MICHELE MISSERI, ROBERTA BRUZZONE, GLI ESPERTI E IL CIRCOLO MEDIATICO INTORNO A SARAH SCAZZI.
QUAL E’ LO SCANDALO?

Chiunque ricorra, e rincorra, le cronache degli anni ’50, e arrivi su su, fin quasi ai primi del ’70 – quando si inaugurò la grande stagione mediatica del terrorismo, e dunque della trasmutazione dell’attenzione del lettore medio dai fatti privati di terrore & sangue a quelli politici, può ricordare benissimo come le cronache di allora -di quei lontani ’50 e ’60 – fossero piene – per giorni e giorni- di articoli di “nera”, che costituivano gran parte della cronaca ospitata dai giornali e, soprattutto, gran parte dei titoli “urlati” e ripetuti giorno dopo giorno sulle pagine di allora.

Alcuni casi di “nera” di quei tempi sono ancora nella memoria di chi all’epoca era in grado di accedere ad un qualche quotidiano: la morte di Wilma Montesi, l’omicidio di Christa Wanninger, il caso Ghiani e Fenaroli, fino alle morbose storie celate tra le pieghe del caso Bebawi, dell’omicidio-suicidio del marchese Casati Stampa, di sua moglie e del giovane suo amante, Massimo Minorenti, della macabra vicenda del “Boia di Albenga” e di Carla Gruber,

Insomma, la stampa dell’epoca – inchiostri e rotative, strilloni, cinquanta lire e poche pagine – era piena di cronaca nera rispetto alla quale insisteva quotidianamente con approfondimenti, notizie, particolari da dare in pasto ai lettori circa il giallo del giorno.

Basta sfogliare la letteratura in proposito per rendersene conto.

E se, anzi, c’è una scomparsa di cui si lagnano oggi gli osservatori della comunicazione, vi è proprio quella del “giornalismo investigativo”. Tutto, adesso, è affidato al lancio di agenzia, che dirama la news: al resto, ci pensa “la diretta” (o la differita) da studio, laddove plastici di edifici, esperti, giornalisti radunati tutti intorno ad un cerchio un po’ necrofilo e un po’ voyeur, commentano la notizia, che difatto assomiglia tanto a tanti prodotti di oggi: qualcosa di preconfezionato, omogeneo, standard, sul quale – come fosse un pancarre o un sofficino buono per tutti – gli chef della trasmissione ricameranno ed elaboreranno ciascuno le proprie ricette.

In casi come quello -l’ultimo, intendiamo, but not the least- di Sarah Scazzi., l’inviato televisivo stazione davanti ai nuovi templi un po’ trash e un po’ necrofili della morbosità collettiva (“il pozzo”, “il garage”, “il portone”, ecc.), ma non cerca -la cicca in bocca, la voce roca, il taccuino malconcio- le notizie.

Aspetta, sotto un ombrello, che le notizie lo raggiungano mentre si esibisce davanti all’obbiettivo: o meglio, spera che la morbosità dello spettatore (e a volte quella del turista-voyerista) siano soddisfatte dal passaggio veloce e precoce, quasi orgasmico, del protagonista-colpevole o -vittima (o entrambi) del giallo di turno.

In studio, appunto, tutti commentano “l’ultima agenzia”, una sorta di pane preconfezionato che ognuno cuocerà a modo suo.

Ma non si può certo dire che rispetto a “quegli anni là”, cioè agli anni della “nera”, agli anni ’50 e ’60 già citati, insomma, vi sia una attenzione pubblica più alta o un interesse professionale quantitativamente (in percentuale) più spiccato: “prima” (o “allora”, se si preferisce colorare affettivamente questo solco socio-temporale che ci separa da “quegli” anni di quella “cronaca nera”) ci si buttava a pesce sul fatto macabro esattamente come oggi.

Oggi –in realtà– vi sono molte più testate giornalistiche e comunque molti più mezzi di informazione, con un flusso di notizie capillare e costante, e questo fa comparire quel fenomeno chiamato “spettacolarizzazione” della cronaca.

Che in realtà diventa tale non per l’interessamento continuo di cui è oggetto un fatto di cronaca, cioè per il lavoro dei giornalisti in sé (o meglio, per la quantità del loro interessamento) quanto per la diversificazione di chi è adesso che se ne occupa.

Una volta, insomma, erano solo i giornalisti a occuparsi delle news, a presentare nuovi dettagli, a prospettare nuove ipotesi.

Adesso il circo mediatico è tale perché, oltre ai giornalisti, vi è un mucchio di altre figure professionali ad intervenire nella gestione della notizia – figure un tempo del tutto assenti dalla partecipazione mediatica (e, va detto, dalla ricerca di visibilità presso il grosso pubblico).

Scusate: negli anni ’50 o ’60, avete mai visto un grande psichiatra o un grande criminologo -per non parlare di un sociologo (che se esisteva aveva tutt’altro spessore professionale) – o un intellettuale, discettare se la morta di Castelgandolfo potesse esser morta di un pediluvio, o se tal Ghiani avesse avuto il tempo di raggiungere la casa della sua pretesa vittima?

Se nella cronaca nera “Anni ’50” erano al massimo i “Principi del Foro” ad avere una qualche visibilità giornalistica e televisiva (precisando, giusto per comparare le possibilità espositive di un tempo a quelle di ora: all’epoca vi era una tv ad un solo canale, per di più spesso evento da bar di quartiere che non da “desco familiare”), adesso della stessa cronaca nera – in quest’Italia ormai definitivamente post-terroristica e che non deve (non vuole? Non può? Non lasciano?) pensare ad altre crisi – si cibano categorie professionali, all’epoca criptiche (chi sapeva cosa era un criminologo, negli anni ’60? si confondeva con il detective dei “gialli” e non era certo un docente universitario ieratico e sacerdotale) e ai margini della conoscenza popolare.

Avvocati sì, adesso, e anche di grido (e di grida), ma soprattutto, sociologi, psichiatri di varia declinazione (il sociologizzato, l’intimista-profondo-dall’occhio-vellutato, il forense, il criminologo acuto, il criminologo-guru, la criminologa affascinante), scienziati dell’indagine e della tecnica investigativa, magistrati ed ex magistrati, l’intellettuale-tuttofare critico d’arte alla bisogna, la mamma-intellettuale (e rigorosamente radical chic) e l’intellettuale-mamma & giornalista (sempre rigorosamente radical chic), e via dicendo.

E’ la presenza di queste figure ad aver provocato un decisivo (e imperativo, coi suoi richiami collettivi) salto di qualità alla “cronaca”, divenuta ormai “infotainement”, e non più esclusiva propagazione di notizie.

Non è vero dunque che “prima” non vi era morbosità pubblica nel voler sapere particolari intimi, minuziosi, magari scabrosi. Anche “una volta” si voleva sapere come era stato “trovato il cadavere”, se era vestito o “privo di indumenti intimi”, se la “povera donna deceduta” sembrava “avesse assunto qualche stupefacente” o “partecipato a festini” di dubbia moralità (all’epoca, nei ’50 e ’60 appunto, si parlava di “balletti rosa” se c’erano donne, e di “balletti verdi” se si trattava di intrattenimenti omosessuali: il che significa che a sdoganare la descrizione esplicita non sono stati i giornalisti, ma gli esperti, grazie al loro manto di scientificità che omogenea ad ogni morale ogni intrusione da ogni buco della serratura).

Quello che mancava -negli anni di “nera” stile Italia in seicento o Lambretta- era dunque il nugolo di esperti, appollaiati intorno al famelico desco televisivo, e pronto a svettare da qualsiasi spazio massmediatico a disposizione: interviste al volo, in studio, in collegamento, dalla strada, ma anche esternazioni su Internet e financo dai propri profili su Facebook, che ormai i veri esperti non si fanno mancare.

E qui c’è una riflessione, da fare: una prima.

E’ come se al mezzo che trasmette cronaca – il giornale, la trasmissione televisiva, il sito internet – ormai di necessità bisogna allegarci comunque qualcosa che lo renda più accattivante e vendibile delle notizie in sé: il campione di profumo da lanciare, il cd di turno, il gadget accattivante, o, per andare su un altro piano che però non è un piano altro, i pareri dei competenti in scienze (non a caso) “molli” – quelle scienze cioè definite tali dalla moderna epistemologia e che non hanno la rigorosità della fisica, della chimica, ma l’elasticità appunto della sociologia, della psicologia, e di quell’altra “nube” di competenze che si raduna e si agglutina attorno al cadavere (e al cadavere in senso reale) in casi del genere.

Se c’è dunque uno scandalo non è a nostro avviso nell’over-exposition di particolari e approfondimenti vari: ma nell’ “allegato” pacchetto di esperti di tutte le risme che si lanciano in speculazioni e interpretazioni più varie.

Chi ne ha fatto le spese, a nostro avviso indebitamente, è -ad esempio- la “povera” Federica Sciarrelli, vittima di esser capitata nella casa giusta nel momento sbagliato: non le si è perdonato che il suo programma, nato per tracciare giornalisticamente eventi del genere (limitandosi alla notizia, sia pur approfondita da presenze in loco), si sia trovato là quando è stata data la notizia del ritrovamento di Sarah. Senza esperti, senza psicologi, senza psichiatri, senza intellettuali.

Lì hanno gridato allo scandalo, come se la conduttrice avesse potuto far altro.

Nessuno però si è scandalizzato del coacervo di pareri, illazioni, pseudodiagnosi e pareri che una moltitudine di esperti – il minestrone suanzi descritto – ha comminato al pubblico per settimane e settimane, e che sarà pronto a ripetersi in altri avvenimenti del genere (Cogne, dove sei?).

Ma cosa dicono gli Ordini professionali di cotanta sovraesposizione professionale?

Di questo esternare pareri, opinioni, diagnosi camuffate da giri de palabras y palabras y palabras, e financo giudizi, quasi (e sottolineiamo il “quasi”, in questi casi più penetrante di un “sicuramente”) sovrapposti alle sentenze di un giudice.

Un esempio fra tanti ci ha colpito, che in qualche modo può essere, a nostro avviso, l’emblema (e forse nemmeno il più evidente) di questa situazione, di come cioè il circo mediatico sulle news di “nera” non emerga da un eccesso di impegno giornalistico, bensì per questa sinergia tra chi le notizie dovrebbe fornirle e chi dovrebbe studiarle e commentarle (ma non dovrebbe farlo in altri contesti sociali? Aule universitarie, aule di Tribunale, congressi scientifici, pubblicazioni accreditate).

L’esempio, ma lo riportiamo come mero esempio, perché sicuramente altri più incisivi ce ne sono, è quello di una giovane e competente criminologa che, appena appresa la notizia della primissima fra le tante/troppe confessioni del Misseri, quella in cui il disgraziato (in tutti i sensi che questo termine può avere) si attribuiva ogni ed esclusiva colpa dell’atroce delitto.

In quel frangente, la giovane e competente psicologa (dopo aver partecipato a diverse trasmissioni del genere) si è prodotta nella esplicita – ma secondo noi, e ci dispiace dirlo, imprudente– serie di affermazioni di cui sotto riportiamo il video.

Si tratta di una stimatissima criminologa ligure, la dottoressa Roberta Bruzzone, già (se ben ricordiamo) vicepresidente dell’ICAA (International Crime Analysis Association, presieduta da Marco Strano) e ora Presidente dell’Accademia Internazionale di Scienze Forensi (la cui data di fondazione ci sfugge).

Il curriculum della dottoressa in questione è ricchissimo:

Ha conseguito in USA il titolo di E.C.S. – Evidence Collector Specialist (esperto di ricerca e repertamento tracce sulla scena del crimine certificato dall’American Institute of Applied Sciences) con gli standards statunitensi della Sirchie Fingerprint Laboratories.
E’ esperta nelle tecniche di analisi, valutazione e diagnosi di abuso nei confronti di minori e nell’ambito della violenza sulle donne.

E’ consulente tecnico di Telefono Rosa nell’ambito di casi di violenza domestica, violenza sessuale, di stalking e di omicidio. Svolge attività di consulente tecnico nell’ambito di procedimenti penali, civili e minorili ( in casi di omicidio – ricostruzione 3D scena del crimine e criminodinamica- sopralluogo tecnico, violenza sessuale, abuso su minore, stalking , valutazione attendibilità testimoniale).

Ha maturato numerose esperienze formative in Italia e all’estero, tra cui un periodo di training in USA presso l’University of California nella sede di San Francisco. E’ membro del comitato scientifico della Polizia Postale e delle Comunicazioni. Svolge attività di docenza in vari corsi di perfezionamento e master universitari di numerose Università italiane.

E’ docente accreditato presso gli Istituti di Formazione della Polizia di Stato. In passato è stata ricercatore incaricato presso la Duke University (North Carolina – USA) e ha collaborato con l’Unità di Scienze Comportamentali (Behavioral Science Unit) dell’Accademia FBI di Quantico per lo sviluppo di un progetto di ricerca sull’intelligenza artificiale applicata al criminal profiling ( Duke University, Durham, NC).

Ha collaborato inoltre in Canada con la Vancouver Police (Homicide Squad) per un progetto di ricerca sull’analisi degli omicidi. Collabora con il Prof. Kim Rossmo (Texas State University – Center for Geospatial Intelligence and Geographic Profiling) per l’adattamento del software per il Geo-profiling alla realtà italiana.
E’ membro dell’ International Association of Crime Analysts.
E’ il Direttore Scientifico de “La Caramella buona Onlus” (associazione di volontariato contro la pedocriminalità).

É il Direttore Generale della TRC International SRL, una società specializzata nella sicurezza, nelle tecnologie di prevenzione del crimine e nelle indagini forensi, che dispone di un team altamente specializzato per le indagini forensi sia di tipo convenzionale che di tipo digitale.

E’ autrice e conduttrice del Programma TV “La scena del crimine”, ormai alla sua terza edizione sull’emittente GBR – Teleroma 56 (canale 877 di Sky) e del programma “Donne mortali”, giunto alla sua seconda edizione, in onda sul canale 118 di Sky – Discovery Real Time.

É inoltre consulente scientifico di numerosi programmi che trattano tematiche relative a fatti criminali.

È co-autore di numerose pubblicazioni scientifiche tra cui:

  • Manuale di investigazione criminale (Criminal Investigation handbook), NSTECNA Edizioni, 2008
  • Chi è Unabomber? Aliberti editore, Milano, 2007
  • Inside Attack, ICAA – Nuovo Studio Tecna Edizioni 2005
  • Manuale Investigativo sugli abusi sui minori ICAA – Nuovo Studio Tecna Edizioni 2006
  • Manuale di Criminologia Clinica, SEE Editrice, Firenze 2003

Tutte notizie queste non fornite dal suo sito o dalla sua pagina su Facebook (la Roberta Bruzzone Official Web Page), ma dal sito dello studio legale con cui collabora, quello del matrimonialista Gianettore Gassani.

Certo, ci turba (non sappiamo se poco o, purtroppo, se invece non poco) sapere che un matrimonialista debba avere nel suo staff una criminologa così competente in fatti di sangue tanto efferrati, come la capacità di profiler criminale della dottoressa Bruzzone ben lascia intendere.

Non ne capiamo il perché, di questo inserimento a priori di una specialista crminologa con siffatto curriculum in uno studio familiaristico, uno studio la cui attività processuale dovrebbe essere collegata solo a questioni concernenti la condivisione della genitorialità, cioè a problemi di papà, mamme, e bambini.

Ma tant’è.

Evidentemente fare il matrimonialista oggi significa pensare di avere a che fare comunque e sicuramente -per un motivo o per l’altro: ma quale “altro”?- con criminali, e con criminalità di grande spessore.

Comunque, una psicologa-criminologa così preparata (parliamo di FBI, Polizia di Stato, Università straniere estremamente titolate), appena saputo della confessione (o della confezione?) della colpa del Misseri, si è espressa nei modi che sotto vediamo: cioè di fatto ed esplicitamente dichiarando che il Misseri era un pedofilo mostro e assassino, e che aveva agito e fatto tutto da solo, e che meritava l’ergastolo.

Detto tutto così, o quasi, senza se e senza ma.

E invitando tutti a denunciare (pretesi, ora lo si sa) mostri come quello, a quel Telefono Rosa del quale lei è consulente e che in casi del genere sarebbe di “preziosissimo ausilio”.

Pronunciate da una “profiler” del suo calibro (e basta leggere il suo curriculum per fugarsi ogni dubbio), affermazioni del genere sono credibilissime, e nessuno ne può dubitare.

Anche perché non ammettono dubbi: sono esplicite, ben delineate, e non lasciano spazi a dubbi.

E vengono da una psicologa con un curriculum assolutamente da invidiare proprio in tema di profili criminali.

La quale, se è un’esperta di profili criminali, forse doveva essere più cauta e non fare, a distanza di due mesi, affermazioni tanto contrapposte:

In tutto questo che ha fatto Misseri dai giorni in cui ha scoperto il cellulare e in tutte le dichiarazioni successive vedo una grande volontà, un grande tentativo di portare lontano da sé, lontano dalla cerchia che lo riguardava i sospetti di questa vicenda.

Parliamo di un pedofilo assassino e questo tipo di soggetti difficilmente a quell’età ha il proprio ingresso nella vita criminale per cui purtroppo c’è da indagare in maniera molto più allargata nella vita di quest’uomo e sono convinta che emergeranno elementi ancora più inquietanti…

Penso che sia assolutamente probabile che questa persona abbia commesso tutto da sola. Non ci vedo nulla di impossibile per una persona soltanto… Ha fatto quello che ha fatto, ha abusato del corpo di questa giovane, poi ha atteso un tempo secondo me ragionevole tanto per muoversi probabilmentemagari con il favore della notte, e portare poi il corpo là dove è stato ritrovato, celato in maniera offshore pharmacies estremamente accurata e difficilmente ritrovabile se non su indicazione dell’assassino, come poi effettivamente avvenuto.”

Quando poi le è stato chiesto che pena meritava quest’uomo, ha risposto senza esitare: “In questo caso l’ergastolo penso sia impossibile non comminarlo… c’è piena consapevolezza, c’è lucidità… probabilmente sentiremo parlare ….forse un tentativo di stabilire una sorta di seminfermità, ma in questo caso ripeto èassolutamente escludibile sulla base di ciò che è stato fatto da quest’uomo sia durante la fase omicidiaria, sia nella fase successiva di occultamento del cadavere e ahimè nella fase che ha riguardato come sembra anche la fase della violenza sessuale…”

Dopo un mese appena, la svolta.

La dottoressa in questione cambia completamente parere, forse anche perché viene assunta nella difesa del Misseri.

E dichiara che le cose stanno in tutt’altro modo.

Che c’è un livello che non è emerso.

Che lui sicuramente non è colpevole, e tanto meno pedofilo, orco, assassino e violento. Anzi:

Michele Misseri “ha grandemente a cuore la sorte della figlia” Sabrina. A rivelarlo è Roberta Bruzzone, criminologa e consulente di parte dello zio di Sarah Scazzi intervistata da Monica Maggioni nella puntata di Speciale Tg1 in onda questa sera. La criminologa ha descritto il suo cliente come una persona con un “legame solidissimo con la sua femiglia” e che per questo “ha risentito molto sul piano emotivo di tutto questo che è successo”. Quanto alle contraddizioni di Misseri, le numerose versioni che ha fornito di quanto è accaduto il 26 agosto scorso, la Bruzzone ha tenuto a precisare che Misseri “appare contraddittorio solo se visto dall’esterno” e “i continui colpi di scena” vanno collegati al fatto che “è una persona che ha grandemente a cuore la sorte della figlia”.

(http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a4558c87-bec0-4210-b6cb-7b1498b30281-tg1.html)

E’ vero che ogni essere umano ha tanti profili, ma per una profiler esperta questa differenza fra quanto detto prima e quanto detto successivamente sembra davvero troppo: è proprio l’opposto.

Ci chiediamo dunque:

  1. in base a quali evidenze la dr.ssa Bruzzone si sia lanciata in affermazioni così sicure di colpevolezza e di modus operandi – come se avesse capito ogni cosa del Misseri – per poi ritrattare tutto?
  2. Lanciare in televisione simili diagnosi, simili affermazioni di colpevolezza, è in linea piena col dettato deontologico dell’Ordine di appartenenza?
  3. In base a quali considerazioni ora difende a spada tratta una persona che fino a poco prima meritava, a suo parere, l’ergastolo perché era un pedofilo assassino e aveva agito da solo, e adesso cerca di convincere giornali e pubblico che le cose stanno esattamente al contrario;
  4. Telefono Rosa ha fra i suoi consulenti, dei professionisti che hanno questa facilità di accusare – senza che si sappia in nome di cosa- e una volta assunti da una difesa cambiare completamente opinione?

Roberta Bruzzone, criminologa, già vicepresidente dell'ICAA (International Crime Analysis Association, presieduta da Marco Strano) e ora Presidente dell'Accademia Internazionale di Scienze Forensi.

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