Diritto & Rovescio

...Le più sorprendenti sentenze

Disoccupato chiede mantenimento a ex moglie: arrestato

Written by CentroStudi on December 16th, 2012

Quando un uomo disoccupato chiede soldi alla ex moglie si chiama “estorsione”.

Quando è la donna a chiedere soldi si chiama “mantenimento”.

«E’ stato bloccato dai Carabinieri con in mano la busta contenente 200 euro appena ricevuta dall’ex moglie, ultimo atto di una estorsione di denaro, con minacce più o meno velate, che andava avanti da anni. L’uomo, un colombiano di 42 anni, residente a Verona, disoccupato, dopo l’arresto e l’udienza di convalida, è stato rimesso in libertà con l’obbligo di non avvicinarsi più all’ex moglie.

I Carabinieri di Legnago sono intervenuti dopo che la donna aveva trovato il coraggio di sporgere denuncia, raccontando che l’ex marito dopo averla costretta a pagargli il mutuo dell’auto si era fatto nuovamente sotto per ottenere un “aiuto” mensile di 500 euro, in virtù del fatto che lei aveva un lavoro fisso. Già nel 2005 era stato deferito alle autorità giudiziarie, sempre su denuncia dell’ex consorte, perché avanzava “pretese assistenziali”.

Un provvedimento di divieto ad avvicinarsi alla parte offesa é stato emesso dall’autorità giudiziaria veronese anche nei confronti di un uomo di Legnago che da qualche mese aveva preso di mira con minacce, offese ed aggressioni una concittadina.»

Fonte: http://www.tgverona.it/index.cfm/hurl/contenuto=326655/cronaca/estorce_denaro_a_ex_moglie_arrestato.html

Titolo originale “Estorce denaro a ex moglie, arrestato”

John Brown's Body — Glory Glory Hallelujah

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Concede la casa in comodato al figlio e sua moglie, non può recedere

Written by CentroStudi on December 15th, 2012

Mai prestare a cuor leggero una casa a chi ne ha bisogno.  Oggi si corre infatti il rischio di subire un “esproprio femminista”, perché il diritto alla proprietà privata viene ignorato di fronte ad una ex moglie con figli.


Lui e lei si sposano e presto avranno dei figli. Però prima che ai bambini bisogna pensare alla casa, problema non di poco conto per le giovani coppie. Fortuna che la madre di lui possiede un appartamento libero, che concede alla giovane coppia in comodato senza determinare la durata. Gli anni passano e i figli nascono. Non tutto scorre per il verso giusto e i rapporti tra i coniugi peggiorano al punto di decidere di separarsi. La madre chiede al figlio e alla nuora il rilascio dell’immobile, ma non lo ottiene e così i tre finiscono davanti al giudice. Il Tribunale dà ragione alla suocera, ma in appello la decisione viene riformata e si arriva così in Cassazione. Nel frattempo, nel corso dei gradi di merito, la casa in comodato viene assegnata alla nuora affinché possa abitarci con i figli. La richiesta, da parte della madre di lui, di liberare l’immobile, si basa sulla considerazione che, non essendo stato convenuto un termine per il comodato, il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante la richiede. Tuttavia la durata del comodato, quando non espressamente ancorata dalle parti alla scadenza di un termine, può essere implicitamente determinata dall’uso per il quale la cosa viene consegnata. La Corte territoriale, nella ricostruzione del rapporto contrattuale, ha ritenuto sussistere la destinazione dell’immobile ad alloggio familiare, fattore da considerarsi preminente rispetto alla possibilità per il comodante di recedere. Nel motivare la loro decisione, i giudici di secondo grado hanno fatto espresso riferimento alla giurisprudenza della Suprema Corte, che ha più volte ribadito come per casa familiare debba intendersi quel «luogo degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche, centro di aggregazione e di unificazione dei componenti del nucleo, complesso di beni funzionalmente organizzati per assicurare l’esistenza della comunità familiare, che appunto in forza dei caratteri di stabilità e continuità che ne costituiscono l’essenza si profila concettualmente incompatibile con un godimento segnato da provvisorietà ed incertezza». La Cassazione (ordinanza 26456/11) non ha potuto dunque far altro che rigettare il ricorso anche nella parte in cui, per la prima volta – e dunque in modo inammissibile – si lamenta la mancata considerazione da parte dei giudici di merito delle condizioni economiche dei comodatari.

Fonte: http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/442493

 

 

 

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USA: una proposta per salvare gli uomini falsamente accusati

Written by CentroStudi on December 13th, 2012

Grazie ai test del DNA stanno venendo riconosciuti innocenti decine di uomini condannati a decine di anni di galera sulla base della sola parola di una accusatrice.

Le più attendibili statistiche dicono che quasi metà delle accuse di stupro sono false.

Le false accuse di stupro sono anche utilizzate da madri criminali per appropriarsi dei figli eliminando i loro padri per via giudiziaria.

Negli USA si dibatte come porre fine a questa violazione dei diritti umani.

I politici che avessero il coraggio di sfidare il femminismo e proporre la cancellazione delle leggi anti-uomo che aiutano le calunniatrici verrebbero diffamati e distrutti dalle femministe come amici degli stupratori.

I magistrati spesso evitano di perseguire penalmente le calunniatrici, limitandosi ad indirizzarle a percorsi di recupero psichiatrico.

Paul Elam riflette che non è dal sistema che ha causato il problema che può arrivare la soluzione.

La soluzione proposta si basa su di una particolarità del sistema giudiziario USA, voluta da Thomas Jefferson per proteggere i cittadini dagli abusi del potere: nella giustizia USA non è il giudice a determinare se le persone accusate sono colpevoli.  È una giuria popolare, composta da cittadini comuni.

Nei processi normali,  la giuria viene informata di tutti i fatti rilevanti.  Nei processi per stupro il femminismo ha fatto votare leggi che impediscono di rivelare i precedenti delle accusatrici.  Nel passato ha accusato falsamente altri uomini? Alla giuria verrà nascosto.   Ha scritto testi in cui ammetteva perversioni?   Alla giuria verrà nascosto.

Emblematico è il caso Strauss-Kahn, l’uomo che oggi sarebbe stato Presidente della Francia, se una donna non lo avesse accusato senza alcuna prova oggettiva.    Lei mantenuta anonima.  Le femministe hanno voluto questa ingiustizia per “evitare pregiudizi sulle accusatrici”.   Lui esibito in manette e dipinto come un mostro mentre branchi di femministe gli urlavano contro.  Perché dei pregiudizi sugli uomini accusati non importa niente a nessuno.   Si è salvato perché l’accusatrice ha telefonato ad un amico spacciatore in galera per chiedergli quanto potrebbe guadagnare dall’accusa.    La polizia la ha intercettata non perché indagasse su di lei, ma perché indagava sullo spacciatore.

 

E allora, la proposta è che per salvare un uomo falsamente accusato basta che solo uno dei giudici popolari faccia il seguente ragionamento: “la colpevolezza non è provata al di là di ogni ragionevole dubbio perché esistono leggi che mi impediscono di sapere tutta la verità;   esiste il ragionevole dubbio che la accusatrice sia una calunniatrice che sfrutta questa legge venendo aiutata da uno di quei PM che cercano di fare carriera sulla pelle di uomini e bambini”.

 

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Mantenimento diretto dei figli: se donna sì, se uomo no. Un esempio di sessismo giudiziario in violazione dell’art. 3 della Costituzione?

Written by CentroStudi on December 13th, 2012

Coniuge in difficoltà? L’ospitalità dei figli lo esenta dal mantenimento

Il coniuge separato che versa in una condizione di debolezza economica può assolvere ai suoi obblighi di genitore offrendo ospitalità ai figli senza dover pagare l’assegno di mantenimento. Lo sancisce la Cassazione (sentenza 15565/11).

Il caso
La suprema Corte ha bocciato il ricorso di un abruzzese separato dalla moglie nell’aprile 2006, padre di due ragazzi, che chiedeva di ripristinare il mantenimento anche a carico della ex consorte in favore dei figli.
Secondo la Cassazione «il mantenimento cui ciascun genitore è tenuto verso i figli, può ritenersi assolto dal genitore dotato di reddito proprio con cui i figli non convivono, mediante gli adempimenti connessi all’ospitalità da parte dello stesso genitore non convivente in occasione del diritto di visita».
In precedenza, il Tribunale di Lanciano, modificando le condizioni di separazione, aveva disposto l’affidamento dei figli a entrambi i genitori, con collocazione abituale presso la casa del padre e il diritto-dovere della madre di avere con sè i figli secondo determinate modalità.
A carico della madre era stato stabilito un assegno di 400 euro mensili a titolo di concorso nel mantenimento.
Assegno revocato dalla Corte d’appello dell’Aquila, sulla base delle difficoltà economiche in cui versa la donna. Da qui il ricorso in Cassazione volto a ripristinare il concorso al mantenimento a carico della ex. La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’ex coniuge sottolineando che i colleghi di merito «con adeguata motivazione» hanno preso atto del fatto che la donna si trova «in una situazione economica che non le consente, oltre all’assolvimento del mantenimento diretto dei figli quando sono presso di lei, il versamento anche di un contributo ulteriore in favore del padre».

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Che vergogna!

Come si può definire diversamente un tale scempio del Diritto?

Due pesi e due misure, come troppo spesso accade nel nostro Paese

Visto che chi dovrebbe versare un contributo è la madre, caso atipico, la Cassazione si arrampica sugli specchi per giustificare la revoca dell’assegno.

Oltretutto nel caso specifico si trattava di un assegno modesto, 200 euro per ogni figlio.

A ruoli invertiti, si chiede agli ermellini quante volte abbiano preso decisioni analoghe nei confronti di un padre.

Da notare la perla della Suprema Corte: «(…) non le consente (…) il versamento anche di un contributo ulteriore in favore del padre».

Nei confronti di un padre, anche se pesantemente indigente, non sono ammesse deroghe al versamento in quanto la somma erogata è un diritto inalienabile dei figli; diritto inalienabile che curiosamente sparisce quando a versare dovrebbe essere la madre, in tal caso infatti l’assegno diventa “a favore del padre”

In questi giorni si aggrava la posizione del Maresciallo Fabrizio Adornato, padre separato di Genova in sciopero della fame, a Roma per protestare contro l’accanimento giudiziario che lo costringe a vivere sotto la soglia di povertà.

Non ottiene alcuna risposta dal CSM, dalle Procure presso le quali ha sporto innumerevoli denunce, dal Presidente della Repubblica al quale ha rivolto diversi appelli.

E’ disposto a proseguire ad oltranza, fino a morire letteralmente di fame in mezzo alla strada, tanto non ha altra via d’uscita: è la stessa fine alla quale il sistema lo ha condannato togliendogli il diritto ad una vita dignitosa.

È poco lungimirante, Fabrizio Adornato

Per risolvere velocemente la situazione sarebbe stato sufficiente mascherarsi da donna; una parrucca, un po’ di trucco et voilà, l’assegno è revocato come per miracolo.

Ce ne sono tanti come Fabrizio Adornato, decine di migliaia.

Non tutti emergono, non tutti hanno la forza di umiliarsi pubblicamente, la maggior parte sceglie di rimanere nell’ombra cercando di sopravvivere, elemosinando comprensione e un rigurgito di dignità.

È un problema emergente che le associazioni di categoria denunciano da anni. Ultimamente sono arrivate le conferme statistiche anche da parte della Caritas, che assiste con un pasto caldo migliaia di padri separati ed ha sensibilizzato alcune amministrazioni comunali a studiare ammortizzatori sociali per quella che è ormai riconosciuta come categoria di “nuovi poveri”.

Ignorati dalla Giustizia, pronta a schierarsi solo quando l’indigenza si tinge di rosa.

Una proposta: non potrebbe, la Cassazione, esaminare i casi che le vengono sottoposti senza conoscere il genere delle parti?

Dati oscurati, la decisione viene presa in punta di Diritto, a prescindere dalla considerazione che possa penalizzare un padre o una madre.

Poi a sentenza emessa – solo a sentenza emessa – vengono aggiunte le generalità delle parti.

Siamo sicuri che, se fosse stato utilizzato questo metodo, le sentenze di Cassazione degli ultimi 20 anni non sarebbero profondamente diverse?

Alla faccia della Certezza del Diritto.

Che vergogna!

FN

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Ammette falsa accusa di stupro: “non mi aveva restituito il telefonino”

Written by CentroStudi on December 11th, 2012

Un uomo è stato incarcerato per mesi, sulla sola parola di una donna che lo accusava di stupro. Con le leggi femministe americane l’uomo innocente rischiava 30 anni di galera.  Ma la donna si è pentita ed ha scritto al giudice “la verità è che non mi ha mai stuprata. … Ho perso la pazienza perché aveva preso il mio cellulare e non me lo restituiva”.

Con una decisione rara, il Giudice la ha accusata di spergiuro.

[Fonte: http://news.cincinnati.com/article/20110409/NEWS010702/104100305/Rape-victim-admits-she-lied?odyssey=tab%7Ctopnews%7Ctext%7CFRONTPAGE]

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Professione divorzio. Alé.

Written by CentroStudi on December 10th, 2012

 

20 milioni di sterline dal primo divorzio, dieci dal secondo, sette al terzo, tre dal quarto. Al quinto divorzio aveva chiesto sette milioni di sterline, ma un giudice ha fermato la divorziatrice seriale Susan Dean Nicholson Lilley Sangster Crossley.

Chissà se è scesa in piazza per difendere la Dignità della Donna…

[Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/professione_divorzio/22-12-2007/articolo-id=229373-page=0-comments=1]

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16 mesi per aver calunniato un uomo. Più 12 mesi per aver rubato un iPod

Written by CentroStudi on December 10th, 2012

Un uomo è stato arrestato senza nessuna prova, solo perché una prostituta lo ha falsamente accusato di averla stuprata e minacciata con un coltellaccio.   Le riprese televisive a circuito chiuso hanno permesso di appurare che era una calunnia, per cui l’uomo è stato liberato e la donna condannata a 16 mesi in un istituto di recupero per delinquenti giovanili. Più altri 12 mesi per aver rubato un iPod.

Ci sentiamo rassicurati dal sapere che, nonostante il femminismo, la vita di un uomo vale ancora più di un iPod.

 

A PROSTITUTE was sentenced to more than two years in jail after falsely accusing a man of raping her at knifepoint. 

Shinaed Kelly, 20, was only on her second night as a sex worker when she accused the innocent man of attacking her in Liverpool city centre.

Martin Decker, prosecuting, said on September 24 last year, Kelly approached a policeman while she was working in Devon Street to complain of a man “acting weird”.

The officer spoke to a man and moved him on.

Mr Decker said: “Later that evening, she said she was raped by the same male who was harassing her earlier.

“He produced an 8in kitchen knife and held it to her throat.”

Kelly told police the man then raped her.

Police arrested a man and held him for 19 hours but after checking CCTV where the rape was supposed to have happened realised the story didn’t add up.

Six days later Kelly, of Green Lane, Birkenhead, admitted she lied.

Jeff Clarke, defending, said Kelly was immature.

Judge David Aubrey QC said every false allegation of rape made it harder for genuine victims to come forward.

He sentenced Kelly to 16 months in a young offenders institution, plus an extra year for robbing an Ipod from a 15-year-old girl.

Link:
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È giusto rendere pubblico il nome di chi accusa di essere stata stuprata?

Written by CentroStudi on December 9th, 2012

In due diverse trasmissioni l’avvocato che difende un ragazzo accusato di aver stuprato una ragazza ha reso noto nome e cognome anche della accusatrice, sollevando un vespaio di polemiche: è giusto rendere pubblico il nome di chi denuncia di essere stata stuprata?

Come principio generale sì.  Molte accuse sono solo calunnie femministe, più devastanti degli stupri, e occorre proteggere non le calunniatrici ma le vittime.

Un esempio per tutti.

Il papà che ha passato 3 anni in galera lontano dalla sua famiglia per via di una calunnia femminista

Una donna denunciò di essere stata sequestrata e stuprata dal signor Warren Blackwell (nella foto con la moglie).

Senza nessuna prova oggettiva, l’uomo, incensurato, passò più di 3 anni in carcere, allontanato da sua moglie e dai suoi figli.  Si chiama “inversione dell’onere della prova” ed è una delle leggi anti-uomo ottenuta dalle femministe per calunniare gli uomini.


Fino a quando un poliziotto si decise ad indagare scoprendo che la donna aveva già falsamente accusato di stupro 7 uomini, fra cui suo padre, il primo marito, il secondo marito, un bambino (!), e che si era procurata da sola le ferite.

Abominio giudiziario possibile grazie alle leggi femministe inglesi che proibiscono di rendere pubblici i nomi delle accusatrici, in maniera che le calunniatrici possano colpire uomini a ripetizione.

La vera vittima è stata così liberata.

Alla fine Lord Campbell-Savours, approfittando dell’immunità parlamentare, se ne è fregato delle leggi femministe e per proteggere gli uomini e le famiglie ha svelato pubblicamente il nome della donna: Shannon Taylor.

Fonti: http://www.dailymail.co.uk/news/article-1287534/Innocent-Warren-Blackwell-served-3-years-false-rape-claim-fantasist.html

http://www.dailymail.co.uk/news/article-404898/Man-freed-serial-rape-accuser-remains-anonymous.html

 

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Mantenimento? No, schiavitù femminista

Written by CentroStudi on December 8th, 2012

Il Tribunale di Ascoli Piceno decide che anche se l’ex marito ha una busta paga da 1.000€ dovrà pagarne 1.100 alla ex. Ciò indipendentemente dalla documentazione reddituale prodotta

 

Sempre più spesso capita di assistere a vicende curiose, ma quando è invece un Tribunale l’artefice di pronunce alquanto singolari, tali da destare curiosità e perplessità, la voglia di parlarne è talmente tanta che non serve essere giuristi per comprendere le “birichinate” di un giudice.

A decidere è il Tribunale di Ascoli Piceno, che con la sentenza n. 312/2012 definisce giuridicamente una controversia familiare basando le proprie convinzioni su un principio tanto comico quanto azzardato.

La vicenda vede coinvolto un padre separato che, pur avendo presentato una documentazione fiscale attestante un reddito mensile di circa 1.000 euro (come da busta paga), si è visto obbligato ad un assegno di mantenimento di 1.100 euro mensili in favore della ex moglie, la quale peraltro è titolare di un reddito autonomo ammontante a 456 euro mensili. Secondo il Tribunale la donna, data l’età, non può avere prospettive di miglioramento della sua situazione occupazionale, mentre il reddito documentato dal marito non sarebbe credibile in virtù del tenore di vita che la coppia avrebbe avuto in passato.

Pertanto il Giudice stabilisce che se il tenore di vita antecedente alla separazione dei coniugi era “dignitoso” e confermava una condizione economica facoltosa, i modelli unici e qualsivoglia altra documentazione della situazione reddituale, debitamente presentati in giudizio, non sono idonei a dimostrare le reali risorse patrimoniali ed economiche della coppia.

La decisione del Tribunale di Ascoli Piceno non può non lasciare perplessi: perché prendere in esame soltanto la situazione patrimoniale della coppia in costanza di matrimonio, senza tener minimamente conto della presente situazione reddituale, e cosa ancor più grave, senza interessarsi alle condizioni di vita dell’ex marito?

Il Giudice non può infatti limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma è obbligato a tenere altresì conto degli altri elementi di ordine economico, o comunqueapprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, dovendo, in caso di specifica contestazione della parte, effettuare i dovuti approfondimenti – anche attraverso indagini di polizia tributaria – rivolti a un pieno accertamento delle risorse economiche dell’onerato.

Nel caso de quo l’organo giudicante, senza alcun accertamento ulteriore, obbliga lo sfortunato ex coniuge ad un mantenimento superiore al reddito dimostrato. In sostanza, il Giudice ha fatto finta che la coppia non si fosse mai separata, valutando solamente la situazione reddituale in costanza di matrimonio, ed ha fatto finta di non sapere che i redditi da lavoro autonomo, come quello documentato dalla signora, spesso, ma non sempre, possono nascondere anche fardelli di elusione fiscale che necessitano di una verifica più attenta.

Alla faccia del buon senso!

Non è affatto semplice comprendere quali siano i criteri adottati dai diversi Tribunali italiani per definire la misura dell’assegno di mantenimento in caso di separazione, dal momento che la normativa vigente riconosce all’organo giudicante un ampio spazio di discrezionalità circa la quantificazione dello stesso. In mancanza di criteri legali risulta evidente la necessità che ogni decisione venga assunta caso per caso.

Tuttavia ciò porta a vicende assurde come quella descritta sopra.

La necessità di adottare un criterio base, fondato anche su calcoli aritmetici, per evitare orientamenti discordanti, ha indotto alcuni tribunali a ricorrere a fogli di calcolo.

Un modello per il Calcolo dell’Assegno di Mantenimento (MoCAM) è stato elaborato dal Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze, e viene applicato dal tribunale di Firenze. Si tratta di un sistema di calcolo che si propone un obiettivo dichiarato: «l’ammontare complessivo degli assegni deve essere tale da consentire ai due nuclei familiari che risultano dalla separazione di avere lo stesso tenore di vita, in modo che il danno economico derivante dalla separazione sia equamente ripartito tra i due genitori e ai figli sia garantito un tenore di vita equilibrato durante il tempo di convivenza con l’uno o l’altro dei genitori».

Forse questo potrebbe rappresentare un significativo passo in avanti per i padri separati, sempre più spesso annoverati tra i nuovi poveri, che affollano le mense di beneficenza e che si riducono a vivere in automobile, entrando in una spirale da cui è difficilissimo, se non impossibile, uscire. E in Italia, dati alla mano, sono quasi un milione quelli già precipitati nella miseria.

Italy: sexist judgments kill men's rights

Fonte: Seleenia Ragusa, giurista, su

http://www.leggioggi.it/2012/07/03/mantenimento-no-grazie-voglio-la-tua-vita

Titolo originale: “Mantenimento? no grazie… voglio la tua vita”.

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National Post: l’ideologia femminista trionfa sulla parità

Written by CentroStudi on December 7th, 2012
“L‘uomo ti tradisce? gli fai quel che ogni moglie fa in questo paese: lo ripulisci e lo lasci al verde; gli prendi la casa, l’auto, i bambini… gli fai desiderare di essere morto“.
Queste le parole di una prosecutrice distrettuale nel 2003, mentre spiegava alla giuria del Texas perché l’imputata Clara Harris non avesse avuto alcuna necessità di ricorrere all’assassinio del marito filantropo, quando il diritto di famiglia già offre eccellenti strumenti giuridici di vendetta (lei lo aveva investito, passandogli sopra avanti ed indietro con la nuova Cadillac, di fronte a spettatori inorriditi).
“Fagli desiderare di essere morto”? Per il pubblico ministero era assolutamente cruciale non suscitare animosità rivolgendosi ad una giuria tradizionale di 12 uomini e donne, poiché dava per scontato la loro favorevole complicità ai palesi pregiudizi, esistenti nel sistema giudiziario, nei confronti dei maschi.
Si noti, inoltre, come l’avvocata elenca i “bambini” ultimi tra gli interessi degli uomini, promuovendo il mito popolare che i padri separati si disimpegnano facilmente dai loro figli.
In realtà, la perdita da parte dei padri della tutela dei loro figli procura ai bambini tremenda angoscia. Qui sta il paradosso: sappiamo che l’unico fattore – il più importante – di predizione di criminalità per i ragazzi e di bassa autostima per le ragazze, che portano entrambi ad una serie di fallimenti sociali, è la mancanza di un padre nella loro vita. Tuttavia, non c’è ancora stato un gesto significativo di volontà politica per portare più equilibrio nella custodia dei figli nelle separazioni.
Oggi il diritto di famiglia negli Stati Uniti ed in Canada continua a proporre l’opzione alle donne di “fargli desiderare di essere morto”. Le donne vincono l’affidamento esclusivo nel 90% dei contenziosi. I padri non affidatari sono percepiti come delle macchine da soldi con occasionali privilegi di babysitting. Le madri possono non rispettare le ordinanze giudiziali e ostacolare i regimi di visita godendo di impunità, ma i padri sono immediatamente e in modo sproporzionato criminalizzati se non rispettano un assegno di mantenimento, che molto spesso è oneroso (le madri non devono render conto delle spese). I trafficanti di cocaina condannati – metà dei quali, ironia della sorte, sono cresciuti senza padre – trascorrono da 20 a 30 giorni di carcere; un padre in ritardo con l’assegno trascorre tutti i 30 giorni.
Facendo eco al destino di tutte le rivoluzioni politiche, la riforma del patriarcato cominciò come una campagna per la parità; poi il pendolo oscillò troppo lontano, fino al rigido “politicamente corretto”, che ha portato alla soppressione delle eresie e alla colpevolizzazione generale degli Altri (gli uomini), rei del ritardo nella realizzazione dell’Utopia.
Il sistema del diritto di famiglia è ora sistematicamente colonizzato dalle femministe radicali. Il loro obiettivo è la completa autonomia delle donne (tranne per quanto riguarda il sostegno finanziario), tramite la progressiva eclissi dell’influenza giuridica degli uomini negli ambiti in cui colpiscono gli interessi di “identità” delle donne, compresi i bambini. Perciò la questione dell’affidamento è diventata la prima linea nella guerra fra i sessi.
Senza voler dare un elenco esaustivo, il femminismo radicale è sostenuto da collettivi dei diritti sociali nelle alte cariche della giurisprudenza (il femminismo passa al setaccio gli studi culturali e delle scienze umane in generale); da dipartimenti di studi sulla donna (in realtà centri di reclutamento e di formazione ideologica di femministe); da associazioni di femministe sovvenzionate, politicamente potenti, che estendono la loro strategia su tutta la gamma di cause per le donne; da primi ministri e ministri della giustizia accondiscendenti, e da una massa di giudici ideologicamente aggressivi, i cui archivi giuridici, contenenti sentenze irte di pregiudizi soggettivi sul sesso, screditano la loro vocazione e mettono in discussione la stessa nozione di uguaglianza di fronte alla legge.

Per illustrare, solo alcuni esempi:

il presidente della Corte Suprema del Canada, Beverley McLachlin:

Dobbiamo essere pro-attivi nella riorganizzazione della famiglia canadese

l’ex ministro della giustizia Martin Cauchon:

Gli uomini non hanno diritti, solo responsabilità

lo psicologo femminista Peter Jaffe, un consulente nell’ambito dei Tribunali per la Famiglia:

La custodia condivisa è un tentativo dei maschi di proseguire il dominio sulle
femmine

l’Associazione Nazionale delle Donne e la Legge:

Il giudice può trattare i genitori in maniera non paritaria e negare loro le libertà e i diritti civili fondamentali, a patto che le loro motivazioni siano buone

I loro sforzi non sono stati vani. “Le femministe hanno radicato la loro ideologia nella Corte Suprema del Canada, hanno messo al bando tutte le opinioni contrarie“, afferma l’avvocata e sostenitrice dei diritti civili Eddie Greenspan. Il liberale MP Roger Galloway, che nel 1998 ha presieduto la Relazione della speciale Commissione Speciale per l’Affidamento e le visite dei minori, ha commentato che “la giustizia, se si verifica in una causa di divorzio, è soltanto accidentale”.
Si tratta di un procedura consolidata. Le elite come l’associazione “Condizione della Donna” scrivono la sceneggiatura. i servizi sociali “tuttofare” la leggono, poi chiedono al minore in un colloquio di valutazione (a me letto da una relazione trascritta): Qual è la cosa migliore e la cosa peggiore di non aver più tuo padre che vive con voi [a casa]?” La cosa migliore? perché questa domanda suggestiva?
Fortunatamente i bambini non leggono o non si curano delle sceneggiature femministe; come ‘cosa peggiore’, quella bambina pre-adolescente rispose: “Non ho un padre“.
E la ‘cosa migliore’? “Nulla“.


Titolo originale: Ideology trumps equality

National Post, Barbara Kay, Wednesday, June 21, 2006

Fonti: http://www.canadiancrc.com/Newspaper_Articles/Nat_Post_Ideology_trumps_equality_21JUN06.aspx

http://www.genitorisottratti.it/2010/05/lideologia-trionfa-sulla-parita.html

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