Categotry Archives: Affidamento minori

Panorama denuncia la pratica delle false accuse

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Un’altra falsa accusa di pedofilia

Il caso di un professore di Pisa, accusato dall’ex coniuge di abusi nei confronti della figlia di 7 anni

Questa è la brutta storia di una falsa accusa di pedofilia. Una storia che per ora ha travolto un professore universitario di Pisa, ma che rischia di rovinare irrimediabilmente la vita anche a una bambina che oggi ha poco più di 7 anni.

La vicenda inizia nel 2007 con una separazione burrascosa. Il professore e sua moglie si dividono; la donna si trasferisce con la figlia a 80 chilometri dalla città toscana, e subito accusa il marito di maltrattamenti. Due anni dopo, il giudice civile in sede di separazione stabilisce l’infondatezza di quella prima denuncia e dispone l’affido condiviso della bambina.

Tutto finito? Nemmeno per sogno. Anzi. A quel punto la madre alza il livello del conflitto e rivolge all’ex coniuge nuove accuse, questa volta denunciando all’autorità giudiziaria una serie di presunti abusi sessuali sulla figlia, avvenuti ancora nel periodo matrimoniale. «Le accuse anche in questo caso erano del tutto false» racconta oggi il professore a Panorama.it «ma comunque sono servite a impedirmi di vedere mia figlia per tre lunghissimi anni. E accuse altrettanto terribili sono piovute su chiunque (consulente tecnico del tribunale, psicologi, assistenti sociali…) osasse contraddire la verità professata dalla mia ex moglie. Pre fortuna sono tutte cadute».

Nella vicenda, secondo il professore pisano, ha avuto un ruolo cruciale una consulente tecnica di parte, la  ginecologa milanese Cristina Maggioni. «Costei» dice l’uomo «circa tre anni fa ha svolto una visita su mia figlia e ha prodotto una relazione che certificava gli abusi sessuali». La dottoressa Maggioni era già salita alla ribalta delle cronache tra il dicembre 2000 e il gennaio 2001, perché arruolata come consulente dalla procura milanese in un processo aperto contro Marino Viola, un taxista ingiustamente accusato di pedofilia nei confronti della figlia.

Il caso, a suo tempo raccontato proprio da Panorama, aveva suscitato molto clamore perché in quel gennaio 2011 Viola, che era stato arrestato nel settembre 1996, era stato assolto con formula piena da tutte le accuse. Era accaduto che il pubblico ministero titolare di quell’inchiesta, l’attuale procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno, venisse sostituito in udienza da un altro sostituto procuratore, Tiziana Siciliano. A sorpresa il nuovo pm, studiate le carte ricevute dal collega, aveva chiesto e ottenuto l’assoluzione del taxista. La pm Siciliano aveva infatti verificato che la consulente Maggioni aveva certificato una violenza sessuale in realtà mai avvenuta.

Erano state durissime le parole usate dalla pm Siciliano nell’arringa con cui il 21 dicembre 2000 aveva chiesto l’assoluzione per l’imputato Viola: “Qui” aveva detto Tiziana Siciliano “siamo di fronte a una specie di discesa negli inferi (…). Viene da chiederci se certi consulenti siano solo incompetenti o anche in malafede (…). Il sistema con cui sono state raccolte le dichiarazioni è inutilizzabile; l’intervista della bambina non è mai registrata. Sono perizie, queste, fatte da gente che dovrebbe cambiare mestiere…”. Aveva poi aggiunto che “questi esperti non hanno alcuna professionalità. Non hanno nessun motivo di godere della fiducia dell’autorità giudiziaria, non hanno capito niente”.

Era seguita una dura polemica. Alcune interrogazioni parlamentari avevano chiesto addirittura che «gli uffici giudiziari italiani si astengano, in modo assoluto, dal conferire nuovi incarichi a Maggioni» e suggerito la formazione di una commissione d’inchiesta sul caso. Si era anche molto criticata la competenza di quelli che erano stati catalogati come “abusologi professionisti”: erano stati così definiti i “tecnici” (psicologi e ginecologi) che abitualmente prestavano i loro servizi professionali soprattutto all’accusa, troppo spesso in collegamento con le strutture destinate ad accogliere (a pagamento) i bambini sottratti alle famiglie. La pm Siciliano aveva denunciato che in nove anni gli stessi altri periti avevano condotto ben 358 perizie giurate per conto della procura milanese.

Sono trascorsi oltre 11 anni da quello scandalo milanese, e nulla pare essere cambiato. Per fortuna, anche in questo caso, la giustizia ha fatto il suo corso correttamente: la perizia di parte scritta dalla ginecologa Maggioni è stata totalmente smentita da una consulenza ordinata dal tribunale. Ed è stato stabilito che la bambina in realtà, non aveva mai subito alcun abuso. Per fortuna, anche a Pisa, è stato un pubblico ministero a scoprire che la notizia di reato era infondata. Esattamente come 11 anni fa era accaduto a Milano.

Ma il problema vero del professore pisano, purtroppo, quello non è stato affatto risolto: perché dopo l’assoluzione l’uomo ha chiesto la sospensione della potestà genitoriale per la madre, ma dopo un anno e mezzo, il Tribunale dei minori non ha ancora deciso. La figlia continua così a vivere con la mamma, e lontano dal padre che pure è stato riconosciuto nelle sentenze come unico genitore adeguato, anche se la bambina è stata formalmente affidata ai servizi sociali.

Un’ultima considerazione: nel saggio Presunto colpevole (editore Chiarelettere), il criminologo Luca Steffenoni ha calcolato che “in Italia l’86% delle separazioni coniugali finisce con una denuncia penale per qualche delitto, e la tiopologia più frequente è quella degli abusi sessuali”. Il 96% delle denunce, poi, si dimostrano false. Questo imporrebbe un’estrema cautela da parte dell’autorità giudiziaria, anche e soprattutto nella scelta dei consulenti tecnici. Per evitare nuovi errori (e orrori) giudiziari.

 

http://italia.panorama.it/in-giustizia/Un-altra-falsa-accusa-di-pedofilia

Il sistema delle false accuse

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È oggi uno dei peggiori pericoli per i bambini. Ma non è facile parlarne: in attesa di un intervento della magistratura, è come prima di tangentopoli: si sa tutto, ma non è possibile dirlo. Descriviamo quindi un tipico caso immaginario, che assomma le infamie tipiche di tanti casi reali, mettendo in luce le distorsioni ed il giro di affari che alimentano il sistema.

Piercamillo Davigo (uno dei PM che scoperchiarono tangentopoli) dice che per un uomo «è più facile uccidere la moglie che venire a capo di un divorzio difficile»: il sistema delle false accuse è sessista. Una madre può impadronirsi dei figli, a costo di rovinare loro la vita, in questo modo:

  1. Sottrarre i figli attaccando il padre con false accuse di violenza domestica. In assenza di prove, gli effetti automatici sono: a) lo Stato apre un procedimento penale (in Italia esiste l’obbligatorietà dell’azione penale) che blocca quello per sottrazione di minore; b) lo Stato “tutela il minore” condannandolo ad “incontri protetti” con suo papà (un’ora a settimana in un ufficio dei Servizi Sociali); c) lo Stato paga l’assistenza legale alla sedicente maltrattata. Che può così essere assistita anche nel divorzio da un avvocata di un centro femminista, che ha interesse ideologico ed economico ad inasprire la conflittualità senza pietà per i bambini. La madre può far sparire i figli chiudendosi con loro in una struttura ad indirizzo segreto (mascherata da centro anti-violenza*), in modo da fare colpo sui Giudici ed ottenere altri soldi dallo Stato.
  2. In Italia la Giustizia è lenta e costosa: la manipolatrice approfitta degli anni guadagnati per plagiare i figli, che, strappati dalla loro famiglia e dal loro papà, “sanno” di dipendere dalla sola madre e finiscono per far loro l’odio e le false accuse verso il genitore assente. Questa forma di abuso, che gli psicologi chiamano alienazione genitoriale, spesso provoca ai bambini devianze psico-patologiche ed altri disturbi. Il sacrificio dei figli aiuta i Giudici a capire che il movente delle accuse era la volontà di impossessamento dei figli e ad evitare che un innocente venga condannato sulla base della sola parola della accusatrice. Ma, cadute le false accuse, la conclusione più frequente è che i bambini sono persi; la madre mantiene l’affido dei figli, in quanto i Giudici tendono ad accettare il fatto compiuto.
  3. Qualora i Giudici dispongano una perizia psicologica, l’alienatrice può tentare di giustificare le condizioni in cui ha plagiato i figli usandoli per false accuse di pedofilia contro loro padre e/o suoi familiari. Esistono organizzazioni (mascherate da associazioni anti-pedofilia), con ginecologhe, psicologi ed altri abusologi noti per aver già firmato centinaia di certificati di abusi poi smentiti dai periti dei Tribunali. Nuovamente lo Stato paga l’assistenza legale, ed avvocati senza scrupoli ci guadagnano sopra, anche 100,000€ se riescono a prolungare in appello processi basati sul nulla. Nel frattempo la madre può permettersi di disattendere le decisioni dei Giudici.
  4. Cadute le false accuse, si apre un nuovo pericolo per i bambini. I Giudici decidono di proteggerli allontanandoli da quelle madri che hanno dimostrato di essere irrecuperabili (ad esempio perché mentalmente disturbate) solo quando hanno oramai fatto molto male ai loro figli. I quali possono essere talmente alienati dalla follia pedo-femminista da aver bisogno di un periodo di cure in un luogo neutro. Il rischio è ora di finire in un orfanotrofio (mascherato da casa-famiglia o altro), magari con sotterranei legami economici con le stesse associazioni che la ex-madre considerava sue alleate. 28000 bambini italiani (una cifra senza eguali in altri paesi) sono oggi chiusi in questi centri, che ricevono dallo Stato circa 200€ al giorno per bambino, e quindi tendono a tenerli fino alla maggiore età.

Naturalmente, esiste anche una minoranza di padri colpevoli, così come queste madri malevole sono la minoranza. Il problema è quella minoranza di organizzazioni che le aiutano, amplificando i loro problemi in tragedie per i bambini.

Sempre più magistrati appaiono consapevoli dell’ondata di false accuse usate per aggirare la legge del 2006 sull’affido condiviso, coincisa con la diffusione di statistiche grottescamente false (“violenza prima causa di morte per le donne”, “un bambino su sei è abusato”…); ci si attende una contro ondata di condanne per calunnia. Ma occorre prevenire bloccando questa pratica al punto 1. I cittadini e lo Stato possono aiutare i bambini evitando di donare fondi che possano alimentare il sistema delle false accuse.

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*) Tali problematiche sono state espresse, fra l’altro, da Erin Pizzey (che fondò con ben altri intenti i centri anti-violenza), dal sociologo Gehrard Amendt, dalla giornalista Donna Laframboise. Si veda https://www.centriantiviolenza.eu/centriantiviolenza

 

https://www.centriantiviolenza.eu/dirittoeminori/il-sistema-delle-false-accuse/

Se per gli avvocati non basta il codice deontologico – di Guido De Blasio

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Evidenze empiriche rigorose, nonché le denunce dei cittadini sugli accadimenti relativi alle cause di separazione e affidamento, suggeriscono che tra gli avvocati siano diffusi i comportamenti in violazione del codice deontologico. Come ciò possa avvenire nonostante l’esistenza di un articolato sistema sanzionatorio e quanto siano diffuse queste pratiche resta oscuro, gettando un’ombra sulle finalità della regolamentazione del mercato dei servizi legali. A fare luce, può contribuire l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con un’indagine conoscitiva.

Alcuni lavori di ricerca recenti hanno fatto luce sulla relazione tra inefficienze del sistema giudiziario e i comportamenti di coloro che svolgono la professione di avvocato. (1) Hanno dimostrato come il numero di avvocati presenti sul territorio abbia un impatto causale, ampio e statisticamente significativo, sul numero di procedimenti giudiziari dell’area. I legali, cioè, sarebbero in grado di indurre una domanda per i propri servizi in eccesso rispetto all’interesse del cliente. La circostanza comporta rilevanti effetti negativi, oltre che per coloro che hanno necessità di usufruire di servizi legali, anche sul funzionamento degli uffici giudiziari, che devono smaltire carichi di lavoro più elevati.

SEPARAZIONI E AFFIDAMENTO: IL REGNO DELLE MANCANZE DISCIPLINARI

Un’implicazione di grande interesse di questi lavori è che non necessariamente un più elevato numero di avvocati si associa a un beneficio per i consumatori. Anzi, succede esattamente il contrario: più avvocati implicano una maggiore domanda indotta. L’urgenza è pertanto quella di disinnescare il meccanismo, sanzionando i comportamenti deontologicamente inappropriati.
Un’altra implicazione importante è che il sistema di regolamentazione attualmente in vigore non pare funzionare adeguatamente. I risultati sull’effetto di induzione, infatti, si ottengono per un settore fortemente regolamentato, in cui – attraverso l’attività disciplinare nei confronti di professionisti che violano il codice deontologico – già dovrebbero esserci dei presidi a tutela della correttezza dei comportamenti. (2)
Per la loro natura di procedimenti legati ad accadimenti difficilmente documentabili, come ad esempio quelli relativi a episodi intercorsi nella sfera privata di una coppia, o tra genitori e figli, nelle cause di separazione è frequente la violazione del codice deontologico. In particolare, degli articoli 14 e 20 che vietano la produzione di prove false e la denigrazione delle controparti. È quello che si evince dalle continue denunce delle parti coinvolte (si veda ad esempio dirittoeminori). Si tratta di violazioni particolarmente odiose, che rendono più difficoltosa l’azione dei magistrati, e che in molti casi, oltre ad aumentare le parcelle e a intasare le caserme e le aule di tribunale, finiscono per incrementare l’astio tra gli ex-coniugi, con effetti deleteri per i minori coinvolti. Con buon pace di una legge lungimirante del 2006.

SANZIONATORI E SANZIONABILI TROPPO VICINI

Il sistema sanzionatorio attuale si caratterizza per una decisa contiguità tra sanzionatori e sanzionabili. Il sistema si regge sul meccanismo dell’autoregolamentazione a livello territoriale. Per ogni circondario di tribunale c’è un ordine territoriale, i cui iscritti eleggono i consiglieri. Questi ultimi devono giudicare le eventuali violazioni del codice deontologico di coloro che li hanno eletti. C’è insomma una evidente prossimità — e probabilmente anche una consuetudine di frequentazioni — tra sanzionatori e potenziali sanzionati. Sebbene la prossimità tra controllori e controllati non necessariamente debba condurre a un esito insoddisfacente del meccanismo sanzionatorio, il bel libro di Jacopo Orsini e Michele Pellizzari documenta, con riferimento alle possibilità di accesso alla professione, i limiti della contiguità. (3) In particolare, l’evidenza pre e post-legge 167/2003 sui meccanismi di correzione dei compiti per l’ammissione all’albo avvalora l’idea che l’autoregolamentazione su base territoriale possa facilitare il nepotismo.

CHI PUÒ ACCENDERE UN FARO?

La riforma dell’avvocatura verso standard di correttezza e di trasparenza propri di un paese civile si è tradizionalmente rivelata un’impresa molto difficile da realizzare. Gli ultimi provvedimenti al riguardo fanno poca differenza. Il problema principale è l’assoluta mancanza di trasparenza, terreno fertile per le attività deontologicamente scorrette, come quelle di indurre una domanda in eccesso rispetto ai bisogni del cliente o la produzione di prove false. Quanti sono gli avvocati denunciati per violazioni deontologiche? Per quanti di questi vengono decise sanzioni? E di che tipo? In quanti casi di separazione vengono utilizzate false denunce come un escamotage per appropriarsi di maggiori trasferimenti monetari? In quanti casi l’attività deontologicamente scorretta degli avvocati contribuisce a esiti giudiziari anche in contrasto col disposto legislativo? E in quanti alle sofferenze psicologiche dei minori coinvolti? Semplicemente, non è dato sapere.
È illusorio attendersi che una mossa verso una maggiore trasparenza possa avvenire spontaneamente, attraverso una migliore autoregolamentazione. (4) C’è forse anche poco da sperare dalla politica, se non altro, per le resistenze a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, e, francamente, le ammirevoli iniziative della società civile sembrano scontrarsi con interessi troppo sedimentati per essere smossi con le armi della sensibilizzazione e del ragionamento. Forse però una possibilità c’è.
L’autorità che quel faro lo può accendere è l’Antitrust. La regolamentazione del settore dei servizi legali ha infatti lo scopo di garantire la protezione dei consumatori laddove le asimmetrie informative tra professionisti e clienti indeboliscono la capacità per questi ultimi di valutare la qualità del servizio prestato. Insomma, le restrizioni al mercato si possono giustificare solo se i costi per la collettività che ne derivano sono controbilanciati dai vantaggi dovuti al fatto che così si  impedisce di svolgere l’attività professionale agli operatori che compiono pratiche non conformi a standard minimi di correttezza. È quindi ovvio che laddove le procedure disciplinari non dovessero risultare efficaci, nessun vantaggio si materializzerebbe per i consumatori. Senza informazioni sulla qualità del sistema sanzionatorio non si può valutare la congruità della regolamentazione.
L’indagine conoscitiva potrebbe innanzitutto acquisire le informazioni (e i dati statistici) che permettano di chiarire la portata del fenomeno. (5) Successivamente, si tratterebbe di fare luce sulle caratteristiche delle mancate sanzioni, per capire i rimedi più appropriati. Se le difficoltà derivassero dalla compresenza su uno stesso territorio di controllori e controllati, è probabile che una minore contiguità territoriale possa funzionare (ad esempio, permettendo su base casuale all’ordine di una certa provincia di giudicare le violazioni degli avvocati di un’altra). Se invece l’inefficacia del meccanismo sanzionatorio dipendesse dalla comunanza di attività svolta, allora organismi disciplinari composti da altri operatori del settore e da rappresentanti degli utenti dei servizi collegati, potrebbero rappresentare una risposta migliore. (6)
È importante che l’indagine venga avviata con tempestività, anche per permettere che le iniziative di riforma, che pare siano già previste, siano basate su un’attenta diagnosi delle cause del malfunzionamento del meccanismo sanzionatorio e non si risolvano in un ennesimo mutamento di facciata. (7)

*Le idee e le opinioni espresse sono da attribuire unicamente all’autore e non impegnano la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

(1) Si veda: A. Carmignani e S. Giacomelli (2010), “Too many lawyers? Litigation in Italian civil courts”, Banca d’Italia, Tema di discussione 745, e P. Buonanno e M. Galizzi (2010), “Advocatus et non Latro? Testing the Supplied-Induced-Demand Hypothesis for Italian Courts of Justice”, Nota di lavoro, Feem 52.
(2) Un altro presidio è l’esame di abilitazione.
(3) Ad esempio, sanzionatori locali potrebbero avere a disposizione informazioni più dettagliate sui comportamenti dei professionisti locali.
(4) Anche se, a onor del vero, non mancano i legali, anche nel comparto del diritto di famiglia, che si oppongono a pratiche deontologicamente scorrette e surrettizie.
(5) Anche con riferimento a eventuali differenziali territoriali, che potrebbero essere messi in relazione agli indicatori di qualità del sistema giudiziario.
(6) Non si tratta di ipotesi di scuola. Si veda ad esempio: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001401-351.html.
(7) Ad esempio, l’art. 3, comma 5, lett. f), del Dl 138 / 2011 dispone che gli ordinamenti professionali (tranne quelli relativi alla sanità) dovranno essere riformati (entro 12 mesi) al fine di prevedere l’istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali verranno specificamente affidate l’istruzione e la decisione delle questioni disciplinari nonché di un organo nazionale di disciplina (la norma prevede pure che la carica di consigliere dell’Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali).

 

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Affidamento condiviso e abuso

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Le riflessioni di qualche giorno fa sull’affidamento condiviso hanno scatenato una veemente tempesta, anche una sorta di brain storming. Appassionata, sentita, vissuta. Ciò conferma quanto il tema sia di straordinaria attualità posto che investe una parte consistente delle coppie che si separano, oramai la metà.Poche volte ci si separa amichevolmente e nel conflitto conseguente alla separazione si apre la contesa dei figli. Se la contesa viene affrontata da genitori equilibrati, responsabili, consapevoli e ad armi pari, il conflitto si stempera in poco tempo, senza alcun spargimento di “sangue”. In caso contrario, ove manchino alcuni tra tali prerequisiti il conflitto può prendere pieghe anche devastanti. Con danni irreparabili, patrimoniali e non patrimoniali.
Come già scrissi, l’auspicio è che i genitori separandi abbiano tali caratteristiche ma appunto ove non le abbiano, – ed anche solo uno tra di essi, poiché per non litigare occorre essere in due, potendo uno solo tra i due imporre il conflitto all’altro suo malgrado, come spesso accade – diviene fondamentale il ruolo dei terzi chiamati a dirimere o quanto meno regolamentare il conflitto: giudici, avvocati, assistenti sociali, consulenti. Ciò pretende che essi siano competenti (direi molto, poiché è pretesa una particolare specializzazione), equilibrati (ed equidistanti, direi anche dal proprio cliente), retti ed onesti (intellettualmente e moralmente).

Ho conosciuto giudici e avvocati straordinari, potrei raccontarveli. Ho conosciuto anche tanti cialtroni particolarmente dannosi per entrambi i genitori (dunque anche per il proprio cliente, se avvocati) e soprattutto per il minore. Cialtroni che trattano il cliente come se trattassero un sinistro dinanzi al giudice di Pace (nel quale forse sì son competenti), lo assecondano, lo incitano a compiere ogni nefandezza possibile finalizzata ad annientare la controparte-genitore. Cialtroni che considerano i genitori numeri e volti anonimi, senza avere il tempo e la capacità di entrare nel loro vissuto.

Conosco la ingiustificata e non più sopportabile prassi giurisprudenziale di stravolgere la legge sull’affidamento condiviso, collocando a priori il figlio dalla madre, relegando in un insopportabile recinto il padre desideroso di fare bene da padre, confinandolo all’esilio, anzi all’oblio, ignorando il mantenimento diretto, dimenticandosi del potere di ammonimento e del risarcimento. Conosco soprattutto la prassi genitoriale (e mi spiace ribadirlo, soprattutto delle madri) di abusare del diritto statuito dall’art. 24 Cost. (diritto alla difesa), diffamando l’altro genitore (con querele infondate ove non inventate), interponendo false testimonianze e false prove, al solo fine di distruggerlo e di ottenere cospicui assegni di mantenimento o di intimidirlo per farlo cedere dinanzi alle proprie pretese. Conosco la prassi giurisprudenziale di legittimare tale abuso del diritto (in generale) senza giungere ad infliggere alcuna punizione al genitore scellerato. Eppure gli strumenti processuali esistono.

Conosco giudici indifferenti a tali abusi, i quali anche accertandoli, si limitano a sostenere che “comunque è interesse del minore, soprattutto nei suoi primi anni di vita, vivere prevalentemente con la madre”. Poco importa se la madre sia una irresponsabile che ha distrutto la vita del padre del minore, ne distrugge quotidianamente l’immagine dinanzi al figlio, ne succhia avidamente il mantenimento (senza dover rendere conto a nessuno). E’ nell’interesse del minore farlo crescere con una tale figura?
E’ dunque opportuno stroncare (in sede civile e in sede penale) ogni forma di abuso del diritto e del processo, poiché si ingenerano drammi sociali (ed economici). E’ dunque necessario sanzionare con vigore e senza indugio magistrati, giudici, assistenti e consulenti che si rivelino incompetenti e non equilibrati.

Vi racconterò solo uno tra i tanti casi vergognosi: quello di un padre, la cui convivente divenuta madre da poco, inspiegabilmente si allontana da lui col bimbo, frapponendo centinaia di chilometri. E per giustificare ciò inonda la procura di false querele verso il padre, così vietandogli di vedere il bimbo. Dopo “soli” 2 anni di causa dinanzi al Tribunale dei Minori, nonché decine di querele, consulenze, spese abnormi, immagine infangata di una persona seria, il giudice accerta infine che la madre è persona indegna della potestà genitoriale, accertando la gravità dei suoi comportamenti. Ma inspiegabilmente, per non fare un torto a nessuno, sottrae anche al padre-vittima la potestà genitoriale. Quanto è risarcibile tutto ciò per il padre? Qualche milione di euro potrebbe bastare a riparare i gravi danni? E verso quali soggetti, atteso che vi sono grandi responsabilità sia dei giudici che degli avvocati che dei consulenti? Occorre dunque un moto di sdegno, collettivo.

di Marcello Adriano Mazzola

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/25/affidamento-condiviso-abuso-diritto-processo/186362/

Doppia residenza dei figli di separati. SI’ del Tribunale di Firenze: è nell’interesse del minore

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Sentenza del tribunale di Firenze: se c’è l’affidamento condiviso il minorenne deve essere domiciliato e residente presso il padre e la madre

Con l’affidamento condiviso del figlio minorenne, il ragazzo potra’ avere anche la doppia residenza. E’ quanto stabilito dal Tribunale di Firenze nel caso di una coppia divorziata e che vive in due Comuni diversi: il giudice ha deciso per la prima volta che il bambino deve essere domiciliato, e dunque residente, presso tutti e due i genitori, oltre che essere affidato a entrambi.

Il nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze

Un provvedimento che e’ destinato a fare da apripista ad altre decisioni del genere nei sempre piu’ numerosi casi di affidamento condiviso del figlio minorenne e che rafforza il concetto di pari responsabilita’ genitoriale: non esiste piu’ un genitore presso cui il ragazzo risiede e abita prevalentemente e un altro genitore considerato ‘esterno’, che dovra’ esercitare i diritti-doveri di frequentazione con la prole. Con la doppia domiciliazione le case dei figli sono ufficialmente due, quella di mamma e quella di papa’.

La decisione presa dal giudice del Tribunale di Firenze Domenico Paparo e’ soprattutto nell’interesse del ragazzo: con il doppio domicilio – scrive nel provvedimento – potra’ ottenere dei vantaggi, come per esempio usufruire dei centri estivi organizzati da entrambi i Comuni dove risiedono mamma e babbo, visto che nelle loro abitazioni dovra’ trascorrere esattamente la meta’ dei giorni dell’anno, dunque anche il periodo in cui la scuola e’ chiusa. Ora tocca ai Comuni risolvere il problema della doppia residenza del figlio iscrivendolo presso i rispettivi registri.

”Con il provvedimento viene disposta la doppia domiciliazione del minore in perfetta sintonia del principio dell’affidamento condiviso – spiega il legale del padre, l’avvocato Iacopo Tozzi – che il disegno di legge parlamentare n.957 sta cercando ormai da tempo di introdurre nel nostro sistema legislativo, ma che il giudice
nell’interesse dei figli, ma anche dei genitori, come avvenuto in questo caso, puo’ gia’ prevedere e applicare”.

La doppia residenza permettera’ tra l’altro ai genitori, a differenza di quanto avvenuto finora, di accedere ad agevolazioni fiscali, a contributi, a sovvenzioni pubbliche in quanto il figlio risultera’ anche nello stato di famiglia di entrambi, documento fondamentale per esempio per il calcolo dell’Isee. Anche le comunicazioni sul ragazzo dovranno essere inviate a tutti e due gli indirizzi di residenza, permettendo cosi’ ai genitori di essere ugualmente informati sulle questioni inerenti il figlio.

http://www.lanazione.it/toscana/cronaca/2012/04/11/695599-tribunale-firenze-affidamento-minori-doppia-residenza.shtml

http://firenze.repubblica.it/cronaca/2012/04/11/news/se_i_genitori_sono_divorziati_i_figli_hanno_la_doppia_residenza-33110906/

http://firenze.ogginotizie.it/128629-firenze-bimbo-in-affidamento-condiviso-decisa-la-doppia-residenza/

http://press.comune.fi.it/hcm/hcm5353-7_4_1-Doppio+domicilio+per+i+figli+di+genitori+separati,.html?cm_id_details=62133&id_padre=4473

http://www.iodonna.biz/il-tribunale-di-firenze-doppio-domicilio-residenza/

Papà separati e bimbi contesi. Non sarebbe ora di dire basta?

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Sono passati 33 anni da “Kramer contro Kramer”, il film con Dustin Hoffman e Meryl Streep che si lanciano in una guerra assurda e distruttiva per contendersi il figlioletto, eppure oggi più che mai di guerre così ne vanno in scena quasi ogni giorno nei nostri tribunali. Non sarebbe ora di dire basta?

Mentre il mondo è distratto dalla crisi economica o soltanto dall’ultimo reality show televisivo, le nostre tiepide case (o quelle dei vicini) rischiano di trasformarsi in piccoli lager. Se la citazione di Primo Levi vi sembra impropria o esagerata, chiedetevi per un attimo se questi sono bambini.

Quei tre di cui vi raccontiamo oggi nelle pagine di cronaca, che rischiano di essere allontanati da entrambi i genitori/contendenti, e tanti altri come loro per cui si battono le associazioni che l’altro ieri si sono date appuntamento davanti al Tribunale di Como. I dati dicono che le separazioni aumentano ogni anno (in Lombardia siamo al 37% e sommando i divorzi si arriva a sfiorare il 50%) e che nella stragrande maggioranza dei casi la contesa dei figli e del patrimonio rimangono la regola. È una sconfitta per tutti, è una sconfitta per la società. Nell’ultimo periodo è stato sollevato il velo sui troppi papà separati finiti a ingrossare le fila dei nuovi poveri (indagine Istat/Caritas). In altre città, a partire dalla capitale, i Comuni stanno mettendo a disposizione dei monolocali, più dignitosi dell’automobile, ma eticamente inaccettabili: è lo stesso sistema ad aver creato questa fascia di disagiati sociali.

E non sono vincitrici nemmeno la mamme cui i suddetti papà hanno lasciato casa, prole e assegno di mantenimento: significa essere ricacciate indietro nel tempo e nella cultura delle pari opportunità, quando le donne tiravano su i figli da sole.

Chi paga il prezzo più alto sono i figli medesimi: ci rimettono persino la salute. Lo ha scritto nero su bianco l’Ordine degli psicologi in una relazione presentata in Senato l’8 novembre per sollecitare l’unica cosa che può tirare fuori subito questi bambini e i loro genitori dal pantano (o meglio dal ring): una legge che renda davvero condiviso l’affido, come quella francese sulla residenza alternata, non come quella italiana, che, notano gli stessi psicologi, è stata disattesa dai giudici con l’invenzione del genitore collocatario.

Citando le indagini epidemiologiche condotte a livello internazionale sui figli dei separati, gli psicologi indicano i «punti fondamentali al fine di promuovere la salute dei minori»: frequentazione equilibrata dei due genitori; percepire come propria sia la casa del padre sia quella della madre; ricevere cure da entrambi, in forma diretta, non tramite assegno.

Donne e uomini di buona volontà stanno lanciando segnali positivi manifestando insieme, sarebbe bello che qualche parlamentare comasco facesse propria la battaglia.

Pietro Berra

http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Caccia%20Grossa/265896_i_pap_separati_e_quei_bimbi_contesi/

 

Cuccioli ghermiti e padri feriti

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In natura qualunque animale, se genitore, difende con ferocia e coraggio, sino anche alla morte, il proprio cucciolo. Sia essa madre o padre, l’indomita difesa viene opposta a chi minacci un pericolo. L’istinto è quello della conservazione e dunque anche della salvaguardia della riproduzione, a baluardo del continuum magico e improcrastinabile della vita.Mi ha sempre colpito questa struggente immagine della madre e/o del padre che moltiplicano le forze, rendendosi quasi invincibili, per contrastare la minaccia. Spesso vincendo, anche su esseri di gran lunga più forti.

Sappiamo bene quanto sia pericoloso imbattersi in una mamma cinghiale con i suoi piccoli. Provate ad avvicinarvi ad una cigna con i suoi frugoletti pelosi color cenere. Dagli animali dobbiamo imparare tanto. Vivremmo tutti molto meglio e il mondo sarebbe più integro e buono.

Non occorre scomodare l’etologia umana per comprendere come tale comportamento sia al pari replicato nell’uomo. La mamma e il papà si ergono d’istinto a scudi nel difendere il cucciolo.

Appunto, la mamma ed il papà. Se in natura capita forse raramente che una coppia si separi con reciproche rivendicazioni, nel genere umano ciò oramai avviene di regola. In tal caso la minaccia e il pericolo si possono annidare dentro la famiglia, oramai disgregata. Il seme velenoso si annida nella stessa pianta che ha dato la vita.

L’analisi di decine di contenziosi a me noti rivelan come sia quasi sempre la donna-mamma a ghermire il cucciolo contro l’uomo-padre, alle volte effettivamente per tutelarlo (si pensi a casi di violenza), assai più spesso per ferire, distruggere, minacciare l’uomo-padre, per vendicarsi per presunti o reali torti subiti.

C’è qualcosa di drammaticamente attuale in tutto ciò. Già nelle settimane passate ho affrontato il tema e il dibattito è stato acceso. Ciò conferma l’attualità ed esalta l’esasperazione conflittuale che trasmoda in una discussione dove si fronteggiano nemici. Gli stessi nemici che poi si scontrano nelle aule di giustizia. Nemici che poco tempo prima sono stati amanti, compagni, forse amici, complici, infine genitori. Dall’amore all’odio più bieco, più meschino, più truce. Un cortocircuito come la lava che irrompe nel mare.

Quando l’uomo è la minaccia, spesso brandisce la forza oppure il sostegno economico. Può essere minaccioso e turpe anche se si sottrae ai suoi doveri genitoriali, eclissandosi dalla crescita del figlio. I casi non mancano e son tutti gravi. Vanno puniti, sanzionati.

Raramente però l’uomo usa il cucciolo, brandendolo come un’ascia di guerra per colpire la madre, così cagionando danni irreparabili al figlio e alla madre. Egli ha una sorta di religioso rispetto per la madre (pur anche disprezzandola) e per il figlio. Raramente è subdolo, adoperando la violenza della manipolazione (giorno dopo giorno nella crescita del figlio, goccia dopo goccia come una stalattite appuntita) e della negazione della continuità del rapporto (febbri improvvise, telefoni guasti o staccati, cambi repentini di programma, menzogne costanti e interminabili).

La donna a volte dimentica di essere madre e può divenire spietata. Dinanzi a una donna-madre che ghermisce il cucciolo considerandolo un oggetto piegato ai propri scopi (vendetta, pecunia, egoismo, gelosia etc.) perché stupirsi allora se l’uomo diviene un indomito animale feroce pronto ad affrontare mille battaglie pur di stare col proprio amato cucciolo?

Uomini che vengono alienati, che vengono distrutti nella propria esistenza, oramai con la mente solo dedita allo studio di una strategia per contrastare una battaglia impari, inspiegabile, assurda, pregiudizievole per il minore. Battaglia impari perché in Italia la legge sull’affidamento condiviso è stata distorta, malleata, dissacrata. In pochissimi casi i giudici sanno compiutamente adoperarsi per realizzare un affidamento condiviso. Per fare ciò occorre ascoltare le parti, studiare bene le carte, comprendere chi mente e chi recita, trovare la soluzione adeguata. Sanzionare e punire.

Quasi sempre il minore viene collocato dalla madre anche quando quest’ultima si appalesi come indegna di essere madre. Perché? Quasi sempre il padre viene saccheggiato economicamente e deve cedere casa, parte delle proprie risorse verso la madre, alla quale non viene chiesto alcun rendiconto. La donna può autodisoccuparsi, lamentarsi, calunniare, diffamare, usare il figlio.

Occorre dunque un cambio di rotta da parte dei giudici, equiparando realmente i diritti e i doveri dell’uomo a quelli della donna. Nell’interesse precipuo del minore. Senza un padre adeguatamente tutelato non vi sarà mai un figlio tutelato. Avremo presto una società composta da adulti traumatizzati.

In questi mesi è un fiorire di libri scritti da padri devastati, i quali denunciano storie simili e commoventi. L’ultimo è Nei tuoi occhi di bambino di Tiberio Timperi. Libri scritti per rivendicare diritti. E per ricordare ai propri figli quanto amore hanno nel loro cuore.

Marcello Adriano Mazzola

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/10/cuccioli-ghermiti-e-padri-feriti/190355/

“Atto estremo per riaffermare ruolo di padre.”
Il vero affidamento condiviso avrebbe potuto salvare Claudio?

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“Un gesto estremo, specchio di una grave sindrome di disagio e deprivazione, messo in atto nel tentativo disperato di riaffermare il proprio ruolo paterno e sociale”. Cosi’ Massimo Di Giannantonio, docente dell’universita’ ‘D’Annunzio’ di Chieti, prova a spiegare il caso del giovane padre che oggi a Roma ha gettato nel Tevere il figlio di 2 anni, dopo una lite con la madre del bimbo. L’uomo, fermato dai carabinieri, ha confessato spiegando gli scontri con la compagna per l’affidamento del piccolo: “Non me lo facevano vedere”, avrebbe affermato.

“Possiamo dire – spiega Di Giannantonio all’Adnkronos Salute – che ci troviamo nel campo delle reazioni estreme e irrazionali, marcate da un’enorme sofferenza psico-patologica e da una grave sindrome di disagio e deprivazione”. E’ la parabola drammatica di “una coppia di giovani in crisi relazionale, genitoriale, esistenziale ed economica”, analizza lo psichiatra. E in questa situazione di “crisi complessiva”, a 360 gradi, ha forse prodotto un effetto deflagrante la paura di venire ‘espropriato’ della paternita’, “probabilmente uno dei pochi punti fermi per questo ragazzo che viveva una condizione di equilibrio gia’ precario”.

Un malessere che il giovane ha sfogato quindi con “un’aggressione irrazionale ai danni del figlio, sostanzialmente con due scopi”, conclude l’esperto: “Da un lato la voglia di riconfermare il proprio ruolo paterno e sociale (un pensiero tipo ‘sono io che decido cosa devo fare di mio figlio’), dall’altro il bisogno di rassicurare se stesso di potercela fare anche totalmente da solo”. In altre parole, il ‘movente’ e’ stata l’urgenza di “recidere un legame di dipendenza, dunque di sofferenza, angoscia e frustrazione, da qualcosa che il padre non era piu’ in grado di controllare”.

Milano, 4 feb. (Adnkronos/Adnkronos Salute)