La realtà attuale dei centri antiviolenza. Ne parla la fondatrice.

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Erin Pizzey, fondatrice del primo centro-antiviolenza in Europa, venne invitata dalle femministe americane che volevano aprire loro centri.

Pensando che centri femministi fossero meglio di niente, accettò.

Dalla sua autobiografia, i ricordi di quel viaggio:

Entrate nella sede del magazine femminista notammo che non c’erano uomini.  Tutto era bianco, e su un muro c’era lo slogan “una donna ha bisogno di un uomo come un pesce di una bicicletta”. […] Le donne indossavano tute e sembravano idraulici o muratori.  Mi sentivo estraniata nel camminare in un palazzo senza uomini. […]

Lindy credeva che fossimo femministe separatiste.  Le spiegai che credevamo che le donne dovessero avere eguali opportunità ma che, per quello che vedevamo, il femminismo sembrava più che altro interessato a promuovere un’agenda finalizzata a distruggere gli uomini e le famiglie. […]  Gli uomini hanno fatto poco per proteggersi dal femminismo radicale che cercava di cacciarli via dalle loro case familiari e dalla vita dei loro figli.  Il meeting era una farsa e fronteggiammo femministe ostili con il volto di pietra. […]  Reagivano positivamente quando dicevo che i bambini avevano bisogno di rifugi, ma quando chiarivo che anche gli uomini potevano essere vittime di violenza domestica sentivo una immediata fredda reazione, e sapevo di averle perse. […] Tutti volevano sentirsi dire che le donne ed i bambini venivano nel nostro rifugio perché tutti gli uomini erano dei bruti.  Non importava quante volte dicessi loro che un uomo ci aveva dato i palazzi, ed un uomo si occupava dei fondi per aiutarci a rimanere aperti.  L’auditorio era cieco alla ragione. […]  La maggior parte delle femministe che incontrai non credevano che i bambini avessero bisogno dei loro papà.  Vivevano la loro vita senza uomini. […]

Uno degli ultimi giorni, venne dato il microfono ad una giovane ragazza, si lanciò a confidare un drammatico racconto della brutalità del suo partner.

Ero stupita. Guardai rapita le facce di chi ascoltava.  Volevo interrompere e segnalare che una donna davvero vittima di violenza di solito si vergognava di quello che aveva subito. L’ultima cosa che avrebbe voluto era stare davanti a tanti sconosciuti e raccontare la storia al mondo.  Invece le donne violente non avevano il senso della vergogna quando cercavano la luce dei riflettori.

Appena finì, andai da lei e le dissi “meriteresti un Oscar per la performance”.  Rise e mi disse “ho detto loro quello che volevano sentirsi dire”.

 

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http://en.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey

http://www.erinpizzey.com

http://www.erinpizzey.com/books.html