Donne vere contro violenze vere

Questa donna è armena.

Vive in una città, Shushi, che fa parte del Nagorno-Karabakh.

Ha poco più di cinquanta anni, ma ha vissuto e subito, e visto subire, molte violenze.

Il Nagorno-Karabakh è la sede di un conflitto dimenticato, a cui l’occidente e l’Europa voltano le spalle per interessi politico-economici molto evidenti (gas e petrolio in Azerbaijan, e basi Nato nella Turchia) quanto iniqui.

Ogni mese, vi sono morti fra i rispettivi reparti schierati al confine, ma numerose sono le violazioni azere del “cessatde il fuoco”. Pochi giorni fa, ad esempio, è stato mitragliato un asilo pieni di bambini.

La regione del Nagorno-Karabakh, infatti, popolata in maggioranza da armeni, è rivendicata dall’Azerbajian, nazione turcofona e islamica, che vanta su di essa -non in base a leggi internazionali- un diritto che non ha.

Il mondo occidentale, come avviene spesso in questi casi, si volta dall’altra parte e alla giustizia e al diritto preferisce la Legge della Convenienza. E il fatto che l’Azerbaijan sia pieno di petrolio e gas, e che dalle sue terre e dal suo mare partano oleodotti di portata smisurata, spiega il perché a molti conviene tacere.

La popolazione armena del Nagorno-Karabakh, ed in particolare quella di Shushi, è stata da sempre vittima di gravi violenze da parte degli azeri. Il governo dell’Azerbaijan non ha mai tutelato, a quel che raccontano gli armeni della città e questa donna in particolare.

La città di Shushi, e tutto il Nagorno-Karabakh, vennero occupate dopo che lo scioglimento dell’URSS aveva fatto sorgere la Repubblica dell’Azerbaijan.

Shushi venne liberata il 9.05.1992, dopo un assalto armeno che è considerato un capolavoro di strategia e di preparazione militare.

Questa donna ci ha raccontato le tante violenze che lei e altri armeni e armene hanno subito dagli azeri, sia quando vi era ancora l’URSS, sia quando la regione del Nagorno-Karabakh fu sotto il dominio azero, dal 1990 fino al 1992.

All’epoca, dovette abbandonare Shushi proprio per sfuggire alla caccia all’armeno da parte degli azeri.

Tutti gli uomini del Nagorno-Karabakh, dai quindici anni in su, andarono a combattere per la liberazione della loro terra.

Lei è rientrata in Shushi il giorno dopo la sua liberazione: aveva due bambini piccolissimi, di cui uno di pochi giorni.

Ha avuto una vita durissima prima di questo rientro, e anche dopo, quando c’era tutta una città, e una regione, da ricostruire. Una vita che l’ha fatta sfiorire. In gioventù era molto bella.

Una vita di violenze -violenze vere, non da giornaletto politically correct o da blog per intellettuali fascinose, belle, e alla moda- che hanno lasciato il segno.

Insieme ad altre donne e ad altri uomini, nel 1992 si è messa a ricostruire Shushi.

Ora gestisce il Museo di Shushi, che è stato dapprima il luogo della sua nascita (qui vi era il reparto ostetrico dell’ospedale locale) e poi la sua casa subito dopo la liberazione della città, nel maggio 1992.

Questa donna ha vissuto momenti atroci e sconvolgenti e ha ricominciato con coraggio e determinazione a riportare la vita là dove era stata cancellata, tormentata, allontanata.

Non abbiamo avuto il coraggio di chiederle se è femminista.

Anche perché era ben evidente cosa avrebbe risposto. O non risposto, il che è la stessa cosa.

Ci ha però detto una cosa: considera tutti gli uomini che hanno lottato per il suo paese e la sua città degli eroi. Dei veri eroi.

Non le abbiamo sentito dire nulla di feroce o di accusatorio contro gli uomini della sua terra e della sua famiglia.

Ed è tornata qui anche per loro. Soprattutto per loro, e per i suoi ed i loro figli.

L’Armenia è una terra bellissima, piena di spiritualità.

Visitarla regala esperienze impagabili. E anche le donne, quando non sono state stracciate dalle violenze e dalle sopraffazioni, sono straordinariamente belle, intense, eleganti.

Chi volesse andare in Armenia, non dimentichi di visitare il Nagorno Karabakh e di fare un salto a Shushi e al suo locale Museo storico.

Troverà esperienze e ricordi veramente impagabili.

E ascolterà da questa donna cosa significa veramente subire violenza e lottare davvero contro la violenza.

Contro la violenza vera.

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