on 14 Giugno 2012 by Lorella in Primo Piano, Comments (0)

Tremate, tremate il Medioevo è già tornato.
E non se ne sono nemmeno accorte.

C‘è un articolo che ci ha stupito.

Un articolo su Repubblica.

Parla della violenza in famiglia, e della nuova legge che mira a introdurre la Mediazione nella separazione fra coniugi.

Donne e bambini vittime di violenza “Una norma che non tutela madri e figli”

E’ un articolo che rilancia la posizione di una famosa Onlus, molto interessata alla tutela del mondo femminile e dell’infanzia.

Una onlus di cui ci siamo andati a guardare il sito: e la cui presentazione ci ha stupito.

Ci ha stupito per quanto fosse coerente -e grandemente espressiva- di tutta la filosofia dell’articolo, del suo contenuto, e del contenuto delle idee che propaganda:

La vita ricomincia sempre da una donna“, si dice infatti nella Home Page di questa Onlus ispiratrice dell’articolo, la Pangea Onlus.

(la foto è tratta dal sito di Patrizia Grieco – http://www.patriziagrieco.it/pangea.php, e rappresenta una scultura di questa autrice)

Ma c’è un grave e voluto errore, in questo slogan, e, secondo noi (ma -ahimè!- secondo la biologia tutta) soprattutto c’è una voluta deformazione.

Meglio: una grave mistificazione.

Perché è evidente che la vita non ricomincia affatto, se c’è solo una donna.

Anzi: se è per questo, in realtà la vita finisce, se la donna è sola, e se c’è solo una donna a pretendere di farla ricominciare da sola.

Perché, purtroppo, la vita -che se ne frega degli slogan femministi- se ne frega degli individui soli ed isolati. Li lascia morire.

Perché la vita non è solitudine e non è isolamento -affettivo, come ideologico o razziale- ma è relazione.

E una donna sola non farebbe ricominciare proprio un bel niente, dunque.

E allora è inutile e mistificatorio giocare con queste metafore, e far credere che attraverso un falso si possa esprimere un vero.

Affinché la vita ricominci, c’è bisogno di un uomo e di una donna.

Ma c’è bisogno, soprattutto e di più, della loro relazione.

Perché è solo dalla relazione che nasce la vita: e la vita è solo relazione ed è solo nella relazione che c’è vita.

L‘acqua, l’aria, la terra, il mondo, la vita, tutto nasce da una relazione e da relazioni fra relazioni.

Il resto è propaganda.
Medievale, fra l’altro.

Non ci stupisce dunque che tutta la posizione di questa onlus, una cooperativa che in Italia riceve fondi pubblici occupandosi di violenza alle donne e ai bambini, soffra di questo vizio di fondo.

Far credere che la donna -la Mamma, anzi- basti a tutto.

Siamo mediterranei, e siamo nella terra dell’archetipo della Gran Madre.

Non a caso siamo la terra della Santa Madre Chiesa, non a caso siamo la terra dei figli di mamma e, piaccia o no, non a caso siamo la terra della Mammasantissima.

Perché -appunto- non è un caso che i mafiosi chiamino la mafia “Mammasantissima”, così come non è un caso che i figli vadano sempre alla Mamma.

E così non ci sembra affatto strano che questa onlus riesca a dire che per far ricominciare la vita basta una Madre Vergine (perché in assenza di una relazione con l’uomo…).

Una distorsione che, a nostro avviso, è già indicata nel nome: Pangea, appunto.

Ci scusino le valide e capaci professioniste che hanno creato questo nome e/o lavorano per esso.

Non vogliamo affatto offenderLe o peggiuo, screditarle.

Però non ci sembra affatto strano che la stessa organizzazione che presenta la Vita come solo frutto di una sola donna (e di una donna sola), si chiami poi “Pangea”.

Cosa è “Pangea”, infatti?

Pangea era l’ammasso indistinto della massa terrestre prima della separazione in cinque continenti.

Pangea è dunque la terra fusionale, il mondo dell’indiviso e dell’indistinto affollarsi di continenti.

Il mondo uroborico, nel quale il feto è non-individuo, non-cosciente e non autonomo e non-capace di viversi e percepirsi separato dalla Madre.

Un mondo primordiale, fetale o prefetale addirittura, nel quale identità e diversità sono pensieri alieni e in-concepibili: perché Pangea è il Tutto che ingloba Tutto. E non ammette differenze.

Ma la vita è proprio l’opposto: è relazione fra contrari, è relazione fra diversità, è relazione fra individui.

Pangea conosce solo sé stessa e vive solo di sé stessa. E’ la Madre che toglie coscienza e annienta la relazione con l’Altro, col diverso. Non a caso la “Pangea Onlus” proclama poi che la vita ricomincia da una donna.

E’ falso. La vita ricomincia solo da una donna e da un uomo insieme.

Non ci stupisce dunque che l’articolo che “megafona” (ce lo consente l’autrice? O si irrita ricordandosi -e ricordandoci- che “Extra ecclesiam nulla salus”?) non ci stupisce dunque che l’articolo pubblicato su Repubblica, a firma di Valeria Pini, ottima giornalista sicuramente, si intitoli: “Donne e bambini vittime di violenza – “Una norma che non tutela madri e figli”

Un articolo per il quale abbiamo dato ai nostri legali -lo diciamo subito- l’incarico di valutare se contenga gli estremi dell’incitamento all’odio razziale.

Perché tutto quello che la giornalista sa far credere è che la violenza familiare è solo e sempre degli uomini, che gli uomini sono violenti, e che pertanto la legge sulla Mediazione obbligatoria non deve passare in caso di violenze in famiglia.

Dando di fatto per scontato una affermazione gravissima: e cioè che tutto il male e la violenza stanno negli uomini, e tutta la bontà e la dolcezza nelle donne.

Quando ci sono una gran moltitudine di ricerche che dimostrano esattamente il contrario, come dimostra questo articolo (che contempla nutritissima bibliografia).

http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/pelizzari.pdf

e vari altri (fra cui ad esempio questo: http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/michieletto.htm).

D‘altra parte, le statistiche sul figlicidio non mentono affatto: sono le donne a essere le responsabili nella stragrande maggioranza dei casi. Solo che risultano sempre “inferme di mente”: e questo proprio perché una madre che ammazza i figli è, nella nostra cultura, matta per necessità. Una madre non fa mai del male.

Ed è appunto a questa filosofia che si riporta l’articolo in questione: il male è solo nel maschio, il maschio è l’unico sesso capace di violenza, la violenza è solo di un genere, quello maschile, specie la violenza in famiglia, e per questo la legge va cambiata.

E se la donna denuncia una violenza non c’è bisogno del processo né di alcun rito di accertamento della verità: togliamo i figli al maschio violento, e consideriamolo perduto a vita.

Motivo per cui la Mediazione non sa da fare: perché sa d’affare, la questione?

Bellissima” (per modo di dire) anche la sviolinata sulla …PAS. Che non esisterebbe.

E non esisterebbe perché non c’è nel DSM IV.

E allora? Per caso nel DSM IV si parla di “bullismo”? o di “mobbing”? O -udite udite!- di “stalking?

E per questo non esistono le vittime del “bullismo”? o del “mobbing”? O -udite udite!- dello”stalking?

Come se poi non si sapesse che l’inserimento di una patologia nel DSM è frutto sia di prospettive culturali in vigore (basti pensare all’omosessualità, considerata patologia fino al DSM II), sia della presenza dell’industria farmaceutica (se una patologia è riconosciuta come tale, è possibile prescrivere un farmaco, e si ha dunque un motivo in più per vendere quel farmaco: la PAS no n ha farmaci e dunque non ha sponsor…).

Vecchia tragedia, la nominalizzazione: in Occidente si ha sempre l’illusione che le cose esistano se hanno un nome e se sono categorizzate come cose.

Il comportamento di rifiuto immotivato da parte di un figlio contro uno dei genitori è un gravissimo problema, e di questo problema bisogna occuparsene. Poi potete chiamarlo come volete: anche “Sindrome del figlio di Medea”, se volete. Oppure “Bullismo Genitoriale”. O “collusione genitore-figlio”. Ma il problema c’è -e le statistiche ne sono piene…

Il sottinteso è chiaro: se il figlio non vuole avere a che fare col padre, la colpa è del padre, sicuramente un violento o comunque un indesiderabile.

Da rifiutare, dunque.

Una posizione che genera solo malattia, questa, perché ignora -e questo è gravissimo- tutto ciò che ci dice la psichiatria della famiglia in proposito.

C‘è una sintesi, da fare, dietro a tutto questo.

Di fatto (e ci smentisca l’autrice dell’articolo e/o le responsabili di Pangea, portando validi argomenti), la posizione espressa da questo articolo è una posizione in tutto e per tutto simile a quelle di ogni razzismo: che identifica tutto il male e tutta la violenza in una sola categoria umana o antropologica.

Gli Ebrei, i Negri, gli Zingari e, oggi, il Maschio.

O ci sbagliamo, e non è vero che l’articolo in questione -e la levata di scudi di Pangea contro la nuova legge, levata di scudi a ipotetica difesa di donne e bambini (ma i bambini amputati del padre non sono anch’essi vittima di violenza?)- è una levata di scudi che identifica solo il Maschio come autore della violenza in famiglia (salvo… rarissime eccezioni, ovvio!), e la violenza come appannaggio del solo genere maschile.

Perché, e qui viene secondo noi il bello, questa posizione che identifica la donna come solo vittima di violenza insieme ai propri figli, e mai incapace di male verso l’uomo, è il riciclaggio al moderno-femminista di una posizione medievale.

Una posizione terribilmente oppressiva proprio del ruolo femminile.

Perché è solo e soltanto la stessa posizione secondo cui (ed è strano che le compagne non se ne rendano conto) la Donna è solo Santa, solo Martire, solo Vergine e Madre.

Dal momento che -come dice la Pangea Onlus- genera la vita senza rapporti col maschio.

Sissignori, è proprio tornato il Medioevo…

…e non se ne sono nemmeno accorte.

Gaetano Giordano

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