Alla donna 37 miliardi subito e 260 milioni di alimenti all’anno “Nessuno puo’ decidere per noi quanto denaro ci basta” Ha vissuto 32 anni all’ombra del marito, Gary Wendt, un alto dirigente della General Electric. Poi, quando lui le ha chiesto il divorzio, ha scoperto una straordinaria grinta di combattente. E invece di accettare una lauta sistemazione di dieci milioni di dollari (sedici miliardi di lire), ha fatto causa per avere meta’ di tutto, beni mobili e immobili, pensione, assicurazione supplementare, stock options, fringe benefits e perfino guadagni futuri “visto che il seme lo abbiamo gettato insieme”. Adesso i giudici del Connecticut le hanno dato ragione in linea di massima, anche se il patrimonio accertato e’ di gran lunga inferiore ai 160 miliardi calcolati dalla signora Wendt, che si e’ dovuta accontentare di 20 milioni di dollari subito, 37 miliardi di lire, piu’ 152 mila dollari – circa 259 milioni di lire – all’anno di alimenti, e di una percentuale delle stock option da pagare in futuro. E la sentenza, le cui motivazioni non sono ancora state pubblicate per esteso, potrebbe rivoluzionare la giurisprudenza americana. Adesso, a 54 anni, Lorna Jorgensen Wendt, che ha creato la fondazione “Equality in marriage”, per rivendicare la parita’ economica del matrimonio, e’ per tutti la paladina del “femminismo delle mogli”. “Marito e moglie sono partner al 50 per cento”, dice. “Negli Stati Uniti generalmente i tribunali si attengono, nei matrimoni di lunga durata, a quella che viene definita equitable distribution” (distribuzione equa), spiega l’ex signora Wendt. “Se il patrimonio non supera i cinque milioni di dollari, si divide tutto a meta’. Se invece il capitale e’ piu’ grande, i giudici seguono il criterio dell’enough is enough”, ovvero alla moglie si da’ quanto le basta. “Io ho messo in discussione questo criterio, ho preteso la equal distribution (divisione in meta’ uguali).
Basta paternalismo nei confronti delle mogli: nessuno ha diritto di decidere per me quanto mi basta“. Lorna Wendt parte dal principio che se suo marito ha fatto carriera, e’ perche’ lei lo ha sollevato dai problemi pratici della vita quotidiana, lo ha aiutato a mantenere i giusti rapporti sociali, e creandogli una famiglia felice, gli ha dato l’equilibrio psicologico necessario a dedicarsi al lavoro. “Ho combattuto questa battaglia non solo per me, ma per una questione di principio che aiutera’ tutte le mogli”, sostiene. “Le casalinghe sono abituate a sentirsi donne di serie B, a subire torti perche’ non hanno stima di se’. Dagli anni ’70 le uniche donne socialmente riconosciute sono quelle in carriera. Io ritengo che il nostro lavoro sia molto piu’ prezioso e delicato”. E mentre il femminismo tradizionale sembra essersi logorato negli ultimi anni, il revanchismo delle mogli pare stia prendendo piede in tutto l’Occidente. In Italia da anni si parla di stipendio, pensione, assicurazione sociale per le casalinghe; recentemente un passo avanti nell’ottica del riconoscimento, anche sociale, del ruolo della donna che sta in casa e’ venuto da una rivoluzionaria sentenza della Corte costituzionale che ha sancito il diritto, per una donna vittima di un incidente stradale, al pieno risarcimento assicurativo per invalidita’ a svolgere la sua attivita’, anche se aveva la colf, e quindi i lavori domestici non li faceva lei. Ma, ha sostenuto la Corte, quello che conta e’ la direzione e il coordinamento della vita familiare. La casalinga, insomma, equiparata a manager. “E’ proprio quello che sostengo io”, esclama Lorna Wendt. “Il contributo di gestione domestica della donna vale quanto il contributo economico dell’uomo”. E alle mogli che auspicano la parita’ da’ i seguenti consigli: riconoscere intimamente e ribadire in ogni occasione il proprio ruolo nella carriera del marito; tenersi informate fin nei minimi dettagli della sua condizione economica (molti mariti non ne parlano in casa, e le donne non sanno come accertare il reale valore del patrimonio); infine, al momento del divorzio combattere con lucida strategia. “Anche perche’, cosi’ facendo, ci si sente eroine e non vittime. E questo fa un gran bene alla salute psicologica”. Una ricetta che, almeno per Lorna, ha funzionato molto bene.
‘ESPERTO / CESARE RIMINI “Ecco cosa devono fare le donne italiane” MILANO – “La normativa italiana e’ diversa da quella americana”, spiega l’avvocato Cesare Rimini. “Da noi la spartizione del patrimonio al momento della separazione e’ condizionata dalla scelta, compiuta al momento del matrimonio, tra la comunione o la separazione dei beni”. Se la coppia ha optato per la comunione, tutto cio’ che e’ stato acquistato insieme, e i soldi risparmiati provenienti dall’attivita’ lavorativa, vengono divisi a meta’, mentre i beni dei quali ogni coniuge disponeva prima di sposarsi, o che gli sono arrivati in eredita’, rimangono di pertinenza individuale. Quando invece la coppia e’ in regime di separazione dei beni, ognuno si tiene quello che ha intestato o che puo’ dimostrare di aver acquistato o che e’ il frutto del suo lavoro; il marito e’ solo tenuto a versare un assegno di mantenimento. Dunque i consigli di Lorna Wendt non valgono per le donne italiane? “Valgono eccome, e li condivido in pieno”, sostiene Rimini. “Soprattutto e’ importante che la donna conosca bene la situazione patrimoniale del marito: gli uomini spesso cercano di apparire nullatenenti al momento della separazione. Conservare le ricevute degli alberghi di lusso, dei viaggi aerei, dei pagamenti con le carte di credito, conoscere il numero dei conti correnti, i titoli azionari posseduti, gli investimenti, puo’ servire a provare l’effettivo tenore di vita e ottenere percio’ un altro assegno di mantenimento”.
Fonte: Corriere della Sera
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