamento» […].

«Certe madri fanno il tour degli abusologi fino a quando trovano quello che certificano quello che vogliono» constata Nicole Tricart, presidente del Tribunale dei Minori di Parigi «a volte ci troviamo di fronte certificati che fanno rabbia.  Come quella psicopatica che ha descritto in dettaglio l’esame con il quale decideva che una bambina di 5 anni era stata abusata: le sentiva il polso mentre sussurrava all’orecchio della bambina la parola “incesto”, dall’aumento dei battiti ha dedotto un forte trauma sessuale». QED

«Molto spesso il primo passo compiuto dal magistrato è quello di sospendere i diritti di accesso del genitore accusato. Che nel caso di una falsa accusa, è esattamente ciò che il genitore accusatore sta cercando».

Nessuno esce indenne dalle accuse, né il bambino né l’imputato né l’accusatore, ha detto Lawrence Becuywe, giudice del tribunale di Pontoise. Dal momento in cui sono stati lanciati, si entra nel campo della follia, odio o perversione allo stato puro.  Il problema del magistrato incaricato delle indagini penali è quello di raccogliere prove per condannare o assolvere. […]


Lo psicologo canadese Hubert Van Gijseghem, specialista mondiale nel settore, afferma che le false accuse hanno conseguenze gravi quanto la pedofilia vera e propria
.  Ma ha anche sottolineato che le accuse sono spesso indotte in buona fede da un genitore, che interpreta i cambiamenti di comportamento dovuti al divorzio come indice di abuso  Il genitore che si sente colpevole di infliggere ai figli la ferita del divorzio, ha la tendenza a voler pensare che il malessere è dovuto a «qualcosa d’altro».

Psichiatri americani hanno definito una “sindrome da alienazione genitoriale” caratteristica del bambini coinvolti in divorzi che, traumatizzati per la scomparsa di un genitore, per paura di perdere il legame con il genitore che li ha in custodia, ne diventano succubi e denigrano sistematicamente il genitore assente.

Il mancato pagamento degli alimenti, che è il crimine di cui sono più frequentemente accusati gli ex mariti, viene condannato nel 90% dei casi, con la prigione nel 24% dei casi.  Ma solo l’11% dei casi di mancato rispetto del diritto di visita, crimine più frequentemente commesso dalle ex mogli, comporta sanzioni penali, con la prigione nello 0.47% dei casi.   E otto denunce su dieci denunce sono respinte. «Odio ammetterlo, dice la Commissaria Nicole Tricart, ma la stragrande maggioranza dei professionisti che si specializzano i diritto minorile e familiare — avvocati, giudici, esperti, funzionari di polizia — sono donne…»

Fonte: http://www.lexpress.fr/informations/l-arme-du-soupcon-d-inceste_633287.html

Successivamente a questi orrori, la Francia ha approvato un vero affido condiviso.  L’avvocatessa Pascaline Petroff, nota per aver difeso papà da false accuse, ha subito un tentato omicidio ad opera di due donne

 

Letto :4536
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Abusopoli

(Articolo tratto dal Post Chronicle con titolo originale “Abusegate: Mother Of All Scandals?”).

Abusopoli è la crociata distorta contro la violenza domestica. La campagna, partita con buone intenzioni, è ora diventata anti-famiglia. Con la scusa di rendere sicure le case, l’industria della violenza domestica viola i diritti costituzionali ed ignora chi ha più bisogno. Riassumiamo i modi in cui gli sforzi fatti finora hanno fallito, nel contempo danneggiando i nostri valori e le nostre istituzioni:

  1. Si approfitta delle donne vulnerabili. I centri anti-violenza sono pieni di donne tanto violente quanto gli uomini che hanno lasciato. Le donne picchiate vengono in cerca di aiuto, e ricevono invece ideologia femminista.
  2. Gli uomini sono stereotipizzati come abusanti. Viene distorta la verità, pretendendo che le donne non siano mai inclini alla violenza, ignorando le centinaia di studi che mostrano che uomini e donne hanno eguale tendenza ad essere violenti con i loro partners.
  3. Ogni anno l’industria della violenza domestica riceve un miliardo di dollari di fondi pubblici. E quale è il risultato? La valutazione delle autorità competenti è: “NON FUNZIONANO. Risultati non dimostrati“.
  4. Secondo la ricerca di Radha Iyengar, economista di Harvard, le leggi che impongono la carcerazione preventiva per denunce di violenza domestica hanno portato ad un aumento del 60% degli omicidi familiari.
  5. Seguono una ideologia radicale: nel loro sforzo di distruggere la famiglia, ripetono che “un matrimonio è una licenza di picchiare”. Risulta che l’opposto è vero: le persone sposate subiscono meno violenza domestica di quelle che co-abitano.
  6. Sfascia le famiglie e fa del male ai bambini. I padri vengono allontanati sulla base di accuse senza prove, ed i bambini che crescono lontano dai loro papà diventano adulti più problematici.
  7. Promuove le false accuse. L’industria della violenza domestica prova a convincere le donne di denunciare ogni litigio, premiandole se lo fanno. In Italia l’80% delle denunce in sede di separazione risultano false. Questo intasa il sistema legale rendendo più difficile aiutare le vere vittime che davvero ne hanno disperatamente bisogno.
  8. Va contro la Costituzione, che protegge i cittadini innocenti da possibili abusi di potere di chi governa, con la presunzione di innocenza ed il diritto ad un giusto processo. Anche in Italia la Corte Costituzionale ha dichiarato illegale la legge che richiedeva la carcerazione prima del processo per questo tipo di reati.

————-

Articolo estratto tradotto, con esempi adattati alla realtà italiana, dal Post Chronicle del 24/1/2010. Titolo originale “Abusegate: Mother Of All Scandals?”.

Letto :1537
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Lorena Bobbitt, eroina femminista contro la violenza maschile

Nel 1993 Lorena Gallo in Bobbitt evirò il marito addormentato e tentò di difendersi accusandolo di violenza: lui venne riconosciuto innocente; lei non punibile in quanto mentalmente insana e temporaneamente incapace di intendere. Se la cavò con 45 giorni in un Centro di Igiene Menale.

Le femministe la nominarono vittima e scrissero del suo “forte e coraggioso atto di auto-difesa femminista. Tornando da una conferenza femminista in Europa, assicuro i lettori [del New York Times] che Lorena ha galvanizzato il movimento femminista in tutto il mondo”. Prima del verdetto la National Feminist Association dichiarò alla stampa che, in caso di condanna, 100 americani innocenti sarebbero stati castrati. Alcune femministe vendevano magliette con la scritta “vendetta – quanto è dolce” e placche “Lorena Bobbitt chirurgo capo”.

La commentatrice Ms. Charen scrisse: “se le femministe ribollono di odio contro gli uomini, è evidente che la loro politica sconfina nella patologia. Vedere la mutilazione di un uomo come un atto politico merita essere etichettato politica dell’odio”.

La reazione depravata e moralmente grottesca delle femministe pose fine al mito del femminismo buono.

Nel 1997 l’ex signora Bobbitt venne arrestata in quanto i vicini chiamarono la polizia denunciando che stava assaltando la propria madre [fonte]. Oggi gestisce una organizzazione per donne vittime di violenza domestica (www.lorenasredwagon.com), si presenta come vittima innocente, cita le statistiche femministe secondo cui una donna su tre verrebbe abusata, progetta di costruire un centro anti-violenza “Lorena’s house”, e chiede soldi

Letto :1986
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La testimonianza di una ex volontaria: incoraggiamento a costruire calunnie femministe

 

«Facevo volontariato nel centro *** e sono testimone diretta dell’incoraggiamento dato da parte delle operatrici e dalle residenti alle donne a “vincere” l’affido dei figli, la casa e tutti i benefici.

A tal fine vengono istruite a mentire in  maniera convincente in tribunale ed alla polizia.  Questo non è difficile, visto che nello show della violenza domestica la donna ha il ruolo della vittima e in tribunale può nascondersi dietro ad uno schermo e continuare a mentire.

Queste donne che fabbricano false accuse di violenza sono assolutamente deplorevoli.  Lo fanno per ottenere la casa, i figli, la macchina, il mantenimento ed i benefici.

Danneggiano la causa per le donne (e gli uomini) che sono veramente vittime ed hanno bisogno dell’aiuto dei tribunali.»

La fonte originale contiene il nome completo: http://www.walesonline.co.uk/community/profile/?UID=106243-pcms&plckUserId=106243-pcms

Letto :1607
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Violenza di genere in Italia: la parola a magistrati, avvocati, psicologi legali

“Solo in due casi su 10 si tratta di maltrattamenti veri. Il resto sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione. Molte volte siamo noi stessi a chiedere l’archiviazione. In altri casi, invece, si arriva a un processo dove la presunta vittima ridimensiona il proprio racconto. È successo anche che qualche ex moglie sia finita indagata per calunnia” (PM Carmen Pugliese, dichiarazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2009, Eco di Bergamo).

“È un fenomeno emergenziale.  La Procura di Roma ha sancito che 75% dei casi le denunce penali nei confronti del coniuge sono vere e proprie calunnie, confezionate ad arte per ottenere immediati risultati processuali” (G.E. Gassani, Presidente Nazionale dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, ASCA, youtube)

“Sempre più spesso si ricorre alla querela del coniuge o del convivente per risolvere a proprio favore i contenziosi civili per l’affidamento dei figli o per l’assegno di mantenimento.” (PM Barbara Bresci, il secolo XIX, 25/11/2009).

“La tecnica è quasi sempre uguale. Denunciare prima della separazione il marito per percosse e minacce, anche se non sono vere. Scrivere qualche SMS alle amichette con finte richieste di aiuto. Mettersi d’accordo con loro per le testimonianze in tribunale. Addirittura quelle più determinate arrivano ai casi di autolesionismo per provare le violenze subite in casa. Poi basta un avvocato senza tanti scrupoli e desideroso di riempirsi il portafoglio e il gioco è fatto”. (F. Graffione, giornalista, il Giornale)

“Ad adottare questi sotterfugi sono tutte donne: se la separazione è in corso, non ci sono strumenti prima dell’udienza per allontanare uno dei due genitori da casa. L’ordine di allontanamento giunge solo in caso di violenza fisica, ed ecco perché arrivano le denunce verso i mariti, per la maggior parte dei casi inventate”. (Avv. Clara Cirillo, presidente dell’Associazione Giuristi Italiani, il secolo XIX, 25/11/2009).

“Se ci sono i minori in ballo, si mettono in atto dinamiche crudeli: le donne avanzano false denunce di maltrattamenti o molestie sui figli a scapito del coniuge, per togliere a quest’ultimo la patria potestà” (Avv. Cristina Nicolini, AGI, personaedanno)

“Potrebbe sembrare incredibile che si possa accusare qualcuno che si sa innocente di un delitto turpe quale quello di violenza sessuale, in particolare quando è perpetrata su un bambino, eppure succede e neanche troppo raramente […] per l’esperienza fatta le false denunce provengono quasi nella totalità da donne, spesso madri che in tal modo tentano di allontanare gli ex mariti dai figli o peggio credono di vendicarsi di non si sa quali torti subiti durante il matrimonio”. (PM Jacqueline Monica Magi, su criminologia.it del 29/1/2009, fonte).

“L’accusa di violenza sessuale è il modo più facile per estromettere il padre dalla vita dei figli. La donna non solo si libera del partner come coniuge ma anche come padre, facendolo uscire definitivamente dalla sua vita”. (Maria Carolina Palma, CTU c/o Trib. di Palermo, L’Avvenire, 13/4/2009)

 

“le false accuse di maltrattamenti, percosse, abusi sessuali e violenze di vario genere – le querele costruite al solo scopo di eliminare l’ex marito dalla vita dei figli – oscillano nelle procure italiane da un minimo del 70 ad un massimo del 95%” (Sara Pezzuolo, Psicologa – Ass. Naz. Familiaristi Italiani, Firenze, 29 aprile 2010)

“… è necessario sollecitare un controllo sui centri antiviolenza …sollecitare un intervento qualificato che miri al controllo sulle gestioni di questi centri antiviolenza, sulle competenze e professionalità coinvolte e, soprattutto, che sfoci in una più attenta normativa sui limiti dei loro poteri di azione”. (Daniela Piccione – Avvocato, Delegato Regionale Sicilia Familiaristi Italiani, 31/10/2009, fonte)

“Secondo la ex moglie il padre è sempre e comunque un pedofilo. Accuse troppo spesso false per ottenere l’ affidamento dei figli contesi” (Tina Lagosteni Bassi, fonte).


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La Fornero firma convenzione femminista anti-maschio

La Fornero, ministra del Lavoro e delle Pari Opportunità (cioè della disoccupazione e del femminismo) il 27 settembre 2012 firmerà una convenzione internazionale sessista che priva espone gli uomini italiani a subire false accuse di violenza e li priva del diritto di difendersi, con conseguenze disastrose per i loro bambini, privati del loro papà.

Qui il testo completo, e di seguito l’analisi dei punti più gravi.

Nel preambolo la convenzione accredita la falsa ideologia femminista della donna vittima, quando gli studi dicono che nella realtà uomini e donne sono violenti in egual misura:

«Riconoscendo che la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi…  la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini;

Riconoscendo che la violenza domestica colpisce le donne in modo sproporzionato e che anche gli uomini possono essere vittime di violenza domestica»

Ma nessuna misura viene adottata per gli uomini vittime di violenza, ed infatti viene ammesso che si tratta di misure discriminatorie contro gli uomini:

«Le misure specifiche necessarie per prevenire la violenza e proteggere le donne contro la violenza di genere non saranno considerate discriminatorie ai sensi della presente Convenzione».

Se la Corte Costituzionale non si farà prendere per il culo da questa frase, la convenzione verrà abrogata in quanto contraria all’articolo 3 della Costituzione secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.  Dopo le leggi basate sulla razza (Hitler, Mussolini), dopo le leggi basare sulla classe (Lenin, Stalin), il rischio sono ora leggi basate sul genere.

Viene specificato che verrà dato potere alle associazioni femministe:

«cooperazione con le istituzioni nazionali per i diritti umani e gli organismi competenti in materia di uguaglianza, la società civile e le ONG, tra cui in particolare le organizzazioni femminili»

[in realtà si tratta di associazioni femministe: a rifiutare i contatti con gli uomini e fondare associazioni femminili che le escludono non sono le donne ma femministe e ‘lesbiche separatiste’]

Un papà vittima di violenza potrà scegliere fra subire in silenzio e chiedere aiuto alle femministe!

Questi gli articoli, dei quali indichiamo le facilmente immaginabili conseguenze più pericolose:

  • Articolo 14: nelle scuole ai bambini verrà insegnata l’ideologia femminista come se fosse realtà.
  • Articolo 15: formazione di avvocate femministe.
  • Articolo 20: le accuse contro i maschi verrano incentivate con “consulenze legali e un sostegno psicologico, un’assistenza finanziaria, alloggio, istruzione, formazione e assistenza nella ricerca di un lavoro”.  Già ora circa l’80% delle accuse sono false.
  • Articolo 23: fondi ai centri anti-violenza caduti nel femminismo.  Già la Fornero aveva dato più di 10 milioni di € di nostre tasse ai centri anti-violenza.
  • “Articolo 31 (Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza)”: le accuse di violenza (non importa che siano vere, importa solo che l’accusatrice sia una donna e l’accusato un uomo) avranno l’effetto di privare i bambini del loro papà. 
  • Articolo 36 comma 3: accusa di stupro contro il marito.  Denunciare il marito per fatti  su cui quasi mai esistono prove oggettive ma solo la parola dell’accusatrice è il miglior invito alla calunnia ed il miglior arricchimento per le avvocate femministe.
  • Articolo 40. Condanne penali per “qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, con lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona”.   Il nazi-femminismo ambisce a far considerare tutto molestia sessuale: si può andare in galera per uno sguardo indesiderato, Vauro potrà essere condannato per una vignetta indesiderata…
  • Articolo 48  “vietare i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti, tra cui la mediazione e la conciliazione”.    Impedire che le donne possano fare la pace con gli uomini è l’agenda del femminismo che vuole distruggere le famiglie ed aizzare la guerra fra i generi.
  • Articolo 52 – furti di case.  Denunciando il convivente, la donna potrà impadronirsi della casa dove risiede, in spregio al diritto di proprietà.
  • Articolo 53 – “Ordinanze di ingiunzione o di protezione” vengono “decise ex parte con effetto immediato”:  l’uomo calunniato di nascosto non ha neanche il diritto di difendersi:  le decisioni vengono prese senza informarlo sulla base delle sole accuse.
  • Articolo 54.  “le prove relative agli antecedenti sessuale e alla condotta della vittima siano ammissibili unicamente quando sono pertinenti e necessarie”.  In Inghilterra un padre di famiglia ha fatto anni di galera senza prove perché una legge impediva che l’accusatrice aveva già calunniato 10 uomini prima di lui.
  • Articolo 55 – “il procedimento possa continuare anche se la vittima dovesse ritrattare l’accusa o ritirare la denuncia”: soldi alle avvocate femministe per continuare a perseguitare uomini innocenti anche dopo che cade l’accusa.
  • Articolo 56.  “consentendo alle vittime di testimoniare in aula, secondo le norme previste dal diritto interno, senza essere fisicamente presenti, o almeno senza la presenza del presunto autore del reato”: possibilità di distruggere un uomo senza prove, con la sola propria parola, senza venire efficacemente contro-interrogata.
  • Articolo 57 – “Gratuito patrocinio … le vittime abbiano diritto all’assistenza legale e al gratuito patrocinio”: per divorziare basta calunniare il marito per venire nominata “vittima” sulla parola e far pagare l’avvocata femminista allo stato.
  • Capitolo VII – Migrazione e asilo Articolo 59 – Status di residente.  “misure legislative e di altro tipo per garantire che le vittime, il cui status di residente dipende da quello del coniuge o del partner, conformemente al loro diritto interno, possano ottenere, su richiesta, in caso di scioglimento del matrimonio o della relazione, in situazioni particolarmente difficili, un titolo autonomo di soggiorno, indipendentemente dalla durata del matrimonio o della relazione”.  Se una extra-comunitaria vorrà il titolo di soggiorno, le basterà convivere con un italiano e calunniarlo. 
  • Articolo 60 – Richieste di asilo basate sul genere”.  Se una extra-comunitaria vorrà entrare in Italia, le basterà fingere di essere stata picchiata da un maschio: in questo modo entrò negli USA la cameriera e prostituta che ha distrutto Strauss Kahn accusandolo falsamente.
  • “Articolo 64 – Informazioni”.  Viene istituita una Grande Sorella.
  • Articolo 66 –  Su tutto vigilerà il GREVIO, un comitato composto da soggetti scelti fra coloro che credono nell’ideologia femminista.  Scommettiamo che, come l’analogo CEDAW, verrà usato per fingere di dire che l’Unione Europea nega la PAS (cioè la protezione ai bambini alienati da calunniatrici)?
  • “Articolo 78 – Riserve –  Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni della presente Convenzione”: lo stato italiano avrà perso la propria sovranità in materia, trovandosi con le mani legate a diventare uno strumento del femminismo contro gli uomini italiani.

Le conseguenze dell’eventuale applicazione di queste leggi femministe presumibilmente saranno le stesse già osservate nei paesi che le hanno applicate: un’epidemia di calunnie femministe, un raddoppio della violenza sulle donne: l’uomo innocente che si vede vittima di calunnie in un sistema sessista fatto apposta per distruggerlo e privarlo dei figli, dell’onore, della casa, dello stipendio, solitamente colpisce la approfittatrice ex-moglie e non l’avvocata femminista.

 

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Centri Antiviolenza: ne la parla la fondatrice Erin Pizzey

Erin Pizzey: sostiene che le femministe utilizzarono la sua causa per demonizzare tutti gli uomini.

Erin Pizzey denunciò minacce di morte da parte delle femministe, contro lei e contro i suoi figli. Le ammazzarono il cane. La sua interessantissima biografia è stata censurato da wikipedia italia.

Ecco le sue idee che LE FEMMINISTE vogliono censurare: “Feminism, I realised, was a lie. Women and men are both capable of extraordinary cruelty. Indeed, the only thing a child really needs – two biological parents under one roof – was being undermined by the very ideology which claimed to speak up for women’s rights”

[Il femminismo, mi resi conto, era una bugia. Le donne e gli uomini sono entrambi in grado di crudeltà straordinaria. In effetti, l’unica cosa che un bambino ha bisogno realmente – due genitori biologici sotto lo stesso tetto – è stato indebolita dalla stessa ideologia che pretendeva di parlare a favore dei diritti delle donne]

Qui la versione inglese della Sua biografia. L’unica ormai presente su WikiPedia.

http://en.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey

In sostanza, dopo essersi impegnata nella accoglienza delle donne maltrattate e aver aperto anche la prica “casa rifugio” per donne vittime di violenza, Erin Pizzey DISSE ESATTAMENTE QUELLO CHE STIAMO DICENDO NOI:

LA VIOLENZA E’ COMUNE SIA AGLI UOMINI CHE ALLE DONNE E NON ESISTE DIFFERENZA IN QUESTO SENSO TRA GLI APPARTENENTI DEI GENERI

Pizzey sostenne che le femministe militanti – con la complicità dei leader delle donne del lavoro – dirottarono la sua causa e la utilizzarono per tentare di demonizzare tutti gli uomini, non solo in Gran Bretagna, ma a livello internazionale.

La storia poi, la trovate qui http://en.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey (in inglese)

ma se vi accontentate di una traduzione approssimativa potete leggerla in italiano qui:
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&tl=it&u=http%3A%2F%2Fen.wikipedia.org%2Fwiki%2FErin_Pizzey

La versione di WikiPedia-Italia era stata invece vandalizzata e poi approssimativamente ripristinata.

Era qui : http://it.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey

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Madre ammette false accuse e denuncia il sistema: deve prevalere la giustizia, non l’ideologia dell’odio contro gli uomini.

Al Procuratore Capo,

In un raptus di rabbia ho chiamato la polizia. Ero in cura, ed ancora oggi soffro di depressione e di un grave disturbo ansioso. Quando mi arrabbio con mio marito, il disturbo mi rende rabbiosa e voglio causargli problemi. Quel giorno chiamai la polizia. Sotto la loro pressione per accusarlo di qualcosa, in un momento in cui non ero in me, dissi che mi sentivo minacciata. La TV parla sempre di mariti che abusano le donne così questa è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Non c’era stata violenza, assolutamente nessuna. […] La polizia, senza indagare, prese la mia parola per la verità, ed immediatamente arrestò mio marito buttandolo in prigione dove passò sei settimane.

Dopo l’arresto il mio disturbo ansioso peggiorò; pensai che la cosa giusta da fare era andare ad un centro anti-violenza. Le operatrici, in massima parte donne divorziate, mi misero sotto una tremenda pressione, perché io dicessi cose ancora peggiori contro mio marito, in modo da creargli problemi giudiziari ancora più gravi. […] Essendo in una condizione di dipendenza, una donna si sente obbligata a seguire i consigli legali delle operatrici. Inondarono me ed i bambini con filmati sulla violenza che hanno fatto così male ai bambini al punto che provano paura di venire abusati da un qualunque uomo.

Il centro non era un posto dove le donne ricevono aiuto, ma un posto dove le donne ed i bambini sono esposti all’odio contro gli uomini ed incoraggiate a divorziare. Mentre eravamo lì la polizia dovette intervenire per sedare una violenza fra donne nel rifugio, davanti ai miei figli. Sono stati esposti a più abusi nel centro che in tutta la loro vita precedente fuori dal centro.

Quando provai ad ammettere il mio errore nell’ufficio della procuratrice, mi disse che ero una bugiarda e che era meglio per me insistere con la storia iniziale. Che le donne ritirano le accuse perché minacciate dai mariti. Che sarei stata arrestata se avessi ritrattato. […] In tutta la vicenda nessuno ha aiutato me ed i bambini. Ognuno voleva solo darmi lo status di vittima ed a mio marito quello di abusante. A nessuno interessava la giustizia, me, i bambini. […] All’udienza preliminare volevo dire la verità, ma la procuratrice non mi ha nemmeno parlato. Mentre invece ha ascoltato le operatrici del centro. […] Tutto sembrava finalizzato a far condannare mio marito ed impedirgli di vedere i nostri bambini, senza cura del costo che io ed i bambini avremmo dovuto pagare.

Mio marito ha perso il lavoro, perché le autorità hanno contattato il suo datore di lavoro. Io ed i nostri 4 figli siamo stati presi in carico dall’assistenza sociale. I bambini piangono perché vogliono vedere loro papà, che è sempre stato un buon padre. Un terribile danno è stato fatto contro tutti noi: i nostri bambini, io, e mio marito.

Questo orrore è iniziato 9 mesi fa, e da allora non mi hanno ancora voluta ascoltare. Sembra che non vogliano ammettere che una donna può fare un errore, come chiamare la polizia per rabbia. Secondo la mia esperienza, sembra che criminalizzare e processare i padri, fregandosene del danno fatto ai bambini, sia lo scopo del sistema. […] Sono preoccupata di quello che mio figlio potrebbe pensare di questo sistema. Sono scandalizzata di come la violenza domestica è usata per distruggere le famiglie. Basata su due parole dette in un momento di rabbia, il sistema ha iniziato una caccia contro mio marito, provocando un enorme danno alla nostra famiglia.

Smettete di criminalizzare i padri e assicuratevi che i principi di giustizia siano rispettati da chi lavora nel sistema e ci saranno molti meno casi del genere. Nel nostro sistema giudiziario deve prevalere la giustizia, non l’ideologia dell’odio contro gli uomini.

Lettera firmata. (Testo originale della madre canadese tradotto dall’inglese da http://www.ejfi.org/DV/dv-70.htm#shelters in calce)

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Dear Chief Justice McMurtry
I read an article in the Toronto Star, dated January 7, 2003, in which it was reported that you were upset about the courts being backlogged and that you were looking for answers to this problem.
As one woman who has been forcefully and unwillingly branded as a helpless “victim” of domestic violence by police and the local Crown Attorney’s office, I would like to give you what my thoughts are as to why the courts are backlogged.
Early last year, it a fit of anger and frustration against my husband, I wrongly called police. I was under medication at the time and to this day still suffer from depression and severe anxiety disorder. When I get upset at my husband, my disorder causes me to get angry and to want to cause problems for him. Calling police on that occasion was my reaction that day to cause him problems. Under pressure from police to charge him with something and during a moment when my mind was not thinking clearly, I told police that I felt that husband had threatened to harm me and the children. I have seen so much in the newspapers and on the TV about husbands abusing their wives that this was the first thought that came to my mind when the police came to my home. There was absolutely no physical violence leading up to my call to police, absolutely none. At the time, however, I did not realize the implications of my actions as I was acting more out of emotion, rather than from reason.
Police officers never asked if there would have been any reason to cause me to make these allegations nor did they seem to care. No time was given for me to get my thoughts together rationally. Police just took my words as being the truth. Immediately, my husband was arrested and thrown in jail where he eventually spent six weeks in jail. After his arrest, I became even more anxious and fearful of authorities for doing something that was wrong.
Initially, I stayed at a women’s shelter as I thought this was the thing to do. While in the women’s shelter, I was put under tremendous pressure from shelter workers, most of who are divorced women themselves, to say even more negative things about my husband to get him in more trouble with the law. I felt pressured by shelter staff and felt compelled to follow their legal instructions. In my opinion, shelters should not be giving legal advice to woman or pressuring women to take certain legal actions. This should be left up to the lawyers. Being in a position of dependency at the shelter makes a woman feel obligated to follow the legal advice given to them by the workers. While in the shelter, both myself and my children were inundated with information about how abusive men are. I believe that exposure to domestic violence audio and visual materials in the shelter has negatively affected my children to the point where even they may now feel that men, in general, are abusive. As it turned out, the shelter was not just a place where women can go for help, but a place were women and children are told all the bad things about men and where women are encouraged to divorce their husbands and break up their families. While my children and I were at the shelter, the police had to come in and take one woman out of the facility for being abusive to the other women in front of the children. My children were exposed to more abuse in the shelter than they were ever exposed outside of it.
When I tried to admit my mistake to the Crown Attorney’s office, I was basically told that I was a liar and that I had better stick to my original statement which was made while under pressure and while suffering from anxiety. I was told that women only recant their stories because their husbands are intimidating them. I was told that I would get arrested if I tried to change my story. When I tried to get my lawyer to write a letter to the Crown to explain the circumstances, my lawyer refused to follow my instructions. It was as if my lawyer was not willing to go against what he knew the Crown and the police wanted, which was to get my husband to plead guilty. My lawyer refused to return my phone calls and refused to answer my letters to his office. Yet, while my lawyer refused to follow my instructions, to my knowledge he billed Legal Aid, claiming to represent me. I wrote my own letter to the Crown’s Office directly but they refused to respond.
During this whole ordeal, nobody in the Justice System wanted to help me or my children. Everyone just wanted to label me as a poor victim and my husband as an abuser. Not at any time did I get the feeling that the justice system cared about me, my children, or about justice. The feeling that I have to this day is that the only thing the system wants is to convict my husband and that they will use any means, including intimidation and removal of children, to accomplish this.
I went to the court during one of preliminary hearings to try to tell the truth but when the Crown Attorney saw me at the court, she would not even talk to me. Yet, when my husband was in a hearing, representatives of the local women’s shelter had no problem getting a private meeting with the Crown to discuss my husband’s case. It seems that the Crown Attorney considered what the representatives of the local woman’s shelter had to say as being more important than what I, the alleged victim, had to say. Everything seemed to revolve around how to get my husband convicted and to keep him from seeing our children, no matter what the cost to myself and the children was.
My husband has been forced from his job due to the actions of the authorities who contacted his work and had him dismissed. Myself, and my four children have been forced on to the welfare system. My children cry to see their father who has always been a good father to them. The Children’s Aid has threatened to take my children from me if I let the children see their father, yet he has always been a good father to them. Terrible financial and emotional harm has been done to my children, myself and my husband by the justice system.
It has been over nine months since my family’s horror story with the justice system started. To this day, those in the Justice system still do not want to listen to me nor do they care about my children. It seems that the system is not willing to admit that a woman can make a mistake such as calling police out of anger. Based on my experience, it seems that criminalizing and persecuting fathers, regardless of the damage done to children, is the ultimate goal of the system. I feel that all of our family members have been victimized by the system and this is so terribly wrong and unjust.
Since this matter started, thousands of dollars in taxpayer’s monies have been spent and countless hours spent on my case by police, court officials and the Crown Attorney’s Office. I am the only witness to just statements made, yet the Crown Attorney presses on relentlessly to get my husband to plead guilty while intimidating me to go along with what they want. How can he plead guilty when he is not? I would not expect him or want him to plead guilty for an alleged crime he did not do. What kind of justice would that be?
There appears to be a systemic bias against fathers by the police and the Crown Attorney’s Office in the area of domestic violence to the point where justice is being purposely and maliciously disregarded. I have a young son and it worries me to think of what he might face in the justice system when he gets older. I am appalled at what I have seen is going on with justice in this province and how domestic violence is being used to destroy families. Based on just a few words said in anger, the justice system has gone on a witch hunt against my husband and in the process caused terrible harm to my entire family.
So getting back on the topic of the backlog in the court system, just put a stop to the persecuting and criminalizing of fathers and ensure that the principles of equality and fundamental justice are upheld by those working in the system and I am sure that you will see a noticeable drop in the court system caseload. Justice, not man-hating ideology, must prevail in our justice system.
Yours truly
Nezha Saad
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Madre telefona per sbaglio ad un centro anti-violenza e si trova coinvolta in una calunnia femminista

Una madre ha denunciato alla Fondazione Equal Justice la sua storia, a lieto fine, in cui l’amore vince sul femminismo, ed un bambino può crescere con mamma e papà nella sua famiglia.

La mia prima esperienza con i centri che dicono di proteggere le donne vittime di violenza fu quando avevo cacciato di casa mio marito. Non era mai stato violento, ma aveva atteggiamenti che mi preoccupavano per la mancanza di auto-controllo, e gli chiesi di lasciarmi sola per un poco. Accettò.

All’epoca non avevo un reddito ed un bambino appena nato: chiamai varie agenzie locali cercando assistenza per pagare le bollette in attesa di trovare un lavoro. Uno dei posti che chiamai era un “centro anti-violenza”, ma allora non lo sapevo. Spiegai loro cosa cercavo. L’operatrice mi pressò chiedendomi il motivo, e quindi le dissi che avevo cacciato mio marito perché era arrabbiato, ma non violento. E volevo che prendesse tempo per ripensare alle sue priorità nella vita prima di tornare con me e con il nostro bambino.

Lei allora, e solo allora, spiegò che erano un “centro anti-violenza” e che mi avrebbe richiamato dopo aver cercato informazioni sui servizi che stavo cercando. Le diedi il mio numero di telefono.

Entro un’ora, i Servizi Sociali erano in casa mia. Dissero che stavano investigando una denuncia secondo la quale mio marito “mi aveva picchiata e si era chiuso a chiave nella stanza da letto con il bambino”.

Naturalmente non avevo mai detto niente del genere. Il centro anti-violenza aveva ingigantito la faccenda ed attivato i Servizi, invece non mi richiamarono mai per le “risorse” che mi avevano promesso.

Mio marito ed io fummo sottoposti ad indagine prima che il caso venisse archiviato come infondato. Se davvero mio marito fosse stato violento, probabilmente mi avrebbe picchiata per averlo coinvolto questa indagine, accusato di violenza.

Successivamente il bambino muore di SIDS (“morte in culla”) e questo causa un disordine post-traumatico da stress ad entrambi i genitori. Invece di ricevere l’assistenza di cui avrebbero bisogno, la madre viene indrizzata al centro anti-violenza della zona, che risulta essere lo stesso cui aveva telefonato:

Nessuna delle donne ospitate scappava da mariti violenti… c’era una minorenne in fuga da un genitore abusante, due che dicevano di scappare da “abusi emotivi”. Ognuna aveva compiti assegnati, e penalità per chi non li eseguiva […] Sembrava organizzato più come un gruppo per persone problematiche che come un rifugio. C’era l’orario a cui bisognava spegnere le luci, e quello in cui bisognava essere vestite. Mi sentivo più controllata che con mio marito, anche nei peggiori momenti con lui […]

Rimasi lì una settimana, dicendo alle operatrici che volevo solo un dispositivo per tenere mio marito fuori di casa finché era in cura per il suo disordine post-traumatico da stress. […]

Le operatrici cercano di convincerla a rimanere in zona, ma la signora rifiuta:

Dopo che mio marito ebbe completato le cure, il dispositivo fu revocato, tornammo a vivere assieme; da allora ho trovato un buon lavoro e mio marito progetta di tornare a scuola non appena il nostro bambino andrà all’asilo!

 

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USA: abrogare le leggi femministe anti-uomo

Leggi femministe aiutano le calunniatrici ad abusare dei figli privandoli dei loro papà: negli USA è una donna, Phyllis Schlafly, a chiedere l’abrogazione della famigerata VAWA (“atto contro la violenza sulle donne”) scrivendo: «va riscritta tenendo in conto del tremendo problema delle false accuse e per aiutare le vittime vere».  La legge, sessista già nel titolo, in più di 60 passaggi esclude gli uomini dal diritto a venire protetti.

«La legge VAWA venne approvata dal Congresso nel 1994, quando Bill Clinton spinse la legge come ricompensa alle femministe per aver sostenuto la sua elezione a Presidente.

Nei suoi 17 anni di attività, VAWA ha fatto poco o nulla di buono per le vere vittime di violenza domestica, mentre i suoi fondi sono stati utilizzati per riempire le casse femministe e fare pressioni per obiettivi femministi.  Anche se ogni legge di spesa deve essere oggetto di procedure di controllo rigorose al fine di arginare sprechi e frodi, VAWA ha in qualche modo abbassato le responsabilità per quasi un miliardo di dollari all’anno distribuiti ad organizzazioni femministe radicali.

Nonostante il rigido dogma femminista che non ci sono differenze di genere, VAWA è totalmente fondata su stereotipi di genere femministi. A partire dal titolo, violenza contro le donne, il suo presupposto fondamentale è che gli uomini sono naturalmente maltrattatori e le donne sono naturalmente vittime.

In altre parole, gli uomini sono sempre colpevoli, e le donne devono essere sempre credute, senza timore di essere punite per calunnia. VAWA assume non esiste violenza contro gli uomini, e VAWA non fornisce servizi per gli uomini che sono vittime di violenza domestica.

Le femministe hanno così ampliato la definizione di violenza domestica che può essere qualunque accusa una donna sostiene, anche in assenza di violenza: concetti vaghi come “stress emotivo”, “molestie”, “fastidio”, o “discorsi sgraditi”.

Le destinatare femministe dei fondi VAWA usano il denaro per formare i legislatori, giudici e pubblici ministeri all’ideologia femminista. Ciò ha portato a decine di leggi statali che chiedono l’arresto obbligatorio (vale a dire, la polizia deve obbligatoriamente accusare la persona accusata), ed impossibilità per la donna di ritrattare le accuse (cioè, l’uomo deve essere processato anche nella grande percentuale di casi in cui la donna ha ritirato la sua accusa o si rifiuta di testimoniare).

Invece di promuovere il divorzio, rottura del matrimonio, e l’odio contro uomini, VAWA dovrebbe essere rivisto per favorire la mediazione. I fondi VAWA dovrebbero essere utilizzati per programmi per aiutare le coppie interrompere l’uso di droghe illegali e ridurre l’uso di alcool.

Ogni uomo accusato di violenza domestica viene privato di molti diritti costituzionali, riconosciuti anche ai criminali comuni: un giusto processo, la presunzione di innocenza fino a prova contraria, la parità di trattamento in base alla legge, diritto a confrontarsi con chi lo accusa, la libertà di parola, diritto alla privacy in materia familiare, l’affido od anche il diritto di vedere i propri figli, e anche il diritto di portare armi.

Alla donna viene fornita un’avvocata a spese dello Stato, anche se lei non ha presentato alcuna prova di lesioni o danni. L’uomo non ottiene tale aiuto.

Circa un quarto di divorzi comporta una denuncia di violenza domestica, che in molti casi è falsa o senza alcuna prova.  Queste accuse di solito provoca dispositivi restrittivi che l’Illinois Bar Association ha indicato come “parte delle procedure di divorzio”.

Non è una sorpresa che VAWA viene spesso definito come legge di odio contro gli uomini.  L’atteggiamento di molti giudici e pubblici ministeri che sono stati addestrati dalle femministe con i fondi VAWA è stata espressa da un giudice del New Jersey la cui stravagante affermazione è stata anche riportata nel New Jersey Law Journal:

«Il vostro compito non è quello di tutelare i diritti costituzionali dell’uomo che si sta violando, quando si decide un ordine restrittivo.  Buttatelo fuori per strada, tirategli dietro i vestiti e ditegli “ci vedremo dopo”»

I giudici sono obbligati a tenere in considerazione ogni accusa di violenza domestica nel valutare l’affidamento dei figli, anche se nessuna prova di abuso è stata presentato. Questo si traduce di solito in completa rottura del rapporto del bambino con il padre.
VAWA dovrebbe essere completamente rivisto per fornire definizioni di violenza domestica che sono abbastanza specifiche per identificare le vittime reali, per fermare l’eccessiva criminalizzazione dei litigi di coppia, per sottolineare la mediazione piuttosto che la detenzione, per garantire che i programmi di formazione per pubblici ministeri e giudici siano obiettivi , per sorvegliare sul grande flusso di denaro dei contribuenti, per rispettare i diritti dei papà, per controllare i centri anti-violenza e valutarne l’efficacia e la correttezza, per sviluppare programmi per affrontare il problema delle coppie in cui entrambi sono violenti.

Phyllis Schlafly»

  • http://www.eagleforum.org/column/2012/feb12/12-02-08.html
  • http://townhall.com/columnists/phyllisschlafly/2011/07/12/violence_against_women_act_must_be_rewritten/page/full

Il senato USA si è limitato a rendere non applicabile la legge alle donne immigrate, che in gran numero facevano false accuse al fine di ottenere la cittadinanza.

 

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Pubblicato in Dalla stampa | Commenti disabilitati su USA: abrogare le leggi femministe anti-uomo