Per chi ancora crede che il femminismo sia una ideologia non violenta
Category Archives: Violenza femminista
Donne che picchiano gli uomini
Le donne del Nord Europa sono le più manesche del Vecchio Continente. E se prendono a botte i propri uomini, preferiscono farlo a padellate. Una scena che sembrerebbe far parte dell’immaginario collettivo latino. Invece…In Inghilterra è stata pubblicata un’inchiesta, seguita da una statistica, in cui risulta che le donne maltrattano i loro compagni con la stessa frequenza e violenza usata dagli uomini nei loro confronti. A volte anche di più.
Il professor John Archer, psicologo presso l’Università del Central Lancashire, ha esaminato 34.000 casi di violenze fra le pareti domestiche, arrivando alla conclusione sopraccennata. Le donne sono infatti risultate molto crudeli nei confronti dei loro partner. La loro specialità è il lancio di oggetti. L’arma preferita: la padella. Padellate sulla testa, padellate in faccia: ma anche spintoni, schiaffoni, morsi… Nella categoria delle donne più brutali sono annoverate le mogli in carriera, le donne emancipate che lavorano, per cui, essendo anche finanziariamente indipendenti, non temono ripercussioni a livello economico in caso di divorzio.
Tre anni fa in Danimarca hanno fondato un centro di accoglienza per uomini malmenati. All’inizio ricevevano 150 telefonate all’anno:
ora ne ricevono circa 3000. Il fondatore del centro di accoglienza per uomini maltrattati (che ha sede a Copenhagen), Hans Seidel, di 48 anni, ha recentemente venduto la sua ditta, per potersi dedicare a tempo pieno al suo istituto. <<Ricordo ancora il mio primo cliente. Si trattava di un uomo con un lieve handicap fisico, per cui era anche meno forte di sua moglie. Un giorno venne da me con la testa sanguinante. Aveva osato criticare davanti ad alcuni amici un certo comportamento della sua compagna, la quale, una volta tornati a casa, gli aveva lanciato una pentola sulla testa. Il mese dopo lo abbiamo accolto di nuovo in uno stato penoso; questa volta gli erano state rotte delle dita>>. Ma il caso più eclatante è quello del danese Hans V. Jensen, che ha dichiarato, in un’intervista pubblicata da un noto quotidiano del suo Paese, di aver subito violenze per otto anni. Otto anni di ingiurie, graffi, calci, una forchetta ben piantata nella mano…
<<In realtà c’è poco da ridere>>, ha sottolineato Kresten Lidegaard, assistente sociale presso un altro centro che si occupa di assistere padri in difficoltà. <<In Danimarca il 40% dei matrimoni finisce con un divorzio. Sono le donne danesi che portano i pantaloni, a casa loro. E se si stufano del marito ci mettono poco a sbatterlo fuori casa, levandogli pure la possibilità di vedere i figli. Ecco perché gli uomini del nostro Paese sono molto tolleranti all’interno del loro matrimonio: per paura>>. E in Olanda, un altro Paese nordico patria dell’emancipazione femminile? Anche in Olanda gli uomini sono vittime ? <Menano, menano…: menano anche loro>>, ci ha risposto il nostro intervistato, un uomo di 40 anni, dirigente d’azienda. <Io ho appena divorziato da una strega. Mi ha portato via tutto. Appartamento, figlio, risparmi. Una sera tornavo a casa dal lavoro e “la mia dolce metà” mi stava aspettando dietro alla porta. Appena sono entrato mi ha dato una padellata sulla testa. Al pronto soccorso mi hanno ricucito per bene: 24 punti. L’ho denunciata per violenze>>.
di Maria Cristina Giongo
Fonte: http://www.mariacristinagiongo.nl/index_files/Page1967.htm
Affonda il Titanic femminista
Le femministe vogliono far credere che ai tempi del Titanic il patriarcato opprimeva le donne. Nella realtà, quando nel 1912 il Titanic affondò fra i ghiacci, gli uomini si sacrificarono al grido di “prima le donne ed i bambini”. Morirono più uomini e bambini che donne, morirono più uomini in 1a classe che donne in ultima classe:
I giornali celebrarono il grande gesto di cavalleria maschile:
1800 ARE LOST IN OCEAN . . . Report is That Most of Saved are Women And Children Indicating Chivalry On Part of Adult Male Passengers
Ma già allora, prima del femminismo, c’erano proto-odiatrici di uomini chiamate “suffragette” che tentarono di sminuire il gesto eroico come dovuto, disgustando tutti e venendo riprese dalla stampa:
As one of the suffragettes put the case, by natural law women and children should be saved first, the children because childhood is sacred, and the women because they are so necessary to the race that they cannot be spared. Another said: ‘It must be admitted that the lives of women are more useful to the race than the lives of men.”
(New York Times, April 19, 1912)
SUFFRAGETTES DENY CHIVALRY ON TITANIC
“Women first” Is the Universal Rule, says Sylvia Pankhurst, and This Is No Exception
SACRIFICE IS SCOFFED AT
Jangling Note Disgusts English Nation, Proud of the Way Men Died. (New York Times, April 20, 1912)
In base alla stupidaggine sessista-razzista delle suffragette (“sacrificarsi per le donne è dovuto perché sono necessarie alla razza”) le donne in menopausa avrebbero dovuto colare a picco. Invece gli uomini salvarono tutte le donne.
Solo il sig. J. Bruce Ismay rifiutò di cedere il posto ad una donna, si salvò, e venne additato come un mostro. Quando invece nel 1955 Rosa Parks, una donna nera, rifiutò di cedere il posto sul bus riservato ai bianchi, venne considerata come un’eroina dei diritti civili. Le discriminazioni basate sulla razza sono considerate ingiuste, quelle basate sul genere sono considerate giuste.
* * *
Questa strana morale si è concretizzata nel 2007, quando la nave Sea Diamond stava affondando nelle calde acque dell’Egeo. La signorina Strilchuck, vedendo uomini che indossavano giubbotti di salvataggio e dimenticando che le donne hanno conquistato la parità, pretese di averli per se ed i suoi amici. Al loro rifiuto li colpì a tradimento impossessandosi di due salvagenti (fonte).
In sostanza le femministe pretendono la parità, ma contemporaneamente pretendono anche i privilegi concessi alle donne dalla cavalleria maschile. Il ridicolo di questa ideologia venne colto dal poeta Clark Mc Adams già ai tempi del Titanic:
“Votes for women!”
Was the cry,
Reaching upward to the Sky.
Crashing glass
And flashing eye-
“Votes for Women!”
Was the cry.“Boats for women!”
Was the Cry.
When the brave
Were come to die.
When the end
Was drawing nigh-
“Boats for women!”
Was the cry.”
Avvocata di organizzazione femminista attacca papà
Ben Vonderheide è un papà che 8 anni fa venne falsamente accusato per levargli la figlia. Dopo aver vinto la sua battaglia legale, continua a combattere per salvare altri bambini dalle false accuse, esponendo con una telecamera il sistema corrotto.
Pochi giorni fa Ben era all’audizione del Senato per il rinnovo di una criticatissima legge femminista chiamata VAWA e degli associati 3.5 miliardi di dollari di fondi pubblici destinati a centri anti-violenza e altro.
Papà Ben voleva intervistare chi all’audizione sosteneva che la violenza sarebbe la prima causa di danni fisici per le donne fra i 15 ed i 44 anni (falso: nella realtà è solo il nono, il primo sono gli incidenti stradali).
All’uscita all’improvviso una signora lo ha assaltato, cercando di impedire di venire filmata, per poi allontanarsi dicendo di essere lei la vittima e rifiutando di dare il proprio nome.
Ben aveva però filmato tutta la scena, per cui la polizia ha potuto identificare la donna e, secondo quanto riportato su numerosi siti:
Il 5 dicembre 2011 L.R.J. è stata accusata e incriminata per aggressione contro BEN VONDERHEIDE (“Papà Giustizia”) fuori dall’audizione VAWA al Senato USA in Washington DC
Con grande sorpresa la donna è un personaggio pubblico, avvocata della più potente organizzazione femminista.
Il filmato dell’aggressione è pubblicamente disponibile su internet:
Fonti:
- http://vimeo.com/26559450
- http://www.saveservices.org/2011/12/now-lawyer-and-vawa-defender-lisalyn-r-jacobs-charged-with-assault/
- http://annmariewhaley.com/2011/12/05/lisalyn-r-jacobs-charged-arraigned-for-assaulting-daddy-justice-at-vawa-hearing-in-d-c-senate-building/
- http://www.avoiceformen.com/feminism/when-feminists-attack
- http://ncfm.org/2011/12/news/domestic-abuse-violence/vawa-odd-person-lisalyn-jacobs-attacks-unarmed-cameraman-in-the-halls-of-congress-run-for-your-lives/
Number of View :1389
La guerra femminista contro gli studenti
Le università americane stanno espellendo studenti maschi falsamente accusati, senza garantire loro nemmeno i normali diritti di difesa.
Studenti hanno subito procedimenti in cui aver espresso opinioni, quali criticare il femminismo o le discriminazioni “positive” come le quote rosa, viene considerato molestia sessuale, in aperta violazione del diritto alla libertà di parola (esempi sono citati in Students for Individual Liberty in Davis v. Monroe County Board of Educationi).
All’Università di Columbia, le “lettere d’amore” sono considerate molestie sessuali.
All’Università di Yale “l’innuendo sessuale non verbale, ad esempio l’inflessione della voce” è considerata molestia sessuale.
Le femministe hanno ora ottenuto che per la condanna non sono più necessarie prove “oltre ogni ragionevole dubbio”, ma solo la “preponderanza dell’evidenza”. Se cioè un giudice crede al 50,01% che uno studente accusato possa essere colpevole (ad esempio perché una femminista lo accusa senza prove), deve condannarlo.
Inoltre le scuole subiscono pressioni affinché venga eliminata la possibilità di contro-interrogare l’accusatrice, strumento che permette di scoprire alcune false accuse.
All’Università della California a Davis una femminista è stata arrestata per aver fabbricato 108 false accuse.
Gli studenti iniziano a difendersi: all’Università di Chattanooga uno studente preventivamente allontanato per via di una calunnia femminista chiede 1 milione di dollari di risarcimento per il danno subito.
L’Univeristà di George Washington ha espulso uno studente per via di una calunnia femminista, ignorando 3 testimoni oculari: lo studente ha chiesto 6 milioni di dollari di risarcimento.
Uno studente espulso dall’Università di Brown ancora per via di una calunnia femminista, ha denunciato l’Università, l’accusatrice, e suo padre (accusandolo di aver influenzato con ricche donazioni gli ufficiali del caso).
L’Università del North Dakota ha rifiutato di riammettere uno studente, espulso per una calunnia femminista, anche dopo che la magistratura aveva rinviato a giudizio la sua accusatrice per calunnia.
Il problema riguarda anche i professori: vari europei rinunciano ad insegnare in università americante, per via dell’opprimente clima femminista (non si può parlare liberamente; è imprudente fare esami con studentesse a porte chiuse…). Lubos Motl, professore dimessosi da Harvard per tornare in Europa, scrive: “nello scenario femminista estremo, il MIT sarà composto di due parti distinte, maschile e femminile. La parte maschile assomiglierà al MIT come lo conosciamo oggi; la parte femminile sarà principalmente composta di gente che sa poco di tecnologica e usa il MIT come fonte di soldi senza controlli e carità per assistenza ed asili”.
Il femminismo ha colpito anche al massimo livello: Larry Summers, rettore di Harvard (la più prestigiosa università americana) ha dovuto dimettersi per aver motivato il reclutamento sulla base del merito piuttosto che delle quote rosa, venendo sostituito da femministe che hanno imposto quote rosa.
* * *
Anche il Wall Street Journal del 20/8/2011 denuncia l’attacco contro gli studenti, di fatto sostenendo che le femministe falsificano le statistiche al fine di seminare odio contro gli uomini e imporre la presunzione di colpevolezza in modo che false accuse basate sul nulla possano distruggere la vita di studenti innocenti (il testo originale in inglese segue)
Office for Civil Rights new interpretation of Title IX “strongly discourages” universities from permitting the accused “to question or cross-examine the accuser” during the hearing. In addition, if universities provide an appeals process, it must be available to both parties—which subjects the accused to double jeopardy.
Most egregiously, OCR requires universities to render judgment using “a preponderance of the evidence” standard. This means that in a rape case, a campus disciplinary board of faculty, administrators and perhaps students serves as both judge and jury. Few if any of these judges are likely to have professional competence in fact-gathering, evidence analysis or judicial procedure. Yet to deliver a verdict of guilty, they need only believe that the accused is more likely than not to have committed the crime.
This is the lowest standard. It is much less demanding than “beyond a reasonable doubt,” which is used in the criminal justice system, and the intermediate standard of “clear and convincing proof.” Yale, Stanford and many other universities have rushed to comply with OCR’s directives.
On campus, where casual sex is celebrated and is frequently fueled by alcohol, the ambiguity that often attends sexual encounters is heightened and the risk of error in rape cases is increased. The consequences for a wrongly convicted student are devastating: Not only is he likely to be expelled, but he may well be barred from graduate or professional school and certain government agencies, suffer irreparable damage to his reputation, and still be exposed to criminal prosecution.
OCR directives reducing critical due process protections on campus carry forward the work of extensive university bureaucracies built to ensure compliance with Title IX. These bureaucracies churn out materials on sexual harassment and sexual violence to train students, faculty and administrators to behave and think properly and to prepare those who serve on disciplinary boards. The materials are likely to include dubious statistics about the incidence of sexual assault; vulgar generalizations that men are controlling, angry and deceitful; and assurances that women neither lie nor make errors in alleging that they have been sexually assaulted.
In short, universities are institutionalizing a presumption of guilt in sexual assault cases. This implements the doctrine developed in the 1980s and ’90s by postmodernists, radical feminists and critical legal studies scholars that inspired the ruinous campus speech codes. That doctrine teaches that the American political order is designed to oppress the weak; that racial minorities and women, whether they realize it or not, are victims; and that the truth, except for the first two propositions, is infinitely malleable.
These teachings—and the disdain for the rights of the accused and liberty of thought and discussion that they sustain—are animated by illiberal convictions shared by many faculty and administrators, as well as the Obama administration Department of Education. Notwithstanding their selective appeal to the relativity of truth to neutralize alternative views, they are convinced that in practice all the hard questions about right and wrong have been finally settled and that faculty and administrators are uniquely in possession of the correct answers. Such dogmatism and imperviousness to evidence are hallmarks of the authoritarian mind. […]
Articolo a firma di Peter Berkowitz, senior fellow at Stanford University’s Hoover Institution.
L’articolo si conclude chiedendo se ci saranno professori capaci di deunciare queste leggi illiberali. O se accadrà come in Italia quando il fascismo impose le leggi razziali.
Oggi che le questioni di genere e il pestaggio maschile che dura da due generazioni vengono usate per gli obiettivi più balordi, non è escluso il rischio del ripetersi di episodi criminali ispirati dalle stesse ragioni che mossero la mano omicida di Marc Lepine, lo studente 25enne che nel 1989 compì una strage presso il Politecnico che lo aveva rifiutato e che lasciò – chiarissimo – questo messaggio: “Notate che oggi mi suicidio non per motivi economici ma politici. Perché ho deciso di mandare le femministe, che hanno sempre rovinato la mia vita, al Creatore. Per 7 anni la vita non mi ha portato gioia e, essendo stato totalmente blasé, ho deciso di mettere una fine a quelle virago”.
Fonti:
http://townhall.com/columnists/mikeadams/2011/05/30/crying_rape/page/full/
http://washingtonexaminer.com/blogs/opinion-zone/2011/06/civil-libertarians-criticize-education-department-making-false-accusation
http://www.openmarket.org/2011/06/07/why-cross-examination-rights-matter-in-campus-sexual-harassment-cases-under-title-ix/
Number of View :1506Violenza maschile o violenza femminista?
Per farci credere che solo gli uomini sono violenti le femministe hanno usato… la violenza.
Le ricerche del prof. Richard Gelles lo portarono a concludere che donne e uomini sono violenti in egual maniera. Ricevette minacce di morte; le sue conferenze venivano interrotte da allarmi bomba.
Suzanne Steinmetz è una ricercatrice arrivata alle stesse conclusioni di Richard Gelles, che pubblicò nell’articolo “la sindrome del marito picchiato”. Oltre a minacce di morte ed allarmi bomba, contro lei ed i suoi bambini, le femministe scrissero al rettore della sua Università perché la licenziassero; scrissero alle agenzie del Governo perché le tagliassero i fondi di ricerca.
Quando anche il prof. Murray Straus arrivò alle stesse conclusioni, le femministe interruppero con grida ed urla la conferenza ove le stava presentando. Oltre a minacce di morte ed allarmi bomba, ricorsero a calunnie femministe, accusandolo di aver abusato di sua moglie.
Erin Pizzey racconta che le femministe minacciavano di morte lei, i suoi figli ed i suoi nipoti, le ammazzarono il cane. Venne espulsa dal partito femminista quando riferì alla polizia di aveva sentito voci di una bomba da mettere in un negozio di vestiti. Quando il team che la proteggeva dalle bombe le chiese di ricevere la posta tramite la loro sede centrale, rinunciò a vivere protetta dalla polizia e scelse l’esilio, trasferendosi in un altro continente. Perchè tanto odio? Aiutava donne vittime di violenza, ma senza il paraocchi dell’ideologia femminista: scrisse nel libro “Inclini alla violenza” le osservazioni derivanti dalla sua esperienza: sia le donne che gli uomini sono violenti, in egual misura.
Il saggista e scrittore Neil Lyndon osò scrivere questo sul Sunday Times e nel libro “basta guerra di genere: i fallimenti del femminismo”: oltre ad attacchi personali i suoi scritti furono usati per allontanarlo per anni dal figlio affidato alla madre, che solo da adolescente potè decidere di tornare da suo padre allontanandosi dalla madre alcolista.
Jesus Ayala è stato minacciato e perseguitato per aver denunciato che oramai i bambini vengono chiusi nei centri anti-violenza femministi senza che i Giudici possano controllare, che i nomi e gli indirizzi degli uomini accusati di violenza di genere vengono pubblicati sui giornali.
Lo psichiatra prof. Richard Gardner identificò la Alienazione Genitoriale classificandola come Sindrome, un disturbo in cui incorrono i bambini obbligati a crescere con un genitore che denigra ed odia l’altro. Per aver tentato di proteggere i bambini da questa forma di abuso, praticata soprattutto da madri separate, femministe hanno tentato di farlo passare come un pedofilo.
Pascaline Petroff, avvocatessa che si batte per il diritto dei bambini ad avere due genitori anche se separati, ha subito un tentativo di omicidio: due donne la hanno rapita a mano armata urlando slogan misandrici quali “gli uomini sono tutti delle me*de”, per poi lasciarla legata in un bosco innevato. L’avvocatessa riusciva a slegarsi prima di morire di freddo ed a far arrestare le due donne.
Urs Bleiker, presidente del Gruppo Antifemminista Svizzero, è stato colpito di striscio alla testa da un proiettile sparato da un fucile ad aria compressa. Nel 2010 organizzò il Primo Congresso Internazionale Anti-Femminista, che dovette essere spostato in località segreta e protetta dalla polizia.
Recentemente, in Italia un giornalista de l’Unità ha subito un tentativo di omicidio morale: è stato diffamato dandogli del pedofilo (con tanto di foto ed indrizzo di casa, evitiamo quindi di coinvolgerlo ulteriormente), per aver scritto un articolo nel quale difendeva un sociologo che ha denunciato il problema degli abusologi.
E la lista potrebbe continuare…
Fonti:
http://www.repubblica.it/esteri/2009/12/27/news/francia_vendetta_delle_donne_rapita_lavvocato_di_sos-papa_-1821434/
http://www.ncfm.org/chapters/la/gelles.html “La faccia nascosta della violenza domestica: le vittime maschili”
http://www.foxnews.com/story/0,2933,197550,00.html “Le femministe nascondono la verità sulla violenza domestica”
Number of View :2855Tentato omicidio del presidente del Gruppo Antifemminista Svizzero
Un colpo di fucile ad aria compressa alle 23:45 ha colpito di striscio alla testa Urs Bleiker, presidente del Gruppo Antifemminista Svizzero, che aveva già ricevuto minacce di morte ad opera di femministe.
“Se volevano intimidirmi si sono sbagliate” ha affermato Bleriker. Il 25 giugno il secondo meeting internazionale antifemminista si svolgerà regolarmente.
In passato donne e uomini che avevano tentato di smontare la calunnia di genere, mostrando che uomini e donne sono violenti in egual misura, avevano ricevuto minacce di morte.
Fonte: http://www.blick.ch/news/schweiz/anti-feminist-bleiker-von-paintball-am-kopf-getroffen-172501
Number of View :1087Thelma e Louise verso il suicidio femminista
20 anni fa un film con tutti gli stereotipi del femminismo: la sedicente abusata e la sedicente vittima di un marito violento uccidono un uomo per una parola di troppo, rapinano un negozio e vengono rapinate da un uomo (Brad Pitt), provocano un camionista che, sebbene minacciato con la pistola, risponde “fottetevi” alle loro follie femministe, e allora si vendicano facendo esplodere il camion. Fino all’unica via d’uscita possibile per impedire che la polizia arresti la folle violenza femminista mentre un intellettuale di sinistra cerca inutilmente di evitare loro la pena capitale facendole passare per vittime: il suicidio tenendosi mano nella mano, quasi come due lesbiche.
Secondo i giudici del T.A.R., il reato di stalking non può essere invocato in situazioni di conflittualità familiare. I due articoli del Corriere.
Denuncia per stalking la mamma «invadente»: il Tar gli dà torto
Secondo i giudici, la nuova legge non può essere usata per inserirsi in situazioni di conflittualità familiare
MILANO – E’ normale che un figlio ormai adulto senta come «invasive» le troppe interferenze dei genitori nella sua vita; ma uno studente dell’università di Pavia, per motivi molto gravi, è arrivato al punto da voler tagliare completamente i ponti con la propria madre, cambiando addirittura casa e numero di telefonino. E quando lei ha cercato di rintracciarlo, anche con l’aiuto di altre persone, lui l’ha denunciata per stalking. Il Questore di Pavia gli ha dato ragione e ha disposto un «ammonimento» per la madre; questa però ha fatto ricorso al Tar della Lombardia, che ha annullato l’ammonimento perché, spiegano i giudici amministrativi, il provvedimento previsto dalla nuova legge sullo stalking non può essere utilizzato come «strumento per ingerirsi in situazioni di pura conflittualità familiare, per quanto esasperata».
LA MAMMA INSISTENTE – Nella denuncia, il ragazzo ha scritto che la madre si appostava «presso l’Università degli Studi di Pavia», gli inviava molta «corrispondenza indesiderata» e lo chiamava in continuazione, anche perché preoccupata per la sua situazione economica. Questi comportamenti «sarebbero aumentati in considerazione della vendita di un immobile di proprietà» del giovane. Insomma, la mamma sarebbe stata tanto molesta da costringere il ragazzo «a cambiare le proprie abitudini di vita per non essere da lei rintracciato (ad esempio avrebbe dovuto cambiare due dimore, utenze cellulari, abbandonare vecchie amicizie e luoghi frequentati in passato)». Il giovane spiegava che il comportamento della madre gli aveva causato «un grave stato d’ansia e paura».
«NON C’E’ PERSECUZIONE» – Nelle motivazioni della sentenza con cui è stato annullato il decreto del Questore, il collegio presieduto dal giudice Stefano Celeste Cozzi chiarisce che manca il «carattere persecutorio» nel «comportamento ascritto alla madre», perché per configurare lo stalking è richiesto «un comportamento oggettivamente minaccioso o molesto, posto in essere con condotte reiterate, tale da porre il contendente in una posizione di ingiustificata predominanza». E per i giudici «non si vede come possa integrare il presupposto appena descritto il tentativo di una madre di venire a conoscenza del luogo in cui abbia la residenza il figlio (chiedendo informazioni presso conoscenti); l’invio di due email e due sms (tra l’altro, pare, non direttamente ma tramite l’intermediazione di un rappresentante della Curia)». E inoltre rientra nel contesto familiare «il carattere patrimoniale delle richieste (fondate o infondate che siano) avanzate da un genitore nei confronti del figlio, per quanto possano apparire bizzarre agli occhi di un estraneo».
Redazione online – corriere.it
17 maggio 2011
Il Tar ha annullato il provvedimento restrittivo deciso dal questore di Pavia
Taglia i ponti con la mamma omicida
e la denuncia per stalking: «bocciato»
Il caso dello studente di Vigevano: otto anni fa la donna aveva ucciso l’anziano padre per un’eredità
MILANO – Otto anni fa uccise suo padre per un’eredità contesa, investendolo con una macchina presa a noleggio e passando più volte sul suo corpo. La donna, Letizia Natale, scontò 6 anni, tra carcere e ospedale psichiatrico giudiziario, e poi, una volta uscita, avrebbe cominciato anche a tormentare suo figlio, studente universitario, sempre per motivi patrimoniali. Il giovane ha deciso di denunciarla per stalking e il Questore di Pavia è intervenuto con un ordine di ammonimento per lei, ma il Tar della Lombardia ha bocciato il provvedimento. I giudici del Tribunale amministrativo, a cui si è rivolta la donna, parlano infatti, nell’ordinanza con cui annullano il decreto della Questura, di «situazioni di pura conflittualità familiare».
Secondo i giudici, dunque, si tratta di «beghe» all’interno della famiglia per le quali non può essere utilizzato lo «strumento» dell’ammonimento, previsto dalla legge sullo stalking. L’ammonimento è una sorta di «cartellino giallo» che precede il «rosso», che è l’apertura di un’inchiesta penale. Secondo il Tar, questo strumento non può sostituire nemmeno eventuali misure contro la «pericolosità sociale» che possono riguardare persone, come Letizia Natale, che hanno commesso un «delitto assai grave».
La donna, all’epoca commercialista e in passato anche assessore provinciale a Pavia, nel maggio del 2003 a Vigevano, nel Pavese, a bordo di un’auto presa a noleggio, aveva investito il padre Augusto, pensionato di 72 anni, facendo anche retromarcia. Il movente, secondo l’accusa, stava in un’eredità lasciata da un parente e da lei contesa con il padre. Condannata a 10 anni, con il riconoscimento del vizio parziale di mente, ne scontò 6 ed uscì. Il figlio nei mesi scorsi ha denunciato alle forze dell’ordine che la madre si appostava davanti all’Università di Pavia per controllarlo, gli inviava molta «corrispondenza indesiderata» e lo chiamava in continuazione, tanto che era stato costretto a cambiare numeri di telefono e anche «ad abbandonare vecchie amicizie».
L’atteggiamento persecutorio nei suoi confronti, secondo il ragazzo, era aumentato quando lui aveva deciso di vendere una casa, tra l’altro di sua proprietà. E i comportamenti della madre gli avevano causato «un grave stato d’ansia e paura». Da qui la decisione del Questore di firmare l’ammonimento per stalking, annullato però dal Tar. Il collegio, presieduto dal giudice Stefano Celeste Cozzi, sostiene che manca il «carattere persecutorio» nel «comportamento ascritto alla madre». Per i giudici non può configurarsi lo stalking nel «tentativo di una madre di venire a conoscenza del luogo in cui abbia la residenza il figlio (chiedendo informazioni presso conoscenti)» e nell’«invio di due e-mail e due sms (tra l’altro, pare, non direttamente ma tramite l’intermediazione di un rappresentante della Curia)». Inoltre, rientra nel contesto familiare «il carattere patrimoniale delle richieste (fondate o infondate che siano) avanzate da un genitore nei confronti del figlio, per quanto possano apparire bizzarre agli occhi di un estraneo». (Igor Greganti/Ansa)
18 maggio 2011
[Fonte corriere.it]
Femministe profanano chiesa. 4 arresti.
Un gruppo di femministe e transessuali si sono spogliate in una chiesa mimando atti lesbici ed urlando slogan anti-cattolici. È accaduto all’Universidad Complutense de Madrid. Gli articoli 524 e 525 del codice penale prevedono fino a 6 anni di carcere, ma il cappellano non ha presentato denuncia.
Il fatto ricorda l’episodio di vandalismo contro una chiesa compiuto da femministe l’8 marzo 2000.
Fonte: http://www.elpais.com/articulo/sociedad/Profanacion/Somosaguas/elpepisoc/20110317elpepisoc_2/Tes
http://www.elpais.com/articulo/madrid/Denuncia/misa/castigo/elpepisoc/20110315elpmad_9/Tes
Number of View :999Violenza femminista: assaltata caserma dei Carabinieri
5/3/2011: un sit-in di attiviste dei centri sociali e collettivi femministi è degenerato in assalto contro la caserma dei Carabinieri di Roma al Quadraro: bombe carta, petardi, uova. Bottiglie incendiarie e tanica di benzina rinvenute nella casa della persona arrestata dall’Arma come responsabile. Hanno urlato slogan non soltanto contro i militari, ma anche contro il sindaco di Roma. (fonti: il Corriere; il Tempo).
Il motivo di tanta violenza? Una donna, arrestata per furto, sostiene di essere stata stuprata nella caserma dai Carabinieri. Sebbene non le siano stati riscontrati segni di violenza, e non abbia detto nulla al Giudice che per primo la ha sentita.
Ciò accade nel giorno in cui i Carabinieri hanno scoperto la verità su di un altro stupro. Una spagnola aveva denunciato piangente: «Mi hanno puntato un coltello alla gola e trascinata dietro una macchina. Mentre uno mi teneva ferma, l’altro abusava di me. Parlavano italiano, di questo sono sicura. Uno dei due mi sembra fosse di colore. Adesso voglio solo lasciare l’Italia, andarmene da qui». Dovrà invece rimanere per essere processata per simulazione di reato. Si è accertato che la studentessa aveva invece deciso di prostituirsi come gioco erotico, ma le si era rotto un preservativo, e quindi per ottenere assistenza medica gratis aveva finto uno stupro. Senza questi sviluppi, in base alla legge femminista dell’inversione dell’onere della prova, due uomini innocenti avrebbero potuto subire una condanna sulla base della sola parola della accusatrice, che così avrebbe risparmiato 10€ di cure mediche a costo della vita di due innocenti.
Ciò accade dopo che, secondo la legge femminista del “denuncia e ti sarà dato”, l’Italia ha concesso il permesso di soggiorno ad una prostituta nigeriana in quanto accusò l’ispettore capo di Polizia Vittorio Addesso di averla violentata. Dopo due anni la sua innocenza è stata riconosciuta con formula piena, ma il suo nome viene ancora vilmente infangato e diffamato su siti femministi “il boia (che tentò di stuprare) è stato assolto”.
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