Nazismo ed uso strumentale delle donne

Nel totalitarismo hitleriano fondamentale fu il ruolo delle organizzazioni femminili nazionali e locali che proliferarono anche all’interno dello stesso Partito Nazista. Le donne lavoravano sul territorio, ma soprattutto nelle famiglie e sui bambini per creare e diffondere il pregiudizio ed il pensiero della selezione razziale.

Le prime a seguirmi sono le donne, in genere, poi i figli e poi, quando ho conquistato tutta la famiglia, arrivano i padri“. –Adolf Hitler

Hitler si limitava a farci capire ciò che voleva: stava poi a noi tradurlo in politica. Il nostro compito, che abbiamo svolto egregiamente, era quello di infondere gli ideali nazional socialisti nella vita di tutte le donne, fin nei villaggi più sperduti. ” — Gertrud Scholtz-Klink, responsabile del Frauenministerium Ministero delle Donne del Terzo Reich – (intervista del 1981).

 


(servizio rai2, 10/2010)

 

(La repressione dei padri in Uk)

 

Non c’è pedofilia, ma un giovane ha la vita rovinata.

E la storia di uno scherzo che è diventato negli occhi della gente che vede i pedofili “uscire dalle fottute parenti” un atto di orgia pedopornografica con finale truculento da film snuff.

Evan Emory, il nome del “pedofilo” [virgolette necessarie], aveva cantato con la chitarra, una canzone verso un pubblico di bambini della prima elementare filmando la cosa, nel Michigan.
Questo ventenne, volendo fare il simpaticone, decise di fare un video dove cantava un testo totalmente diverso con contenuti totalmente diversi, adatti ad un pubblico adulto, pubblicandolo su youtube.

La cosa però ha preso una piega totalmente imprevista! Un mese e mezzo fà, Evan Emory, fu fermato con l’accusa di produzione di materiale pedopornografico! Si, avete capito bene, un video stupido e diventato pedopornografico di botto! Incredibile vero ? Ma c’è di più!

Il ragazzo è stato pure condannato in seguito ad un patteggiamento (bravo scemo!) a 60 giorni di prigione 200 ore di servizi sociali, due anni di libertà vigilata e il divieto assoluto di avvicinarsi e/o stare in contatto con ragazzi di età inferiore ai 17 anni!

Ragazzi, per un video stupido ha avuto una restrizione pari ad un recidivo stupratore di fanciulli indifesi! Questo è pazzia ? No! Questa è la pedo pazzia!

I genitori delle “vittime” [virgolette necessarie] hanno commentato tale sentenza. Ovviamente direte: “Sicuramente avranno detto che la pena simile è esagerata”…seeee in una dimensione parallela alla Doctor Who! Vi quoto cosa hanno detto queste persone, stando alla fonte della notizia ovviamente:

qualsiasi reato che coinvolga i minori su internet dovrebbe comportare la pena di morte

Insomma il cervello è stato lasciato in sospensione durante tale composizione, perchè chiedere la pena di morte per un video scemo è un eccesso mica da niente!
D’altro canto, il ragazzo condannato non è finito della gogna dei predatori sessuali, sarebbe stata la beffarda ciliegina sulla torta, per questa assurda vicenda, ma ormai tale ragazzo è rovinato per sempre! Ha compreso che molti pensano che lui sia un molestatore di bambini, nonostante che tra le lettere critiche, ha ricevuto pure della solidarietà da gente un pò meno paranoica quando si parla di pedofilia, almeno da quanto afferma l’ormai morto sociale Evan Emory.

Non posso dire abbastanza quanto mi dispiace, davvero non pensavo che potesse accadere tutto questo

Disse lui pentendosi del video fatto, certo in parte non è colpa sia, non poteva immaginare che al mondo esistevano persone che vedono la pedofilia ovunque, anche dove proprio non c’è….

I genitori secondo me volevano pure il diritto al linciaggio alla KKK Clan….

Fonte: Punto informatico all’inizio e alla fine

Se un giudice parla di femminazismo

Ogni giorno, da più parti, arrivano notizie allarmanti inerenti la discriminazione sessuale e il maltrattamento ai danni del cosiddetto “sesso debole”: le donne.

L’indignazione – anche quando non accompagnata dall’azione – è quasi sempre la risposta più immediata. Seguita da polemiche, recriminazioni, richiesta di giustizia e protezione. Tutto ciò è indubbiamente condivisibile e, al di fuori dei cori maschilisti, unanimamente sostenibile e sostenuto. Raramente ci si sofferma però sul fatto che esiste, anche in questo caso, il rovescio della medaglia.

In Spagna, Francisco Serrano Castro, un autorevole giudice che da anni opera nel diritto di famiglia della capitale andalusa, rompe a sorpresa il tabù sulla “Legge Organica di Protezione Integrale contro la Violenza di Genere” (approvata all’unanimità il 28 Diciembre del 2004 e che ora il Governo vorrebbe riformare) e porta alla luce una realtà controversa e sconosciuta alla maggioranza. “Tale legge” – dice – “stigmatizza migliaia di uomini ed è il prodotto della dittatura del femminismo radicale. O del femminazismo”.

Dati alla mano, Serrano si espone personalmente e getta una prima luce sul fatto che, ogni anno, migliaia di uomini vengono detenuti per il solo fatto di esserlo, in seguito a una falsa denuncia per maltrattamento o aggressione. Nessuna donna è stata invece finora arrestata per aver dichiarato il falso.

Addirittura, a partire dal 2007 il Governo ha smesso di divulgare (almeno in luoghi di facile accesso) cifre di uomini uccisi dalla propria compagna o ex. Continua però a pubblicare quelli riguardanti la violenza contro le donne.

Il registro delle assassinate si può infatti liberamente consultare nella web del Ministero dell’Uguaglianza.

Inoltre, Serrano sostiene che una parte rilevante dei 3.716 uomini suicidatisi nel 2006, hanno compiuto tale gesto come conseguenza del trauma derivante loro dalla discriminazione della Legge contro la Violenza di Genere. Una legge che, a suo avviso, ha condotto a un ingiusto totalitarismo all’interno del quale vengono messi sullo stesso piano i maltrattatori maschilisti e gli uomini – sovente buoni mariti, ottimi padri, buone persone – che sono arrivati a commettere un delitto o a compiere un errore nel corso di una lite con la propria compagna, sulla quale però non hanno mai esercitato una relazione di dominio.

Ciò ha provocato una situazione “vicina all’olocausto sociale” nella quale – dice – qualunque accusato viene marcato e stigmatizzato come maltrattatore. Ribadendo che migliaia di uomini vengono detenuti per falsa denuncia, mentre nessuna donna lo è finora stata pur avendo denunciato il falso,

Serrano va oltre e mette in guardia l’opinione pubblica sul fatto che la realtà non sempre è quella che ci viene presentata dai media. A tale proposito avverte che le donne con l’occhio tumefatto e il viso gonfio che salgono alla ribalta nelle foto delle cronache esistono, però rappresentano solo l’1% delle denunce.

Quelle che dovrebbero preoccuparci sono invece quelle che non compaiono nelle cronache e che rappresentano la quasi totalità: quelle che soffrono in silenzio una situazione di sfruttamento, violenza e terrore, però non hanno la forza e il coraggio di reagire e denunciare.

Il magistrato si spinge oltre e (lanciando un appello al dialogo al Governo e al Ministro dell’Uguaglianza) denuncia che si utilizzano dati frammentati e distorti e che, laddove si registrano e pubblicano le statistiche di donne vittime della violenza maschilista, sul versante opposto si “occultano”, non si registrano o non si dà visibilità ai dati inerenti uomini uccisi dalle proprie compagne o ex compagne. Nel solo 2009 sono deceduti in Spagna, in seguito ad aggressione da parte del proprio coniuge, 51 donne e 30 uomini; però quest’ultimo dato non è registrato ufficialmente, mentre il primo sì.

Secondo il magistrato la legge in vigore trasmette una visione altamente distorta della violenza. Serrano, definendosi “progressista”, riassume così la sua proposta: passare dalla “criminalizzazione” per via penale dei conflitti di coppia a una maggiore mediazione e conciliazione.

Oppure, modificare la redazione dell’articolo 1 della Legge: invece di dire che la violenza di genere è quella sofferta dalla donna come espressione delle relazioni di potere degli uomini (il che “implica che ogni relazione tra un uomo e una donna è disuguale e che questa sia inferiore per il solo fatto di esserlo”), la definisca piuttosto come la violenza che soffre la donna quando è espressione, etc., precisando in tal modo che è violenza maschilista solo quella che si produce in quei casi concreti in cui esista tale posizione di dominio e abuso all’interno della coppia.

All’interno di tale disputa, quella di Serrano non è l’unica voce autorevole in capitolo. Alla sua protesta si uniscono – tra le altre – quella della giudice di Barcellona Marìa Sanahuja e del Giudice di Violenza contro le donne di Jaèn, Miguel Sànchez Gasca.

Al di là di schieramenti di parte (etici, politici, morali, sessuali, di coscienza e quant’altro), ci asteniamo qui dal fare commenti e dall’auspicare condanne e assoluzioni. Ci limitiamo a dire che la giustizia, a volte, è ingiusta o quantomeno “cieca”. E che al di là del sesso e della latitudine, qualunque esempio chiaro di maltrattamento, disuguaglianza e dominio di potere rappresenta un abuso e un ingiustizia. E che dunque, solo per questo, va corretto e punito.

 

[Fonte http://www.minervariviste.com/esteri/280-se-un-giudice-parla-di-femminazismo – Sabrina Bedin]