PedoFemiFilia

Il dramma di milioni di bambini usati nel divorzio per soddisfare desideri di adulti

Figli come bottino di guerra

Ben 150,000 bambini coinvolti ogni anno nelle procedure di separazione o divorzo possono essere colpiti dalla cosìdetta Sindrome di Alienazione Genitoriale. Succede quando un genitore instilla nel figlio rancore, astio, disprezzo verso l’altro genitore. I figli in sostanza diventano bottino di guerra, spesso un’arma di vendetta da usare contro l’ex-coniuge. Una forma di violenza psicologica che comporta vere e proprie patologie.

La dott. Melita Cavallo, Presidentessa del Tribunali dei Minorenni di Roma, dichiara: “quando un Giudice emette un provvedimento, che regolamenta il diritto dei bambini a mantenere rapporti continui e frequenti con il padre, deve pretenderne l’esecuzione, deve monitorare e seguire il provvedimento, ad ogni costo”.

L’avvocato matrimonialista Cesare Rimini dichiara: “l’affido condiviso ha migliorato la situazione, ma non si pensi che la Sindrome di Alienazione Genitoriale possa essere evitata con il tipo di affidamento”.

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Una forma di pedofilia affettiva

Il meccanismo perverso che avvicina il genitore “alienante” all’adulto pedofilo e abusante è la seduzione del bambino, portato a desiderare qualcosa di innaturale per potersi sentire “grande” e “accettato” dal genitore alienante. Nel bambino alienato vengono indotti seduttivamente desideri e sentimenti inadeguati all’età, esattamente come avviene nell’abuso “sessuale”, e gli viene prospettata un vissuto di sé stesso innaturale e incongruo rispetto allo sviluppo affettivo.

Viene cioè portato a “colludere” seduttivamente con desideri e desideri di un adulto senza nessun rispetto per la diversa età cronologica: di fatto, il bambino alienato si colloca come una sorta di adulto in miniatura, giudice feroce (perché di parte) del genitore alienato, adducendo motivazioni e soluzioni incongrue per la sua età e che non troverebbero accoglienza in un bambino figlio di genitori non separati (se il figlio di genitori non separati dicesse che non vuole andare in vacanza col proprio padre perché – ad es., citando una classsica spiegazione da PAS – il padre “parla troppo forte”, o “dice parolacce”, nessuno gli darebbe il credito che ha in un contenzioso genitoriale).

La PAS è un vero abuso, perché manipola l’affettività del bambino inducendolo ad accettare e rendersi possibili esperienze emotive e cognitive, e comportamenti, estremamente prematuri rispetto alla sua vera età affettiva, e dunque destabilizzanti rispetto alla evoluzione psicoaffettiva. E’ evidente che la similitudine è con la maggior parte dei casi di pedofilia, nei quali non vi è violenza fisica ma un misto inestricabile tra seduzione e coercizione da parte dell’adulto: la stessa seduzione e la stessa coercizione che portano, nella PAS, il bambino a diventare un “alleato/partner” del genitore alienante.

In sintesi, è come se si consentisse ad un minore di avere rapporti sessuali come se fosse un adulto, dal momento che la molla che spinge il bambino abusato al rapporto pedofilo e, quando non vi è violenza fisica, proprio una collusione e un consenso obbligato e manipolato tra desiderio dell’adulto e desiderio del bambino.

La differenza tra genitore alienante e genitore o adulto pedofilo è minima, perché se è vero che manca (sempre? Lo si può dubitare che manchi sempre) il contatto sessuale, è vero anche che il bambino alienato diventa un partner affettivo del genitore alienante, del quale sposa a tutti gli effetti ruolo e posizione (e per questo non si parla di “brain washing”: perché la adesione al ruolo e alla posizione del genitore alienante avviene con le modalità di un partner e non con quelle di un bambino addestrato a rispondere automaticamente in certi modi).

Per questo chi combatte la PAS accusa di pedofilia chi la sostiene: perché il genitore che combatte la PAS “proietta” su chi la vuol riconoscere e combattere (“proiettare” = attribuire i propri sentimenti e tendenze non coscienti) la propria perversione di sedurre il figlio per farlo sentire grande ma inducendogli desideri e soddisfazioni che sono quelli che soddisfano le voglie dell’adulto.

E questo da adesso va denunciato con forza: negare la PAS e indurre la PAS significa operare alla stregua di un pedofilo e di un adulto abusante: la PAS è una PEDOFILIA AFFETTIVA perché rende il bambino alienato un partner del proprio genitore adulto.

Dr. Gaetano Giordano
Medico-chirurgo
Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni
Psicoterapeuta
Presidente del Centro Studi Separazioni e Affido Minori
Fonte

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La sindrome della madre malevola

(Ira Daniel Turkat, Ph.D.)

Si ringrazia la traduttrice: dott.ssa Rosa Polizzi,
via Tozzi 5, 50135 Firenze  tel. 055-600505  email: rosapol@cheapnet.it 
Articolo originale in inglese

Con il crescere del numero dei divorzi che coinvolgono i bambini, è emerso uno schema di comportamento anomalo che ha suscitato scarsa attenzione. Il presente studio descrive la Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio. Vengono dati degli specifici criteri nosologici con numerosi esempi clinici. Data la mancanza di dati scientifici disponibili sul disturbo, è necessario approfondire i problemi della classificazione, dell’eziologia, della cura e della prevenzione.

Introduzione

Un divorziato ottiene l’affido dei figli e l’ex-moglie gli brucia la casa. Una donna che era in guerra col marito per l’affido, compra ai figli un gatto pur essendo a conoscenza che il marito è allergico a questi animali. Una madre obbliga i figli a dormire in macchina per “dimostrare” che il loro padre li ha portati alla bancarotta. Queste azioni illustrano uno schema di comportamento anomalo che si è manifestato sempre più frequentemente con l’aumento del numero dei divorzi di genitori con figli.

Oggi metà dei matrimoni finiscono col divorzio (Beal e Hochman, 1991). Anche il numero dei bambini coinvolti nel divorzio è fortemente aumentato (vedi per es. Hetherinton e Arastah, 1988). La maggior parte di questi casi viene “risolta” dal punto di vista legale, ma la battaglia continua fuori dal tribunale.

I media si sono notevolmente impegnati al fine di aumentare la consapevolezza del pubblico sul problema dei padri divorziati che non provvedono al pagamento dell’assegno di mantenimento fissato dal tribunale. Hodges (1991) ha osservato che a tre anni dal divorzio solo il 20% dei padri divorziati provvede al pagamento dell’assegno di mantenimento. L’indagine sul conseguente peggioramento delle condizioni economiche delle donne (vedi per es. Hernandez,1988; Laosa, 1988) ha contribuito all’approvazione recente di leggi per affrontare il problema dei padri inadempienti .

Mentre i media giustamente descrivono le difficoltà causate alle donne e ai bambini dal fenomeno dei padri inadempienti, non si parla ancora della guerra ingaggiata da un gruppo distinto di madri contro padri che pagano regolarmente l’assegno e rispettano la legge. Tutti i giorni avvocati e terapisti ascoltano narrazioni simili a racconti dell’orrore in cui vengono attribuiti a padri innocenti comportamenti perversi. Purtroppo non vi sono dati scientifici sull’argomento. Anche la letteratura clinica ha ignorato il problema.

Si può trovare un’eccezione famosa negli scritti di Gardner(1987,1989) che ha descritto in modo eccellente la Sindrome da alienazione parentale  chesi manifesta con una serie di manovre attuate con successo dal genitore affidatario per alienare il figlio dal genitore non residente. Dopo essere stato sottoposto ad un efficace condizionamento, il bambino è “dominato dall’idea di denigrare e disapprovare uno dei  genitori in modo ingiustificato e/o esagerato” (Gardner, 1989 pag.226). Nei casi tipici di Sindrome da alienazione parentale la madre e il figlio mettono in atto una serie di azioni anomale contro il padre. Gardner considera il concetto di “lavaggio del cervello” troppo limitato (Gardner,1989) per comprendere la manipolazione psicologica che il bambino subisce quando lo si spinge all’ostilità nei confronti del padre non residente.

Mentre le pionieristiche descrizioni di Gardner della PAS danno un importante contributo alla nostra comprensione delle ostilità presenti nei casi di divorzio che coinvolgono i figli, il presente studio riguarda un’anomalia più globale. Come già sottolineato negli esempi dati all’inizio di questo lavoro, nel corso delle cause di divorzio si verificano nei confronti dei mariti attacchi gravi che vanno al di là della semplice manipolazione dei figli. Inoltre queste azioni rivelano l’intenzionalità da parte di alcune madri di violare la legge della comunità. Infine, vi sono alcune madri che hanno costantemente comportamenti malevoli allo scopo di alienare i figli dal padre anche se non riescono a raggiungere il loro scopo. Insomma questi casi non corrispondono ai modelli della PAS, tuttavia indicano un’anomalia grave.

Lo scopo del presente studio è di definire e illustrare questa anomalia più generale con la speranza di provocare una sempre più approfondita analisi scientifica e clinica del problema.

Definizione

Questa sezione fornisce una definizione iniziale della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio che è stata tratta da casi clinici e giudiziari. Come per tutte le proposte iniziali, si auspica che le ricerche future portino ad un maggiore affinamento dei criteri tassonomici. La definizione proposta abbraccia quattro principali modelli di comportamento, come segue:

  1. Una madre che senza giustificazione punisce il marito da cui sta divorziando o ha divorziato:

a. tentando di alienare i figli dal padre

b. coinvolgendo altri in azioni malevole contro il padre

c. intraprendendo un contenzioso eccessivo

  1. La madre tenta semplicemente di impedire:

a. le visite regolari dei figli al padre

b. le libere conversazioni telefoniche tra i figli e il padre

c. la partecipazione del padre alla vita scolastica  e alle attività
extracurricolari dei figli

  1. Lo schema è pervasivo e comprende azioni malevole come:

a. mentire ai figli

b. mentire ad altri

c. violazioni della legge

  1. Il disturbo non è specificamente dovuto ad un altro disturbo mentale, pur potendo coesistere con un altro disturbo mentale distinto.Illustrazioni cliniche

In questa sezione darò esempi clinici di ciascun punto usando i numeri di riferimento usati sopra.

Poiché i modelli di comportamento dall’1 al 3 sono specifici della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio,  darò una serie di esempi clinici. Il quarto punto che riguarda il rapporto della sindrome in esame con altri disturbi mentali sarà discusso in modo più generale.

Modello 1a: L‘alienazione dei figli

La gamma di azioni intraprese da parte delle madri per tentare di alienare i figli dal padre è impressionante. Per esempio:

Una madre ha mentito ai figli dicendo che non poteva più comprare il cibo perché il padre aveva speso tutto il loro denaro con le donne nei “topless bar”.

La moglie di un medico ha obbligato il figlio di 10 anni a richiedere i pasti gratis a scuola  per fargli credere che il padre li aveva fatti diventare poveri.

Ad una donna che per anni era stata vicina ai bambini nel corso della battaglia legale per la custodia la madre ha chiesto di abbandonare l’atteggiamento di neutralità e di schierarsi dalla sua parte per   ”ballare sulla tomba del marito”. Quando l’amica ha rifiutato, la madre ha detto ai figli, mentendo, che la donna aveva una relazione col loro padre.

Comportamenti simili, se coronati da successo, possono portare i figli non solo ad odiare il padre, ma forse a non vederlo per anni. Come ha osservato Cartwright: “Lo scopo del genitore alienante è cristallino: privare il genitore perduto non solo del tempo da trascorrere col figlio, ma anche della sua infanzia”.

   Modello 1b: Coinvolgere altri in azioni dolose

La seconda componente del  primo modello di comportamento con cui la madre tenta di punire il marito, implica la manipolazione di altre persone da coinvolgere in azioni dolose contro il padre. Esempi di questo tipo sono qui di seguito:

Durante la battaglia legale per la custodia, una madre ha mentito al terapista riguardo al comportamento del padre. Il terapista , che non aveva mai parlato col padre, ha testimoniato davanti al giudice in qualità di esperto esprimendo il parere che la custodia dovesse essere affidata al genitore residente e che il padre doveva sottoporsi a terapia.

Una madre in preda alla rabbia ha spinto i figli adolescenti a lasciare lettere anonime di minaccia nella casa dell’ex-marito.

Una madre che aveva perduto la custodia legale dei figli ha indotto la segretaria della scuola del figlio ad aiutarla a rapire il bambino.

Nei casi suddetti è importante rilevare che la persona manipolata dalla madre è stata in qualche modo coinvolta nella rabbia della madre e “alienata” dal marito di questa in procinto di divorziare. La persona “raggirata” assume un tipico atteggiamento di virtuosa indignazione che contribuisce a creare un’atmosfera gratificante per la madre che si appresta ad intraprendere azioni dolose.

Modello 1c: Eccesso di azioni legali

E indubbio che entrambe le parti in causa  nelle procedure per il divorzio o per l’affido hanno il diritto di presentare istanze o avviare azioni legali. Tuttavia alcune donne che soffrono della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio tentano di punire il marito con un eccesso di azioni legali.

Una madre bellicosa e irragionevole attaccava verbalmente il marito dovunque lo incontrasse. Col  tempo la reazione di lui è stata quella di ignorarla. Allora lei  ha portato il suo ex-marito davanti al giudice per obbligarlo a parlarle.

Una madre ha detto al giudice che sua figlia non era figlia del marito.

Una donna si è rifiutata di rinunciare alle continue azioni legali contro l’ex-marito, malgrado numerosi avvocati avessero abbandonato il caso volontariamente o fossero stati licenziati. In tre anni si erano succeduti sette diversi avvocati.

Esistono dati  che possono aiutare a determinare la gamma delle azioni legali. Per esempio Koel e altri (1988) riferiscono la frequenza di processi in un campione di 700 famiglie. I loro dati indicano che solo il 12,7% delle famiglie presentano una sola istanza in tribunale dopo il divorzio, mentre meno del 5% presentano 2 o più istanze; meno dell’1% presentano 4 o più istanze.

Modello 2a: Proibizione di visite regolari

Gli esperti sono abbastanza concordi nel ritenere che le visite regolari e ininterrotte al genitore non residente siano auspicabili  e benefiche per i figli, tranne in circostanze estreme (Hodges,1991). In effetti, alcuni stati come la Florida hanno leggi scritte che riflettono questa opinione  (Keane ,1990). Purtroppo, anche quando il padre e i figli hanno diritto legale alle visite, madri affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio continuano a frapporre ostacoli all’esercizio di questo diritto.

Una madre, che aveva in precedenza aggredito fisicamente il marito quando questi andava a prendere i figli, gli ha impedito di prenderli con se anche quando si è presentato con la polizia.

Una madre, per impedire al padre di vedere i figli, non si faceva mai trovare in casa quando il marito divorziato andava a trovarli.

Una madre ha spinto il suo boyfriend, un tipo dall’aspetto feroce, ad aggredire il marito che era venuto a prendere i figli.

Il presidente dell’Associazione per i diritti del fanciullo (Washinghton,D.C.) osserva che questa alienazione è considerata una forma di violenza sul bambino (Levy,1992). Purtroppo la polizia in genere evita di essere coinvolta in queste situazioni. Inoltre, a meno che il padre vittimizzato non sia finanziariamente in grado di ritornare in tribunale sulla base dei fatti, si può fare poco per impedire questi comportamenti da parte della madre. Infine, persino quando tali fatti vengono portati in tribunale, quest’ultimo è spesso inadeguato ad appoggiare il diritto di visita da parte del padre (Commissione sul pregiudizio legato al sesso nel sistema giuridico, 1992).

Modello 2b:Libere conversazioni telefoniche con il padre

Nei casi di assenza fisica di un genitore il telefono svolge un ruolo importante nel mantenere il legame tra il figlio  e il genitore non residente. Alcune madri affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio compiono una serie di atti volti ad impedire i rapporti telefonici.

Ad un padre che telefonava per parlare con i figli è stato detto che essi non erano in casa, mentre lui sentiva le loro voci  in sottofondo.

Un altro padre che chiamava per parlare con i figli è stato lasciato in attesa al telefono senza che nessuno venisse avvertito della telefonata.

Sapendo che il padre era in vacanza, una madre ha spinto i figli a lasciare numerosi messaggi alla sua segreteria telefonica nei quali gli si chiedeva di richiamare immediatamente  in caso fosse disponibile per andarli a prendere al di fuori del tempo stabilito per le visite.

Alcuni padri trovano questi tentativi di alienazione così dolorosi che alla fine smettono di telefonare ai figli: semplicemente “mollano”. In uno scenario di sconfitta, l’abbandono del padre (Hodge1991) sfortunatamente raggiunge proprio il risultato che la madre affetta dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio si proponeva.

 

            Modello 2c: Impedimento della partecipazione alle attività extracurricolari

Una parte integrante del processo di mantenimento del legame col proprio figlio è la partecipazione alle attività che si svolgevano prima che i genitori si separassero. Attività sportive a scuola, sport di gruppo ed eventi religiosi sono solo alcuni tipi di attività importanti. Le madri malevole spesso adottano manovre atte ad evitare la partecipazione a tali attività.

Ad un padre  sono state date volutamente la data e l’ora sbagliate di un evento importante per il figlio al quale la madre ha chiesto:”Chissà perché tuo padre oggi non è voluto venire a trovarti?”

Una madre ha rifiutato di dare al padre informazioni sulle attività extracurricolari in cui erano impegnati i figli.

Prima di una partita di calcio a cui partecipava il figlio, una madre ha raccontato delle falsità a discredito del marito a molti dei genitori degli altri bambini. Quando lui è arrivato per assistere alla partita, molti dei genitori gli lanciavano occhiate irritate, si rifiutavano di parlare con lui e si allontanavano quando lui si avvicinava.

Le madri malevole che hanno questi comportamenti raramente subiscono delle punizioni come conseguenza delle loro azioni. Giudici, avvocati e polizia non possono occuparsi di tutti i casi in cui al padre viene impedito il contatto con i figli. Inoltre la maggior parte dei padri non può permettersi le spese necessarie. Così il ciclo di interferenze nei rapporti tra padri e figli si perpetua.

 

             Modello 3a: Menzogne malevole ai figli

Data la loro condizione evolutiva, i bambini in una situazione di divorzio conflittuale sono piuttosto vulnerabili. Quando un genitore decide di danneggiare l’altro mentendo ai figli, si possono verificare casi di comportamento malevolo come i seguenti:

Una madre in fase di divorzio ha detto alla sua giovanissima figlia che il marito non era il suo padre vero, anche se lo era.

Una ragazzina di 8 anni è stata obbligata dalla madre a consegnare al padre delle fatture non pagate: la madre lo aveva accusato falsamente di non provvedere al sostentamento della famiglia.

Una madre ha raccontato ai figli che il padre in passato l’aveva ripetutamente battuta, cosa assolutamente falsa.

Questi esempi di bugie malevole possono esser confrontate con le manovre più sottili tipiche della PAS, come le “asserzioni virtuali”(Cartwright,1993): la madre che causa la Sindrome da alienazione parentale può insinuare che vi è stata violenza, mentre la madre affetta dalla Sindrome della madre malevola afferma falsamente che vi è stata effettivamente violenza.

 

Modello 3b:Menzogne malevole agli altri

E’ possibile che delle madri affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio coinvolgano un numero considerevole di persone nei loro attacchi contro l’ex-marito. Tuttavia, nel caso di questo particolare modello, il soggetto affetto dalla sindrome mente esplicitamente ad altre persone nel conflitto contro il marito.Ecco alcuni esempi:

Una madre furente ha chiamato al telefono il presidente del luogo in cui il marito lavorava (1500 impiegati) sostenendo falsamente che questi usava  beni dell’azienda per guadagno personale e che usava violenza ai figli sul luogo di lavoro.

Una donna ha mentito a dei funzionari statali sostenendo che l’ex-marito abusava sessualmente della figlia.

Nel corso delle procedure per l’affido, una madre ha mentito al tutore che stava svolgendo indagini sulle capacità genitoriali di ciascun genitore, riferendogli che il padre le aveva usato violenza.

Snyder (1986) ha scritto delle difficoltà che le autorità legali  incontrano quando si trovano di fronte qualcuno che è un ottimo bugiardo. Le ricerche concordano sull’incapacità degli specialisti di scoprire la menzogna  (Ekman e O’Sullivan,1991) e sulla capacità di un abile bugiardo di testimoniare in tribunale in modo persuasivo (Snyder, 1986). Snyder (1986) rileva che la menzogna patologica (Pseudologia Fantastica), per quanto talvolta si riscontri in personalità “borderline”, non è limitata a quel particolare disturbo della personalità.

Modello 3c:Violazioni della legge per danneggiare il marito

La battaglia contro il marito da parte delle donne affette da Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio non ha praticamente alcun limite. Le violazioni della legge sono comuni in molti casi, anche se di solito si tratta di infrazioni relativamente non gravi. Tuttavia in alcuni casi le violazioni sono abbastanza serie.

Una madre ha intenzionalmente spinto la sua automobile contro la casa dell’ex-marito nella quale risiedevano i loro figli.

Nel corso della battaglia per la custodia legale dei figli, una donna si è introdotta nella residenza del marito ed ha trafugato dei documenti importanti.

Una madre furibonda ha telefonato ad una televisione cristiano-evangelica ed ha offerto 1.000 dollari a nome del marito ebreo del quale ha fornito indirizzo e numero telefonico.

Gli esempi suddetti possono richiamare alla mente del lettore certi disturbi della personalità (per es. antisociale, “boderline”, sadica); tuttavia questi comportamenti si possono riscontrare anche in donne affette da Sindrome della madre malevola che non sembrano conformarsi ai modelli diagnostici ufficiali del disturbo di tipo Axis II. Inoltre nessuna delle madri malevole coinvolte nei casi menzionati ha subito una condanna dal giudice per il suo comportamento.

 

Modello 4:Comportamento non dovuto ad altro disturbo

Nel valutare la Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio, è importante notare che molti dei suddetti casi clinici sembrano essersi verificati in soggetti che non avevano ricevuto una diagnosi o cure precedenti per disturbi mentali. Anzi una madre che aveva un comportamento estremamente malevolo nei confronti del marito, in fase di divorzio ha presentato molti testimoni, specialisti di salute mentale, che hanno asserito che non soffriva di alcun tipo di disturbo mentale.

Secondo l’esperienza dell’autore, per ogni disturbo mentale che possa venire in mente per spiegare una parte di questo comportamento, vi è sempre un caso eccezionale. Per esempio in alcuni casi può essere appropriata una diagnosi di disturbo di adattamento: tuttavia vi è il caso di una donna che, ancora 10 anni dopo il divorzio, continuava a negare al diritto di visita. Altri casi potrebbero suggerire come possibile diagnosi un disturbo della personalità: ma vi è il caso di una donna che ha ripetutamente violato la legge con continui attacchi contro il marito e nei confronti della quale specialisti di alto livello non hanno mai riscontrato disturbi della personalità. In alcuni casi si potrebbe prendere in considerazione la diagnosi di disturbo esplosivo intermittente, ma in alcune madri la rabbia non appare intermittente.

Infine il lettore dovrebbe rendersi conto che, da una parte non sempre l’accuratezza della diagnosi per certi disturbi psichiatrici è quella ci si aspetterebbe (per es. i disturbi della personalità, vedi Turkat,1990), dall’altra il problema è reso più grave nel diritto di famiglia quando a volte vengono coinvolti nel processo degli esperti di salute mentale incompetenti (Turkat, 1993). Chiaramente il rapporto tra la Sindrome della madre malevola e altri disturbi mentali è complesso e richiede indagini significative.

 

Discussione

La descrizione precedente della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio solleva una molteplicità di problemi clinici, legali e scientifici importanti.

Sotto l’aspetto clinico le famiglie in cui si manifesta la sindrome sono soggette  a gravi episodi di stress e angoscia. Tuttavia non vi è chiarezza scientifica su come curare il fenomeno. Questa è particolarmente compromessa dal fatto che molti dei soggetti che sembrano conformarsi ai modelli diagnostici proposti negano che vi sia in loro qualcosa di anomalo.

Un’ulteriore difficoltà è causata dal fatto che molti terapisti non sono consapevoli di questo schema di comportamento malevolo (Heinz e Heinz, 1993). Così vi sono terapisti che vengono ingannati nel trattare questi casi  e, come è stato osservato prima, testimoniano in tribunale che non vi è niente di anomalo nel comportamento della madre coinvolta.

Sotto l’aspetto legale ci sono avvocati che possono, involontariamente, incoraggiare  questo tipo di comportamento (Gardner, 1989).  D’altro canto  vi sono anche  avvocati  che  incoraggiano intenzionalmente  questo comportamento in quanto ne ricavano un tornaconto che è legato alla durata dell’azione legale. In altre parole, più è complesso il processo, maggiore è il profitto per l’avvocato. (Grotman e Thomas, 1990). Tuttavia, anche per la sottospecie di avvocati per cui ciò può valere, vi è un momento in cui il profitto diminuisce. Inoltre, a prescindere da considerazioni economiche, molti di coloro che hanno a che fare con i tribunali che giudicano le cause che coinvolgono la famiglia, trovano che questi casi sono affrontati in modo non corretto. (Greif, 1985; Levy,1992).

Nessuna donna che abbia questo tipo di comportamento perde il diritto all’assegno di   mantenimento, a meno che non sia affetta da turbe così gravi da perdere la custodia dei figli; e non  va neppure in prigione. Così molti clienti denunciano una notevole frustrazione quando essi e i loro figli sono esposti a questo tipo di comportamento, e sembra che i tribunali facciano ben poco.

In una rassegna di scritti giuridici sul pregiudizio nei confronti degli uomini nei procedimenti legali Tillitski (1992) conclude che vi è una diffusa discriminazione. Questa è bene illustrata dall’affermazione di un giudice di processi relativi a controversie familiari che ha detto: “Non ho mai visto i vitelli seguire i buoi, seguono sempre la mucca; perciò io do sempre la custodia alle mamme.” (Commissione d’indagine sul pregiudizio legato al sesso ne sistema giudiziario, 1992, pag.741). Analogamente, si nota che il rigore che viene applicato per far rispettare l’ordinanza relativa all’assegno di mantenimento, non viene invece esercitato nel far valere il diritto di visita da parte del padre. (Commissione d’indagine sul pregiudizio legato al sesso nel sistema giudiziario, 1992). In conseguenza di questi pregiudizi contro gli uomini nella procedura del diritto di famiglia alcuni padri diventano senza volerlo vittime relativamente inermi del sistema (Tilletski, 1992). Questa situazione sembrerebbe rafforzare il comportamento doloso messo in atto da donne che soffrono della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio.

Certo occorre affrontare il problema dell’incidenza del disturbo secondo il sesso. La schiacciante maggioranza dei genitori affidatari sono donne (Commissione d’indagine sul pregiudizio legato al sesso nel sistema giudiziario, 1992). Gardner (1989) ha notato che la PAS si presenta più comunemente nelle donne, anche se è possibile che un uomo a cui è stata affidata la custodia dei figli abbia lo stesso tipo di comportamento alienante. L’esperienza dell’autore, relativa alla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio, è simile a quella di Gardner, ma chi scrive non ha ancora trovato un solo caso di padre che abbia assunto uno dei comportamenti elencati sopra. Ciò non significa che non ci sia la possibilità che la sindrome del ”padre malevolo” esista. Anzi Shephard(1992) riferisce che esistono dei casi significativi di violenza nei confronti di alcune madri affidatarie da parte di padri non residenti. D’altro canto si deve osservare che non si riscontrano finora casi di madri inadempienti, nei casi in cui spetta a loro l’onere del mantenimento dei figli. Dato che fino ad oggi non sono stati documentati casi in cui il padre assume tutti gli atteggiamenti corrispondenti ai modelli della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio mi sembra consigliabile attendere  riscontri scientifici che possano guidare nella scelta di etichette di carattere nosologico.

Qual è la diffusione della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio? Non abbiamo una risposta. Gardner (1989) riferisce che circa il 90% delle controversie per la custodia implicano aspetti di alienazione parentale. Inoltre Kressel (1985) ha esaminato dei casi che indicano che addirittura il 40% delle madri a cui è stata affidata la custodia hanno impedito al padre di visitare i figli allo scopo di punirlo. Arditti (1992) ha riferito dei dati connessi: il 50% di un campione di 125 padri indicava che la madre intralciava le loro visite ai figli. Aspetti di alienazione parentale possono essere comuni, ma è estremamente improbabile che una tale percentuale di madri a cui sono stati affidati i figli rientrerebbe in tutti i modelli della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio.

Per quanto riguarda l’incidenza, dal nome della sindrome sembrerebbe che il comportamento malevolo sia accelerato dal processo di divorzio. Tuttavia questa è una questione empirica. Le azioni malevole possono essere notate durante il processo di divorzio, ma è possibile che il comportamento malevolo fosse preesistente, anche se nascosto. Questa ipotesi è suffragata dalle ricerche sul conflitto parentale precedente al divorzio (Enos e Handal, 1986). Infatti può anche accadere che vi siano casi di disturbi mentali che non vengono scoperti finché non interviene lo stress del divorzio.

Infine si deve osservare che cominciano ad apparire ricerche sul funzionamento della famiglia dopo il divorzio. Esistono dati sul ruolo del conflitto parentale nei confronti del comportamento dei figli dopo il divorzio (per es. Frost e Parkiz, 1990; Furstenberg e altri, 1997; Healy, Malley e Stewart, 1990; Kurdek, 1988), ma non sono ancora apparsi studi sui casi più estremi di Sindrome da alienazione parentale e Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio.

La Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio rappresenta un importante fenomeno sociale. Il disturbo coinvolge bambini, genitori, avvocati, giudici, tutori, operatori psichiatrici e altri. Finché il fenomeno non viene esplorato più accuratamente nella letteratura scientifica e clinica, i problemi causati da persone affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio continuerà ad affliggerci. Si spera che questo scritto stimoli la ricerca così da rendere possibile lo sviluppo di linee di orientamento per la gestione clinica e legale del problema.

 

REFERENCE

Arditti, J.A. (1992).  Factors relating to custody,  visitation and child support for divorce fathers:  An exploratory analysis. J. Div. Remarr. 17:23-42.

Beal, E.W., and Hockman, D. (1991).  Adult Children of Divorce, Delacorte Press, New York.  Cart wright, D.F. (1993).  Expanding the parameters of parental alienation syndrome.  Am. J. Fam. Ther. 21:205-215.

Commission on Gender Bias in the Judicial System.  (1992).  Gender and justice in the courts:  A report to the Supreme Court of Georgia. Georgia State Univ. Law Rev. 8:539-807.

Ekman, P., and O’Sullivan, M. (1991). Who can catch a liar?  American Psychologist, 46: 913-920.

Enos, D.M., and Handal, P.J. (1986).  The relation of parental marital status and perceived family conflict to adjustment in white adolescents.  J. Consult. Clin. Psychol. 54:820-824.

Frost, A.K., and Pakiz, B. (1990).  The effects of marital disruption on adolescence: Time as a dynamic. Am. J. Orthopsychiatry 60:544-555.

Furstenberg, F.F., Morgan, S.P., and Allison, P.D. (1987).  Paternal participation and children’s well being after marital dissolution.  Am. Sociological Rev. 52:695-701.

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Assegno di mantenimento, una perversa forma di potere sui figli e sull’ex partner

In nome del mantenimento indiretto si generano anni di udienze, perché ne va fissata la cifra.

Il mantenimento indiretto è l’espressione di un potere assoluto: sia sul figlio, sia sull’ex partner.

Con il mantenimento indiretto viene cancellata la specificità della scelta del singolo contributo: il decidere cosa si spende e per quale motivo.

E’ per via del mantenimento indiretto che il genitore erogatore di denaro non ha più senso ai fini delle decisioni da prendere: lui versa una massa anonima di denaro, indifferenziata e indifferenziante, non decide più nulla circa il relativo utilizzo e -proprio perché l’ha versata- non conta più nulla circa le regole e le priorità relative alla crescita dei figli e alla “cura” della individualità sottostante.

Il bambino vuol fare il calcio? Il genitore collocatario decide se farà il calcio oppure il tennis, e può non rispettare più in alcun modo i bisogni evolutivi del minore e l’apporto paterno per coltivarloIl genitore che versa l’assegno diventa un erogatore di indistinto denaro, a cui solo l’altro darà senso.

Le singole scelte vengono fatte dalla madre, che così diventa il genitore che decide, che interpreta i bisogni del figlio, e dà loro spazio o rifiuto.

Il figlio muore, come entità psicologica, nell’assegno indiretto, perché non esiste come individualità, ma solo come recettore di decisione di una Madre Onnipotente e Fusionale.

L’altro aspetto del problema, è speculare a questo e riguarda l’aspetto giudiziario della “separazione”.

In nome del mantenimento indiretto si generano infatti anni di udienze, perché ne va fissata la cifra.

Non ci sono confronti, non ci sono priorità, non ci sono bambini da far crescere -a seconda delle loro relative inclinazioni – con l’intervento di entrambi i genitori che decidono quale loro inclinazione accogliere: ci sono solo i genitori collocatari che pensano ad un tutto indistinto e senza opposizioni.

Il mantenimento indiretto piace tanto ai giudici perché omologo al loro sogno: la legge è uguale per tutti e loro decidono in che termini va applicata.

Li mette al centro del processo decisionale e ne garantisce la permanenza: quante sono le cause generate dal mantenimento indiretto?

Tra quelle delle separazioni, quelle per la ridefinizione della cifra, quelle per l’esazione del mantenimento, quelle in sede penale, l’indotto giudiziario del mantenimento indiretto è enorme.

L’assegno di mantenimento indiretto va abolito perché esprime – e al tempo stesso crea in modo autoreferenziale – il peggio della conflittualità da separazione

Gaetano Giordano *

*Medico-chirurgo
Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni
Psicoterapeuta
Presidente del Centro Studi Separazioni e Affido Minori

 

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MANTENIMENTO DIRETTO

In caso di separazione, il mantenimento diretto del figlio non comporterebbe ingerenze nella quotidianità dell’altro coniuge.

Semplicemente un genitore si occuperebbe, ad esempio, di acquistare materiale scolastico ed abbigliamento, l’altro copre altre voci di spesa.

Tutto quì

In tal modo, i genitori dovrebbero essere entrambi necessariamente presenti, si eliminerebbero gli intenti speculativi, il danaro verrebbe realmente speso per il mantenimento del minore e verrebbe meno l’obbligo di corrispondere l’assegno, obbligo che “funziona” male nella realtà quotidiana e rappresenta la vera fonte di tanto contenzioso.

Se poi uno dei genitori non dovesse adempiere ai propri obblighi, scatterebbe in funzione sanzionatoria l’obbligo di corrispondere l’assegno.

Avv. Domenico Marotta.

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Divorce-Related Malicious Mother Syndrome

Divorce-Related Malicious Mother Syndrome

Ira Daniel Turket, PhD

With the increasing commonality of divorce involving children, a pattern of abnormal behavior has emerged that has received little attention.  The present paper defines the Divorce Related Malicious Mother Syndrome.  Specific nosologic criteria are provided with abundant clinical examples. Given the lack of scientific data available on the disorder, issues of classification, etiology, treatment, and prevention appear ripe for investigation.

INTRODUCTION

A divorced man gains custody of his children and his ex-wife burns down his home.  A woman in a custody battle buys a cat for her offspring because her divorcing husband is highly allergic to cats.  A mother forces her children to sleep in a car to “prove” their father has bankrupted them. The actions illustrate a pattern of abnormal behavior that has emerged as the divorce rate involving children has grown.

Today, half of all marriages will end in divorce (Beal and Hochman, 1991).  The number of children involved in divorce has grown dramatically (e.g., Hetherington and Arastah, 1988) as well.   While the majority of such cases are “settled” from a legal perspective, outside the courtroom the battle continues.

The media have spent considerable effort raising public awareness about the problem posed by divorced fathers who do not provide court-ordered child support payments.  Hodges (1991) has noted that less than 20 percent of divorced fathers provide child support payments three years after their divorce.  Research on the decline of women’s economic status following (e.g., Hernandez, 1988; Laosa, 1988) has contributed to recent legislation to address the “Deadbeat Dad” problem.

While the media correctly portray the difficulties imposed upon women and children by the “Deadbeat Dad” phenomenon, the cameras have yet to capture the warfare waged by a select group of mothers against child support paying, law-abiding fathers.  Everyday, attorneys and therapists are exposed to horror stories in which vicious behaviors are lodged against innocent fathers and children.  Unfortunately, there are no scientific data on the subject.  Similarly, the clinical literature has relatively ignored the problem..

A noted exception can be found in the clinical writings of Gardner (1987, 1989)  who has provided excellent descriptions of the Parental Alienation Syndrome.  Here, a custodial parent successfully engages in a variety of maneuvers to alienate the child from the non-residential parent.  Once successfully manipulated, the child becomes “…preoccupied with deprecation and criticism of a parent-denigration that is unjustified and/or exaggerated” (Gardner, 1989 p. 226).  In the typical case of Parental Alienation Syndrome, both mother and child engage in an array of abnormal actions against the father.  Gardner views “brainwashing” as a concept “too narrow” (Gardner, 1989) to capture the psychological manipulation involved in turning a child against his/her non-residential parent.

While Gardner’s pioneering descriptions of the Parental Alienation Syndrome provide an important contribution to our understanding of divorce-related child-involved hostilities, the present paper is concerned with a more global abnormality.  As noted in the examples provided in the beginning of this manuscript, serious attacks on divorcing husbands take place which are beyond merely manipulating the children.  Further, these actions include a willingness by some mothers to violate societal law.  Finally, there are mothers who persistently engage in malicious behaviors designed to alienate their offspring from the father, despite being unable to successfully cause alienation.   In sum, these cases do not meet the criteria for Parental Alienation Syndrome.  Nevertheless, they portray a serious abnormality.

The purpose of the present paper is to define and illustrate this more global abnormality with the hope of generating increased scientific and clinical investigation of this problem.

DEFINITION

The present section provides a beginning definition of the Divorce-Related Malicious Mother Syndrome, which has been derived from clinical and legal cases.  As in all initial proposals, it is anticipated that future research will lead to greater refinement in the taxonomic criteria.

The proposed definition encompasses four major criteria, as follows:

1. A mother who unjustifiably punishes her divorcing or divorced husband by:
a.  Attempting to alienate their mutual children from the father
b.  Involving others in malicious actions against the father
c.  Engaging in excessive litigation

2. The mother specifically attempts to deny her child (ren)
a.  Regular uninterrupted visitation with the father
b.  Uninhibited telephone access to the father
c.  Paternal participation in the child(ren)’s school life and extracurricular activities

3. The pattern is pervasive and includes malicious acts towards the husband including:
a.  Lying to the children
b.  Lying to others
c.  Violations of law

4. The disorder is not specifically due to another mental disorder, although a separatemental disorder may co-exist.

CLINICAL ILLUSTRATIONS

In this section, I will provide clinical illustrations for each criterion using the reference numbers provided above.  As criteria 1-3 are behavior specific to the Malicious Mother Syndrome, I will provide a series of clinical examples.  The fourth criterion which addresses the relationship of the proposed syndrome to other mental disorders, will be discussed more generally.

    Criterion 1A:  Alienating the Children

The range of actions taken by a mother to attempt to alienate her children from their father is impressive.  For example:

One mother lied to her children that she could no longer buy food because their father had spent all of their money on women in topless bars.

A doctor’s wife forced her 10-year-old son to apply for federally funded free school lunches to delude the boy that his “daddy has made us poor.”

A woman who for years was very close to the children in a custody battle, was asked by their mother to give up neutrality and join her campaign against the father to “dance on his grave.”
When the friend refused to give up her neutrality, the mother falsely informed her children that their father was having an affair with this woman.

These behaviors, if successful, could lead a child to not only hate the father, but perhaps go years without seeing him.  As Cartwright (1993) has noted: “The goal of the alienator is crystalline: to deprive the lost parent, not only of the child’s time, but of the time of childhood.” (p.210).

    Criterion 1B:  Involving Others in Malicious Actions

The second component of the first major criterion where the mother attempts to punish the husband, involves manipulating other individuals to engage in malicious acts against the father.  Examples of this kind are as follows:

During a custody battle, a mother lied to a therapist about the father’s behavior.  The therapist, having never spoken with the father, appeared as an “expert” witness to inform the Judge that the mother should be the primary residential parent and that the father needed to be in therapy.

One angry mother manipulated teenagers to leave anonymous threatening notes at the ex-
husband’s home.

A mother who had lost legal custody of her children, manipulated a secretary at the child’s
school to assist in kidnapping the child.

In the above examples, it is important to note that the person manipulated by the angry mother has, in a way, been “alienated” against the divorcing husband.  Typically, the individual “duped” takes on a righteous indignation, contributing to a rewarding climate for the mother initiating malicious actions.

    Criterion 1C:  Excessive Litigation

There is little question that either party in a divorce or custody proceeding is entitled to appropriate legal representation and action.

Individuals suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome, however, attempt to punish the divorcing husband by engaging in excessive litigation.

A belligerent and unreasonable mother verbally attacked her ex-husband whenever she saw him.  Over time, his response was to ignore her.  She then took him to court, asking the judge to require the ex-husband to talk with her.

One mother told a judge that her daughter was not really her divorcing husband’s child

One woman refused to stop attacking her ex-husband through the courts, despite numerous attorneys being fired or voluntarily leaving the case.  Over a three-year period, seven different attorneys were utilized.

Data exist which can help in determining the range of excessive litigation.   For example, Koel et al. (1988) report on the frequency of post-divorce litigation in a sample of 700 families.  Their data indicate that only 12.7% of families file one post-divorce petition to the court, whereas less than 5 percent file two or more petitions (Koel et al. 1988); less than one percent file four or more petitions.

    Criterion 2A: Denying Regular Visitation

Experts are in relative agreement that regular and uninterrupted visitation with the non-residential parent is desirable and beneficial for children, except in extreme circumstances (Hodges, 1991).  In fact, some states, such as Florida, have laws written to reflect this view (Keane, 1990).  Unfortunately, even when the father and children have legal rights to visitation, individuals with Divorce-Related Malicious Mother Syndrome continue to interfere with it.

A mother who previously attacked her ex-husband physically during visitation transfers of the children, refused to provide the children when the ex-husband had the police attend to monitor exchanges.

When one divorced father arrived to pick up his children for visitation, the mother arranged for her and the children to be elsewhere so that the father could not visit with the children.

One mother had her physically intimidating boyfriend assault her ex-husband when he came to pick up his children for visitation.

The President of the Council for Children’s Rights (Washington, D.C.) notes that such alienation is considered a form of child abuse (Levy, 1992).  Unfortunately, the police typically avoid involving themselves in such situations.  Furthermore, unless a victimized father is financially capable of returning to court on an ongoing basis, there is little that can be done to prevent such mothers’ behavior.  Finally, even when such cases are brought to trial, the courts are often inadequate in supporting fathers’ visitation rights. (Commission on Gender Bias in the Judicial System, 1992).

Given the physical absence of one parent, the telephone plays an important role in maintaining the bond between child and non-residential parent.  Individuals suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome engage in an array of actions designed to circumvent telephone access.

A father called to speak to his children and was told that they were not at home when, in fact, he could hear their voices in the background.

When one father called to speak with his children, the mother put him on “hold,” informed no one, and then left him on hold.

Knowing that the children’s father was away on vacation, one mother encouraged them to leave several messages on his answering machine to call back immediately only if he would like some additional visitation time with his children.

Some fathers find the alienation attempts so painful and fruitless that they eventually are extinguished from calling their children; they simply “give up.”  Placed in a no-win scenario, the father’s “abandonment” (Hodges, 1991) unfortunately achieves the precise result aimed for by the individual suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome.

    Criterion 2C: Denying Participation in Extra-Curricular Activities

An integral part of the process of maintaining one’s bond with one’s child is to participate in activities that one did before the parents separated.  School plays, team sports, and religious events are just osme of the type of activities of importance.  Malicious Mothers frequently engage in maneuvers designed to prevent participation in these activities.

One father was deliberately given the wrong date and time for an important event for the child.  The child was asked by the mother, “I wonder why your father didn’t want to come to see you today”?

One mother refused to provide the father with any  information about any extra-curricular activities in which the children were engaged.

Prior to a child’s soccer game, one mother told many of the team parents disparaging falsehoods about the visiting father.  When he came to watch his son’s soccer game, many of these parents looked at him with angry eyes, refused to talk with him, and walked away when he moved toward them.

Malicious Mothers who engage in such behaviors rarely have to face penalties for such actions.  Judges, attorneys, and policemen cannot involve themselves in every instance of blocked paternal access.  Furthermore, most fathers cannot afford the financial requirements involved.  As such, the cycle of access interference perpetuates itself.

    Criterion 3A: Malicious Lying to the Children

Given their developmental status, children in a disputed divorce situation are quite vulnerable.  When one parent decides to attack the other by lying to the children,  examples of this type of malicious behavior may include some of the following:

One divorcing mother told her very young daughter that father was “not really” her father, even though he was.

An eight-year-old girl was forced by her mother to hand unpaid bills to her father when he visited because the mother had falsely told the daughter that the father had not provided any economic means of support to the family.

One mother falsely told her children that their father had repeatedly beat her up in the past.

These examples of malicious lying can be contrasted with the more subtle maneuvers typically seen in Parental Alienation Syndrome, such as “virtual allegations” (Cartwright, 1993).  Here, the mother setting up a Parental Alienation Syndrome may hint that abuse may have occurred, whereas the individual suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome falsely claims that abuse has actually occurred.

    Criterion 3B: Malicious Lying to Others

Individuals suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome may engage a wide range of other individuals in their attacks upon the ex-husband.  However, with this particular criterion, the individual with Divorce-Related Malicious Mother Syndrome specifically lies to other individuals in the belligerency against the father.  Some examples include the following:

One furious mother called the president of the (1500 employee) workplace of her divorcing husband, claiming falsely that he was using business property for person gain and was abusing their mutual children at his work locale.

One woman falsely told state officials that her ex-husband was sexually abusing their daughter.  The child was immediately taken away from him and his access to her was denied.

During the course of a custody dispute, one mother falsely informed the guardian, who was investigating the parenting skills of each parent, that the father had physically abused her.

Snyder (1986) has reported on the difficulty imposed upon legal authorities when confronted with someone who is an excellent liar.  Consistent with research on the inability of “specialists” to detect lying (Ekman and O’Sullivan, 1991), a skilled fabricator can be a compelling witness in the courtroom (Snyder, 1986).  While sometimes seen in borderline personalities, Snyder (1986) notes that pathological lying (Pseudologia Fantastica) is not restricted to that particular character disorder.

    Criterion 3C: Violating Law to Attack the Husband

Individuals suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome, have few, if any boundaries in their campaign against the divorcing husband.  Violations of law are common in many cases, although the laws broken may be relatively minor.  However, in some cases, the violations of law may be quite serious.

One woman deliberately drove her automobile into the house of the ex-husband where their mutual children resided.

In the midst of a custody battle, one woman broke into the residence of her divorcing husband and stole important business papers.

An angry divorcing mother called a Christian evangelical television station and pledged $1,000, giving the name, address and phone number of her divorcing Jewish husband as the pledgee.

The above descriptions may remind the reader of certain personality disorders (e.g., antisocial, borderline, sadistic) but these behaviors may be demonstrated by individuals with Divorce-Related Malicious Mother Syndrome who do not appear to meet official diagnostic criteria for an Axis II disorder.  Further, in each  of the four examples provided above, none of the Malicious Mothers involved was sentenced for such behavior by a Judge.

    Criterion 4:  Not Due to Another Disorder

In assessing the Divorce-Related Malicious Mother Syndrome, it is important to note that many of the above clinical examples seem to have occurred in individuals who had no prior mental disorder diagnosis or treatment.  In fact, one mother who engaged in extreme maliciousness toward her divorcing husband had several mental health professionals testify that she was not suffering from any type of mental disorder.

In the author’s experience, for each mental disorder that might come to mind to account for some of this behavior, an exceptional case presents.  For example, in some cases, an Adjustment Disorder might seem an appropriate diagnosis, yet one woman still denied her ex-husband visitation 10 years after the divorce.  Other cases might suggest a possibility of a personality disorder diagnosis, yet one woman who repeatedly violated the law in attacking her ex-husband, received no personality disorder diagnosis despite being evaluated by masters level and doctoral level examiners.  In some instances, Intermittent Explosive Disorder might be considered, yet the anger for many of the mothers does not appear to be intermittent.

Finally, the reader should appreciate that while diagnostic accuracy for certain psychiatric difficulties is not as good as one would like (e.g., the personality disorders, see Turkat, 1990), the problem is compounded in family law where incompetent mental health examiners sometimes become involved in the judicial process (Turk, 1993).   Clearly, the relationship between Divorce-Related Malicious Mother Syndrome and other mental disorders is a complex one which requires significant investigation.

DISCUSSION

The above description of the Divorce-Related Malicious Mother Syndrome raises a variety of important  clinical, legal and scientific issues.

From a clinical perspective, families that involve a Divorce-Related Malicious Mother Syndrome are subject to serious episodes of stress and distress.  Yet, there is no scientific evidence on how to treat this phenomenon.  It is particularly compromised by the fact that many of these cases that appear to meet the proposed diagnostic criteria deny that there is anything wrong with them.

An additional difficulty is that many therapists are unaware of this pattern of malicious behavior (Heinz and Heinz, 1993).  As such, there are malicious therapists who are “fooled” by such cases and, as noted earlier, will come to court testifying that there is nothing wrong with the mother involved.

From a legal perspective, there are some attorneys who may unintentionally encourage this type of behavior (Gardner, 1989).  On the other hand, there are some attorneys who deliberately encourage such behavior as the financial rewards for them are time dependent.  In other words, the more involved the litigation process, the greater the profits for the attorney.  (Grotman and Thomas, 1990).  However, even for the subset of attorneys for whom this may be true, there is a point of diminishing returns.  Furthermore, independent of economic considerations, many who become involved with family law courtrooms find that these types of cases are not handled well (Greif, 1985; Levy, 1992).

The woman who is not disturbed “enough” to lose custody of her children in the courtroom will not have money denied to her because she engages in this behavior; nor will she go to jail.  Thus, many clients report significant frustration when they and their children are exposed to this type of behavior, and the courts seem to do little.

In a review of  pertinent law literature on bias against men in family law proceedings, Tillitski  (1992) concluded that there is widespread discrimination.  This is well illustrated by one family law Judge’s statement that, “I ain’t never seen the calves follow the bulls, they always follow the cow; therefore, I always give custody to the mamas.” (Commission on Gender Bias in the Judicial System, 1992, p. 741).  Similarly, it is noted that visitation rights of fathers are not enforced as rigidly as are child support orders (Commission on Gender Bias in the Judicial System, 1992.)  Such bias against men in family law proceedings results in a unique group of fathers who unintentionally become relatively helpless victims of the system (Tillitski, 1992).  This situation would seem to reinforce much of the vicious behavior displayed by women suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome.

The issue of sex distribution of the disorder certainly needs to be addressed.  The overwhelming majority of custodial parents are female (Commission on Gender Bias in the Judicial System, 1992).  Gardner (1989) has noted that Parental Alienation Syndrome appears most commonly in females, although it is possible for a male who has custody of the children to engage in the same type of alienating behaviors.  The author’s experience with Divorce-Related Malicious Mother Syndrome is similar to Gardner’s.  However, the present writer has yet to see a case of a father engaging in all of the criteria listed.  This does not mean that it is not possible for there to be a “Malicious Father” Syndrome.  In fact, Shephard (1992) reports that there is significant abuse of some custodial mothers by non-residential fathers.  On the other hand, it should be noted that there are females who are required to pay child support, but we have yet to hear about “Deadbeat Moms.”  Given at the present time that a case in which the father met all of the criteria for Divorce-Related Malicious Mother Syndrome has yet to be documented, it appears advisable to await scientific evidence to guide issues of nosologic labeling.

How prevalent is the Divorce-Related Malicious Mother Syndrome?  The answer is unknown.  Gardner (1989) reports that approximately 90 percent of all custody battles involve some aspects of parental alienation.  Further, Kressel  (1985) reviewed data indicating that up to 40 percent of maternal custodians denied visitation to the ex-husband in order to punish him.  Relatedly,  Arditti (1992) reported that 50 percent of a sample of divorce fathers (N=125) indicated that visitation was interfered with by the mother.  While aspects of parental alienation may be common, it is highly unlikely that such a percentage of maternal custodians would meet all of the criteria for Divorce-Related Malicious Mother Syndrome.

In regard to incidence, it would appear through the title of this syndrome that the malicious behavior is precipitated by the divorce process.  However, this is clearly an empirical question.  While the malicious actions may first be noted during a divorce process, it is possible that maliciousness may have been present earlier but undetected.  Research on pre-divorce parental conflict (Enos and Handal, 986) supports this speculation.  Relatedly, it may also be that there are some cases of pre-existing mental disorder that have not been discovered until the stress of the divorce itself unfolds.

Finally, it should be noted that research on the nature of post-divorce family functioning is beginning to emerge.  Some data exist on the role of parental conflict in children’s post divorce functioning  (e.g. Frost and Pakiz, 1990; Furstenberg et al., 1987; Healy, Malley and Steward, 1990; Kudek, 1988), but studies have yet to appear on the more extreme cases of Parental Alienation Syndrome and Divorce-Related Malicious Mother Syndrome.

The Divorce-Related Malicious Mother Syndrome represents an important societal phenomenon.  The disorder affects children, parents, attorneys, judges, guardians, mental health professionals and others.  Until this phenomenon is explored more thoroughly in the scientific and clinical literature, the problems imposed by individuals suffering from Divorce-Related Malicious Mother Syndrome will continue to plague us.  Hopefully, the present manuscript will stimulate research so that clinical and legal management guidelines can be developed.

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La sindrome di Medea

La Medea di Euripide è una delle più disperate ed eroiche tragedie greche: è l’esempio classico di ratio e furor, mens e cupido.

Medea è figlia della maga Circe, dalla quale eredita i suoi poteri magici. Innamoratasi di Giasone, lo aiuta ad impossessarsi del vello d’oro arrivando persino ad uccidere il proprio fratello, in modo che il padre, intento a raccogliere i resti del figlio, non possa impedire la fuga degli Argonauti e di Medea stessa, che in seguito sposerà il suo amato.

L’irriconoscenza di Giasone fa sì che questo, dopo qualche anno, ripudia Medea, innamorandosi di un’altra donna giovane e bella e mostrando il suo interesse a sposarla: Medea si tormenta dal dolore e prepara la sua vendetta fingendo una riconciliazione: tesse il vestito di nozze per la nuova moglie intriso dei più mortali veleni, la poveretta morirà appena indossato tra le più strazianti grida. La vendetta di Medea non si arresta, lacerata dall’odio uccide anche i propri figli, come discendenza e sangue di Giasone, baciandoli prima più volte.

L’uccisione dell’innocente è il fatto di cronaca più impressionante nella nostra civiltà, specialmente quando a commetterlo sono le stesse madri: il caso si riempie di psicologi e psichiatri in cerca del seme della follia che ha fatto nascere la malattia mentale, a sua volta interpretata come causa, movente e attenuante.

La Sindrome di Medea viene menzionata solamente in relazione al dramma dell’uccisione dei figli.

Jacobs (1988) invece metaforizza l’uccisione, definendo come “Complesso di Medea” il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali: così l’uccisione diventa simbolica e ciò che si mira a sopprimere non è più il figlio stesso ma il legame che ha con il padre.

L’abuso emotivo nei confronti dei figli inizia quando, durante una separazione conflittuale, gli ex coniugi coinvolgono i propri figli in una “gara di lealtà” (Byrne, 1989) forzandoli a scegliere il genitore preferito, a parteggiare, a formare una nuova famiglia chiusa con uno solo dei genitori; nei soggetti di età compresa tra i 9 e i 12 anni questo fenomeno è stato definito “allineamento del minore con un genitore” (Wallerstein e Kelly, 1980): subdolamente i genitori trattano come confidenti i figli costringendoli ad una innaturale scelta, con la finalità di escludere l’ex coniuge dalla loro vita.

Le madri sono genitori “alienanti” molto più frequentemente di quanto lo siano i padri (Gardner, 1988), terminologia ripresa dalla PAS (Parental Alienation Syndrome), la Sindrome di alienazione genitoriale (Buzzi 1997, Gullotta 1998), ovvero indottrinanti e afflitte da odio patologico ai danni dell’altro, prese in una campagna denigratoria non sostenuta da elementi realistici. Naturalmente è fondamentale il ruolo svolto anche da tutti coloro, familiari e non, che si schierano dalla parte del genitore alienante (Gardner, 1985).

Purtroppo l’esposizione ripetuta ad abusi in età evolutiva in questo senso, può determinare la comparsa di alcuni meccanismi di difesa propri della patologia borderline, per esempio l’onnipotenza, la svalutazione e la dissociazione (Burgess, 1987), oppure altri effetti a lungo e breve termine riscontrati sui figli, come aggressività, egocentrismo, futuro carattere manipolatorio, comportamenti autodistruttivi, falso sè, disturbi alimentari, depressione e scarso rendimento scolastico (Gullotta, 1998).

Le madri Medea sono afflitte da gelosia patologica e, nel trattare la gelosia come un sentimento, non si può non sottolineare il carattere intenso e la sua progressiva intensificazione, oppure considerla anche come una passione (visto che deriva dal greco “patire”, pathêin), in quanto il geloso non agisce, ma subisce (van Sommers, 1993), o più precisamente prima di agire subisce.

Evidentemente l’attore principale di questa nuova tragedia moderna è la forza del fantasma della perdita, che risiede in ogni individuo e nel proprio vissuto di mancanza; così se il partner sentimentale è il rappresentante simbolico dell’Altro, e se è il riconoscimento da parte dell’Altro (quindi del partner) che caratterizza il soggetto e lo rende unico, è inevitabile che in una situazione di promiscuità del partner il fantasma della perdita si ripresenti puntuale, mantenendo il soggetto sotto costante minaccia di annientamento, riversabile facilmente prima verso il partner, poi verso il suo simbolo: i figli.

E se la gelosia è comunemente considerata il sale della vita, l’unico interrogativo che rimane quando questo sale ha una pressione tale da far scoppiare la saliera, è quello di riuscire a trovare il modo di ri-contenerlo nella maniera più efficente e salvifica.

“La gelosia nasce sempre con l’amore, ma non sempre muore con lui.” (Francois de La Rochefoucauld )

“A mio parere, studiando i disturbi più gravi potremo illuminare anche ciò che rimane oscuro nella spiegazione dei disturbi più leggeri.” (S. Freud)

 

Bibliografia

American Psychiatric Association (1994) DSM-IV- Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, 4th ed.
Medea (431 a.C.), di Euripide
Münchausen Syndrome by Proxy, (1982), Meadow SR., Archives of Disease in Childhood, 57.
La gelosia un approccio a più livelli, Francesco Albanese.
Le famiglie maltrattanti, (1989), Cirillo S., Di Blasio P., Milano, Cortina.
La sindrome di alienazione genitoriale, Buzzi I. (1997).
La sindrome di alienazione genitoriale (PAS): psicopatologia e abuso dell’affidamento nelle separazioni, Mario Andrea Salluzzo
Le famiglie maltrattanti, (1989), Cirillo S., Di Blasio P., Milano, Cortina
Medea (431 a.C.), di Euripide
Münchausen Syndrome by Proxy, (1982), Meadow SR., Archives of Disease in Childhood, 57.
Separazione, divorzio e affidamento dei figli, Giuffré, Milano, II Ed., pp 177-188.
Otello e la mela. Roma, D’Urso, V. (1995). La Nuova Italia Scientifica

 

http://www.glipsicologi.info/wordpress/la-sindrome-di-medea.html

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