Per prima cosa, il dato informativo.
E’ stata indetta per mercoledì prossimo, 5 ottobre, dalle ore 13 alle 18, la manifestazione «La bigenitorialità salva la famiglia» che avrà luogo a Roma – piazzale antistante Montecitorio – allo scopo di protestare contro le gravi disuguaglianze di trattamento giuridico provocate dal vigente regime legislativo e applicativo delle separazioni coniugali e dei divorzi.
Queste disuguaglianze di trattamento riguardano in misura prevalente – se non esclusiva – la parte maschile affievolendo, spesso drasticamente, il diritto naturale dei padri separati a mantenere, all’indomani della sentenza di separazione, un rapporto affettivo ed educativo stabile con i figli; nonché il diritto, altrettanto naturale per molti aspetti, a conservare le risorse economiche necessarie all’auto-sostentamento e ad una nuova, possibile vita familiare.
Le dimensioni del fenomeno da cui nasce la protesta sono scandite da cifre inequivocabili e parlano, oltre ogni ragionevole dubbio, di un vero e proprio allarme sociale.
Secondo il recente rapporto Caritas/Zancan 2010 su povertà ed esclusione in Italia, come riportato dalla stampa, circa 800.000 nuovi poveri sono stati ridotti in miseria dalle sentenze di separazione; 90.000 nella sola città di Roma, 50.000 a Milano. L’80% di questi è costretto a rivolgersi alle mense della Caritas per sfamarsi quotidianamente o trova sistemazione abitativa in alloggi di fortuna.
La rottamazione della figura paterna non è, poi, neanche tanto in queste cifre quanto, piuttosto, in quella dell’affidamento dei figli che – nonostante l’entrata in vigore della legge 54 sull’affidamento condiviso, nel febbraio 2006 – continua ad essere assegnato, nove volte su dieci, alla madre quale genitore c.d. “prevalente”, con la conseguente, correlata assegnazione usufruttuaria dell’abitazione domestica e con l’allontanamento del padre dal nucleo familiare.L’espropriazione materiale e giuridica del ruolo genitoriale paterno qui investe la sfera affettiva di chi vi rimane coinvolto, con gravi ripercussioni anche sulla stabilità emotiva dei minori, molti dei quali destinati alla “sindrome da alienazione genitoriale” (PAS) che ne potrebbe minare, nel tempo, il sano sviluppo psico-affettivo. Minori comunque destinati a crescere senza una figura paterna, con tutte le conseguenze educative che conducono all’odierna cultura giovanile caratterizzata, in buona misura, da istanze di trasgressione e auto-indulgenza.
Come se ciò non bastasse, va inoltre considerata l’asprezza dell’antagonismo femminile nelle procedure di separazione che, come abbiamo già documentato in un altro momento, porta l’86% delle separande a muovere false accuse di violenza nei confronti dei rispettivi ex, per lucrarne i vantaggi conseguenti sul piano processuale; questo vergognoso potere ricattatorio – consegnato nelle mani femminili dalle vigenti disposizioni antiviolenza ed apparentemente immune da censure di sorta – è l’ennesimo, gravoso ed ingiusto diktat a cui devono sottostare quegli uomini che affrontano il calvario della separazione.
Queste, in estrema sintesi, le cifre, le forme e le dimensioni di un fenomeno intimamente correlato ai nuovi miti dell’indipendenza femminile ed alla drammatica crisi in cui versa la famiglia come cellula di coesione sociale.
Contrariamente a quanto si sarebbe indotti a pensare, tuttavia, la manifestazione del 5 ottobre non è stata indetta dalle pur numerose associazioni di padri separati che si sono andate formando negli anni per fronteggiare l’assurdo stato di cose.
E’ stata indetta dal Movimento femminile per la parità genitoriale, movimento spontaneistico nato sul web e rintracciabile alla seguente pagina facebook, di cui abbiamo già parlato in un articolo precedente.
Questo fatto ci induce a due diverse considerazioni.
La prima è la conferma che sui temi della sfera privata – famiglia, affetti, sessualità, educazione – le uniche voci ammesse ad esprimersi e titolate ad ottenere pubblico ascolto sono quelle femminili, neanche fosse una riserva di caccia in cui il mondo maschile non deve mettere piede. Lo constatiamo in ogni dibattito pubblico su questi temi, dove la presenza e la parola maschili non trovano quasi mai cittadinanza.
La riduzione al silenzio, lo svuotamento della dignità di parola, la noncurante disattenzione pubblica dovrebbe portare a più attente riflessioni quelle associazioni di padri separati che si ostinano a non vedere relazioni tra questo fenomeno e una certa cultura dell’antagonismo antimaschile, presente ed attiva soprattutto in alcuni settori intellettuali e politici a forte vocazione ideologica.
La seconda considerazione è che il malessere generato dall’attuale sistema giuridico rimane a tutt’oggi allo stato sintomatico, indecifrato, agitato più che spiegato e reso cosciente.
Tuttavia, il sistema giuridico è espressione della cultura politica perché il diritto non cresce sugli alberi ma viene formato e riformato nelle sedi istituzionali; ed il vigente diritto di famiglia e delle separazioni, con tutte le sue implicazioni applicative e procedurali, è espressione di un certo clima politico che, nel tempo, ha voluto suddividere pregiudizialmente l’umanità in soggetti forti (quindi trascurabili, come gli uomini) e soggetti deboli (da ultra-tutelare, come le donne).
La situazione attuale è – ad avviso di chi scrive – la logica ed inevitabile conseguenza del manicheismo pregiudiziale insito in quelle politiche.
Invece, anche la manifestazione del 5 ottobre prossimo nasce su parole d’ordine confuse, approssimate, caoticamente distribuite tra chi assegna le maggiori responsabilità ai magistrati, chi agli assistenti sociali, chi ancora agli ordini forensi; come se tutte queste figure non dovessero rispondere, ciascuno per la propria parte, ad un ordinamento giuridico che ne legittima gli atti e li rende possibili.
Un buon punto di coesione che dovrebbe essere sostenuto anche in questa occasione potrebbe essere il disegno di legge 957 in discussione al Senato, nel quale vengono previsti principi utili al superamento di alcuni elementi di criticità: primo tra questi «il diritto del minore ad un rapporto effettivamente equilibrato con entrambi i genitori» (c.d. bigenitorialità), il mantenimento diretto del minore per capitoli di spesa e la mediazione familiare.
Non tutte le misure previste dal testo in esame sembrano soddisfare appieno le esigenze di un necessario riequilibrio dei diritti e delle tutele giuridiche tra gli ex coniugi ma rappresenta, ad oggi, l’unico tentativo di intervento concreto, in materia, da parte del ceto politico.
Rimane, pertanto, un buon punto di partenza, comunque preferibile alla sterile inerzia del nulla.
In ogni caso, non bisogna neanche dimenticare che il malessere e il malcontento – anche se privi di una direzione certa – rimangono comunque fattori di cambiamento capaci di produrre trasformazioni sociali profonde e, in alcuni particolari momenti della vicenda umana, persino di muovere la storia.
In questo senso, se anche la manifestazione del prossimo mercoledì dovesse limitarsi ad esprimere il senso di un disagio collettivo, avrebbe già raggiunto un traguardo che sino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile.
Fonte: http://ragionimaschili.blogspot.com/2011/09/il-malessere-e-la-manifestazione-del.html
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