GROSSETO. Non era vero, come invece sostenuto dall’avvocato nella richiesta di rinvio indirizzata alla Procura, che la donna sua assistita «era impedita a partecipare all’interrogatorio perché il suo convivente la trattiene in casa esercitando pressioni psicologiche e violenze fisiche». Quelle parole sono costate una condanna per calunnia all’avvocato Giovanni D’Amato: 10 mesi e 20 giorni (pena sospesa) più 25 mila euro per la parte civile, cioè il convivente della donna, e 8 mila per le spese.
L’avvocato può adesso impugnare la sentenza del gup Mezzaluna, depositata l’altro giorno (il processo è dell’11 febbraio), e rivolgersi ai giudici di appello. Una sentenza pronunciata al termine di un procedimento svoltosi con il rito abbreviato, cioè allo stato degli atti, con lo sconto di un terzo sulla pena. Un procedimento al termine del quale la difesa aveva sottolineato la mancanza del dolo: D’Amato era in perfetta buona fede, secondo la difesa, quando aveva creduto all’ipotesi del sequestro di persona ritenuto commesso da Fabio Ottanelli (la parte civile risarcita) nei confronti di Alessandro Mazzarelli; ed era stato lui stesso a chiedere l’intervento della polizia, depositando l’istanza di differimento dell’interrogatorio agli agenti della sezione di polizia giudiziaria della polizia di stato della Procura. Se avesse saputo che tutto era inventato, perché allertarla? Ma il giudice non ha ritenuto credibile la versione difensiva su quanto avvenuto il 9 giugno 2009. Anche perché la polizia, allarmata (l’ipotesi di procurato allarme è stata risolta con un’oblazione), era corsa a casa della Mazzarelli che pure avrebbe avuto un rapporto sentimentale tormentato con Ottanelli. Ma, nota il dottor Mezzaluna, gli agenti avevano visto la donna che stava raggiungendo un bar dove già era giunto l’avvocato. Allora non era sequestrata. La polizia aveva voluto vederci chiaro, in relazione alla asserite conversazioni telefoniche tra avvocato e assistita. E così aveva ricostruito il traffico telefonico e di sms, anche con lo studio legale. «Un primo dato cero è che nessun contatto telefonico diretto era intervenuto tra la pretesa sequestrata a il suo legale che ha denunciato l’episodio criminoso che, a suo dire, avrenne impedito alla donna di essere presente all’interrogatorio», scrive il giudice. Inoltre, la Mazzarelli «ha negato di aver mai detto di essere stata sequestrata», anche quando telefonò allo studio, e non parlò con il proprio legale quel giorno. Non è credibile secondo Mezzaluna che D’Amato non avesse compreso il significato lessicale e giuridico di quanto scritto. La donna avrebbe solo voluto un rinvio dell’interrogatorio: ed è stata assolta da entrambe le imputazioni.
Fonte: http://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca/2011/05/05/news/non-ci-fu-sequestro-di-persona-1.2465091