Ancora una volta la donna italiana identificata con uno stereotipo. Sempre e solo quello. Perché fa simpatia, perché fa tanto “politically correct”… perché… perché… e via con i soliti luoghi comuni secondo i quali “la mamma è sempre la mamma” (pure se trattasi della peggiore persona possibile).
Eppure ci sono tante altre Donne che soffrono – nuove compagne o seconde mogli (talvolta madri di figli di secondo letto) che, ogni giorno, condividono con il loro uomo le angherie ed i ricatti cui costui è quotidianamente sottoposto; nonne e zie alle quali, da un giorno all’altro, è stata crudelmente tolta la possibilità di vedere i propri adorati nipoti; sorelle di padri separati che hanno “toccato con mano” lo strazio e il dolore dei loro cari; figlie ormai grandi, resesi conto di essere state private ingiustamente dell’affetto paterno – quanto e persino più delle “madri single” (che, bisogna pur dirlo, single a volte lo diventano per loro espressa volontà in quanto la maggior parte delle separazioni vengono oggi chieste dalle donne), peraltro iper tutelate dalla giustizia italiana, sempre favorevole “a prescindere” nonostante una legge – la 54/2006 – abbia cercato di ristabilire l’importanza della bi-genitorialità nell’interesse del minore. E nonostante la legge sul divorzio parli di “coniuge debole” senza specificarne il sesso!
Bi-genitorialità cosa significa?
Significa che se è vero che un figlio si fa in due e che quindi i doveri sono da dividere in due, forse sarebbe il caso che anche le donne entrassero nell’ordine di idee che anche i diritti sono da dividere in due. Invece per la ex moglie (o ex compagna) e madre italiana “tipo” vale solo il detto: “Quel che è mio è mio e quel che è tuo è pure mio. E magari diventa mio anche quello che costruisci dopo la separazione con una nuova compagna, e se mi va arraffo anche il frutto dei sacrifici dei tuoi genitori”. Donne che piangono, si lamentano, strillano, salvo poi, di fronte alla “incredibile” (eh sì: perché talvolta accade!) disponibilità dei loro ex mariti a sobbarcarsi l’onere (e l’onore) di accudire ai figli – e sottolineo il fatto di avere usato il verbo accudire (il che include non solo l’apporto di denaro; ma anche di tempo, cure e attenzioni) – si ritraggono inorridite come se qualcuno avesse tentato di privarle di un qualche “diritto divino”, e questo nella migliore delle ipotesi. Perché nella peggiore delle ipotesi bisognerebbe pensare male e cioè che esse non abbiano alcuna intenzione di rinunciare agli innumerevoli benefici di cui le madri “single” godono grazie alla incredibile indulgenza di “certa” magistratura e “certa” politica. Ovvero, il lusso di potersi permettere di non lavorare (a differenza di tutte le altre donne); di usufruire di un esproprio legalizzato (sì è giusto definirlo proprio così: esproprio) della casa coniugale i cui obblighi però rimangono in carico all’ex marito (mutuo, pagamento tassa ICI ora IMU, spese, etc); di vedersi recapitare ogni mese un assegno di mantenimento per i figli (peraltro abolito dalla legge 54/2006) sul cui corretto utilizzo non è possibile sindacare (cioè: se una madre usa per sé i soldi destinati ai figli, va bene così) anche nel caso in cui i figli stiano, di fatto, con il padre (!); di ricevere persino l’assegno alimentare (= vitalizio ignobile, nel terzo millennio, visto che non si fa differenza tra un matrimonio durato 10 mesi ed uno durato 10 anni!) nel caso in cui la ex signora non trovi un lavoro “degno della sua intelligenza” (sic!) o “alla sua altezza” (ma di quale altezza parliamo? Di “Altezza Reale”? In tempi di crisi come questo, perdonatemi, la battuta viene spontanea!) salvo poi assistere ad una grande diffusione del lavoro in nero (peccato però che né i tribunali né gli ispettorati del lavoro, quando vengono presentate le relative denunce, si muovano a verificare il reale stato reddituale e patrimoniale di queste madri single, a differenza di quanto invece fanno, con estrema solerzia, nel caso opposto, ovvero quando la denuncia ha per oggetto di verifica il reddito dei padri separati, alla faccia della parità e del femminismo). E i tanti benefits dove li mettiamo? Al genitore “prevalente” (invenzione fantasiosa dei tribunali italiani poiché nella legge sull’affido condiviso non c’è niente del genere, nemmeno l’assegno di mantenimento, sostituito dal mantenimento diretto) spettano: agevolazioni fiscali, agevolazioni scolastiche, sostegno all’affitto, assegni familiari, detassazioni, misure di sostegno al reddito etc.
Insomma due pesi e due misure a seconda se sei madre o padre.
Vista la breve durata dei matrimoni, oltretutto, viene oggi anche da domandarsi se molte donne non abbiano troppa fretta di sposarsi per scongiurare l’epiteto di “zitella” (sì, sì anche nel 2012!), magari per sfuggire ad una opprimente famiglia di origine o ancora, per lasciare l’odioso paesino natale. L’obbiettivo primario, e da donna mi spiace doverlo denunciare apertamente, oggigiorno non è più quello di un buon matrimonio, bensì di un buon divorzio. La madre single “cattiva”, una volta separata, infatti è lasciata libera di compiere le azioni più riprovevoli ed indegne, peraltro portate avanti nel più totale dispregio di un tanto strombazzato (a parole) affetto filiale, che poi altro non è che una vile strumentalizzazione della prole intesa come “proprietà esclusiva del genitore madre” (il padre infatti viene ritenuto un genitore inferiore, “inetto per natura” – ? – e di conseguenza tout court cancellato; l’unica funzione che gli viene graziosamente concessa è quella di fare da bancomat) e, di fatto, può tranquillamente abusare della sua posizione dominante per infliggere torture psicologiche di ogni genere all’ex marito e alla di lui famiglia (vecchia e nuova).
Vince, su tutto, il ricatto economico per mantenere dei figli che, nella migliore delle ipotesi, saranno viziati all’inverosimile e resteranno dei bamboccioni fino a 50 anni.
Ora molti sono dichiaratamente solidali verso le mamme “single”. Nessuno nega che ci siano moltissime brave madri lasciate sole, senza aiuti, a reggere l’intero peso di una famiglia. E che pure ci siano degli ex mariti e padri “menefreghisti”.
Ma esistono tanti bravi padri che per i figli ci sono. Eppure, quando si parla di padri separati, l’atteggiamento prevalente è quello di una malcelata derisione accompagnata da qualche battutina arguta condita da una serie di grossolani luoghi comuni e giudizi tranchant.
La legge – 54/2006 – sull’affido condiviso reale (e non solo sulla carta, come è stato stravolto dalla prassi dei tribunali) voleva appunto correggere tutto questo. Intendeva sfilare l’arma del ricatto (i figli) dalle grinfie delle mamme “vampire” e, nello stesso tempo, responsabilizzare i padri “menefreghisti”. Così il marcio sarebbe venuto tutto a galla: le madri che usano i figli solo per strumentalizzarli economicamente e i padri che se ne fregano. Invece no. E’ stato lasciato tutto come prima. Forse per far sì che gli operatori del diritto e tutti gli altri soggetti che intorno a loro agiscono (o più spesso: non agiscono) potessero continuare a gestire indisturbatamente un business molto appetitoso.
Gli assegni di mantenimento stabiliti dai tribunali sono (per lo più) sproporzionati se rapportati alla maggioranza degli stipendi medi (e sono proprio questi mantenimenti assurdi che costringono un padre o ad andare a vivere sotto i ponti o a trasformarsi, suo malgrado, in un emerito “…bip” se solo cerca di sopravvivere), noncuranti della crisi e della illogicità della “conservazione del tenore di vita” (in un mondo diventato drammaticamente precario in ogni sua espressione, in primis nell’ambito lavorativo, ma di quale tenore di vita ad libitum si va cianciando?!). Per non parlare del danno spaventoso arrecato ai tanti, tantissimi bambini resi orfani di un genitore vivo o peggio, in caso di ordinaria conflittualità tra ex coniugi (quindi non per problemi gravi come: abusi, droga, prostituzione, etc.) spediti frettolosamente e ottusamente nella solita casa famiglia e lì, magari, dimenticati per anni. Per colpa di chi? Io qualche idea l’avrei.
Il vero colpevole, in tutta questa situazione di “guerra” tra ex mogli ed ex mariti e di “falsa tutela del minore”, bisogna dirlo senza pudore, è lo Stato “truffaldino e incapace” che non ha mai saputo (o voluto?) mettere in piedi un welfare di reale sostegno alla famiglia (il che significherebbe: asili gratis, scuole a tempo pieno, incentivi ai datori di lavoro per assumere donne, congedi parentali obbligatori per entrambi i genitori, vera tutela del posto di lavoro in caso di maternità, servizi pediatrici calmierati, etc.) costringendo, di fatto, le donne a ri-diventare, loro malgrado, tutte “balie e vivandiere”… rinunciando alla carriera… quindi compensando la loro frustrazione di persone lavorativamente non realizzate con l’illusione di essere protette dal braccio armato di una giustizia-massacratrice-di-padri. Lo Stato “truffaldino e incapace” così, ha astutamente ribaltato un costo sociale – che avrebbe dovuto essere a carico del pubblico (visto che tutti noi abbiamo pagato e tuttora paghiamo una montagna di tasse in base alle quali avremmo diritto ad altrettanti servizi efficienti e socialmente diffusi) – addosso al privato cittadino (e sai che novità?).
D’altronde è diventata assai celebre la ignobile frase pronunciata da una importante funzionaria ministeriale durante un’intervista televisiva (mandata in onda da Report) la quale, interrogata su quale fosse il reale sostegno offerto dal “paese Italia” alle famiglie, è stata capace di rispondere così “Ehhh… meno male che esistono i nonni”. Davvero, meglio non commentare per non scadere nel turpiloquio! E sono parole dette da una funzionaria di sesso femminile!
Le madri single “di ritorno”, a mio modesto parere di donna che ha sempre combattuto per lavorare (ho incontrato le stesse, medesime difficoltà di tutte le altre) e che si è sempre guadagnata di che vivere pensando scioccamente di dover essere economicamente indipendente prima di mettere al mondo un figlio, dovrebbero piantarla di perseguitare materialmente e moralmente gli ex mariti / ex compagni “liberandosi una volta per tutte” di questa truffa morale nella quale però, ahimè, troppo spesso sguazzano felici facendo (talvolta) le finte vittime. E diventeranno delle donne con la “D” maiuscola (e madri rispettabili) quando tutte scenderanno in piazza ad esigere da questo Stato un welfare finalmente degno di un paese civile, dimostrando di essere diventate sul serio donne emancipate, pronte a dare oltre che a prendere, e capaci di vera e sincera parità. A queste donne dico: basta piangersi sempre addosso, contente di ricevere sempre “il fico in bocca”, però!
Movimento Femminile per la Parità Genitoriale
www.donnecontro.info
Fonte: http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=37489&catid=235&Itemid=487&contentid=37489&mese=01&anno=2012