Le associazioni di genitori separati

(dal numero 18 della Newsletter della Associazione Italiana di Psicologia Giuridica)

Tra i fenomeni connessi alla conflittualità genitoriale in corso di separazione legale, vi è quello, poco trattato dalla letteratura specialistica, delle associazioni di “genitori separati”.

A nostro avviso, il fenomeno merita una sua attenzione perché sintomo di un disagio di livello sociale che la letteratura scientifica non ha ancora considerato come tale.


Quello che segue è il resoconto di una ricerca empirica condotta per sei anni in questi gruppi, e vuole rappresentare solo una spinta a discutere il problema.

In Italia vi sono una quarantina circa di associazioni di genitori separati; la maggior parte non ha più di quattro o cinque “iscritti”; un paio dichiarano molti più soci.

Non mancano associazioni formate da una sola persona, e persone che portano avanti più sigle con gli stessi iscritti.

Periodicamente, poi, vengono fondate “federazioni” e/o “confederazioni” fra le varie associazioni, che – con alterni risultati – tentano di riunire operativamente i gruppi conosciuti.

Infine, esiste una schiera di simpatizzanti, assolutamente variabile per consistenza, i quali si limitano a partecipare ai newsgroup sul WEB, a volte molto accanitamente.

In sintesi, va rilevato che un adeguato censimento del fenomeno è di fatto impossibile: vi è una elevatissima fluttuazione delle presenze e delle regole della vita associativa e molti dati sono di difficile accesso (a volte nemmeno gli iscritti vengono messi in grado di visionare statuti e bilanci).

In occasione della stesura di questo articolo abbiamo invitato molte associazioni a dichiararci il numero di iscritti : nessuna li ha forniti.

Una di queste (di madri separate) ci ha fatto sapere che non li rilasciava “tenuto conto anche che la finalità della sua indagine potrebbero non essere in linea con gli interessi che la ns. odv ha nel diffondere i propri numeri”, un’altra perché il presidente non considerava “scientifica” la richiesta e voleva conoscere “nome della rivista, l’editore, il taglio dell’articolo e gli autori, considerati i dettagli – che nulla di scientifico comportano – richiesti in merito al numero di associati e simpatizzanti”.

Formalmente, le associazioni di separati tutelano i genitori di entrambi i sessi. In realtà, sono i padri separati quelli più rappresentati e/o presenti: ascoltandoli si ha l’idea di una capillare – e preoccupante – percezione di continua ingiustizia sociale.

Questa, insieme ai gravissimi problemi economici e di frequentazione con i figli, frequenti fra i soci, sfocia spesso in sindromi psicopatologiche (a tipo Disturbo Post-Traumatico da Stress) anche gravi, che non raramente giungono al concreto proposito suicida e/o di strage omicidiaria-suicidiaria verso i figli, l’ex coniuge e quanti siano ritenuti causa del problema. Nella maggior parte dei casi i “soci” contattano l’“associazione” dopo una ricerca via web (più rari gli altri canali), spinti da un difficile disagio psicologico, non necessariamente connesso a pregresse psicopatologie ed emerso DOPO gran parte dell’iter giudiziale.

Il vero trigger point appare essere la perdita del rapporto con i figli, specie se dovuta agli ostacoli posti dall’altro genitore (in genere la madre). Due tratti caratteriali sembrano ricorrere fra i soci: quello narcisistico, con la tendenza al tema persecutorio e rivendicatorio, e forti proiezioni all’esterno, e/o la personalità passivo-aggressiva.

Molto frequenti i padri con un rapporto di dipendenza dalla propria madre e una figura paterna svilita: in questi casi sembra profilarsi una “nevrosi di destino” all’esautorazione dal ruolo, drammaticamente accentuata proprio dalle lotte per evitare l’esautorazione. Le associazioni di genitori separati sembrano pertanto funzionare come validi (almeno sul momento) “centri di auto-aiuto” verso cui derivano individui in stato di più o meno grave disagio psicologico e sul punto di passare ad atti di tipo etero- e/o auto- lesivo (molti gruppi dispongono di una helpline telefonica sempre aperta).

La ratio di tale “auto-aiuto” si fonda il più delle volte su un grande ascolto e sostegno di gruppo, ma anche, non raramente, su tematiche profondamente collusive legate alla legittimazione degli acting out dell’aggressività, del narcisismo e dei correlati temi rivendicatori. A tale considerazione non è estranea la constatazione degli alti livelli di aggressività tra i soci e nei Forum WEB, sia in caso di disparità di opinioni fra gli iscritti, sia – non raramente – contro gli altri operatori del campo (in special modo magistrati e avvocati: in una ML, ad esempio, comparve a lungo un topic – mai rimosso dall’owner – intitolato. “Uccidere i giudici e i politici”).

Vi è da notare, in tale quadro, che nessuna associazione di “separati” accetterebbe la definizione di centro di auto-aiuto psicologico (trovando “sminuitiva” tale definizione) perché ognuno vuol vedere nel gruppo uno strumento per promuovere cambiamenti sociali e legislativi, anche se poi le iniziative intraprese sul piano della promozione culturale dei temi trattati sembrano pochissime.

Al momento sembra invece essersi sviluppata una tendenza alla manifestazione di piazza, con numeri però ancora irrisori (una o due decine di partecipanti). Cifre più consistenti (alcune centinaia di persone) si sono invece riunite nelle marce a sostegno della paternità svoltesi negli ultimi due anni a maggio. L’unica associazione che – in quanto tale – ha sviluppato studi di accredito scientifico è l’associazione EX, il cui presidente ha coordinato uno studio statistico (condotto sull’arco di oltre quindici anni) da cui si evince come sia la separazione dai figli (e non dal partner) a far aumentare gravemente il rischio di fatti criminali e di sangue (1).

Frequente poi la figura del singolo “Presidente”, o “fondatore” di una “associazione”, che, con una preparazione personale autodidattica, si impegna – e a volte riesce – ad organizzare o a partecipare a Corsi, Convegni, Simposi, nei quali si occupa indifferentemente di psichiatria, psicologia, sociologia, giurisprudenza, statistica, non disdegnando anche – in altre occasioni – di far da consulente in qualche CTU (stando almeno a quanto dichiara dal curriculum) o aiutare nella compilazioni di tesi di differenti Corsi di Laurea.

Dato tipico, è l’assenza – nei frangenti in questione – di collaboratori dell’associazione che siano professionisti con un titolo riconosciuto dallo Stato.

In realtà, è possibile che le associazioni di separati abbiano un rapporto in qualche modo problematico con gli “esperti”. Ad un livello, sembra percepirsi – come già detto – un’ostilità radicata e profonda verso giudici, periti, avvocati, assistenti sociali, ecc., vissuti (così sembra) quali acerrimi nemici e grandi profittatori.

Esemplare al proposito anche quanto espresso pubblicamente da un padre separato, che, psicologo e operatore dei Servizi Sociali della sua cittadina, così commentava una v icenda di cui aveva letto solo sui giornali “(subject: «Quei consulenti hanno interesse a tenere la bimba in comunità »): “Si tratta di interessi privati in atti di ufficio. Io lo dico da psicologo dei servizi e FERMAMENTE CONTRARIO alle CTU. … Nei servizi ci sono persone competenti e no, come in ogni servizio pubblico.

Fatta questa premessa io ritengo sia assolutamente assurdo incaricare uno psicologo, psichiatra o altro psicoCOSO per fare una indagine psicologica o psichiatrica. … Bisogna creare “task force” specializzate in diritto e psicologia dei minori all’interno dei servizi, ridurre al minimo il rischio di cadere in mano ad incompetenti e parolai o peggio, come in questo caso, lucratori infami.”

Quasi tutte le associazioni dichiarano l’incompatibilità tra la qualifica di socio e l’attività libero-professionale nel campo delle separazioni, ma tutte hanno liberi professionisti “collegati all’associazione”, che riceverebbero clientela dall’associazione cui praticano trattamenti economici di favore.

Tuttavia, chiunque ricopra cariche associative importanti ritiene di avere adeguate conoscenze tecniche (legali, psicologiche, peritali) e offre un servizio di “consulenza dei separati”, molto spesso rivolto proprio ai rapporti tra “associato” e liberi professionisti o, meglio ancora, tra il primo e le istituzioni (Tribunali, servizi sociali, ecc.).

E‘ spesso previsto che i dirigenti dell’associazione assistano direttamente i soci se questi risultano “sprovvisti di opportune cognizioni riscontrano particolari difficoltà nei rapporti con le strutture giudiziarie, sociosanitarie e scolastiche.”).

Spesso però l’improvvisazione e l’aggressività con le quali tali “dirigenti” affrontano certe situazioni, esitano in sconcertanti, se non pericolosi per gli stessi “assistiti”, risultati: in un caso da noi seguito, ad esempio, i rapporti fra i responsabili di una struttura di accoglienza minori e la famiglia di una bambina sottratta alla stessa dal TdM, furono bruscamente messi in pericolo dai “dirigenti” dell’associazione che vollero filmare di nascosto gli “incontri protetti“ della piccola con i genitori, per “dimostrare l’adeguatezza” di costoro e l’inadeguatezza “dello psicologo”.

Si può ipotizzare, dunque, che spesso l’ ”Associazione” sia utilizzata per poter esprimere collusivamente la propria aggressività, senza attenzione alla reale tutela dell’assistito.

Peraltro, si ha però proprio da questi episodi la constatazione di come tali gruppi di auto-aiuto riempiano di fatto un grave jato istituzionifamiglie, sulla base di rapporti fra soci venati spesso da profonde problematiche psicopatologiche – slatentizzate o riemerse dopo i traumi subiti: “La chiave dei rapporti fra gli associati sembra essere la necessità di ripetere dentro le associazioni il trauma della separazione come soluzione all’impossibilità di un confronto” dice Luigi Greco, responsabile della Associazione SPAZIOMINORI di Lecce, allontanato da un gruppo spontaneo di genitori in “ribellione contro il TdM” con l’accusa di essere “una spia del Tribunale dei Minori”: “proprio quando ero riuscito a mediare tra magistrati e genitori facendoli incontrare, il gruppo di genitori ha interrotto ogni rapporto con me, accusandomi di essere una spia del Tribunale”, come se l’obiettivo inconsciamente perseguito fosse poter rendere infinito il conflitto.

Secondo Fabio Nestola (Presidente Associazione EX), “nelle associazioni litigano ferocemente per chi deve mostrarsi in televisione o sui giornali: vuole andarci non chi ha argomenti da esporre per fare cultura, ma chi pretende un premio per le proprie sofferenze e il proprio conseguente impegno verso l’associazione”.

Anche il Presidente di un’altra piccola associazione di separati, concorda: problemi del “movimento dei genitori separati” sono, tra l’altro, “l’alto grado di “individualismo” che impedisce qualunque iniziativa comune, l’atteggiamento di volersi a tutti costi “profilare” di alcune persone, e l’incerto confine tra volontariato e interessi professionali di alcuni personaggi …”

Tutto ciò lascia pensare che, spesso, tali “associazioni” vengano vissute come una madre fusionale e risarcitoria, ogni volta clonata di nuovo per far fronte all’ennesima separazione (prima dalla ex moglie e poi dagli altri soci), e che protegga dalla impossibilità ad elaborare il “lutto” per la perdita dei figli. Ciò, a nostro avviso, spiegherebbe come mai i “genitori separati” in oltre dieci anni di “lotte” non hanno mai raggiunto la penetranza sociale di altri gruppi di pressione (come, ad es., quelli dei “consumatori”).

Attraverso tali “associazioni” è dunque possibile espellere il dolore, mediante istanze rivendicatorie narcisistiche e proiettive convalidate da reti di relazioni collusive, nelle quali l’agito aggressivo viene vissuto dalla coscienza come socialmente lecito e gratificante. Il rischio è dunque la coazione a perpetuare – razionalizzandolo con l’impegno “a favore della bigenitorialità” – la scoperta/creazione di un “persecutore” (individuo/ sistema/gruppo) che giustifichi un continuo agito della propria aggressività, con il fine inconscio di non risolvere concretamente il problema. Un altro buon esempio di ciò è nel caso di un iscritto ad una ML che, irritato per gli interventi di critica di un altro iscritto (che non riteneva una “nuova legge” in grado di risolvere la conflittualità delle separazioni), tacciò questi, sino a costringerlo ad andarsene, di essere una spia di quelle “certe categorie di persone [giudici, assistenti sociali, CTU, ecc. N.d.R.] .. fortemente coinvolte nel business degli affidamenti endofamiliari”.

La prova sarebbe stata nel fatto che l’altro iscritto al Forum lo era solo con il nick e che al nome e all’indirizzo che dichiarava non corrispondeva alcuna utenza telefonica. Per cui il diffidente genitore sosteneva che: “È il caso più comune, almeno in Italia, che i magistrati non compaiano nell’elenco telefonico. ”.

La pretesa infiltrazione dei magistrati nel Forum (subject: “Magistrati nel forum sull’affidamento dei figli” ) avrebbe fini e modi ben precisi: “Basta utilizzare un nickname e non presentarsi come magistrato. … il nick offre l’ulteriore vantaggio di presentarsi fingendosi un genitore alle prese con la legge per carpire la fiducia dei genitori veri e suggerire loro perfidi consigli. … ”.

L‘accusatore in questione non venne mai frenato dagli owner di due liste, fu appoggiato da altri iscritti, risulta membro del gruppo direttivo di una delle più grandi associazioni: è probabile che l’idea di una “congiura” della lobby di giudici, avvocati, ecc., sia condivisa dai dirigenti delle associazioni.

Altri dati sembrano confermare i profili suesposti:

– l’assenza di qualsiasi ricambio nella dirigenza (il Presidente è sempre lo stesso, non viene mai contraddetto e per tutti identifica con il proprio nome l’associazione);

– la difficoltà a riunirsi in grandi gruppi pur avendo obiettivi e strategie assolutamente sovrapponibili per tutti;

– la fortissima censura che sembra aleggiare verso ogni dissidenza interna (fatto che porta alla clonazione delle associazioni), la coazione a cercare – all’opposto – ripetitivamente quanto inutilmente (a giudicare dai risultati) la “fusione” operativa in “federazioni”, “comitati”, “confederazioni” che lascino intatta la leadership di ogni “presidente”, la tendenza a rintracciare “nemici” e “persecutori” agendo dinamiche disfunzionali ai propri obiettivi e in assenza di confronti culturali o psicologici paritari;

– il conflittuale quanto strumentale rapporto con i professionisti, il più delle volte paradossalmente ridotti proprio al ruolo di promotori del conflitto tanto esecrato, la tendenza all’esposizione del proprio dolore (in ciò stimolati dagli strumenti massmediatici, che chiedono “storie” e non proposte culturali).

In sintesi: tali associazioni hanno svolto sinora, e con una certa efficacia, il ruolo di contenitori di un grave disagio sociale, che però non possono (e non vogliono) elaborare. Tale disagio si manifesta spesso all’interno delle associazioni con quadri clinico-psicologici abbastanza precisi, ma all’esterno con disagi ancora più marcati e, con una certa puntualità, in gravissimi fatti di sangue, che sembrano destinati ad aumentare.

Tutto ciò dovrebbe a questo punto costituire un serio spunto di riflessione, e la spinta a promuovere qualificati interventi sul territorio, in grado di gestire specificamente il disagio da conflittualità in corso di separazione dai figli.

 

Dr. Gaetano Giordano
Medico-chirurgo, Psicoterapeuta
Dir. Centro Studi Separazioni e Affido Minori

(1) 3° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, “scheda 35 e 36, Ist. Eurispes, Roma, 2003

Fonte: http://www.aipgitalia.org/media/pdf/Newsletter18.pdf

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Nota della Redazione

L’articolo venne pubblicato nel settembre 2004 nella Newsletter della Associazione Italiana di Psicologia Giuridica.

Venne ovviamente accolto da molte critiche delle associazioni di separati e dei relativi responsabili. La situazione sembra rimasta la stessa a distanza di sette anni e il movimento dei genitori separati non è riuscito ad esprimere nessun movimento.

L’applicazione della Legge sul Condiviso è scarsissima, e a parere dell’autore dell’articolo anche per i problemi espressi nello scritto: la personalizzazione del “condiviso” sull’unico “Presidente” che lo rappresentava e ne aveva (non è un caso!) la “paternità”, la frantumazione, per questo motivo,  delle associazioni in mille rivoli operativi discordanti o non coordinati fra loro, ha fatto sì che vi fossero tanti “Presidenti” a vita e nessun  vero movimento di opinione che -come avvenne per il divorzio e l’aborto- costringesse un Paese a cambiare cultura.

Non ve la prendete con i giudici. Prendetevela con voi stessi. F.to: Gaetano GIORDANO 

 

 

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