Il femminismo estremo o nazifemminismo ha distrutto e sta distruggendo la famiglia. DIFENDILA!

Posted by Stefy on 20 agosto 2010 under Archivio, Primo Piano | Comments are off for this article

Molti credono che il femminismo, nonostante il nome, rivendichi equità fra donne ed uomini. Altri credevano che il nazismo rivendicasse equità per i tedeschi, e che i progetti di distruzione che Hitler aveva esposto nel Mein Kampf fossero solo provocazioni. Dietro la difesa dei giusti diritti di donne e tedeschi, si nasconde ben altro. Questo il Mein Kampf del femminismo:

«La famiglia nucleare dev’essere distrutta… qualunque sia il significato finale, lo sfascio delle famiglie è adesso un processo obiettivamente rivoluzionario». Linda Gordon

«Dal momento che il matrimonio costituisce una schiavitù per le donne, è chiaro che il Movimento delle Donne debba concentrarsi per attaccare questa istituzione. La libertà per le donne non potrà essere acquisita finché il matrimonio non verrà abolito». Sheila Cronan

«Affinché i bambini vengano cresciuti con parità, dobbiamo portarli via dalle famiglie e crescerli in comuni appositi». Mary Jo Bane.

«La cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa possa fare ad uno dei suoi bambini più piccoli è ucciderlo». Margaret Sanger, in “Donne la nuova razza”, pag. 67.

«Non si dovrebbe permettere a nessuna donna di stare a casa ed accudire i suoi bambini. Le donne non devono avere questa possibilità, perché altrimenti troppe donne la sceglierebbero». Simone de Beauvoir

«Essere una casalinga è una professione illegittima. La scelta di servire ed essere protetta, e di pianificare una vita familiare è una scelta che non dovrebbe esistere. Il cuore del femminismo radicale è di cambiare tutto ciò». Vivian Gornick.

«Non possiamo distruggere le iniquità fra gli uomini e le donne finché non distruggeremo il matrimonio». Robin Morgan (Sisterhood Is Powerful).

«Sotto il patriarcato ogni donna è una vittima, del passato, del presente e del futuro. Sotto il patriarcato, la figlia di ogni donna è una vittima, del passato, del presente e del futuro. Sotto il patriarcato il figlio di ogni donna è il suo potenziale traditore e anche l’inevitabile stupratore o violentatore di un’altra donna». Andrea Dworkin

«Il matrimonio è da sempre esistito per il beneficio degli uomini; ed è stato un metodo legalmente sanzionato per controllare le donne… Dobbiamo distruggerlo. La fine dell’istituzione del matrimonio è una condizione necessaria per la liberazione delle donne. È per noi quindi importante incoraggiare le donne a lasciare i loro mariti e non vivere da sole con gli uomini… Tutta la storia dovrà essere riscritta in termini di oppressione delle donne» dalla “Dichiarazione di Femminismo”.

«Qualsiasi rapporto sessuale, anche il sesso consensuale all’interno del matrimonio, è un atto di violenza perpetrato contro una donna». Catherine MacKinnon

* * *

Tante donne e uomini hanno denunciato il pericolo femminista:

«L’unica cosa di cui un bambino ha davvero bisogno, i suoi genitori assieme sotto lo stesso tetto, viene minata dall’ideologia che dice di difendere i diritti delle donne». Erin Pizzey, fondatrice dei centri anti-violenza.

«A voler ignorare sistematicamente la violenza ed il potere delle donne, a proclamarle sempre oppresse e quindi innocenti, si dipinge una umanità divisa in due che non corrisponde alla verità». Élisabeth Badinter

«Il femminismo americano è il movimento neo-Marxista più influente in America, se non il più estremo. Ha demolito la famiglia americana così come il drugstore comunismo demolì l’economia russa, e la maggior parte del danno è irreversibile». Ruth Wisse, professoressa ad Harvard.

Sir Winston Churchill, l’uomo che, non creduto, denunciò il pericolo nazista fin dalla sua nascita, disse anche: «Il movimento delle suffragette è solo la punta dell’iceberg… Significherà la distruzione della struttura sociale». Solo quando l’Inghilterra rimase sola di fronte ad un Europa sotto il nazi-fascismo, Churchill poté iniziare a combatterlo: «non ho altro da offrirvi che sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi un cimitero dei più penosi. Abbiamo di fronte a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza. Se chiedete quale sia la nostra politica risponderò: di muover guerra, per terra, mare e aria, con tutto il nostro potere e con tutta la forza che Dio ci dà, di muover guerra contro una mostruosa tirannia, mai superata nell’oscuro deplorevole elenco dei delitti umani».

Oggi, la fondatrice dei centri anti-violenza, dopo aver denunciato come le femministe li hanno trasformati in centri di odio misandrici, ci rivolge questo appello:

«Nuove leggi devono riconoscere che la famiglia tradizionale, con la mamma ed il papà che vivono sotto lo stesso tetto con i loro figli, offre ai bambini la migliore possibilità di diventare adulti sani, amorevoli e rispettosi della legge. Quelle donne che amano i loro mariti, i loro partner, i loro figli devono unirsi al movimento degli uomini nel combattere le leggi anti-uomini. Questa è la nostra ultima possibilità di correggere un male atroce. Milioni di uomini ed i loro bambini hanno sofferto nelle mani di questo malvagio movimento femminista. È arrivato il momento per uomini e donne di dire NO AL FEMMINISMO». Erin Pizzey.

E adesso i finiani si occupino di responsabilita´ civile dei giudici

Posted by Stefy on 7 agosto 2010 under Archivio, Primo Piano | Comments are off for this article

Fa discutere all’interno del Pdl la scelta compiuta da taluni esponenti di area liberale di seguire il presidente della Camera nella sua manovra di allontanamento da Silvio Berlusconi.

Personalmente, pur essendo stato tra i radicali che all’epoca della nascita della Rosa nel Pugno preferirono seguire Benedetto Della Vedova verso il centrodestra, dando vita ai Riformatori Liberali, fin dal momento della nascita del Pdl non  ho ritenuto di aderire al partito del predellino, vista la deriva sempre più conservatore ed illiberale che  il movimento andava assumendo nei contenutine e in virtù della struttura assolutamente ademocratica che, tra un applauso ed un inno, si andava mettendo in piedi.

Contestualmente ho assistito alla silente ed acritica adesione di taluni dei liberali del centrodestra, restandone non poco perplesso; ed  oggi fa specie vedere quegli stessi esponenti cadere dal pero ed accorgersi – guarda un po’ – della assoluta mancanza di spazi per il confronto e la dialettica all’interno di quel movimento.

E ciò a tacere del fatto che proprio quegli stessi esponenti hanno sovente  in passato dato vita ad associazioni politico culturali in cui l’autoreferenzialità, la mancanza di regole e la incontendibilità dei ruoli era la regola e non certo una spiacevole eccezione.

Ma tant’è: la speciale propensione della molecola liberale nel dividersi in atomi fa sì che ad oggi, all’interno della pattuglia liberale che aveva inizialmente aderito alla Casa delle Libertà, siano presenti almeno tre posizioni. La prima, quella dei finiani, autorevolmente rappresentati da Benedetto Della Vedova, la seconda, rimasta fedele al Presidente del Consiglio e per la verità ormai orfana di esponenti di spicco, ed una terza composta da coloro che avevano già precedentemente preso le distanze dal Pdl, proprio per la presenza sempre più marcata – come si è detto sopra – all’interno del Popolo della Libertà, di meccanismi autoreferenziali e conservatori che dal centro tendevano a riproporsi in periferia secondo uno schema immutato.

Ma sarebbe sbagliato liquidare la faccenda affibbiando le tre etichette  di “finiani”, “berlusconiani” e “terzisti” a seconda della posizione assunta così come sarebbe un errore dare vita ad una contrapposizione che non farebbe che produrre l’effetto di continuare a rimandare la stagione delle riforme liberali che  il Paese attende da decenni. Ed allora, piuttosto che concentrarsi sulle etichette, occorrerà guardare ai contenuti, alla sostanza ed alla forma delle scelte del partito che verrà.

Sarà partito vero, con ampi spazi di democrazia interna e contendibilità di tutte le posizioni? Sarà un movimento di stampo liberale o piuttosto conservatore e bolscevico (nel senso espresso da Filippo Facci su Libero di ieri)? E, stando al terreno che più ci interessa, saprà esprimere posizioni realmente riformatrici in materia di giustizia? Ecco, Fini e  i suoi – ma anche Berlusconi, beninteso – sono attesi, programma elettorale alla mano, alla prova dei fatti.

Come rammentava giorni fa il direttore di Giustizia Giusta, Gianluca Perricone,  il programma elettorale su cui Fini, Bocchino, Granata, ecc. ecc. hanno ricevuto il mandato degli elettori parlava, tra le altre cose, di riforma della legge sulle intercettazioni. Quella è andata a finire come sappiamo, amen. Ma in quel programma where can i buy prescription drugs without a prescription si prospetta anche, tanto per dirne un’altra, la revisione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Ecco, facciamo, di questa, la cartina di tornasole su cui misura

re il rispetto che Fini ed  i suoi vorranno mostrare a chi li ha eletti. Tanto più saranno credibili quanto più vorranno onorare  il contratto elettorale e, al tempo stesso, dar vita ad un partito che metta proprio la volontà degli iscritti e degli elettori al centro dell’azione. Non resta che attendere e tirare le somme.

[Fonte: giustiziagiusta.info – Alessio Di Carlo]

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Milano, carcere e 8 anni di vergogna per il ´pedofilo´: ma era un errore giudiziario

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Di Massimo Pandolfi. Nel 2002 il maestro di una scuola elementare nel centro di Milano venne arrestato con l’accusa di aver violentato due alunni di 8 anni nei bagni durante l’orario scolastico. Ha trascorso in carcere 247 giorni, si è ammalato, ovviamente è stato sputtanato, sarebbe buy prescription drugs online without prescription morto dalla vergogna. Nel 2005 l’uomo è stato assolto con formula piena ‘perchè il fatto non sussiste’, sentenza confermata in Appello nel 2009. Ora, luglio 2010, il maestro ha ottenuto come equa riparazione per 247 giorni di arresti, un indennizzo di 158mila euro, praticamente 640 euro al giorno. L’Avvocatura dello Stato ha impugnato il risarcimento sostenendo che 158mila euro sono troppi.

Di fronte a questa triste storia, faccio alcune considerazioni:

1) Ma non si vergogna l’Avvocatura dello Stato a impugnare quel provvedimento?

2) Lavoro da una vita nel mondo dei giornali: a volte ci chiedono barcate di soldi per due righe un po’ cattive pubblicate a pagina 25. E a un povero cristo a cui hanno rovinato 8 anni di vita si fanno tante storie per 158mila euro?

3) Il pm che fece incarcerare il maestro, gli avrà almeno chiesto scusa?

4) Sempre sul pm che ha preso un granchio grande come una casa: non sarà che avrà fatto pure carriera? Mi auguro proprio di no

http://www.massimopandolfi.it/

[Fonte quotidiano.net]

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Torino, falsi abusi. Padre e figlio riabilitati dopo sei anni, 2 dei quali passati in carcere

Posted by Stefy on 25 luglio 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article

A Vercelli li avevano già definiti dei mostri che violentano bambini, ma di mostruoso c’erano soltanto le modalità con cui un padre e un figlio, accusati di aver abusato sessualmente di tre nipotine, erano stati già condannati prima ancora della sentenza.

Ancora il sistema servizi sociali-case famiglia, ancora loro, con la partecipazione attiva della procura e del tribunale minorile. A Vercelli li avevano già definiti dei mostri che violentano bambini, ma di mostruoso c’erano soltanto le modalità con cui un padre e un figlio, accusati di aver abusato sessualmente di tre nipotine, erano stati già condannati prima ancora della sentenza. Un anno di carcere, uno di domiciliari, più il danno esistenziale che in sei anni di processo può stroncare qualunque uomo. In più, come se fosse secondario, i genitori delle nipotine privati della patria potestà.

Mai una sentenza di assoluzione come questa si è materializzata con casuale tempismo, proprio adesso che ancora non si è spenta la polemica scaturita dalla parziale bocciatura della Corte Costituzionale sulle nuove norme relative ai reati sessuali e sullo stalking.

In fondo, è un messaggio involontario indirizzato a chi, come il ministro Carfagna, si è scagliato contro la pronuncia della Consulta.

«Sono innocente. Non sapete che cosa state facendo». Questo gridava Gianluca, neanche trent’anni e una condanna pesante a spezzargli la vita. Era Cialis Online il maggio del 2008. Era svenuto e un’ambulanza lo aveva portato lontano dal Tribunale. Oggi Gianluca è un uomo che piange e che ride insieme. Che guarda negli occhi il padre oggi 62enne, Giuseppe: insieme avevano diviso la condanna, a 8 anni, insieme dividono l’assoluzione. La Corte d’appello di Torino, dopo tre ore di camera di consiglio, ha stabilito che il fatto non sussiste. Non hanno toccato le tre bambine neppure con un dito.

In questi sette anni, da quando la nipote più grande, appena adolescente, ha detto all’assistente domiciliare che la seguiva nei compiti «Il nonno fa sempre lo stupidino e mi alza la gonna», è successo di tutto. I servizi sociali si sono scatenati con i loro metodi discutibili e le tre sorelle sono state affidate ad una comunità, mentre ai genitori è stata sospesa la patria potestà. Inaffidabili e poco protettivi, secondo il Tribunale dei minori, perché parevano non credere alle bambine, perché le lasciavano frequentare la casa, dove vive la famiglia di Giuseppe e di Gianluca.

«La mia nipote più grande – dice adesso Gianluca – oggi ha vent’anni. Ero un bambino quando è nata, siamo cresciuti insieme. Quando lei ha detto quelle cose su di noi, non ci volevo credere. Ho pensato che fosse stata istigata, che qualcuno gliele avesse suggerite». «Quelle cose» sono racconti di violenze ripetute, per quasi quattro anni, dal 2000 al 2003, nella casa dei nonni, quando le bambine hanno 10, 8 e 5 anni. Prima è soltanto una ragazzina a parlare, poi si aggiunge la seconda sorella, poi la terza. Le tre sorelle vengono ascoltate con un’audizione protetta, sottoposte a perizie per stabilire la loro capacità di capire i fatti e di raccontarli, per stabilire se in qualche modo siano state suggestionate. Una perizia fisica però dice che la violenza non c’è. «Sono sempre state fantasiose, si sono condizionate l’un l’altra», hanno cercato di dire i genitori.

Giuseppe e Gianluca vengono arrestati: «Sono venuti a prendermi nel supermercato dove lavoravo – racconta Gianluca -. Cinque minuti prima ridevo con i miei colleghi, cinque minuti dopo avevo le manette». Restano un anno in carcere, un anno agli arresti domiciliari. Tornano in libertà durante il processo di primo grado, che prosegue per tre anni e per quaranta udienze, davanti al Tribunale di Vercelli. Quando i giudici si ritirano una prima volta in camera di consiglio, ne escono chiedendo nuovi accertamenti. La seconda volta, invece, è con una sentenza di condanna: più lieve rispetto alle richieste del pubblico ministero, Antonella Barbera, che voleva una pena di 13 anni.

I due difensori, Massimo Mussato e Metello Scaparone, presentano una memoria sterminata in appello: 160 pagine. Ricorre anche la procura di Vercelli, che chiede una pena più pesante degli otto anni stabiliti dal Tribunale. Questa volta le udienze sono tre, l’ultima con il verdetto che assolve: «Mi ha dato la forza papà. “Dai, che dobbiamo uscirne”, mi ha detto. Quando ho sentito quelle parole, “per non aver commesso il fatto”, sono scoppiato a piangere».

Oggi due delle sorelle, diventate maggiorenni, hanno lasciato la comunità. «C’è stata qualche timida telefonata, per riavvicinarsi alla famiglia – racconta Davide Balzaretti, il legale dei genitori -. Adesso chiediamo al Tribunale di revocare la sospensione della patria potestà. La terza ragazza, che ha 15 anni, deve tornare con la sua famiglia».

Proprio così: in questa vicenda c’è ancora qualcuno che sta ancora subendo, chiusa in una comunità. Il conto ? Sulla scorta della vicenda di Basiglio, è probabile che verranno promossi atti formali contro chi ha sbagliato. Nel frattempo, da un rapido conteggio, pare che la vicenda abbia fruttato, al sistema case-famiglia, circa 600.000 €, di sole rette.

RACCONTA STUPRO IN SPIAGGIA, MA NON ERA VERO: DENUNCIATA

Posted by Stefy on 20 luglio 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article

Campomarino. Una ragazza di Isernia si è rivolta ai carabinieri della cittadina raccontando di essere drugs without a prescription stata stuprata sulla spiaggia di Campomarino alcuni giorni fa, ma dalle indagini dei militari unitamente alle verifiche in ospedale è emerso che la giovane donna si era inventata tutto, probailmente a causa di alcuni problemi di natura psichica che l’hanno portata a immaginarsi un simile episodio.

I carabinieri infatti, ascoltata la sua versione, hanno subito attivato un accurato controllo dei luoghi della presunta violenza alla ricerca di eventuali tracce del presunto stupratore, ma sono subito risultate evidenti discordanze tra le dichiarazione della vittima ed i riscontri effettuati. E così ieri pomeriggio la donna messa di fronte all’evidenza ha ammesso che in un momento di particolare sconforto ha inventato la storia narrando una violenza di fatto mai accaduta. Ora dovrà rendere conto alla competente autorità Giudiziaria per “simulazione di reato”.

[Fonte: http://www.primonumero.it/attualita/news/index.php?id=1279442261 – 18/07/2010]

Mobbing contro la cameriera? No, calunnia contro il proprietario del bar

Posted by Stefy on 28 giugno 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article

Ha inventato un caso di mobbing, presumibilmente sporgendo atti giudiziari con i quali pare intendesse tenere sotto scacco il proprio datore di lavoro. A seguito di ciò, adesso si trova ella stessa ad essere denunciata per calunnia. E’ successo ad una commessa di 27 anni, di Lucca, residente nel quartiere di Sant’Anna, a seguito delle indagini nate dalla denuncia dell’ex datore di lavoro che, presentatosi in questura a Lucca, ha spiegato i fatti sostenendo di essere oggetto di calunnia da parte della ragazza.

La ragazza di cui stiamo parlando lavorava in un bar dell’immediata periferia di Lucca. Durante una riunione di lavoro nel retro del locale alla quale parteciparono il proprietario del bar e due dipendenti, la commessa entrò per prendere una bottiglia di un liquore da servire al banco e che era, nel frattempo terminato. Nacque un battibecco tra la ragazza e il datore di lavoro: secondo quanto riportato dalla commessa, l’uomo l’aveva allontanata in malo modo dal locale, afferrandola per un braccio.

Al battibecco avvenuto nel locale la ragazza sembra aver voluto dare un seguito giudiziario ipotizzando la volonta del datore di lavoro di fare mobbing nei sui confronti e denunciandone il comportamento alla Autorità Giudiziaria.

La versione riferita dalla ragazza  è stata però negata con forza dall’uomo, che, invece, ha raccontato agli uomini della Squadra Mobile di Lucca di averla invitata ad allontanarsi e tornare a servire al bancone, ma senza mai usare maniere forti.

La Squadra mobile ha, quindi, sentito tutti i testimoni del fatto, per cercare di fare chiarezza in una vicenda che vedeva due versioni Buy Cialis assolutamente contrapposte della vicenda. Al termine degli accertamenti, è emerso che la ragazza aveva veramente inventato l’aggressione e che non si era di fronte ad un caso di mobbing. Pertanto la giovane donna è stata denunciata alla Procura di Lucca per il reato di calunnia.

LUCCA, 28 giugno 2010

[http://www.loschermo.it/articoli/view/27661]

Indagato per abusi sulla nipote l’ex PG di Roma che “si difende: “Tutte falsità, frutto di tensioni familiari”. Un intero sistema che adesso sembra in “corto circuito”.

Posted by Stefy on 25 giugno 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article

Indagato per abusi sulla nipote l’ex PG di Roma. “Ad accusarlo la madre della piccola che all’epoca aveva cinque anni. Ma Vecchione si difende: “Tutte falsità, frutto di tensioni familiari”. I medici avrebbero rilevato degli arrossamenti nelle parti intime della bimba” [Fonte: Il Giornale 25-06-2010 pag. 17 foglio 1]

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Di seguito il link una intervista al criminologo Luca Steffenoni che ben rappresenta il nostro punto di vista sulla questione “abusi su minori”.

Savigliano: donna denunciata per simulazione di stupro

Posted by Stefy on 31 maggio 2010 under Primo Piano | Comments are off for this article

E’ stata denunciata dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Savigliano una donna saviglianese di 44 anni per simulazione di reato e procurato allarme. I fatti si sono svolti alcuni giorni fa quando l’indagata, in piena notte, ha chiesto aiuto ad una guardia giurata incontrata a Saluzzo, riferendole di essere stata sequestrata e stuprata. Lanciato l’allarme e giunta sul posto una pattuglia dei carabinieri, la donna è stata accompagnata in ospedale a Saluzzo dove, dopo una prima visita, è stata trasferita all’ospedale di Savigliano per un più approfondito controllo delle sue condizioni di salute. Contestualmente, stante la gravità dei reati ipotizzati, sono state subito avviate le indagini da parte dei carabinieri della Compagnia di Savigliano con la ricerca di ogni elemento utile a comprendere la dinamica dei fatti, analizzando attentamente anche il racconto della casalinga saviglianese. La stessa, infatti, ha riferito di essere uscita di casa alla guida della propria autovettura alle 22,15 per recarsi, da sola, a trovare alcuni amici. Ad un certo punto, in una frazione di Savigliano, due uomini, indossanti dei passamontagna scuri, sbucati fuori dal fossato che costeggia la carreggiata, la avevano fatta fermare e, saliti sul veicolo, senza tanti complimenti la avevano incappucciata con un sacco di tela e portata in aperta campagna. In quel frangente avevano entrambi abusato di lei facendola poi risalire sul mezzo e portandola, spaesata, sino a Saluzzo. A quel punto, alle 3,30 del mattino, dopo averle tolto il cappuccio, erano scesi dall’autovettura, allontanandosi a piedi. Trascorsi alcuni minuti, infine, pur confusa ed impaurita, aveva notato il metronotte al quale aveva raccontato l’accaduto.

La determinazione della donna nel sostenere lo svolgimento dei fatti, tuttavia, non ha trovato riscontro negli elementi raccolti nel corso delle indagini che hanno, invece, portato a risultati diametralmente opposti. E’, infatti, emerso che la denunciante aveva trascorso buona parte della notte in compagnia di un altro uomo e che, per giustificare al marito la sua prolungata assenza da casa senza insospettirlo e quindi coprire la propria infedeltà coniugale, aveva pensato di inventare la storia del rapimento e della violenza sessuale. Una dettagliata informativa è stata depositata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Saluzzo. I reati ipotizzati prevedono la pena della reclusione fino a tre anni.

“I reati denunciati dalla donna, per la loro gravità, hanno imposto il massimo impegno degli uomini dell’Arma incaricati di accertare i fatti nonché della struttura sanitaria che le ha prestato soccorso, provocando un grande ed inutile dispendio di risorse che potevano e dovevano essere impiegate in altro modo. Chi pensa di poter nascondere in questa maniera situazioni imbarazzanti o risolvere così i propri problemi, fa una valutazione sbagliata poiché il reato per il quale si procede, proprio per le ragioni sopra indicate, viene punito severamente” affermano dalla stazione di Savigliano

 

[Fonte: http://www.targatocn.it/it/internal.php?news_code=85563&cat_code=124]

False accuse durante separazioni e divorzi: un fatto di costume.

Posted by Stefy on 30 maggio 2010 under Primo Piano | Read the First Comment

Difficilmente ravvisato il reato di calunnia. Art. 368 del codice penale sicuramente da rivedere.

Sempre più frequentemente, in Italia, i procedimenti di separazione vengono “corredati” da accuse  calunniose, a volte gravissime come quella di violenza e/o molestia sessuale e, il più delle volte, totalmente impunite. False accuse reciproche, figli nel mezzo, usati con maestria dal genitore senza scrupoli.

Lo scorso anno, secondo le rilevazioni fatte dall’associazione “Ex”, pubblicate da Telefono Azzurro e relative ai risvolti penali nei divorzi, erano circa 34.000 (l’86% del totale) i casi di separazione accompagnati da una querela per abusi o altri reati. In 23.000 casi i genitori si accusavano a vicenda.

Anche la giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane era scesa in campo contro i falsi abusi, emettendo un’importante delibera che puntava il dito contro le indagini sommarie e inquisitorie degli inquirenti.

Le percentuali candidamente confessate, nel 2009, dal PM Carmen Pugliese della Procura di Bergamo (“false e strumentali l’80% di accuse delle ex-mogli, le quali usano le procure per perseguire i propri interessi economici…”) hanno improvvisamente aperto uno squarcio su una realtà della quale, fino a quel momento, si aveva solo una diffusa sensazione. La stessa PM, peraltro, puntava il dito contro le “associazioni che operano a tutela delle donne: non fanno l’operazione di filtro che dovrebbero fare: incitano le assistite a denunciare, ma poi si disinteressano del percorso giudiziario, di verificare come finirà la vicenda…”.

Esiste anche un secondo filtro, quello rappresentato dagli avvocati che agiscono in giudizio, ma la loro specifica funzione tecnica (tutelare i diritti del cliente, secondo la legge) e un fisiologico conflitto di interessi (è il cliente che pagherà la prestazione professionale), finiscono con il circoscrivere la loro potenziale azione deterrente contro le false accuse dei propri assistiti. Spinti dalla propria etica professionale, sono tanti i legali che si rifiutano di portare in giudizio fatti calunniosi, e che cercano tutte le possibili strade per “smussare gli angoli” delle accuse, scoprendone la vera natura e convincendo il proprio assistito a desistere. Purtroppo, sono molti gli avvocati che, questa azione preventiva, non la fanno.

L’assenza di veri e propri filtri, pertanto, ha fatto sì che la pratica delle false accuse sia diventata un fatto di costume, amplificato da sanzioni inefficaci e da una sostanziale impunità per chi se ne rende responsabile.

Peccato che, a fronte della “leggerezza” con cui il reato di calunnia viene perseguito, i giudici debbano prendere necessariamente sul serio queste accuse.

Per una volta, pertanto, proviamo a metterci al di là della barricata, rivestendo idealmente i panni di chi deve giudicare: come ci si accorge che le accuse sono solo uno strumento per “colpire” l’altro coniuge e non un vero abuso ?

Secondo la Dr.ssa Maria Carolina Palma (Psicologa ed ex giudice onorario del Tribunale dei minori di Palermo) “ci sono tecniche sofisticate che servono per accertare l’attendibilità delle dichiarazioni rese da chi accusa e dal minore. Tecniche che prevedono non solo una congruenza tra tutte le dichiarazioni, ma anche nel comportamento verbale e non verbale. Inoltre, la concomitanza di almeno cinque indicatori di abuso dà la misura del fatto che si deve indagare più a fondo per verificare se la molestia o il maltrattamento siano effettivamente avvenuti”.

Si dovrebbero effettuare tantissimi controlli incrociati tra le dichiarazioni rese dal bambino e quelle del genitore, e si dovrebbe guardare il caso in tutta la sua complessità. Se la denuncia è fatta dalla madre si va ad esaminare la storia della coppia per capire se vi è un processo di vittimizzazione che, al momento della rottura del matrimonio, ha il suo apice nell’accusa di abuso sessuale nei confronti dell’altro coniuge.

Ma quali sono le cause più frequenti che spingono un genitore ad accusare il partner di abuso sessuale sui figli ? Elementare: l’accusa di violenza sessuale è il modo più facile per estromettere a lungo tempo l’altro genitore dalla vita dei figli. Si raggiunge un doppio effetto: ci si libera del partner come coniuge, ma anche come care giver, facendolo uscire definitivamente dalla propria vita e da quella dei figli.

“La legge attuale”, sostiene la Palma, “e con essa il rito dei tribunali minorili, non garantiscono né i genitori vittime delle false accuse, né il minore. Per quanto riguarda il bambino, in una situazione di dubbio, egli viene sempre protetto. Ma quando la falsa accusa si rivela, la situazione si rivolta proprio contro di lui. I tempi del processo, fanno sì che i bambini, non potendo frequentare il genitore bersaglio, anche per tutta la durata del processo, perdono anni di relazione importante con lui. Con la sua assoluzione si avrebbe il ripristino degli incontri, ma a questo punto è difficilissimo riprendere le fila del rapporto, devastato com’è da bugie e da spiegazioni non date, o distorte”.

Nella pratica, una azione di tutela che dovrebbe essere effettuata in tempi brevissimi (qualche settimana), al fine di limitare al massimo il disagio di figli e genitori, può durare anni, con effetti gravissimi dal punto di vista esistenziale.

“La normativa”, prosegue la Dr.ssa Palma, “è carente rispetto la consulenza tecnica d’ufficio, cioè quella consulenza fatta da un esperto che approfondisce a 360 gradi la veridicità o la falsità delle accuse. Il vero problema è che vi sono moltissimi procedimenti in cui la consulenza tecnica d’ufficio o non arriva affatto, o arriva verso gli ultimi stadi del procedimento, che poi possibilmente rivela una falsa accusa. Ma intanto sono passati anni e le conseguenze sia per il minore che per l’accusato sono disastrose”.

Come si potrebbe ovviare a questa “carenza” ? Nel modo più semplice. Dopo la prima IMMEDIATA indagine fatta dal consulente del pm, il gip deve disporre VELOCEMENTE una consulenza tecnica d’ufficio, che però per legge è discrezionale. Solo a quel punto è possibile istruire la pratica oppure chiuderla. Il giudice deve avere la volontà di andare realmente a fondo e non farsi guidare da “teorie preconcette”.

Queste ultime consistono in una serie di stereotipi culturali fatte sulla figura materna che, secondo le statistiche, è quella che maggiormente adopera le false accuse. Questi “preconcetti” si potrebbero riassumere in: ….opera nel giusto, protegge i bambini, ha il diritto di tenere con sé i figli, il padre è una figura meno importante, soprattutto in tenera età…..

E’ la cultura “matricentrica” che, di fronte ad una sempre più incisiva affermazione del ruolo paterno nei compiti di cura, guida ancora oggi le scelte di molti magistrati verso una presunzione di colpevolezza nei confronti dell’accusato.

Forse i tempi sono maturi per proporre al Parlamento una legge di modifica del codice penale in materia di calunnia (art.368 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.), introducendo un’aggravante, così come è avvenuto per il reato di Stalking, nel caso in cui a commettere questi reati sia stato l’ex coniuge o convivente.

La previsione del carcere, e di pene accessorie di una certa entità, scoraggerebbero il “genitore senza scrupoli”, e anche i suoi cattivi consiglieri.

[Fonte adiantum.it 26/05/2010]