Posted by Stefy on 1 settembre 2010 under Archivio, Primo Piano | Comments are off for this article
Ci scusiamo con Franco Porzio. In buona fede avevamo ripreso lo scoop delle denunce di sua moglie, che ci erano apparse credibili e non uno dei tanti casi di false accuse.
Franco Porzio e le false accuse. Lo scoop del campione violento si sgonfia
Un bel pò di galera per i moderni delatori-calunniatori, e il buon senso prevarrebbe.
Cialis class=”alignleft size-full wp-image-86″ title=”porzioa” src=”https://www.centriantiviolenza.eu/falseaccuse/wp-content/uploads/2010/09/porzioa.jpg” alt=”” width=”294″ height=”205″ />Se qualcuno non aveva ancora ben chiaro dove le false accuse di un coniuge possano arrivare, adesso lo sa. E lo sa anche Francesco Porzio, ex campione di pallanuoto, reduce da un paio di notti in gattabuia per le accuse, prive di fondamento, di maltrattamenti in famiglia mosse dalla moglie.
Era tutto falso, e il giudice per le Indagini preliminari non ha convalidato l’arresto operato dalla PG per mancanza delle condizioni che lo avrebbero legittimato. Il GIP, inoltre, ha rigettato la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal Pubblico Ministero e ha disposto l’immediata scarcerazione del campione olimpico, imponedogli soltanto il divieto di recarsi nell’abitazione coniugale per comprensibili ragioni di opportunità. Quelle di essere accusato falsamente una seconda volta.
Scosso, soprattutto addolorato per quanto successo. è adesso Francesco ha telefonato al suo avvocato Alfonso Furgiuele. «Mi ha ribadito che è molto turbato per quanto è successo – riferisce il suo difensore – per lui la moglie, i figli sono dei valori grandissimi. È scosso, molto, ed ora desidera solo trascorrere qualche giorno in tranquillità». Con la moglie – che ha presentato contro di lui una denuncia – non è arrabbiato, «è deluso, sicuramente, non vuole vederla».
.«Stento a credere che Franco possa aver fatto ciò di cui lo si accusa. Non è mai stato un marito violento ed è sempre stato un padre esemplare». Lo dice Veronica Tufano, prima moglie di Francesco Porzio che è stato arrestato con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. Ad accusarlo la sua seconda moglie che, alla polizia, ha raccontato una storia dove la fantasia e il desiderio di rivalsa, covato da tempo, ha varcato i confini del buon senso. E così la donna ha riferito di essere stata spesso vittima di violenze da parte dell’ex pallanuotista campione olimpico. Le dichiarazioni di Veronica Tufano sono state rese note attraverso il legale di Porzio, l’avvocato Alfonso Furgiuele. «Se Chiara (la figlia avuta dal primo matrimonio, ndr) è cresciuta in maniera splendida ed è diventata una ragazza di cui entrambi siamo fieri, il merito è anche del padre – continua la prima moglie di Porzio – Nonostante il divorzio, i nostri rapporti sono eccellenti e tuttora ci sentiamo più volte durante la settimana per parlare di nostra figlia e del suo futuro». E l’ex campione del Posillipo e della Nazionale incassa anche la vicinanza del suocero che oggi ha inviato una lettera ai familiari di Porzio esprimendo «solidarietà nei confronti del genero augurandosi, nel contempo, che la vicenda possa risolversi al più presto nel migliore dei modi nell’interesse soprattutto dei figli». In pratica, il saggio genitore sta dicendo alla vittima delle false accuse, in codice, di non denunciare la figlia per calunnia.
Insomma, sembre un copione già visto in migliaia di casi in Italia, ma se per l’ex olimpico è stata fatta subito chiarezza, grazie ad un raro impegno investigativo (per questo tipo di denunce), diverse centinaia di uomini (e qualche donna) sono ancora oggi alla ricerca di una giustizia che, se non arriva entro i primi 3-4 giorni, non arriva più. Mesi, anni di procedimenti giudiziari, e c’è chi si è fatto anche un anno di galera.
Sotto accusa la sostanziale impunità di chi commette il reato di calunnia, in special modo se l’autore è di sesso femminile: pare che goda di immediata è incrollabile credibilità. Quasi una sentenza anticipata.
Se in Italia fosse certa la detenzione per questo reato (ad esempio aumentando la pena in caso di calunnie da parte dell’ex coniuge o convivente), scommettiamo che le false accuse calerebbero come d’incanto ?
Un bel pò di galera per i moderni delatori-calunniatori, e il buon senso prevarrebbe.
Posted by Stefy on 20 agosto 2010 under Archivio, Primo Piano | Comments are off for this article
Molti credono che il femminismo, nonostante il nome, rivendichi equità fra donne ed uomini. Altri credevano che il nazismo rivendicasse equità per i tedeschi, e che i progetti di distruzione che Hitler aveva esposto nel Mein Kampf fossero solo provocazioni. Dietro la difesa dei giusti diritti di donne e tedeschi, si nasconde ben altro. Questo il Mein Kampf del femminismo:
«La famiglia nucleare dev’essere distrutta… qualunque sia il significato finale, lo sfascio delle famiglie è adesso un processo obiettivamente rivoluzionario». Linda Gordon
«Dal momento che il matrimonio costituisce una schiavitù per le donne, è chiaro che il Movimento delle Donne debba concentrarsi per attaccare questa istituzione. La libertà per le donne non potrà essere acquisita finché il matrimonio non verrà abolito». Sheila Cronan
«Affinché i bambini vengano cresciuti con parità, dobbiamo portarli via dalle famiglie e crescerli in comuni appositi». Mary Jo Bane.
«La cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa possa fare ad uno dei suoi bambini più piccoli è ucciderlo». Margaret Sanger, in “Donne la nuova razza”, pag. 67.
«Non si dovrebbe permettere a nessuna donna di stare a casa ed accudire i suoi bambini. Le donne non devono avere questa possibilità, perché altrimenti troppe donne la sceglierebbero». Simone de Beauvoir
«Essere una casalinga è una professione illegittima. La scelta di servire ed essere protetta, e di pianificare una vita familiare è una scelta che non dovrebbe esistere. Il cuore del femminismo radicale è di cambiare tutto ciò». Vivian Gornick.
«Non possiamo distruggere le iniquità fra gli uomini e le donne finché non distruggeremo il matrimonio». Robin Morgan (Sisterhood Is Powerful).
«Sotto il patriarcato ogni donna è una vittima, del passato, del presente e del futuro. Sotto il patriarcato, la figlia di ogni donna è una vittima, del passato, del presente e del futuro. Sotto il patriarcato il figlio di ogni donna è il suo potenziale traditore e anche l’inevitabile stupratore o violentatore di un’altra donna». Andrea Dworkin
«Il matrimonio è da sempre esistito per il beneficio degli uomini; ed è stato un metodo legalmente sanzionato per controllare le donne… Dobbiamo distruggerlo. La fine dell’istituzione del matrimonio è una condizione necessaria per la liberazione delle donne. È per noi quindi importante incoraggiare le donne a lasciare i loro mariti e non vivere da sole con gli uomini… Tutta la storia dovrà essere riscritta in termini di oppressione delle donne» dalla “Dichiarazione di Femminismo”.
«Qualsiasi rapporto sessuale, anche il sesso consensuale all’interno del matrimonio, è un atto di violenza perpetrato contro una donna». Catherine MacKinnon
* * *
Tante donne e uomini hanno denunciato il pericolo femminista:
«L’unica cosa di cui un bambino ha davvero bisogno, i suoi genitori assieme sotto lo stesso tetto, viene minata dall’ideologia che dice di difendere i diritti delle donne». Erin Pizzey, fondatrice dei centri anti-violenza.
«A voler ignorare sistematicamente la violenza ed il potere delle donne, a proclamarle sempre oppresse e quindi innocenti, si dipinge una umanità divisa in due che non corrisponde alla verità». Élisabeth Badinter
«Il femminismo americano è il movimento neo-Marxista più influente in America, se non il più estremo. Ha demolito la famiglia americana così come il drugstore comunismo demolì l’economia russa, e la maggior parte del danno è irreversibile». Ruth Wisse, professoressa ad Harvard.
Sir Winston Churchill, l’uomo che, non creduto, denunciò il pericolo nazista fin dalla sua nascita, disse anche: «Il movimento delle suffragette è solo la punta dell’iceberg… Significherà la distruzione della struttura sociale». Solo quando l’Inghilterra rimase sola di fronte ad un Europa sotto il nazi-fascismo, Churchill poté iniziare a combatterlo: «non ho altro da offrirvi che sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi un cimitero dei più penosi. Abbiamo di fronte a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza. Se chiedete quale sia la nostra politica risponderò: di muover guerra, per terra, mare e aria, con tutto il nostro potere e con tutta la forza che Dio ci dà, di muover guerra contro una mostruosa tirannia, mai superata nell’oscuro deplorevole elenco dei delitti umani».
Oggi, la fondatrice dei centri anti-violenza, dopo aver denunciato come le femministe li hanno trasformati in centri di odio misandrici, ci rivolge questo appello:
«Nuove leggi devono riconoscere che la famiglia tradizionale, con la mamma ed il papà che vivono sotto lo stesso tetto con i loro figli, offre ai bambini la migliore possibilità di diventare adulti sani, amorevoli e rispettosi della legge. Quelle donne che amano i loro mariti, i loro partner, i loro figli devono unirsi al movimento degli uomini nel combattere le leggi anti-uomini. Questa è la nostra ultima possibilità di correggere un male atroce. Milioni di uomini ed i loro bambini hanno sofferto nelle mani di questo malvagio movimento femminista. È arrivato il momento per uomini e donne di dire NO AL FEMMINISMO». Erin Pizzey.
Posted by Stefy on 7 agosto 2010 under Archivio, Primo Piano | Comments are off for this article
Fa discutere all’interno del Pdl la scelta compiuta da taluni esponenti di area liberale di seguire il presidente della Camera nella sua manovra di allontanamento da Silvio Berlusconi.
Personalmente, pur essendo stato tra i radicali che all’epoca della nascita della Rosa nel Pugno preferirono seguire Benedetto Della Vedova verso il centrodestra, dando vita ai Riformatori Liberali, fin dal momento della nascita del Pdl non ho ritenuto di aderire al partito del predellino, vista la deriva sempre più conservatore ed illiberale che il movimento andava assumendo nei contenutine e in virtù della struttura assolutamente ademocratica che, tra un applauso ed un inno, si andava mettendo in piedi.
Contestualmente ho assistito alla silente ed acritica adesione di taluni dei liberali del centrodestra, restandone non poco perplesso; ed oggi fa specie vedere quegli stessi esponenti cadere dal pero ed accorgersi – guarda un po’ – della assoluta mancanza di spazi per il confronto e la dialettica all’interno di quel movimento.
E ciò a tacere del fatto che proprio quegli stessi esponenti hanno sovente in passato dato vita ad associazioni politico culturali in cui l’autoreferenzialità, la mancanza di regole e la incontendibilità dei ruoli era la regola e non certo una spiacevole eccezione.
Ma tant’è: la speciale propensione della molecola liberale nel dividersi in atomi fa sì che ad oggi, all’interno della pattuglia liberale che aveva inizialmente aderito alla Casa delle Libertà, siano presenti almeno tre posizioni. La prima, quella dei finiani, autorevolmente rappresentati da Benedetto Della Vedova, la seconda, rimasta fedele al Presidente del Consiglio e per la verità ormai orfana di esponenti di spicco, ed una terza composta da coloro che avevano già precedentemente preso le distanze dal Pdl, proprio per la presenza sempre più marcata – come si è detto sopra – all’interno del Popolo della Libertà, di meccanismi autoreferenziali e conservatori che dal centro tendevano a riproporsi in periferia secondo uno schema immutato.
Ma sarebbe sbagliato liquidare la faccenda affibbiando le tre etichette di “finiani”, “berlusconiani” e “terzisti” a seconda della posizione assunta così come sarebbe un errore dare vita ad una contrapposizione che non farebbe che produrre l’effetto di continuare a rimandare la stagione delle riforme liberali che il Paese attende da decenni. Ed allora, piuttosto che concentrarsi sulle etichette, occorrerà guardare ai contenuti, alla sostanza ed alla forma delle scelte del partito che verrà.
Sarà partito vero, con ampi spazi di democrazia interna e contendibilità di tutte le posizioni? Sarà un movimento di stampo liberale o piuttosto conservatore e bolscevico (nel senso espresso da Filippo Facci su Libero di ieri)? E, stando al terreno che più ci interessa, saprà esprimere posizioni realmente riformatrici in materia di giustizia? Ecco, Fini e i suoi – ma anche Berlusconi, beninteso – sono attesi, programma elettorale alla mano, alla prova dei fatti.
Come rammentava giorni fa il direttore di Giustizia Giusta, Gianluca Perricone, il programma elettorale su cui Fini, Bocchino, Granata, ecc. ecc. hanno ricevuto il mandato degli elettori parlava, tra le altre cose, di riforma della legge sulle intercettazioni. Quella è andata a finire come sappiamo, amen. Ma in quel programma where can i buy prescription drugs without a prescription si prospetta anche, tanto per dirne un’altra, la revisione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Ecco, facciamo, di questa, la cartina di tornasole su cui misura
re il rispetto che Fini ed i suoi vorranno mostrare a chi li ha eletti. Tanto più saranno credibili quanto più vorranno onorare il contratto elettorale e, al tempo stesso, dar vita ad un partito che metta proprio la volontà degli iscritti e degli elettori al centro dell’azione. Non resta che attendere e tirare le somme.
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Di Massimo Pandolfi. Nel 2002 il maestro di una scuola elementare nel centro di Milano venne arrestato con l’accusa di aver violentato due alunni di 8 anni nei bagni durante l’orario scolastico. Ha trascorso in carcere 247 giorni, si è ammalato, ovviamente è stato sputtanato, sarebbe buy prescription drugs online without prescription morto dalla vergogna. Nel 2005 l’uomo è stato assolto con formula piena ‘perchè il fatto non sussiste’, sentenza confermata in Appello nel 2009. Ora, luglio 2010, il maestro ha ottenuto come equa riparazione per 247 giorni di arresti, un indennizzo di 158mila euro, praticamente 640 euro al giorno. L’Avvocatura dello Stato ha impugnato il risarcimento sostenendo che 158mila euro sono troppi.
Di fronte a questa triste storia, faccio alcune considerazioni:
1) Ma non si vergogna l’Avvocatura dello Stato a impugnare quel provvedimento?
2) Lavoro da una vita nel mondo dei giornali: a volte ci chiedono barcate di soldi per due righe un po’ cattive pubblicate a pagina 25. E a un povero cristo a cui hanno rovinato 8 anni di vita si fanno tante storie per 158mila euro?
3) Il pm che fece incarcerare il maestro, gli avrà almeno chiesto scusa?
4) Sempre sul pm che ha preso un granchio grande come una casa: non sarà che avrà fatto pure carriera? Mi auguro proprio di no
Posted by Stefy on 25 luglio 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article
A Vercelli li avevano già definiti dei mostri che violentano bambini, ma di mostruoso c’erano soltanto le modalità con cui un padre e un figlio, accusati di aver abusato sessualmente di tre nipotine, erano stati già condannati prima ancora della sentenza.
Ancora il sistema servizi sociali-case famiglia, ancora loro, con la partecipazione attiva della procura e del tribunale minorile. A Vercelli li avevano già definiti dei mostri che violentano bambini, ma di mostruoso c’erano soltanto le modalità con cui un padre e un figlio, accusati di aver abusato sessualmente di tre nipotine, erano stati già condannati prima ancora della sentenza. Un anno di carcere, uno di domiciliari, più il danno esistenziale che in sei anni di processo può stroncare qualunque uomo. In più, come se fosse secondario, i genitori delle nipotine privati della patria potestà.
Mai una sentenza di assoluzione come questa si è materializzata con casuale tempismo, proprio adesso che ancora non si è spenta la polemica scaturita dalla parziale bocciatura della Corte Costituzionale sulle nuove norme relative ai reati sessuali e sullo stalking.
In fondo, è un messaggio involontario indirizzato a chi, come il ministro Carfagna, si è scagliato contro la pronuncia della Consulta.
«Sono innocente. Non sapete che cosa state facendo». Questo gridava Gianluca, neanche trent’anni e una condanna pesante a spezzargli la vita. Era Cialis Online il maggio del 2008. Era svenuto e un’ambulanza lo aveva portato lontano dal Tribunale. Oggi Gianluca è un uomo che piange e che ride insieme. Che guarda negli occhi il padre oggi 62enne, Giuseppe: insieme avevano diviso la condanna, a 8 anni, insieme dividono l’assoluzione. La Corte d’appello di Torino, dopo tre ore di camera di consiglio, ha stabilito che il fatto non sussiste. Non hanno toccato le tre bambine neppure con un dito.
In questi sette anni, da quando la nipote più grande, appena adolescente, ha detto all’assistente domiciliare che la seguiva nei compiti «Il nonno fa sempre lo stupidino e mi alza la gonna», è successo di tutto. I servizi sociali si sono scatenati con i loro metodi discutibili e le tre sorelle sono state affidate ad una comunità, mentre ai genitori è stata sospesa la patria potestà. Inaffidabili e poco protettivi, secondo il Tribunale dei minori, perché parevano non credere alle bambine, perché le lasciavano frequentare la casa, dove vive la famiglia di Giuseppe e di Gianluca.
«La mia nipote più grande – dice adesso Gianluca – oggi ha vent’anni. Ero un bambino quando è nata, siamo cresciuti insieme. Quando lei ha detto quelle cose su di noi, non ci volevo credere. Ho pensato che fosse stata istigata, che qualcuno gliele avesse suggerite». «Quelle cose» sono racconti di violenze ripetute, per quasi quattro anni, dal 2000 al 2003, nella casa dei nonni, quando le bambine hanno 10, 8 e 5 anni. Prima è soltanto una ragazzina a parlare, poi si aggiunge la seconda sorella, poi la terza. Le tre sorelle vengono ascoltate con un’audizione protetta, sottoposte a perizie per stabilire la loro capacità di capire i fatti e di raccontarli, per stabilire se in qualche modo siano state suggestionate. Una perizia fisica però dice che la violenza non c’è. «Sono sempre state fantasiose, si sono condizionate l’un l’altra», hanno cercato di dire i genitori.
Giuseppe e Gianluca vengono arrestati: «Sono venuti a prendermi nel supermercato dove lavoravo – racconta Gianluca -. Cinque minuti prima ridevo con i miei colleghi, cinque minuti dopo avevo le manette». Restano un anno in carcere, un anno agli arresti domiciliari. Tornano in libertà durante il processo di primo grado, che prosegue per tre anni e per quaranta udienze, davanti al Tribunale di Vercelli. Quando i giudici si ritirano una prima volta in camera di consiglio, ne escono chiedendo nuovi accertamenti. La seconda volta, invece, è con una sentenza di condanna: più lieve rispetto alle richieste del pubblico ministero, Antonella Barbera, che voleva una pena di 13 anni.
I due difensori, Massimo Mussato e Metello Scaparone, presentano una memoria sterminata in appello: 160 pagine. Ricorre anche la procura di Vercelli, che chiede una pena più pesante degli otto anni stabiliti dal Tribunale. Questa volta le udienze sono tre, l’ultima con il verdetto che assolve: «Mi ha dato la forza papà. “Dai, che dobbiamo uscirne”, mi ha detto. Quando ho sentito quelle parole, “per non aver commesso il fatto”, sono scoppiato a piangere».
Oggi due delle sorelle, diventate maggiorenni, hanno lasciato la comunità. «C’è stata qualche timida telefonata, per riavvicinarsi alla famiglia – racconta Davide Balzaretti, il legale dei genitori -. Adesso chiediamo al Tribunale di revocare la sospensione della patria potestà. La terza ragazza, che ha 15 anni, deve tornare con la sua famiglia».
Proprio così: in questa vicenda c’è ancora qualcuno che sta ancora subendo, chiusa in una comunità. Il conto ? Sulla scorta della vicenda di Basiglio, è probabile che verranno promossi atti formali contro chi ha sbagliato. Nel frattempo, da un rapido conteggio, pare che la vicenda abbia fruttato, al sistema case-famiglia, circa 600.000 €, di sole rette.
Posted by Stefy on 20 luglio 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article
Campomarino. Una ragazza di Isernia si è rivolta ai carabinieri della cittadina raccontando di essere drugs without a prescription stata stuprata sulla spiaggia di Campomarino alcuni giorni fa, ma dalle indagini dei militari unitamente alle verifiche in ospedale è emerso che la giovane donna si era inventata tutto, probailmente a causa di alcuni problemi di natura psichica che l’hanno portata a immaginarsi un simile episodio.
I carabinieri infatti, ascoltata la sua versione, hanno subito attivato un accurato controllo dei luoghi della presunta violenza alla ricerca di eventuali tracce del presunto stupratore, ma sono subito risultate evidenti discordanze tra le dichiarazione della vittima ed i riscontri effettuati. E così ieri pomeriggio la donna messa di fronte all’evidenza ha ammesso che in un momento di particolare sconforto ha inventato la storia narrando una violenza di fatto mai accaduta. Ora dovrà rendere conto alla competente autorità Giudiziaria per “simulazione di reato”.
Posted by Stefy on 9 luglio 2010 under Archivio | Comments are off for this article
CLT – Pedofilia, Casonato: Pericolosa anche la dilagante psicosi
Roma, 27 mag (Velino) – “Un tempo si diceva che l’Italia fosse un paese di santi, eroi e navigatori. Adesso sembra che tutti quanti abbiano lasciato il posto ai pedofili”. Così Marco Casonato, docente di Psicologia dinamica all’università di Milano-Bicocca, commenta con il VELINO il dato dal quale risulta che il 96 per cento circa dei casi registrati ogni anno in Italia, relativi a denunce di minori che sostengono di aver subito una violenza sessuale, è falso. Un dato che rafforza l’allarme lanciato da tempo da psicanalisti e psicologi: attorno al drammatico fenomeno della pedofilia si sta scatenando una vera e propria psicosi altrettanto pericolosa. Casonato, che è stato tra gli organizzatori del convegno “Abusi, falsi abusi e scienze forensi” tenutosi nell’ateneo milanese dal 20 al 22 maggio, dichiara: “Dai dati diffusi dalla magistratura all’inaugurazione dell’anno giudiziario, si scopre che solo una bassissima percentuale di persone processate per abusi su minori viene condannata. Questo non perché vengano fatti pochi sforzi, ma perché è molto facile essere accusati ingiustamente. Basti pensare che in diversi asili, piscine o teatri per bambini non è più possibile scattare una foto, pena l’essere guardati con sospetto. I genitori alle recite dei propri figli proibiscono ad altri genitori di riprendere lo spettacolo con le telecamere per paura che tra loro si nasconda un pedofilo che diffonderà le immagini. Nonni e zii girano fuori da scuola con fogli in tasca nei quali è attestato per iscritto che sono parenti del bambino. Si è scatenata una psicosi, insomma, che è grave quanto la pedofilia stessa e che causa danni non certo inferiori”.
Casonato individua il periodo in cui è esplosa questa psicosi collettiva . “Dal 1993-94 è stato un crescendo – dichiara lo psicologo -. In Italia si è ripetuto quanto era accaduto negli anni Ottanta in America. Vicende simili a quelle di Rignano Flaminio e Brescia sono già successe negli Usa. Si può dire che il fenomeno ha investito un po’ tutti i paesi occidentali, chi prima e chi dopo, ma è successo dappertutto. In Italia, forse, ci abbiamo poi messo del nostro”. E cita il buying drugs online without prescription famoso caso di Gino Girolimoni, il “mostro” di Roma degli anni Venti, accusato ingiustamente di stupri e omicidi di bambine e poi scagionato. “Il povero Girolimoni fu prosciolto completamente da un tribunale dopo nove mesi – sottolinea Casonato -. Oggi, in Italia se si è fortunati il proscioglimento arriva dopo dieci anni. Se qualcuno è colpevole mi sta anche bene la durata della pena. Ma se si è innocenti, dieci anni della vita vengono distrutti”.
Qual è stata la causa scatenante del dilagare di questa paranoia? “Sarebbe bello se ci fosse un motivo ben individuabile –risponde Casonato -. È una sorta di ‘tempesta perfetta’ che ha bisogno di tanti elementi per erompere. Ne posso citare alcuni individuati da diversi studiosi internazionali. Ad esempio la fine della paura nei paesi occidentali del comunismo sovietico, del terrore della guerra atomica, delle spie e dei sabotaggi. Non è un caso che negli Stati Uniti è stato rilevato come la paura degli abusi sia parecchio diminuita dopo l’attentato dell’11 settembre, sostituita dall’angoscia per il terrorismo islamico. Del resto in ogni epoca storica le società hanno bisogno di un babau. Un tempo ci si scatenava contro le streghe e gli eretici”. Tra gli altri fattori, Casonato cita un certo tipo di cultura femminista. “Premetto che non ho niente contro il femminismo, del quale esistono diverse versioni – dichiaralo psicologo -. Un certo modello di cultura femminista, però, vede l’uomo come un essere intrinsecamente pericoloso per le donne e i bambini”. E ancora, ad alimentare la psicosi concorre anche lo sfascio della giustizia italiana. “Parlare della situazione della giustizia nel nostro Paese è come sparare sulla Croce Rossa – afferma Casonato -: ci sono pochi uomini, scarsi mezzi e tante cose non funzionano. Come dicevo prima, un iter processuale che dura dieci anni non fa che generare e alimentare il clima velenoso dei sospetti”.
Non inferiore la responsabilità delle famiglie. “Preferiscono credere al babau piuttosto che stare dietro ai propri figli – rileva Casonato -. Adesso sul banco degli accusati finisce internet. Ma internet è come una bicicletta: ci devono essere un papà e una mamma che insegnino ai bambini come si usa. Chiaro che se il figlio viene lasciato solo davanti al computer, davanti la televisione o in mezzo alla strada le probabilità che gli succeda qualcosa sono più elevate”. E quali le responsabilità della stampa in questa crescente psicosi della pedofilia? “Se c’è un ‘mostro’ da sparare in prima pagina si usano i titoloni – risponde lo psicologo -. Poi quando il ‘mostro’ si scopre che non è più tale, perché magari c’è stato uno sbaglio o le cose sono state chiarite, non ne parla più nessuno. Fino a che non ne verrà fuori un altro a rimpiazzarlo – conclude Casonato -, quello della pedofilia continuerà a essere il babau dominante nella società italiana”.
[Fonte il velino – 27 mag 2009]
CLT – Pedofilia, falso il 96% delle denunce di violenza sui minori
Roma, 27 mag (Velino) – Il 96 per cento circa dei casi registrati ogni anno in Italia, relativi a denunce di minori che sostengono di aver subito una violenza sessuale, è falso. È il clamoroso dato emerso dal recente conv…
Diverse le ragioni per cui molti casi di abusi risultano poi essere infondati. “Gli esperti del settore – dichiara Dominioni – segnalano che sono le situazioni di disagio intrafamiliare a produrre…
[Fonte il velino – 27 mag 2009 – http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=860545#news_id_860545 ]
Posted by Stefy on 28 giugno 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article
Ha inventato un caso di mobbing, presumibilmente sporgendo atti giudiziari con i quali pare intendesse tenere sotto scacco il proprio datore di lavoro. A seguito di ciò, adesso si trova ella stessa ad essere denunciata per calunnia. E’ successo ad una commessa di 27 anni, di Lucca, residente nel quartiere di Sant’Anna, a seguito delle indagini nate dalla denuncia dell’ex datore di lavoro che, presentatosi in questura a Lucca, ha spiegato i fatti sostenendo di essere oggetto di calunnia da parte della ragazza.
La ragazza di cui stiamo parlando lavorava in un bar dell’immediata periferia di Lucca. Durante una riunione di lavoro nel retro del locale alla quale parteciparono il proprietario del bar e due dipendenti, la commessa entrò per prendere una bottiglia di un liquore da servire al banco e che era, nel frattempo terminato. Nacque un battibecco tra la ragazza e il datore di lavoro: secondo quanto riportato dalla commessa, l’uomo l’aveva allontanata in malo modo dal locale, afferrandola per un braccio.
Al battibecco avvenuto nel locale la ragazza sembra aver voluto dare un seguito giudiziario ipotizzando la volonta del datore di lavoro di fare mobbing nei sui confronti e denunciandone il comportamento alla Autorità Giudiziaria.
La versione riferita dalla ragazza è stata però negata con forza dall’uomo, che, invece, ha raccontato agli uomini della Squadra Mobile di Lucca di averla invitata ad allontanarsi e tornare a servire al bancone, ma senza mai usare maniere forti.
La Squadra mobile ha, quindi, sentito tutti i testimoni del fatto, per cercare di fare chiarezza in una vicenda che vedeva due versioni Buy Cialis assolutamente contrapposte della vicenda. Al termine degli accertamenti, è emerso che la ragazza aveva veramente inventato l’aggressione e che non si era di fronte ad un caso di mobbing. Pertanto la giovane donna è stata denunciata alla Procura di Lucca per il reato di calunnia.
Posted by Stefy on 25 giugno 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article
Indagato per abusi sulla nipote l’ex PG di Roma. “Ad accusarlo la madre della piccola che all’epoca aveva cinque anni. Ma Vecchione si difende: “Tutte falsità, frutto di tensioni familiari”. I medici avrebbero rilevato degli arrossamenti nelle parti intime della bimba” [Fonte: Il Giornale 25-06-2010 pag. 17 foglio 1]
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Di seguito il link una intervista al criminologo Luca Steffenoni che ben rappresenta il nostro punto di vista sulla questione “abusi su minori”.
Posted by Stefy on 11 giugno 2010 under Archivio | Comments are off for this article
Pedofilia, i metodi del pm Forno e dei suoi periti allarmano il Csm
Tratto da Il Foglio del 23 marzo 2001
Roma. Dopo aver avviato un’istruttoria sui suoi rudi metodi d’indagine di Pietro Forno, il Csm ora studia anche l’operato dei suoi consulenti di parte: psicologi che emettono sentenze di condanna inappellabili, ginecologi dai discutibili pareri medici, e un rapporto troppo stretto fra la procura milanese e un’associazione di psicoterapeuti. Riassunto della puntata precedente. A dicembre il pm del pool dei soggetti deboli (donne e bambini vittime di maltrattamenti e abusi sessuali), finisce al centro di una polemica e di un’indagine del Csm. Un taxista milanese, Marino viola, accusato di violenze sessuali sulla figlia, viene assolto quando a Forno subentra un altro pm. Tiziana Siciliano. Il suo avvocato difensore, Luigi Vanni, segnala parecchie irregolarità avvenute nel corso delle indagini e confermate dalla requisitoria della Siciliano. Il processo diventa un caso che solleva dubbi sulle metodologie adottate da Forno e getta ombre sul lavoro dei periti. Il Csm apre un’istruttoria su richiesta del consigliere laico Eligio Resta, Forno si difende, accusa i giornalisti di stare dalla parte dei pedofili, annuncia la richiesta di trasferimento, la procura milanese si divide, Francesco Saverio Borrelli lo conferma e lui resta – per il momento – al suo posto. Ma il Csm prosegue. Indaga anche sul processo Artico, l’educatore condannato in appello il 20 febbraio a 9 anni di reclusione. Emerge un uso spregiudicato delle intercettazioni telefoniche da parte del pm e interrogatori intimidatori delle presunte vittime da parte dei poliziotti.
Gli esperti del Cismai
Poi nel dossier Forno arrivano le carte che riguardano un coordinamento composto da 40 centri e servizi, pubblici e privati, e 100 soci che operano nel campo del trattamento e prevenzione dell’abuso sessuale sui minori: il Cismai. Sono i consulenti che per conto di varie procure, non solo quella milanese, conducono accertamenti sui minori vittime degli abusi, principali testi di accusa nei procedimenti giudiziari. I loro pareri coincidono sempre con la tesi del pm, il loro protocollo di intervento è la fotocopia del metodo d’indagine introdotto nel 1989 da Forno. Dopo le loro relazioni, i minori vengono tolti alle famiglie e affidati ai centri, dove spesso lavorano gli stessi periti. Il primo a puntare il dito contro il Cismai è il senatore Augusto Cortellone dell’Udeur. In un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia del 9 febbraio scrive: “Oggi varie procure, tribunali e uffici Gip provvedono alla scelta dei loro consulenti quasi sempre fra gli associati Cismai, sia per i magistrati dell’accusa che per i giudici all’interno della stessa vicenda processuale, contraddicendo così il principio costituzionale del giusto processo. Le loro perizie partono sempre dal presupposto della colpevolezza dell’indagato. Non crede il ministro che sussista il pericolo che i soci Cismai, perpetrino condotte penalmente rilevanti come le false perizie o false interpretazioni?”. Il 15 febbraio la presidentessa del Cismai, Teresa Bertotti, scrive al ministro della Giustizia per chiarire le finalità dell’associazione e conclude: “Segnalo l’effetto negativo che suscitano queste prese di posizioni negli operatori chiamati per prevenire e rilevare precocemente i casi di pedofilia e poi accusati di una del tutto non precisata appartenenza nefasta la cui colpa sarebbe quella di favorire lo scambio e il confronto fra professionisti…”. Ma il protocollo di intervento di questa associazione non è mai stato approvato dall’Ordine nazionale degli psicologi che già nel 1999 lo ritiene pericolo perché, come scrive il professor Guglielmo Gullotta a cui l’Ordine ha chiesto un parere, “non viene neanche presa in esame l’ipotesi che il sospettato possa essere innocente, ma si afferma che l’abusante (il pedofilo) neghi sempre”. Insomma si evince che il Cismai abbia storpiato il metodo della validation psicologica americano, per aderire all’impianto italiano di certi pm. Il risultato è un pasticcio psico-giudiziario che potrebbe aver portato in carcere più di un innocente e fabbricato qualche mostro.
Nel processo Viola, la pm Tiziana Siciliano, riferendosi alla ginecologa Cristina Maggioni che ha riscontrato segni di una violenza sessuale mai avvenuta, dice: “Ci viene da chiederci se sia una totale incompetente o una persona in malafede…”. E’ lei la perita incaricata da Forno in numerosi processi, in 9 anni ha fatto 358 consulenze, ha partecipato a vari processi dove è sempre stata smentita dai consulenti del giudice. Il Cismai nega che la Maggioni sia attualmente iscritta all’associazione.
Nel processo a Salvatore Lucanto (il pm è sempre Forno), la vicenda è ancora più grave. Secondo l’accusa Salvatore avrebbe violentato sia la cugina minorenne sia la figlia Angela. Finisce in carcere, per due anni e mezzo, nel dicembre 1999 viene assolto perché il fatto non sussiste. L’accusa si basa su due disegni eseguiti dalla figlia in presenza di una psicologa Luisa Della Rosa, (ex socia Cismai). Quando la bimba esce dall’audizione protetta dice: “La signora mi ha detto che devo disegnare un fantasma e chiamarlo pisello”. Poi viene prelevata a scuola e portata al Centro aiuto famiglia e bambini maltrattati (uno dei quattro centri fondati dal Cismai) dove lavora l’allora consulente del pm Luisa Della Rosa. Per due anni, il centro riceve dal comune di Milano 5 milioni e 400 mila lire al mese per l’affidamento della bambina (il conto finale di 150 milioni viene presentato al padre). Durante il processo di primo grado un’altra perita, la psicoterapeuta Marinella Malacrea (presidente del Centro del bambino maltrattato e membro del direttivo Cismai) viene sospettata di fare perizie “forzate”. Uno degli avvocati Guido Bomparola, chiede che un foglietto di appunti della psicoterapeuta venga allegato agli atti. C’è scritto: “Con Forno rimango poi d’accordo che farò bastare gli elementi che ho…informo Forno che se non riuscirò a produrre un minimo di alleanza (con la teste, ndr) non mi pare utile farle un esame psicologico, sarebbe…(non si capisce la parola) oltre che controproducente”. E non finisce qui. Salvatore e Raffaella Lucanto non vedono più la loro bambina dal 1995, nonostante lui sia stato assolto dall’accusa formulata da Forno perché i periti incaricati dalla Corte d’appello hanno sconfessato i pareri clinici emessi da quelli del pm. Dal 1997 però il tribunale dei minori ha dichiarato la bambina adottabile. Nel gennaio scorso l’avvocato dei genitori, Raffaele Scudieri, chiede al tribunale di nominare periti estranei al processo d’appello e si trova di fronte Giobatta Guasto, (socio Cismai).
Ma torniamo a Pietro Forno. La seconda commissione del Csm potrebbe chiedere il suo trasferimento per incompatibilità ambientale, se verrà dimostrato che ha violato la legge sulle guarantigie dei magistrati a causa dei suoi molteplici interventi pubblici a favore delle tesi degli psicoterapeuti incaricati di eseguire perizie nei processi da lui istruiti. E’ stato, infatti, Forno a prendere carta e penna per difendere l’operato del Cismai davanti alle critiche dell’Ordine degli psicologi, firmando un intervento con Marinella Malacrea e Paola Di Blasio (entrambe socie Cismai). Secondo le voci che circolano nella procura milanese, la posizione di Forno, fino a qualche mese fa considerata inattaccabile, è diventata traballante. Ed è probabile che nei prossimi mesi venga trasferito in un collegio giudicante, in un’altra sezione della procura o in qualche Tribunale dei minori. Sembra che Forno abbia indicato tra le sue preferenze il Tribunale dei minori di Torino, presieduto da Giulia De Marco (moglie di Giuliano Violante).
Il Csm non si ferma al caso Forno e indaga anche su quelle procure dove è stato adottato il suo metodo. Il caso più significativo riguarda un procedimento avviato a Modena nel 1998 dal pm Andrea Claudiani. Imputati i coniugi Covezzi a cui sono stati tolti i quattro figli. Una fotocopia dei processi condotti da Forno a Milano. Si legge nell’esposto arrivato al Csm: “L’accanimento e l’assoluta mancanza di serenità del magistrato nonché l’assoluta certezza all’operato della Maggioni e Bruni (periti del processo Viola a Milano), che anche il dottor Forno ha partecipato a realizzare…”. Si tratta di un procedimento nato sulla base della testimonianza di un bambino di sette anni, che nel 1997 ha raccontato di violenze sessuali, messe nere nei cimiteri e omicidi di bambini. Da un processo ne è nato un secondo e poi un terzo. Fino a oggi ci sono state 23 persone rinviate a giudizio. In mezzo ci sono stati due morti, una madre suicida e un prete, don Giorgio Govoni, colpito da un infarto dopo la sentenza della condanna a 14 anni. I coniugi Covezzi, coinvolti nel processo pedofilia ter, non sono ancora stati rinviati a giudizio. La ginecologa incaricata dal pm è stata ancora una volta la Maggioni che ha fatto cilecca a Milano nel processo Viola e ha ripetuto il debutto a Modena. Due docenti, Fabio Buzzi e Francesco Acerboni, incaricati dal Gip l’hanno tacciata di incompetenza.
Un’altra perita del pm Claudiani è stata Cristina Roccia, (socia Cismai) denunciata per esercizio abusivo della professione perché all’epoca non era iscritta all’Ordine degli psicologi. La sua performance migliore è stata quella di trovare conferma ai suoi sospetti guardando negli occhi la signora Covezzi. Parla del “suo sguardo minaccioso e aggressivo nei confronti dei periti”, scambiando la rabbia di una madre a cui hanno tolto i figli con un sintomo di colpevolezza. In Italia ogni anno si celebrano 200 processi per pedofilia. Il Csm si chiede cosa possano avere combinato i paladini giustizieri dei pedofili e i loro periti in nome dei bambini.