Un padre siciliano che per alcuni mesi aveva pagato con ritardo i 300 euro di mantenimento per il figlio minore è stato assolto “perchè il fatto non costituisce reato”. In questo modo, Suprema Corte (sezione penale) ha creato un buon precedente – così non è, purtroppo, per le sentenze delle sezioni civili – e ha emesso una sentenza che tenderebbe a bacchettare le decisioni dei due precedenti giudici, spesso frettolose nel condannare chi sarebbe obbligato a versare l’assegno e a senza tenere conto della difficilissima crisi economica che mette in difficoltà chiunque.
Infatti, Pietro Paolo A. (38 anni) aveva sempre pagato quanto stabilito dai giudici per il mantenimento del figlio, cercando di versare la somma entro il mese di riferimento. Tuttavia, durante un periodo di difficoltà economica, aveva pagato in maniera irregolare gli importi dal novembre del 2005 al febbraio del 2006.
In particolare Pietro Paolo, il 14 febbraio 2006, aveva versato 600 euro per i mesi di novembre e dicembre del 2005, e il 28 marzo del 2006 aveva versato altri 600 euro per i mesi di gennaio e febbraio del 2006. Tutto tramite vaglia postale.
Questi ritardi però avevano fatto scattare la denuncia da parte della ex moglie, impiegata al Comune di Nicosia (Enna), e il processo era andato avanti anche dopo che la ex moglie aveva ritirato la querela per il presunto danno nei confronti del figlio minore. Ma la Suprema corte – con la sentenza 25596 – ha cancellato la condanna per il padre ritardatario bacchettando la Corte d’appello di Caltanissetta che aveva affermato che “il ritardo del versamento integra comunque” il reato di “sottrazione agli obblighi di assistenza famigliare”.
In proposito la Cassazione ha rilevato che il reato in questione non si realizza con “qualsiasi forma di inadempimento” e inoltre ci deve essere anche una volontà dolosa di non adempiere agli obblighi. Dunque, per arrivare alla condanna, “si deve trattare di inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza che il soggetto obbligato deve fornire”.
“Quindi il reato – prosegue la Cassazione – non scatta automaticamente con l’inadempimento ai sensi delle leggi civili e, sebbene la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale dovrà valutarne la gravità e, quindi, l’attitudine oggettiva a integrare la condizione che la norma è tesa ad evitare”.
In pratica essendo stati “brevi” i ritardi contestati a Pietro Paolo, la Cassazione ha ritenuto di poter “ragionevolmente” ritenere che si sia trattato solo di un momentaneo problema economico per il quale il padre separato non merita la condanna penale.

L’importo totale dei mantenimenti pagati in Italia è così elevato che uno sciopero collettivo porterebbe immediatamente ad una modifica delle leggi per porre fine a questa forma di servitù
Fonte della notizia: www.ilsole24ore.it via adiantum
