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Ma non si può far divorziare i nipotini dai nonni – di F. Camon

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Il governo inglese sta lavorando a una revisione del diritto di famiglia, al fine di permettere ai nonni di continuare a vedere i nipotini anche dopo che i genitori si sono separati. Trovo la cosa giusta da ogni punto di vista, sociale, psicologico, pedagogico, e anche giuridico: perdere il diritto di vedere i nipoti è una punizione nella vita dei nonni, e non si capisce quale “colpa” la giustifichi.

È un trauma immotivato e immeritato. Dire, come fa qualche magistrato italiano, che è meglio non tener presenti i nonni nelle cause di separazione, perché altrimenti si complica enormemente il lavoro della giustizia, significa considerare gli uomini al servizio della giustizia e non viceversa. I nonni non hanno con i nipotini una relazione superficiale e transitoria, ma profonda e definitiva: spesso, molto spesso, quasi sempre, i nonni vivono “in funzione” dei nipotini.

Il lettore si domanderà perché dico “nipotini” e non “nipoti”: perché purtroppo la separazione dei genitori avviene sempre più presto; succede che due si sposano, fanno un paio di figli e subito si separano, come se ciascuno non potesse più sopportare l’altro. Che a capire come l’altro sia insopportabile ognuno dei due arrivi solo dopo essersi sposato e aver fatto dei figli, è un grande errore che peserà sul resto della vita. I nonni, nella stragrande maggioranza dei casi, non ne sanno niente. Vedono arrivare la separazione come una fatalità, non possono farci nulla.

E i figli lo stesso: padre e madre si separano, la vita dei figli riparte da zero, le relazioni fondanti vanno reimpostate. Operazione difficilissima. Non di rado impossibile. Qualcosa cambia per sempre dentro i bambini. Una delle due figure genitoriali diventa più potente e più presente, l’altra perde presenza e influenza. In un certo senso, il divorzio dei genitori diventa anche un divorzio dei figli dai genitori, o dal genitore che sarà meno presente. E diventa anche un divorzio dei nipotini dai nonni, in questo senso: i nonni non sono contemplati nelle cause di divorzio; esiste un diritto dei nipoti a vedere i nonni, ma non esiste un diritto dei nonni a vedere i nipoti. Questo diritto non è vietato, nel senso che il giudice può inserirlo; ma non è automatico, la legge non lo impone. Una situazione che il premier britannico ha definito nei giorni scorsi “folle”, e che vuol cancellare.

In Italia resiste. Cosa succede ai nonni che perdono i nipotini?

Succede che si svuota la loro vita, in un certo senso si anticipa la loro morte. La morte è un distacco, e la perdita dei nipotini è il distacco per eccellenza. La vita dei nonni che perdono i nipoti diventa una vita abbandonata, si lasciano andare. Colto o incolto, ricco o povero, ogni essere umano sente il figlio come una propria rinascita, una garanzia contro la morte; il nipote arriva come una garanzia per tutta la stirpe, e infatti quando nasce si cerca subito di capire a chi somiglia, chi rinasce in lui, il padre? il nonno? e quale nonno? Nei coniugi che si separano scatta spesso l’avversione, oltre che di uno verso l’altro, anche verso la stirpe dell’altro. Si combatte contro l’ex-coniuge e contro i suoi genitori. I figli diventano un’arma di combattimento. Con quell’arma puoi sconfiggere il nemico e tutta la sua razza, farli piombare nella disperazione o nella follia. Il capo del governo inglese ha capito che questa situazione è da pazzi, e vuol metterci fine.

Bene, in Italia ci sono ogni anno 25 mila nonni che perdono i nipotini, si vedono esclusi dalla loro vita. È la stessa identica “follia”. Anche in Italia urge un rimedio.

 

Ferdinando Camon

Fonte: avvenire.it

 

Una figlia chiede come aiutare il papà ed il fratellino

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Ho 23 anni e un fratello minorenne. Da tempo vivo autonomamente per motivi in parte legati ai miei studi, in parte dovuti alla situazione famigliare divenuta, già da diversi anni, per me insostenibile.
Dopo anni di litigi e incomprensioni, da alcuni mesi i miei genitori hanno finalmente deciso di separarsi. Purtroppo, vivendo lontano da casa e tornandoci non troppo spesso, mi sono trovata quasi “travolta dagli eventi” poiché solo a giochi ormai fatti mio padre ha deciso di spiegarmi esattamente come sta la situazione (io sapevo ovviamente della separazione, ma non avevo idea di alcune decisioni che verrò elencandovi qui di seguito).
Le cose stanno così:
– mia madre, già da diversi anni, si è innamorata di un altro uomo ed ha iniziato a frequentarlo inizialmente tenendolo nascosto a mio padre. Per questo motivo, mio padre, una volta venuto al corrente dei fatti, ha deciso e insistito per la separazione (cosa di cui mia madre inizialmente non voleva nemmeno sentir parlare).
– fra un mese mio padre lascerà quindi casa per sistemarsi in una piccolo appartamento in affitto, da solo.
– mio fratello, minore, a quanto mi dice mio padre, sarà quasi certamente affidato a mia madre, alla quale rimarrà anche la casa. (entrambi i miei genitori lavorano; mia madre guadagna poco meno di mio padre)

I dubbi che ho sono questi: mia madre ora è intenzionata a portare nella casa in cui rimarrà (e in cui rimarrà anche mio fratello) il suo nuovo fidanzato. Quello che mi chiedo è: lei può fare una cosa del genere? Non sarebbe più sensato lasciare la casa (e magari anche la tutela di mio fratello) a mio padre, che è da sempre stato l’unico ad occuparsi attivamente di noi figli? (mentre mia madre spesso la si vedeva in casa giusto la sera tardi, dopo che aveva passato la serata col suo fidanzato). C’è insomma qualcosa che io possa fare per non lasciare mio fratello in casa con mia madre e questo nuovo signore? La legge cosa dice a proposito?

In tutto questo ribadisco che -a parer mio- mia madre non sarebbe assolutamente la persona giusta a cui affidare mio fratello e, d’altra parte, mio padre non avrebbe nemmeno il posto necessario per sistemarlo, nella nuova abitazione in affitto in cui andrà a stare (c’è solamente una camera). Per questo vorrei sapere se c’è un modo per far sì che la casa e la tutela di mio fratello vengano lasciati a mio padre e che debba essere mia madre ad andarsene da casa (lei potrebbe benissimo andare ad abitare col suo nuovo fidanzato, che al momento vive da solo, mentre mio padre non ha nessuno e, come detto precedentemente, sarebbe costretto a trovare una nuova sistemazione in affitto)

 

Fonte: http://lnx.papaseparati.org/psitalia/forum/index.php?topic=2521.0;topicseen

La pedo-calunnia: una forma emergente di criminalità

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Nei procedimenti di separazione l’80% delle donne picchiate sono false (fonte: PM Carmen Pugliese) ed il 92% delle denunce per abuso su minori sono infondate (fonte: Società Italiana di Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza 2010, casisistica Università di Modena).

Ovviamente si tratta di calunnie.

Ma la magistratura nella quasi totalità dei casi preferisce considerarle false accuse, ritenendo impossibile dimostrare la loro intenzionalità e lasciandole quindi impunite.

Le conseguenze sui bambini sono devastanti.

I neuropsichiatri hanno verificato che coinvolgere un bambino in falsi abusi ha spesso gli stessi effetti di un abuso reale.

Inoltre i bambini vengono allontanati del genitori falsamente accusato e lasciati in balia del genitore pedo-criminale, che cerca di approfittare del tempo guadagnato per plagiarli fino a far loro odiare il genitore assente. Questa forma di abuso sull’infanzia, detta alienazione genitoriale, spesso porta a sviluppare devianze psicopatiche ed altri disturbi che rimangono anche nell’età adulta.

Occorre quindi riconoscere che siamo in presenza di una nuova forma di pedo-criminalità che ha ormai raggiunto proporzioni abnormi, ed iniziare a combatterla applicando i rilevanti gli articoli del codice penale a carico di chi tenta pedo-calunnie e dei loro complici (avvocati, periti di parte, in molti casi abusologi e/o femministe):

  • Art. 368 Calunnia. Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorita’ giudiziaria o ad altra Autorita’ che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, e’ punito con la reclusione da due a sei anni. 
La pena e’ aumentata se s’incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un’altra pena piu’ grave. 
La reclusione e’ da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; e’ da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo; e si applica la pena dell’ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte (1). 
(1) La pena di morte e’ stata soppressa e sostituita con l’ergastolo.
  • Art. 111 Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile. Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile, ovvero non punibile a cagione di una conduzione o qualita’ personale, risponde del reato da questa commesso, e la pena e’ aumentata. Se si tratta di delitti per i quali e’ previsto l’arresto in flagranza, la pena e’ aumentata da un terzo alla meta’ (1). Se chi ha determinato altri a commettere il reato ne e’ il genitore esercente la potesta’, la pena e’ aumentata fino alla meta’ o, se si tratta di delitti per i quali e’ previsto l’arresto in flagranza, da un terzo a due terzi (2).
  • Art. 372 Falsa testimonianza. Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorita’ giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte cio’ che sa intorno ai fatti sui quali e’ interrogato, e’ punito con la reclusione da due a sei anni (1) . 
(1) Articolo cosi’ modificato dall’art. 11, comma 2, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
  • Art. 367. Simulazione di reato. Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorita’ giudiziaria o ad altra Autorita’ che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, e’ punito con la reclusione da uno a tre anni.
  • Art. 374 Frode processuale. Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d’ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, e’ punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da sei mesi a tre anni. 
La stessa disposizione si applica se il fatto e’ commesso nel corso di un procedimento penale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilita’ e’ esclusa, se si tratta di reato per cui non si puo’ procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non e’ stata presentata.
  • Art. 374 bis False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorita’ giudiziaria. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati o atti destinati a essere prodotti all’autorita’ giudiziaria condizioni, qualita’ personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere o da instaurare, relativi all’imputato, al condannato o alla persona sottoposta a procedimento di prevenzione. 
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto e’ commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria (1).
(1)Articolo aggiunto dall’art. 11, comma 3, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. 

Art. 375 Circostanze aggravanti 
Nei casi previsti dagli articoli 371 bis, 372, 373 e 374, la pena e’ della reclusione da tre a otto anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; e’ della reclusione da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; ed e’ della reclusione da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo(1) . 
(1)Articolo cosi’ sostituito dall’art. 11, comma 4, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
  • Art. 643 Circonvenzione di persone incapaci. Chiunque, per procurare a se’ o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermita’ o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, e’ punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire quattrocentomila a quattro milioni.
  • Art. 416 Associazione per delinquere. Quando tre o piu’ persone si associano allo scopo di commettere piu’ delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per cio’ solo, con la reclusione da tre a sette anni. Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena e’ della reclusione da uno a cinque anni. I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori. Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie si applica la reclusione da cinque a quindici anni. La pena e’ aumentata se il numero degli associati e’ di dieci o piu’.
  • Art. 572. Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorita’, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni. 
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.
  • Art. 81. Concorso formale. Reato continuato. E’ punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione piu’ grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette piu’ violazioni della medesima disposizione di legge. 
Alla stessa pena soggiace chi con piu’ azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi piu’ violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge. 
Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non puo’ essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti. 
Articolo cosi’ sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.