Nazifemminismo: uomo condannato al carcere, accusato senza prove da una donna di averla guardata insistentemente

Uomo condannato al carcere per molestie sessuali perché accusato senza prove da una donna di averla guardata in maniera troppo insistente.

È accaduto grazie alle leggi nazifemministe: inversione dell’onere della prova, presunzione di colpevolezza.

“Giustizia” ridotta ad una buffonata?

Peggio: “giustizia” ridotta a complice di abusi su uomini e bambini.

Infatti le nazifemministe hanno imposto queste leggi illiberali per aiutare le donne separate a calunniare gli ex ed impadronirsi di mantenimenti e figli usando il sistema giudiziario come strumento per abusare dei figli alienandoli: le calunnie femministe vengono usate per far condannare i bambini ad incontri protetti con i loro papà, ed intanto terrorizzarli fino a far loro rifiutare il papà assente, per poi cercare di negare che l’alienazione genitoriale (PAS) è un abuso sull’infanzia.

Chiunque può venire colpito in qualunque momento fino a quando il (nazi)femminismo non verrà eliminato. Basta incrociare una femminista squilibrata su di un treno e si rischia una condanna penale…


Ci sono voluti tre anni per emanare la sentenza che condanna un trentenne della provincia di Lecco, a dieci giorni di reclusione e una multa di quaranta euro. Per quale accusa? Quella di aver guardato con troppa insistenza una donna che si trovava nello stesso scompartimento del treno.

La denuncia. A denunciare l´accaduto, una signora 55enne. La donna aveva raccontato che il giorno prima, nello scompartimento del treno regionale Sondrio-Lecco-Milano, il trentenne si era seduto vicino a lei un po´ troppo vicino, dopo averle fatto spostare il cappotto. Mentre il giorno dopo, durante lo stesso tragitto, l´aveva guardata a lungo, sguardi ritenuti dalla diretta interessata, così insistenti e impertinenti da costituire una molestia. Nonostante tra i due non ci sarebbe stato alcuno scambio di parole, né di complimenti né tentativi di corteggiamento, la 55enne aveva comunque ritenuto inopportuno e fastidioso il comportamento dell´uomo, tanto da rivolgersi alla polizia ferroviaria una volta scesa dal treno. Scattata la denuncia, alcuni agenti avevano seguito il trentenne durante il viaggio verso Milano, non riscontrando nulla di strano nel comportamento dell´uomo. Ma la denuncia per molestie era stata ormai presentata.
La sentenza. Al processo, l´imputato si è difeso sostenendo di non aver potuto fare a meno di guardarla, per la posizione in cui si trovava e per il posto occupato. Per lui, il Giudice alla fine ha deciso per una condanna a dieci giorni d´arresto e una multa pari a 40 euro. Una pena quasi simbolica in quanto rientra nell´indulto.

La difesa. Ma evitare il carcere non basta. Il giovane ha annunciato, infatti, tramite il proprio legale, il ricorso in appello per vedere riconosciuta la sua buona fede. Secondo Richard Martini, difensore dell´uomo, la sentenza sarebbe “ingiusta”. “Se adesso non si può neppure lanciare uno sguardo verso una bella donna, come faremo noi uomini?”. Al di là di questo, secondo il legale, le accuse rivolte al suo assistito sarebbero: “Poche, troppo poche, per condannare un incensurato e rispettabilissimo signore di trent´anni”. Per Martini va considerato inoltre il fatto che in occasione del processo, non si è presentato un solo testimone a convalidare la tesi della donna, e che gli agenti che a seguito della denuncia avevano seguito l´indiziato in viaggio verso Milano, non avevano notato nel suo comportamento nulla di anormale.

Fonte: http://www.90011.it/articolo.asp?idnotizia=3342

 

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