Una vignetta copre di ridicolo chi nega la PAS

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Su Internet c’è una vignetta che secondo i proponenti dovrebbe riassumere le ragioni di chi nega che esista l’alienazione genitoriale (link alla discussione Facebook).

Nella vignetta si vede un uomo a processo che davanti al giudice con un sorrisetto di complicità dice: “PAS!”. Il giudice prende atto della sua difesa e lo assolve immediatamente.

Che cosa vuole dirci questa vignetta? Con malizia allusiva fa intendere che l’alienazione genitoriale servirebbe esclusivamente ad uomini accusati di abusi sui figli per scagionarsi. Processati con l’accusa di aver abusato dei figli, questi padri malvagi e spregiudicati accuserebbero le madri di aver manipolato i bambini per fabbricare le accuse. La controaccusa di “sindrome di alienazione genitoriale” (in inglese “Parental Alienation Syndrome”, PAS) servirebbe agli scopi di questi padri degeneri, con l’avvallo dei giudici. Si tratta dunque anche di un’accusa  ai giudici che accetterebbero una scusante infondata assolvendo un gran numero di imputati che invece hanno realmente commesso abusi.

Ma è verosimile questa rappresentazione della realtà? Succede davvero che l’imputato solo per aver detto “i minori sono manipolati” venga assolto?
Chi crede a una favola del genere o è uno sprovveduto o è in malafede. Nei casi di accuse di abusi i minori sono sottoposti ad una serie di minuziosi accertamenti. Solo se non emergono prove a carico l’accusato viene scagionato. Ciò è talmente vero che ci sono psicologi esperti in questo tipo di procedimenti che sostengono che lo  stress sui minori causato dagli accertamenti nei casi di falsi abusi è altrettanto elevato che se fossero stati vittime di veri abusi (si veda quanto sostenuto qui dai prof. Montecchi e Camerini). Ossia che gli accertamenti sono assai intrusivi e con forte impatto sulla vita di tutte le persone coinvolte. Quindi non basta pronunciare la parola magica “PAS!” per essere scagionati.

Ma la vignetta in questione potrebbe anche avere una ulteriore interpretazione. Ci sono professionisti (avvocati e professionisti della salute mentale) che nella foga di negare legittimità all’alienazione genitoriale  si spingono fino ad ipotizzare che le accuse già archiviate di abusi siano state accantonate sulla base di indagini superficiali per la propensione dei giudici ad accettare le controaccuse di manipolazione. Infatti le controversie sull’alienazione genitoriale non nascono nel corso delle indagini penali, quando viene accertata l’accusa di abuso, ma successivamente, dopo la decisione sulla sua infondatezza, quando il minore ormai manipolato rifiuta di vedere il padre. A questo punto il consulente di parte della madre nega che vi sia manipolazione e ripete l’accusa già archiviata per cercare di instillare il dubbio nel giudice che deve decidere la controversia sull’affido. Il pezzo forte di questa strategia processuale è l’affermazione che “la PAS non è una malattia”, cioè che non si può affermare che un minore è stato manipolato perché di questa manipolazione non esiste una definizione nel catalogo diagnostico psichiatrico DSM. Ma si tratta di una obiezione campata in aria, perché l’archiviazione dell’accusa di abusi non è avvenuta in seguito ad una diagnosi, ma come esito dell’indagine penale.

Ma è così efficace questa strategia di accuse ad oltranza anche dopo che la magistratura penale si è pronunciata? Senza entrare nei dettagli tecnici va sottolineato come il professionista che continua ad insistere nell’accusa dopo che minuziosi accertamenti hanno decretato la sua infondatezza, si pone in una posizione di critica aperta nei confronti dei magistrati che hanno svolto questi accertamenti. Se poi questa critica è condita con elucubrazioni su presunte carenze di metodo scientifico dei consulenti del giudice la posizione è ancora più pesante, nel senso che mette in dubbio la capacità del giudice di scegliere e utilizzare le consulenze. Detto in parole povere, insinuare che un giudice avrebbe scagionato senza motivo un imputato solo perché questi avrebbe invocato la PAS , è un po’ come dargli del cretino. E dare del cretino al giudice non è mai una strategia intelligente.

Quindi la vignetta che ha avuto un così grande successo su Internet tra i cosiddetti “negazionisti della PAS” è come la prima puntata di una storia. L’avvocato o il consulente sognano una realtà inesistente in cui i padri accusati di abuso si possono scagionare pronuncando la parola magica “PAS”. E’ un sogno che li convince talmente che questi professionisti vanno ad argomentare davanti al giudice nella causa sull’affido con un tono che risulta implicitamente offesivo per l’ordine giudiziario.
Non avete capito niente” vanno a dire al giudice “il padre in realtà era colpevole, ma voi lo avete assolto perchè ha fatto uso della PAS ma voi non sapete che la PAS non è una malattia”.
Le conseguenze di questo tipo di approccio al problema? Negli USA ci sarebbe il rischio di una condanna per oltraggio alla Corte. Da noi in Italia invece succede che si perde la causa.