Diritto & Rovescio

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Alé

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Alé. Avanti il prossimo.

 

Donna scappa con 20enne, la corte: il marito la mantenga! Alé

Saturday, December 22nd, 2012

È senz’altro un comportamento grave e contrario al dovere di fedeltà quello della moglie che abbandona il tetto coniugale per fuggire con un palestrato ventenne. Tuttavia se poi il marito perdona il tradimento, e il matrimonio riprende il suo corso regolare, in caso di divorzio, lui non pu• rifiutarsi di staccare l’assegno di mantenimento. Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato il diritto di una signora di Lecce ad essere mantenuta dall’ex marito nonostante, per sei mesi, lo avesse platealmente abbandonato per vivere pienamente la passione per un ragazzotto. Infatti la Suprema Corte – con la sentenza 25560 – ha respinto le proteste di Giuseppe, che non voleva assolutamente versare tutti i mesi 200 euro alla ex Antonella, alla quale corrispondeva anche altri 220 euro per le spese della loro figlia minore.

L’uomo, senza successo, ha fatto presente che nel 1994 lei lo aveva piantato per correre dietro a un ventenne, circostanza che aveva portato alla crisi del loro rapporto conclusosi nel 2000 davanti al giudice della separazione. La Cassazione gli ha replicato: non ti resta che pagare, dal momento che «c’era stato il tentativo di riconciliazione che escluderebbe l’efficacia esclusiva dell’infedelta» nella rottura del matrimonio, poiché «nonostante l’esperienza extraconiugale vissuta dalla moglie, avevi mandato avanti il matrimonio per altri sei anni». Dunque dalla ‘fuitinà della consorte – che non ha portato subito «all’ineludibile corollario» della rottura del matrimonio – non ci si può aspettare alcun diritto all’esenzione dell’assegno di mantenimento. Nemmeno in nome della tolleranza dimostrata.

FONTE: http://www.leggo.it/archivio.php?id=96999

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Professione divorzio. Alé.

Monday, December 10th, 2012

 

20 milioni di sterline dal primo divorzio, dieci dal secondo, sette al terzo, tre dal quarto. Al quinto divorzio aveva chiesto sette milioni di sterline, ma un giudice ha fermato la divorziatrice seriale Susan Dean Nicholson Lilley Sangster Crossley.

Chissà se è scesa in piazza per difendere la Dignità della Donna…

[Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/professione_divorzio/22-12-2007/articolo-id=229373-page=0-comments=1]

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Mantenimento di 250€ a vita per 7 giorni di matrimonio. Alé!

Sunday, December 2nd, 2012

Si è sposata, è rimasta con il marito per una sola settimana senza mai occuparsi della gestione familiare né concedendosi mai al neo-coniuge. Poi se n’è andata e ha chiesto gli alimenti. E’ successo a Bologna, dove una fresca sposina non ha retto la vita coniugale e se l’è data a gambe, ottenendo, a dispetto della brevità e del mancato “consumo” del rapporto, un assegno di 250 euro mensili. Ad attribuirglielo in via definitiva (ma anche in misura inferiore a quanto richiesto) la Corte di Cassazione, che ha confermato la bontà di una sentenza della Corte d’appello del capoluogo emiliano, poiché lontano dal marito le signora in questione non riusciva a mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante le (fulminee) nozze.

La notizia è tratta da http://donna.libero.it/lifestyle/mantenere-ex-divorzio-mantienimento-soldi-moglie-marito-ne1665.phtml

 

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Padre casalingo da 11 anni, sbattuto ugualmente fuori di casa. Alé!

Saturday, December 1st, 2012

Il Pretore gli ha intimato di  lasciare l’abitazione coniugale e le 3 figlie entro 3 settimane e mezzo, e di trovare un lavoro, atttribuendogli un “reddito ipotetico” di 3’800 fr mensili netti coi quali avrebbe dovuto sopravvivere e versare alla madre circa 1’200 fr di alimenti per le tre figlie.

Chi crede che il femminismo voglia la parità e non i soldi, può interrogarsi: perché non è stata attribuita l’abitazione coniugale e l’affido delle figlie al padre? Perché il pretore non ha imposto alla moglie, già retribuita con un buon reddito a tempo parziale e che ha tra l’altro voluto la separazione, di aumentare il suo grado d’impiego al 100% e di pagare al padre gli alimenti per le figlie di 17, 11 e 8 anni?

L’uomo, di 51 anni, le accudiva amorevolmente da 11 anni nelle vesti di “mammo casalingo” e nel contempo commerciava part-time in prodotti alimentari di produzione propria all’estero (con un reddito di alcune centinaia di franchi al mese).

Fonte: http://www.miopapageno.ch/index.php?option=com_content&task=view&id=3006&Itemid=248

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Cassazione: la ex-moglie va mantenuta anche se non ha mai fatto la moglie. Alé

Friday, November 30th, 2012

Con la sentenza 19349/11, la Cassazione ha affermato che per l’assegno di mantenimento al coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, non conta se vi sia stata o meno un’effettiva convivenza durante il matrimonio: la mancata convivenza, infatti, non significa assenza di comunione materiale e spirituale tra i coniugi e non fa venir meno i diritti e doveri di natura patrimoniale originati dal matrimonio.

Il caso

In tempi di crisi, chi ha un lavoro se lo tiene stretto, anche a costo di dover rinunciare alla convivenza. Accade ad una coppia di coniugi che, dopo essersi sposati e dopo un breve periodo di convivenza, riprendono a vivere in due città diverse: lui, ingegnere, nel Nord Italia; lei, insegnante precaria, a Roma. Situazione che determina la crisi: logorati dalla lontananza, o forse dall’incapacità di trovare un compromesso, i coniugi di separano. Ma i problemi non finiscono, perché lui impugna la decisione della Corte d’Appello che lo ha condannato a versare all’ex moglie, in posizione di debolezza economica, un assegno mensile di mantenimento.

Secondo il coniuge ricorrente, la mancanza di una stabile convivenza e di una comunione materiale e spirituale con la moglie avrebbe comportato la mancata realizzazione dell’essenza del matrimonio, con la conseguenza che sarebbe venuto meno l’obbligo del mantenimento post separazione. Inoltre, dalla mancata convivenza discenderebbe anche l’impossibilità di stabilire quale fosse il pregresso tenore di vita familiare, posto che ciascuno viveva in città diverse, in appartamenti diversi e con redditi propri.

Secondo la Suprema Corte si tratta di osservazioni non pertinenti che non possono trovare accoglimento. Il dettato normativo, infatti, offre precisi criteri per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, e tra i requisiti richiesti non vi l’instaurazione di una effettiva convivenza tra i coniugi.

D’altra parte, continua il Collegio, la mancata convivenza può essere giustificata da varie situazioni o esigenze e, in ogni caso, va intesa, «in difetto di elementi che dimostrino il contrario, come espressione di una scelta della coppia», con la conseguenza che non si può procedere all’automatica equivalenza tra convivenza e comunione spirituale. Alla mancata convivenza, quindi, non può attribuirsi efficacia estintiva dei diritto e doveri di natura patrimoniale che nascono dal matrimonio.

Infine, la Cassazione conclude affermando che il pregresso tenore di vita coniugale può essere desunto dalla documentazione fiscale prodotta dalle parti, così che i giudici di merito hanno ineccepibilmente affermato che l’ex moglie, in quanto avente capacità economiche minori rispetto al marito, avesse diritto all’assegno mensile.

Fonte: http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/422426/

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Da mantenere anche i figli con lavoro a tempo indeterminato. Alé

Thursday, November 29th, 2012

Gli uomini, anche se in pensione, devono mantenere le figlie maggiorenni, anche se lavorano, purché convivano con la ex moglie separata ed abbiano rifiutato di lavorare con papà.  Sembra essere questo il senso della recente sentenza, che aiuterà a far progredire il Paese dei Bamboccioni verso la cultura del Diritto al Parassitismo Femminista.



 

ROMA – Agli occhi di mamma e papà i figli rimangono per sempre piccoli, da aiutare e sostenere. E anche a quelli della Cassazione, pare: per la Suprema Corte, infatti, i padri devono continuare a versare l’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni, che convivono con la moglie separata o divorziata, anche nel caso i cui i ragazzi abbiano trovato un lavoro con regolare contratto a tempo indeterminato. A sancire che l’obbligo di versare l’assegno alla ex moglie permane, basta la circostanza che l’occupazione trovata non sia adeguata rispetto alle aspirazioni dei figli.

Lo sottolinea la corte, in una pronuncia destinata a far discutere, che ha respinto il ricorso di Antonio R., un artigiano in pensione di Perugia, stufo di versare la paghetta di 150 euro mensili per la figlia venticinquenne dato che la ragazza, ormai da tempo, lavorava, in regola, come commessa part-time presso una azienda e poteva contare su uno stipendio di 600-650 euro al mese.

La figlia Teresa ha il diploma da ragioniera e per la Cassazione, l’impiego trovato non è adeguato rispetto al titolo di studio: tutto ciò grava sulle spalle del padre Antonio, che deve essere paziente e continuare a sostenere economicamente la ragazza. Le ragioniere – nel mercato del lavoro, osservano i supremi giudici – non vanno più a ruba come una volta, e poi l’entità della busta paga non è sufficiente a consentire l’autosufficienza della giovane, seppur convivente con la madre.

In proposito la Cassazione – sentenza 14123 della Prima sezione civile – ricorda che “l’obbligo di versare il contributo per i figli maggiorenni al coniuge presso il quale vivono, cessa solo quando il genitore obbligato provi che essi abbiano raggiunto l’indipendenza economica, percependo un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali condizioni di mercato”. Per smettere di pagare, si deve provare che il figlio che mantiene si sia “sottratto volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata”.

In questo caso, la Suprema Corte ha condiviso il ragionamento della Corte d’appello di Perugia che aveva messo in evidenza come rispetto al passato, oggi ci voglia molto più tempo per mettere a frutto un titolo di studio come quello della ragazza. E ha abbracciato la tesi che lo stipendio percepito fosse inadeguato rispetto alle sue esigenze di vita. A nulla è valso il tentativo di papà Antonio di far presente che, da quando era andato in pensione, il suo reddito si era molto assottigliato e non era certo colpa sua se Teresa “si era rifiutata di collaborare nell’azienda artigianale paterna”. Si dovrà accontentare del fatto che in primo grado, il tribunale aveva dimezzato gli originari 300 euro di assegno. E cercare di non prendersela, dovendo anche versare mille euro per aver perso la causa in Cassazione.

 

Fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2011/06/29/news/cassazione_da_mantenere_figli_assunti_tempo_indeterminato-18400161/

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È maltrattamento fare pesare alla mantenuta che è una mantenuta

Sunday, November 25th, 2012

La Terza sezione penale della Cassazione (sentenza numero 40845) ha convalidato la condanna a due anni di reclusione ad un uomo di 48 anni che faceva pesare alla moglie, studentessa universitaria, di non contribuire al menage familiare e di essere a suo completo carico».

Pare che la studentessa avesse la verde età di 38 anni.

Tra i comportamenti ritorsivi tenuti dall’ex marito dopo la separazione – e che gli sono costati la condanna – anche aver scritto la parola chiave ‘BALDR’, diminutivo dell’ingiuria ‘baldracca come “causale del contributo per il mantenimento della figlia minore” inviato con un vaglia on-line.

Chissà se la Cassazione condannerà anche Ferdinando Santosuosso, Vice presidente emerito della Corte Costituzionale, che si era così espresso su il Sole 24 Ore del 16 Giugno:

«[…] Le statistiche vanno registrando da qualche decennio il progressivo calo dei matrimoni e del numero dei figli, con particolare (e ironico) riguardo alla ritrosia dei giovani maschi a distaccarsi dai genitori per fondare una nuova famiglia. Forse sotto il profilo psicologico o sociologico una delle cause del fenomeno può ravvisarsi nel fatto che dall’ingiustificabile posizione dominante che un tempo aveva il marito si sia passati a un eccesso opposto, e non a una corretta situazione di riequilibrio.Qualcuno dice che la donna, senza perdere le tradizionali cortesi attenzioni di cui era ed è circondata da fidanzati e mariti, ha acquisito progressivamente delle posizioni di fatto e di diritto sempre più vantaggiose. Vanno ovviamente rispettati i principi della parità dei coniugi e della cosiddetta pari opportunità di fatto; ma la grande considerazione che, anche dal punto di vista giuridico, deve aversi per i più deboli componenti della famiglia non dovrebbe superare una certa misura se si vuole evitare uno squilibrio che deteriori lo stesso istituto familiare.

Soprattutto nei casi in cui gli uomini siano riusciti a conseguire uno stato professionale ed economico notevole, oggi appare spesso che per donne svagate o intraprendenti il matrimonio sia considerato come la vittoria di un concorso o un contratto di assicurazione. Il nostro sistema normativo e giurisprudenziale prevede non solo la comunione dei beni come regime patrimoniale legale, ma pur in regime di separazione dei beni, gli effetti economici della vita matrimoniale, della separazione personale e del divorzio risultano, nella maggioranza delle concrete situazioni, molto favorevoli per la donna. Basti pensare a titolo esemplificativo che alla moglie spetta il quaranta per cento del trattamento di fine rapporto di lavoro del marito, che tale percentuale può essere prelevata direttamente presso il datore di lavoro, che la casa familiare viene normalmente assegnata dal giudice alla moglie separata, che l’assegno mensile va calcolato tenendo conto anche dei beni non fruttiferi e deve essere corrisposto perfino nell’ipotesi in cui la separata o divorziata conviva con un altro compagno.
Tutti sono convinti che questo importante nucleo sociale, qual è la famiglia, debba essere tutelato e incoraggiato al massimo e che tale risultato possa conseguirsi soprattutto con un’adeguata formazione dei giovani e con un buon orientamento dei suggestivi mass-media. Ma anche un saggio assetto giuridico può avere il suo peso nel miglioramento dei rapporti familiari, evitando di contribuire alla distruzione di un istituto così prezioso per le nuove generazioni e per tutta la società. D’altra parte l’evoluzione giuridica segue quasi sempre i mutamenti sociali, per cui — di fronte al rapido evolversi del costume (solo se si consideri il massiccio ingresso della donna nel lavoro extradomestico, la crescente crisi di stabilità matrimoniale, il moltiplicarsi delle famiglie di fatto e il decremento demografico) — forse è auspicabile un coordinato aggiornamento di alcuni aspetti del diritto di famiglia dopo circa trent’ anni dall’ultima riforma organica.»

 

 

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Cassazione: assegno di divorzio anche alla ex che lavora. Alé

Sunday, November 25th, 2012

Un lavoro durato mesi da parte dell’Istat, Caritas, Ministero del Lavoro e Federazione Italiana degli Organismi per le Persone senza Dimora: è l’identikit dei nuovi senzatetto.  Oltre agli “storici” homeless finiscono per la strada anche uomini e padri separati che devono passare gli alimenti alla moglie e ai figli e avendo solo un reddito modesto o discontinuo non possono permettersi una casa propria.  Per continuare la pratica, mai approvata in alcuna legge democraticamente votata, che la donna ha “diritto” al mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio.  Pagato con la povertà dell’uomo, visto che la separazione aumenta le spese.     Se la Cassazione stabilisse che la donna deve darla all’ex con la stessa frequenza goduta in costanza di matrimonio si parlerebbe di ingiustizia maschilista.  E invece…

Ha diritto all’assegno di divorzio da parte dell’ex marito anche la donna che lavora se durante il matrimonio il tenore può essere definitivo di “media agiatezza”. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 28824, depositata il 27 dicembre 2012. Secondo quanto scrive la prima sezione civile della Corte, non servono indagini particolarmente approfondite, basta conoscere i redditi. Infatti, l’assegno divorzile trova il suo presupposto nella inadeguatezza dei mezzi economici (comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali e ogni altra utilità di cui può disporre) dal coniuge richiedente e specificamente nella insufficienza dei medesimi a consentirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e nell’esigenza di un tendenziale ripristino della precedente condizione di equilibrio. Secondo la ricostruzione della vicenda che fa la Corte, l’uomo aveva proposto ricorso per sostenere la non indispensabile erogazione dell’assegno di divorzio: la donna lavorando percepiva un proprio reddito che gli permetteva di mantenere lo steso tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio. Non era quindi necessario un ulteriore assegno di mantenimento. Veniva poi eccepita la mancanza della prova relativa al tenore di vita precedentemente tenuto, sia sulle possibilità di continuare a mantenerlo dopo il divorzio solo con le proprie disponibilità economiche. Investita della questione, la Corte ha però rigettato il ricorso dell’uomo convalidando la decisione della Corte territoriale che ha correttamente valutato il divario tra i reddiri dei due coniugi ed ha stabilito che l’assegno divorzile deve essere comunque corrisposto in quanto esso trova il suo presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge richiedente e specificamente nella insufficienza dei medesimi a consentirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e nell’esigenza di un tendenziale ripristino della precedente condizione di equilibrio. Il divario delle capacità reddituali tra i due ex coniugi, concretamente accertato è, infatti, tale da non consentire uno status economico uguale a quello tenuto in costanza di matrimonio.

Tratto da: Cassazione: assegno di divorzio anche alla ex che lavora
(Fonte: StudioCataldi.it)

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Vince il superenalotto e pretende gli alimenti dall’ex marito. Alé

Saturday, November 24th, 2012

PESCARA – Lui di Roma, lei di Pescara, si sposano nel ’95, nel 2002 si separano. Da quel momento l’uomo, un 37enne piccolo commerciante, costretto a pagare un assegno di mantenimento alla donna, 36enne casaliga, che nel frattempo é tornata con la figlia in Abruzzo. Durante le ultime feste di Natale la figlia confida al padre che la madre ha vinto due milioni e mezzo al superenalotto, ma la donna nega tutto malgrado il suo tenore di vita sia decisamente migliorato.

 Ha estinto il mutuo, si é comprata una macchina costosa, veste sempre alla moda, viaggia molto anche senza la figlia e nonostante tutto continua a ricevere l’assegno di 400 euro che l’ex marito le garantisce non senza sacrifici. A questo punto l’uomo decide di chiedere la separazione giudiziale, insistendo per un mantenimento mensile di 2500 euro al mese, questa volta a suo favore, però, o per il pagamento una tantum corrispondente alla metà della sostanziosa vincita.
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