Come costruire un «mostro». Non è poi così difficile. Basta il racconto fantasioso di un adolescente, un paio di particolari «agghiaccianti», una dotta e spesso costosa consulenza ad hoc dell’esperto di turno e il gioco è (quasi) fatto. In altre occasioni, il bilancio della falsa «caccia al pedofilo» è stato tragico: i finiti in galera e anche catene di suicidi. Potrebbe essere accaduto qualcosa del genere – ma l’inchiesta non è ancora conclusa – nella scuola media «Edmondo De Amicis» di Luserna San Giovanni, descritta da cinque famiglie di ex studenti come il teatro di presunte violenze da parte di uno, o alcuni, professori, ai danni dei minori. Poi c’è il ruolo di un ente privato, L’HanselGretel di Moncalieri, presieduto dal dottor Claudio Foti, che ha fatto da supporto e guida nel labirinto delle indagini giudiziarie, affidate dalla procura di Pinerolo alla sezione minori della mobile.
Primo elemento: la storia «di un bambino sacrificato e sgozzato» su una pietra tombale del cimitero di Barge. Però, quando ai testimoni vengono chiesti qualche particolare in più, le «vittime» non ricordano niente. Non sanno il nome del bambino sgozzato e poco di più sugli autori del sacrificio umano. Secondo: in un primo tempo, i ragazzini si erano dilungati a rivelare i particolari di messe nere, avvenute nei dintorni del Santuario di Monte Bruno, a Garzigliana. C’è un’altra vistosa crepa. Raccontano che uno di loro «aveva registrato con una telecamera le immagini di sesso avvenute nel cimitero e le avrebbe poi riversate in un sito web». Le indagini della polizia postale di Torino non hanno però dato alcun esito. Non potevano mancare i professori-orchi che tentano approcci di natura sessuale sugli allievi, proprio nella luminosa biblioteca della scuola o che addirittura se li portano a casa per completare l’opera. Gli investigatori della Mobile hanno affrontato e approfondito ogni aspetto: ci sono stati sopralluoghi e interrogatori, ma di indizi veri, nessuna traccia. Quando gli inquirenti hanno provato a vederci un po’ più chiaro, dei cinque minori che compaiono negli atti giudiziari, almeno quattro hanno fatto dietro front. Solo un nucleo famigliare è rimasto a difendere con ostinazione l’horror-racconto del figlio. Tutelati dallo studio legale Coffari, di Firenze, dicono seccati di «non avere nulla da dire, ci siamo affidati alle istituzioni, aspettiamo i risultati».
C’è un precedente: nell’aprile scorso, la stessa famiglia di Luserna aveva fatto arrestare Gianfranco Cantù, 52 anni, ex professore di ginnastica della «De Amicis». Il 21 dicembre 2005, durante l’ora di ginnastica, l’insegnante senza farsi accorgere dagli altri ragazzi e dal collega con il quale condivide l’ora di lezione, avrebbe adescato il ragazzino con la scusa di mostrargli una rivista ografica. Lì ci sarebbe stato il presunto episodio di violenza. Il professore negò disperatamente, ma fu tenuto in cella per tre mesi e poi liberato. Adesso attende il processo.
I genitori si rivolsero, anche in questo caso, all’onnipresente centro HanselGretel, che tra l’altro si avvale di finanziamenti pubblici, compresa la Regione Piemonte. La sede è in corso Roma 8 a Moncalieri, al terzo piano di un condominio. Gli inquirenti, allora, non avevano avuto dubbi sulla veridicità della denuncia dello studente, nel frattempo trasferito in una scuola di Pinerolo. Oggi, cominciano a filtrare le prime perplessità. Anche perchè la seconda ondata di denunce, quelle delle messe nere e del sesso praticato nei cimiteri, segue solo di poco la prima. Il preside della «De Amicis», Marco Armand Hugon, di fronte agli scenari descritti con dovizia di particolari dai suoi ex alunni, cade letteralmente dalle nuvole: «Episodi in biblioteca? Ma non scherziamo. L’anno scorso era accaduto quel fatto grave e cercammo di valutarlo con la massima obiettività possibile. Ma adesso rischiamo di finire nel grottesco. Nessuno è mai venuto a raccontarmi nulla. Questa è una scuola normalissima, dove l’atmosfera è serena, molto serena. Qualcuno, alla fine, dovrà rispondere di queste false accuse». Ma anche il pm Vito Destito sta seguendo con la massima attenzione ogni passo dell’indagine. Le persone che hanno fatto nomi e cognomi dei «mostri», dovranno dimostrare di avere raccontato la verità; in caso contrario rischiano pesanti conseguenze. Alcuni si difendono: «Non siamo stati noi a decidere di firmare le denunce. Ci siamo ritrovati coinvolti. Stanno strumentalizzando la vicenda, non riusciamo a capire il perchè».
[Fonte: articolo a firma ANTONIO GIAIMO e MASSIMO NUMA];
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