Il direttore della CIA ha aiutato una madre manipolatrice?

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13 nov. 2012 – Nel caso del bambino di Padova il pubblico italiano ha potuto assistere ad una escalation di prese di posizione a favore della madre da parte di politici e personalità dello spettacolo. Si è visto così come il tema dei figli contesi susciti enormi reazioni emotive. Qualcuno ha fatto perciò delle considerazioni sul peculiare retaggio culturale della società italiana che sarebbe troppo incline alla santificazione della mamma a prescindere da ogni valutazione.

La cronaca di questi giorni ci presenta un’altra vicenda che vede due membri della classe dirigente americana implicati in modo sconcertante in una vicenda di figli contesi. Va sottolineato che qui non siamo di fronte a una persona come l’onorevole Alessandra Mussolini che si fa trascinare dall’emotività mediterranea, ma a generali selezionati dopo un lungo tirocinio dal complesso politico-militare americano. Ma l’esito però è più o meno lo stesso. Di fronte al caso di una madre che perde l’affido di un figlio dopo aver formulato false accuse nei confronti del padre, due generali americani hanno pensato bene di scrivere una lettera di “raccomandazione” per la Corte chiedendo la cessazione delle restrizioni imposte al diritto di visita della madre.

L’Huffington Post  scrive:

Natalie Khawam con David Petraeus, che cercò di aiutarla.

WASHINGTON — Gli archivi del tribunale hanno conservato traccia del fatto che David Petraeus ex direttore della CIA e il generale John Allen sono intervenuti lo scorso settembre in un’aspra disputa sull’affido del figlio a supporto della sorella di Jill Kelley, che il giudice ha descritto come disonesta e priva di integrità. […] Kelley è ritenuta aver flirtato con Allen, il comandante di più alto grado in Afghanistan. Gli investigatori del Pentagono stanno ora esaminando la relazione di Allen con la Kelley. […]

Sia Allen che Petraeus hanno scritto lettere in settembre a supporto della posizione della signora Khawam (sorella della Kelley) nella battaglia per l’affido di suo figlio, come risulta dagli archivi della D.C. Superior Court. Allen aveva conosciuto Khawam, 37 anni, quando era vicecomandante del U.S. Central Command a Tampa. Petraeus ha detto di aver conosciuto Khawam tre anni fa attraverso la Kelley.

Ambedue i generali hanno detto al giudice che la donna era una madre amorevole e hanno chiesto di togliere le restrizioni per le sue visite. “Tenuto conto della maturità, integrità e del suo impegno a educare il figlio, Le chiedo rispettosamente di riconsiderare l’attuale provvedimento di affido”, aveva scritto Allen.

Ma il giudice Neal Kravitz un anno prima aveva pesantemente criticato la donna per il suo comportamento affermando di ritenere che la sua tendenza a travisare mentendo ogni cosa sarebbe continuata. “La signora Khawam sembra mancare di ogni capacità di valutazione dell’importanza dell’onestà e dell’integrità nelle sue interazioni con la famiglia, i datori di lavoro e altri con cui entra in contatto“, aveva scritto il giudice nel novembre 2011.

[…] La relazione della donna con l’ex marito Grayson Wolfe era arrivata a livelli gravissimi di conflittualità, come risulta dagli atti della corte. Lei aveva ripetutamente accusato l’ex marito di abusi, fatto che il giudice aveva definito come “un insieme continuamente crescente di accuse sensazionali, numerose, straordinarie e così distorte da contrastare con qualsiasi senso della realtà”. In un caso la donna aveva fatto visitare il figlio presso il Children’s National Medical Center nel dicembre 2011, un mese dopo che il giudice aveva concesso l’affido al padre, per curare presunti lividi al naso e alle dita, come risulta dagli archivi dell’ospedale. La signora Khawam disse ai medici che il bambino lamentava di essere stato picchiato dal padre, ma dagli atti della Corte risulta che il bambino successivamente ritrattò l’accusa. L’avvocato del padre sostiene che l’accusa era una invenzione.

Ciò detto, ben diversa è la dinamica che i due generali dicono di poter testimoniare: “Noi abbiamo visto una relazione molto affettuosa, una madre che lavora duramente per offrire al figlio esperienze di sviluppo, educative e di svago“, scriveva Paetreus in settembre, riferendosi a quando aveva ospitato la famiglia per il pranzo di Natale. “E’ chiaro per me che John (il bambino) avrebbe beneficio dal passare più tempo con la madre e dalla rimozione delle pesanti restrizioni sui tempi che le sono imposte“.

(Fonti: Huffingtonpost.com e Associated Press)

Le parole esatte del provvedimento di affido che valuta in modo estremamente severo la personalità della signora sono citate in un articolo del Tampa Bay Times:

“Ms. Khawam appears to lack any appreciation or respect for the importance of honesty and integrity in her interactions with her family, employers, and others with whom she comes in contact,”  “The court fully expects that Ms. Khawam’s pattern of misrepresentations about virtually everything, including the most important aspects of her life, will continue indefinitely.”

Lo stesso articolo riporta altri dettagli sull’affido conteso del figlio della coppia Khawam-Wolfe:

When Natalie Khawam moved to her sister’s house in Tampa in March 2009, she brought her own baggage, records show. She had moved south from Washington, D.C., with her infant son without her husband’s permission. Grayson Wolfe would spend nearly two years fighting in court before he regained custody of his son. Khawam had changed the boy’s name to John and didn’t correct him when the boy called Scott Kelley “Dad”, court records show.
When her husband tried to get custody of their son, Khawam began filing allegations of domestic violence in Tampa, part of  “an ever-expanding set of sensational accusations against Mr. Wolfe that are so numerous, so extraordinary, and … so distorted that they defy any common sense view of reality,” a judge wrote. She accused Wolfe, a lawyer, of repeatedly putting a gun to her head, pushing and hitting her on a daily basis, ripping the nursing child from her bosom, shaking the child and throwing shoes, dishes and porcelain figurines at her and the child. She accused Wolfe of impregnating her through “non-consensual” sex, but she sent Wolfe an email a month after the pregnancy saying she was “Looking forward to phone sex, with an exclamation point.”

Court letters from Gens. Allen and Petraeus

Altra fonte molto importante sulla storia è il quotidiano New York Post che in un articolo del 13 novembre 2012 riferisce:

Petraeus ha scritto la sua lettera intervenendo nell’aspra battaglia sull’affido del figlio tra la signora Khawam e Grayson Wolfe, socio di una società di investimento privata con sede a Washington DC. Il giudice nel novembre 2011 aveva assegnato l’affido esclusivo del figlio della coppia al padre dopo aver verificato che la madre, avvocato, aveva ripetutamente mentito sotto giuramento e presentato false accuse di violenza domestica e abuso sul bambino dopo che il loro matrimonio era entrato in crisi nel 2009. Il giudice inoltre ha verificato che la signora Khawam aveva ripetutamente disatteso l’ordine della corte di lasciare incontrare il figlio al padre e inviato email agli amici e soci in affari dell’ex marito che “denigravano aspramente il signor Wolfe descrivendolo come un padre e un marito orribile“.  Il giudice ha biasimato il comportamento della signora Khawam per aver presentato prove false e ha sottolineato come una verifica ordinata dalla corte ha dimostrato che le sue accuse di violenza domestica erano “parte di un insieme continuamente crescente di accuse sensazionali, numerose, straordinarie e così distorte da contrastare con qualsiasi comune senso della realtà“. Il giudice ha anche accertato che la donna “è una persona psicolgicamente instabile“.
(New York Post 13-11-2o12)

Gen. John Allen, capo missione ISAF in Afghanistan

Lo stesso New York Post in un altro articolo del 14 novembre riferisce del ruolo avuto dall’altro generale a quattro stelle, John Allen, comandante in capo delle truppe in Afghanistan,  nella vicenda del figlio conteso. Nello stesso articolo viene citato il fatto che la madre nella documentazione presentata alla corte sul caso di affido faceva i nomi del senatore John Kerry (candidato al posto di Segretario alla Difesa nel prossimo goerno Obama) e del senatore Sheldon Whitehouse, entrambi in amicizia con Jerry Harrington, un avvocato e finanziatore del partito democratico che aveva prestato 300.000 dollari alla signora Khawam.

In una lettera del luglio 2012 al suo ex marito la signora Khawam si vantava del fatto che il figlio durante una precedente vacanza a Martha Vineyard era diventato molto conosciuto tra i membri del Comitato per la campagna del Partito Democratico e che il senatore Kerry si era informato per sapere se il bambino sarebbe venuto anche l’anno successivo. Un portavoce del senatore Kerry ha dichiarato che la signora era stata presentata al senatore dal fidanzato, Jerry Harrington.

Nello stesso articolo vengono evidenziati altri dettagli sulla gravità della controversia sull’affido tra i due genitori:

Secondo i documenti della corte il padre del bambino, Grayson Wolfe, non era riuscito a vedere il figlio per oltre un anno. Il giudice del caso ha messo agli atti che la madre  aveva “una condotta stravagante”,  usava “tattiche processuali in malafede” e mostrava “illogicità di pensiero“. Il giudice quindi nel 2011 decise per l’affido esclusvo al padre e condannò la madre a pagare 300.000 dollari di spese legali.

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Certo, complessivamente ben diverso è lo stile dell’aiutino anglosassone rispetto alle sguaiate comparsate televisive che si sono viste da noi nel caso del bambino di Padova. Ma la sostanza non cambia.

E il risultato di queste raccomandazioni così influenti? Nulla. Probabilmente la lettera dei due generali al tribunale compentente ha contribuito a peggiorare ulteriormente la situazione della madre. Il bambino rimane affidato al padre, e la madre adesso dovrà fornire chiarimenti a FBI, Congresso e chissà chi altro su come e perché ha ottenuto questi importanti appoggi.

Morale della favola: se neppure il direttore della CIA può essere d’aiuto ad un genitore che vuole ostacolare la relazione del figlio con l’altro genitore, allora è meglio lasciare perdere e lasciare ai figli la libertà di amare ambedue i genitori.

 

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